Atto secondo

 

Scena prima

Vasta deserta campagna alle falde di nude montagne, colla veduta in distanza d'una parte della città.
La scena è in tempo di notte, se non quanto è illuminata dalle fiamme d'un rogo acceso, su di cui arde il cadavere di Polinice.

 Q 

 
Antigona col séguito delle sue Donzelle vi stanno gettando sopra i profumi, e le cose più care, implorando dagli dèi inferi pace, e riposo all'ombra di lui, intrecciando a una grave danza solenne il seguente lugubre

Antigona, donzelle

 

CORO

Ascolta il nostro pianto,  

i gemiti, i sospiri,

ombra, che qui t'aggiri

al mesto rogo accanto,

e passa poi felice

d'eterna pace in sen.

 

ANTIGONA

Misero Polinice!

 

CORO

O voi dell'Erebo,

pietosi numi,

se non vi placano

doni, e profumi,

le nostre lacrime

per l'infelice

plachinvi almen.

 

ANTIGONA

Ah Polinice!

 
Secondo il rito tagliandosi una ciocca di capelli, e gettandola sul rogo, dopo di che le Donzelle gettano sullo stesso dell'acqua lustrale per estinguerlo, ritirarne l'urna, ed estrarne le ceneri.
 

ANTIGONA

Ombra cara, amorosa, ah perché mai    

tu corri al tuo riposo, ed io qui resto?

Tu tranquilla godrai

nelle sedi beate, ove non giunge

né sdegno, né dolor; dove ricopre

ogni cura mortale eterno oblio;

né più rammenterai

fra gli amplessi paterni il pianto mio,

né questo di dolor soggiorno infesto;

ombra cara, amorosa, ah perché mai

tu corri al tuo riposo, ed io qui resto?

S

 

Io resto sempre a piangere,  

dove mi guida ognor,

d'uno in un altro orror,

la cruda sorte.

E a terminar le lacrime

pietosa al mio dolor,

ahi che non giunge ancor

per me la morte.

Sfondo schermo () ()

 
Le Donzelle raccolte le ceneri di Polinice le chiudono in un'urna preziosa col nome di lui, e le presentano ad Antigona.

CORO

Oh folle orgoglio umano!  

Dura necessità

ogni cosa quaggiù...

strugge, e dissolve.

Di tanto fasto insano,

di tante vanità,

altro non resta più...

che poca polve.

Sfondo schermo () ()

 

ANTIGONA

(prendendo l'urna, ove son raccolte le ceneri di Polinice)

O reliquie funeste,  

preziose al mio dolor,

ceneri amate,

che dell'ira celeste

la memoria dolente

a me serbate;

lasciate, o dio, lasciate,

ch'io vi sparga di pianto,

e se non posso nella tomba real,

vi chiuda almeno,

care ceneri amate,

entro al mio seno.

Tutto è compito, amiche,

rendiam grazie agli dèi.

Rechinsi altrove i sacri vasi e l'ara,

e del pietoso dolente sacrifizio

orma non resti.

 

Scena seconda

Emone affannato, e detta.

<- Emone

 

EMONE

Antigona, mia vita, ah che facesti?  

Come io tremo per te!

Fuggi, t'invola, salvati per pietà.

ANTIGONA

Da chi?

EMONE

Dall'ira d'un implacabil re.

Dalle minacce d'un popolo crudele.

Ah tu non sai, che invan

piansi, e pregai;

che l'empia legge rivocarsi non può;

che se si scuopre col primo albor,

che già comincia,

ad onta del decreto inumano,

a Polinice reso il funebre onor,

tutti i sospetti dovran cader sopra di te.

Che abbiamo tutto a temer

da un barbaro rigore.

ANTIGONA

Temo gli dèi,

né sento altro timore.

EMONE

Misera! e se la legge

ti condanna a morir?

ANTIGONA

Finirò il corso,

che mi stanca ogni dì.

EMONE

Tolgan gli dèi il presagio crudel.

Pensa, che a questa orribile sciagura

io non saprei sopravvivere un dì.

Serbati, o cara, a fortuna miglior,

dell'amor mio, alle speranze,

a' voti d'un popolo fedel.

Celati almeno, nascondi ad ogni sguardo

cotesta urna ferale; fidala a me,

la deporrò, io giuro, nella tomba degli avi.

Almen si tolga a' giudici severi

ogni prova, ogni indizio...

