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Scena prima |
Vasta deserta campagna alle falde di nude montagne, colla veduta in distanza d'una parte della città. La scena è in tempo di notte, se non quanto è illuminata dalle fiamme d'un rogo acceso, su di cui arde il cadavere di Polinice. |
Q
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Antigona col séguito delle sue Donzelle vi stanno gettando sopra i profumi, e le cose più care, implorando dagli dèi inferi pace, e riposo all'ombra di lui, intrecciando a una grave danza solenne il seguente lugubre | Antigona, donzelle
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CORO
Ascolta il nostro pianto,
i gemiti, i sospiri,
ombra, che qui t'aggiri
al mesto rogo accanto,
e passa poi felice
d'eterna pace in sen.
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ANTIGONA |
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CORO
O voi dell'Erebo,
pietosi numi,
se non vi placano
doni, e profumi,
le nostre lacrime
per l'infelice
plachinvi almen.
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ANTIGONA |
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Secondo il rito tagliandosi una ciocca di capelli, e gettandola sul rogo, dopo di che le Donzelle gettano sullo stesso dell'acqua lustrale per estinguerlo, ritirarne l'urna, ed estrarne le ceneri. | |
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ANTIGONA |
Ombra cara, amorosa, ah perché mai
tu corri al tuo riposo, ed io qui resto?
Tu tranquilla godrai
nelle sedi beate, ove non giunge
né sdegno, né dolor; dove ricopre
ogni cura mortale eterno oblio;
né più rammenterai
fra gli amplessi paterni il pianto mio,
né questo di dolor soggiorno infesto;
ombra cara, amorosa, ah perché mai
tu corri al tuo riposo, ed io qui resto?
| S
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Io resto sempre a piangere,
dove mi guida ognor,
d'uno in un altro orror,
la cruda sorte.
E a terminar le lacrime
pietosa al mio dolor,
ahi che non giunge ancor
per me la morte.
| (♦)
(♦)
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Le Donzelle raccolte le ceneri di Polinice le chiudono in un'urna preziosa col nome di lui, e le presentano ad Antigona. | |
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CORO
Oh folle orgoglio umano!
Dura necessità
ogni cosa quaggiù...
strugge, e dissolve.
Di tanto fasto insano,
di tante vanità,
altro non resta più...
che poca polve.
| (♦)
(♦)
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ANTIGONA |
(prendendo l'urna, ove son raccolte le ceneri di Polinice)
O reliquie funeste,
preziose al mio dolor,
ceneri amate,
che dell'ira celeste
la memoria dolente
a me serbate;
lasciate, o dio, lasciate,
ch'io vi sparga di pianto,
e se non posso nella tomba real,
vi chiuda almeno,
care ceneri amate,
entro al mio seno.
Tutto è compito, amiche,
rendiam grazie agli dèi.
Rechinsi altrove i sacri vasi e l'ara,
e del pietoso dolente sacrifizio
orma non resti.
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Scena seconda |
Emone affannato, e detta. |
<- Emone
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EMONE |
Antigona, mia vita, ah che facesti?
Come io tremo per te!
Fuggi, t'invola, salvati per pietà.
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ANTIGONA |
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EMONE |
Dall'ira d'un implacabil re.
Dalle minacce d'un popolo crudele.
Ah tu non sai, che invan
piansi, e pregai;
che l'empia legge rivocarsi non può;
che se si scuopre col primo albor,
che già comincia,
ad onta del decreto inumano,
a Polinice reso il funebre onor,
tutti i sospetti dovran cader sopra di te.
Che abbiamo tutto a temer
da un barbaro rigore.
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ANTIGONA |
Temo gli dèi,
né sento altro timore.
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EMONE |
Misera! e se la legge
ti condanna a morir?
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ANTIGONA |
Finirò il corso,
che mi stanca ogni dì.
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EMONE |
Tolgan gli dèi il presagio crudel.
Pensa, che a questa orribile sciagura
io non saprei sopravvivere un dì.
Serbati, o cara, a fortuna miglior,
dell'amor mio, alle speranze,
a' voti d'un popolo fedel.
Celati almeno, nascondi ad ogni sguardo
cotesta urna ferale; fidala a me,
la deporrò, io giuro, nella tomba degli avi.
Almen si tolga a' giudici severi
ogni prova, ogni indizio...
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ANTIGONA |
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EMONE |
Ah sì; da te dipende
la tua, la mia speranza.
Merta la mia costanza
mercé dal tuo bel cor.
D'un sol dover pietoso
la gloria a te non basti,
e se il german salvasti,
salva lo sposo ancor.
(guardando spaventato dentro la scena)
Ma lasso me! Che vedo?
Stuol di custodi... Oh dio!
Cedi mio ben.