ANTIGONA

E vuoi, ch'io speri?

 

EMONE

Ah sì; da te dipende  

la tua, la mia speranza.

Merta la mia costanza

mercé dal tuo bel cor.

D'un sol dover pietoso

la gloria a te non basti,

e se il german salvasti,

salva lo sposo ancor.

(guardando spaventato dentro la scena)

Ma lasso me! Che vedo?

Stuol di custodi... Oh dio!

Cedi mio ben.

ANTIGONA

Ti cedo, prendi.

(porcendogli l'urna)

EMONE

Sì, fuggiam.

ANTIGONA

Tu sei

l'arbitro del cuor mio.

Antigona e Emone

ah proteggete oh dèi

un innocente amor.

 
(fuggono con tutto il séguito delle donzelle, ma da diverse parti)

Emone, Antigona, donzelle ->

 

Scena terza

Adrasto seguìto da alcune Guardie, con faci, e lanterne, non essendo ancora ben chiaro il giorno.

<- Adrasto, guardie

 

ADRASTO

Non v'è dubbio, amici;  

ecco gli avanzi dell'arso rogo:

in questo loco appunto

fu il cadavere esposto,

e invan d'intorno si cercano i custodi,

cui l'oro avrà sedotti.

È trasgredito il pubblico divieto,

e il re schernito. Oh Tebe!

A nuovo lutto gli occhi prepara.

Ancor ti resta a piangere

sul sangue de' tuoi re.

Persegue il cielo fin negli ultimi germi

così d'Edipo i falli,

e chiedon tutta dall'ultima radice

questa strugger gli dèi pianta infelice.

 

Chi può dir: sono innocente?  

Chi può dir: sarò felice?

Se del padre delinquente

va ne' figli l'ira ultrice

a punir la reità?

Se d'un fato inesorabile

a serbar l'ordin prescritto

la pietà divien delitto,

e il fallir necessità?

 
(parte colle guardie)

Adrasto, guardie ->

 
 

Scena quarta

Tempio magnifico di Giove pacificatore superbamente adornato, per celebrarvi la festa della pace.

 Q 

 
Un lieto coro di Giovani, e di Donzelle con dei rami d'Ulivo in mano stanno cantando in mezzo a un'allegra danza un inno festivo, mentre i Sacerdoti amministrano un sacrifizio propiziatorio dinanzi alla statua del nume.

giovani, donzelle, sacerdoti

<- Creonte, Ismene, guardie, popolo

 
Danza.
 
Creonte, Ismene, Guardie, e Popolo.
 

CORO

Se più non s'accende  

di guerra la face,

se un giorno risplende

sereno di pace,

è don di tua mano,

gran nume de' re.

Tu siedi sul trono

tra il folgore e il tuono,

e giace legato

il fato al tuo piè.

 

CREONTE E ISMENE

Se Tebe non vede

da ferro inumano

il regno distrutto,

deserto il suo piano,

di pianto, di lutto

se sede non è,

è don di tua mano

gran nume de' re.

 
(in tempo di questa ripresa del coro, Creonte va a seder in un luogo elevato, che resta sul davanti da un lato del tempio)

CORO

Tu siedi sul trono

tra il folgore e il tuono,

e giace legato

il fato al tuo piè.

 

ISMENE

Quante lacrime versò

madre afflitta e sposa amante

lacerando il crine e il petto

sovra il pallido sembiante

dell'amato giovinetto,

che la morte le involò.

 

CORO DELLE FANCIULLE

Quante strida al ciel mandò,

quando il misero cultore

vide il ferro, e il fuoco ostile,

che sua speme e suo sudore

ricca messe, e ricco ovile

gli distrusse, gl'incendiò.

 

CORO

Ma più non s'accende

di guerra la face,

e un giorno di pace

risplende per te,

gran padre de' numi

gran nume de' re.

Tu siedi sul trono

tra il folgore e il tuono,

e giace legato

il fato al tuo piè.

 
(Creonte scende dal luogo elevato, e s'accosta verso l'ara, deposta pria la corona reale)
 

CREONTE

Sommo, provido nume,  

arbitro eterno della terra, e del ciel,

tu che dilegui il fosco nembo,

onde fu Tebe involta,

serba i tuoi doni,

e i nostri voti ascolta.

A te festivo e sacro

questo solenne dì viva fra noi;

de' benefici tuoi,

del nostro pianto la memoria rinnovi,

e all'empio autore

della guerra crudel l'odio, e l'orrore.

Resti il nome aborrito,

eterno oggetto d'esecrazione e d'ira;

e sull'infame insepolto cadavere

si sfoghi tutta l'ira de' numi:

ah, se giammai di Tebe un figlio

al nome odiato osasse,

o all'infauste reliquie un'ombra,

un segno mostrar d'onore, o di pietà;

la morte, ma la più ignominiosa,

e più funesta,

giuro sull'are tue...

(avanzandosi verso l'ara)

 

Scena quinta

Adrasto frettoloso trattenendolo, e detti.

<- Adrasto

 

ADRASTO

Signor t'arresta.  

Il fatal giuramento

sospendi per pietà.

CREONTE

Perché?

ADRASTO

Trall'ombre della passata notte,

arder sul rogo vi fu chi osò

di Polinice estinto il cadavere esposto,

indi riporre il cenere raccolto

nella tomba real.

CREONTE

Numi! che ascolto?

E il delinquente?

ADRASTO

Oh dio! Non curar di saperlo.

Oblia, rivoca una legge crudel,

che coprirebbe Tebe d'eterno lutto.

A noi conserva il più caro, signor,

l'unico oggetto delle nostre speranze

del tenero amor tuo...

CREONTE

No; cada oppresso

quando fosse il mio figlio.

ADRASTO

È il figlio istesso.

CREONTE

Che dici? Oh dio!

ISMENE

(Misero prence.)

ADRASTO

Il fallo dissimular non giova,

ecco il reo fra' custodi;

ecco la prova.

(accennando Emone, che sopraggiunge, e presentando a Creonte l'urna delle ceneri)

 

Scena sesta

Emone fra le Guardie, e detti.

<- Emone, altre guardie

 

CREONTE

Quest'urna?...  

ADRASTO

Era in sua mano.

Entro la tomba di Lajo

ei la chiudèa, quando arrestato

si trovò da' custodi.

CREONTE

O figlio ingrato!

È questo dunque il frutto

dell'amor mio, delle mie cure?

Al trono la via t'apro,

e l'onor del trono

il primo a calpestar tu sei;

del re, del padre,

il primo i cenni a violar;

né basta a trattenerti, incauto,

la tua patria, il mio onore, il tuo periglio,

reo doppiamente, o cittadino, o figlio.

Chi ti sedusse mai?

Quale speranza, qual fin ti lusingò?

Parla, favella, scusa almen la tua colpa.

EMONE

È troppo bella.

 

CREONTE

Non lusingarti, ingrato,  

d'impunità, e perdono;

son giudice, son re.

Il leso onor del trono

chiede del reo lo scempio,

né importa il grand'esempio,

che si cominci in te.

(in atto di partire è trattenuto dal coro)

CORO

Ah serba il figlio amato,

serba la speme al regno;

no di pietade indegno

il fallo suo non è.

 

CREONTE

Ah tacete Tebani;  

invan si tenta sedurmi il cuor;

troppo funesto esempio

è pe 'l pubblico bene

l'impunità de' falli,

e non s'attende questo esempio da me.

No, non cominci da una tal debolezza

il regno mio;

muora il figlio s'è reo.

 

Scena settima

Antigona con séguito di Donzelle, e detti.

<- Antigona, seguito di Antigona

 

ANTIGONA

La rea son io.  

ISMENE

Ah Germana.

EMONE

Ah mia vita, a che vieni?

ANTIGONA

A sottrarti a un ingiusto supplizio,

e a raccor tutto

di mia pietà, di mia virtude, il frutto.

ISMENE

(Incauta!)

EMONE

Ah non udirla!

Non crederle, signor...

ANTIGONA

Taci; anche lieve

la menzogna è delitto,

e non si compra

a tal prezzo l'onor.

T'inganna il figlio, signor,

se reo lo credi.

Io fui, che resi a Polinice estinto

gli ultimi onor funebri.

Io sola osai trasgredir la tua legge;

ei per salvarmi quell'urna m'involò,

che del germano le ceneri chiudèa;

ma in me cada la pena,

io son la rea.

CREONTE

E in te cadrà.

Nella spelonca infausta,

tomba orribil de' rei,

costei si chiuda,

pria sepolta ch'estinta,

e non funesti Tebe

col sangue suo di nuovo orrore.

EMONE

Ah no;

(gettandosi a piè dì Creonte)

padre pietà.

ISMENE

(facendo l'istesso)

Pietà signore.

EMONE

Eccomi a' piedi tuoi. Salva, perdona,

rendimi l'idol mio.

ISMENE

Donala a' voti

d'un popolo fedel.

EMONE

Per questo pianto,

per quel paterno affetto

che negarmi non sai.

CREONTE

Se mi scordo il tuo fallo impetri assai.

EMONE

Ah piuttosto, crudel, confondi,

aggrava la sua colpa, e la mia;

chiudici entrambi

nell'infausta caverna,

e il fiato estremo

fa' ch'io spiri, inumano,

almen su' labbri suoi

CREONTE

Lo speri invano.

 

 

Non è il rigor tiranno,  

non è furor lo sdegno,

devo un esempio al regno,

una vendetta a me.

(parte infuriato colle guardie, e popolo)

Creonte, altre guardie, popolo, giovani, donzelle, sacerdoti ->

 

ISMENE

Fermo, crudele, e aspetta.

EMONE

Strappami il cuor dal seno.

ISMENE E EMONE

E a incenerirmi almeno

un fulmine non v'è.

 

Scena ottava

Antigona, Ismene, Emone, parte delle Guardie, e delle Donzelle.

 

ANTIGONA

All'ombre amate del genitor,  

degli avi a riunirmi andrò;

l'ira de' numi estinguerà il mio sangue,

e fia che un giorno,

da' cittadini ingrati

esiga almeno qualche stilla

di pianto il caso mio.

ISMENE

Ah mia Germana!

EMONE

Ah mia speranza!

ANTIGONA

Addio.

 

Finito è il mio tormento,  

vado innocente a morte,

vo dell'ingrata sorte

a trionfar così.

D'amore, e di contento

un raggio anch'io sperai,

ma chiudo al lume i rai,

allor che spunta il dì.

 

ISMENE E EMONE

Quando di duol, d'affanno

più lunga serie amara

l'ira del ciel tiranno

all'altrui danno unì?

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Vasta deserta campagna alle falde di nude montagne, colla veduta d'una città, in tempo di notte.

Antigona, donzelle
 

(danza solenne)

Ombra cara, amorosa

O reliquie funeste

Antigona, donzelle
<- Emone

Antigona, mia vita, ah che facesti?

Emone e Antigona
Ah sì; da te dipende
Emone, Antigona, donzelle ->
<- Adrasto, guardie

Non v'è dubbio, amici

Adrasto, guardie ->

Tempio magnifico di Giove superbamente adornato.

giovani, donzelle, sacerdoti
 

(allegra danza)

giovani, donzelle, sacerdoti
<- Creonte, Ismene, guardie, popolo
Coro, Creonte e Ismene
Se più non s'accende

Sommo, provido nume

giovani, donzelle, sacerdoti, Creonte, Ismene, guardie, popolo
<- Adrasto

Signor t'arresta

giovani, donzelle, sacerdoti, Creonte, Ismene, guardie, popolo, Adrasto
<- Emone, altre guardie

Quest'urna? / Era in sua mano

Creonte, poi Coro
Non lusingarti, ingrato

Ah tacete Tebani

giovani, donzelle, sacerdoti, Creonte, Ismene, guardie, popolo, Adrasto, Emone, altre guardie
<- Antigona, seguito di Antigona

La rea son io

Creonte, Ismene e Emone
Non è il rigor tiranno
Ismene, guardie, Adrasto, Emone, Antigona, seguito di Antigona
Creonte, altre guardie, popolo, giovani, donzelle, sacerdoti ->
 

All'ombre amate del genitor

Antigona, poi Ismene e Imone
Finito è il mio tormento
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava
Veduta esterna della città di Tebe, e del campo degli argivi; in mezzo, ampio steccato, e da una parte palco... Vasta deserta campagna alle falde di nude montagne, colla veduta d'una città, in tempo di notte. Tempio magnifico di Giove superbamente adornato. Campagna in prospetto d'un alto dirupato monte, alle falde del quale s'apre la funesta spelonca; verso... Interno dell'orrida tenebrosa caverna. La scena rappresenta una deliziosa contigua alla reggia pomposamente illuminata in tempo di prima sera.
Atto primo Atto terzo

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