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ANTIGONA |
Ti cedo, prendi.
(porcendogli l'urna)
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EMONE |
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ANTIGONA |
Tu sei
l'arbitro del cuor mio.
Antigona e Emone
ah proteggete oh dèi
un innocente amor.
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| (fuggono con tutto il séguito delle donzelle, ma da diverse parti) | Emone, Antigona, donzelle ->
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Scena terza |
Adrasto seguìto da alcune Guardie, con faci, e lanterne, non essendo ancora ben chiaro il giorno. |
<- Adrasto, guardie
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ADRASTO |
Non v'è dubbio, amici;
ecco gli avanzi dell'arso rogo:
in questo loco appunto
fu il cadavere esposto,
e invan d'intorno si cercano i custodi,
cui l'oro avrà sedotti.
È trasgredito il pubblico divieto,
e il re schernito. Oh Tebe!
A nuovo lutto gli occhi prepara.
Ancor ti resta a piangere
sul sangue de' tuoi re.
Persegue il cielo fin negli ultimi germi
così d'Edipo i falli,
e chiedon tutta dall'ultima radice
questa strugger gli dèi pianta infelice.
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Chi può dir: sono innocente?
Chi può dir: sarò felice?
Se del padre delinquente
va ne' figli l'ira ultrice
a punir la reità?
Se d'un fato inesorabile
a serbar l'ordin prescritto
la pietà divien delitto,
e il fallir necessità?
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| (parte colle guardie) | Adrasto, guardie ->
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Scena quarta |
Tempio magnifico di Giove pacificatore superbamente adornato, per celebrarvi la festa della pace. |
Q
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Un lieto coro di Giovani, e di Donzelle con dei rami d'Ulivo in mano stanno cantando in mezzo a un'allegra danza un inno festivo, mentre i Sacerdoti amministrano un sacrifizio propiziatorio dinanzi alla statua del nume. | giovani, donzelle, sacerdoti
<- Creonte, Ismene, guardie, popolo
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Danza. | |
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Creonte, Ismene, Guardie, e Popolo. | |
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CORO
Se più non s'accende
di guerra la face,
se un giorno risplende
sereno di pace,
è don di tua mano,
gran nume de' re.
Tu siedi sul trono
tra il folgore e il tuono,
e giace legato
il fato al tuo piè.
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CREONTE E ISMENE
Se Tebe non vede
da ferro inumano
il regno distrutto,
deserto il suo piano,
di pianto, di lutto
se sede non è,
è don di tua mano
gran nume de' re.
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| (in tempo di questa ripresa del coro, Creonte va a seder in un luogo elevato, che resta sul davanti da un lato del tempio) | |
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CORO
Tu siedi sul trono
tra il folgore e il tuono,
e giace legato
il fato al tuo piè.
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ISMENE
Quante lacrime versò
madre afflitta e sposa amante
lacerando il crine e il petto
sovra il pallido sembiante
dell'amato giovinetto,
che la morte le involò.
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CORO DELLE FANCIULLE
Quante strida al ciel mandò,
quando il misero cultore
vide il ferro, e il fuoco ostile,
che sua speme e suo sudore
ricca messe, e ricco ovile
gli distrusse, gl'incendiò.
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CORO
Ma più non s'accende
di guerra la face,
e un giorno di pace
risplende per te,
gran padre de' numi
gran nume de' re.
Tu siedi sul trono
tra il folgore e il tuono,
e giace legato
il fato al tuo piè.
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| (Creonte scende dal luogo elevato, e s'accosta verso l'ara, deposta pria la corona reale) | |
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CREONTE |
Sommo, provido nume,
arbitro eterno della terra, e del ciel,
tu che dilegui il fosco nembo,
onde fu Tebe involta,
serba i tuoi doni,
e i nostri voti ascolta.
A te festivo e sacro
questo solenne dì viva fra noi;
de' benefici tuoi,
del nostro pianto la memoria rinnovi,
e all'empio autore
della guerra crudel l'odio, e l'orrore.
Resti il nome aborrito,
eterno oggetto d'esecrazione e d'ira;
e sull'infame insepolto cadavere
si sfoghi tutta l'ira de' numi:
ah, se giammai di Tebe un figlio
al nome odiato osasse,
o all'infauste reliquie un'ombra,
un segno mostrar d'onore, o di pietà;
la morte, ma la più ignominiosa,
e più funesta,
giuro sull'are tue...
(avanzandosi verso l'ara)
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Scena quinta |
Adrasto frettoloso trattenendolo, e detti. |
<- Adrasto
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ADRASTO |
Signor t'arresta.
Il fatal giuramento
sospendi per pietà.
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CREONTE |
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ADRASTO |
Trall'ombre della passata notte,
arder sul rogo vi fu chi osò
di Polinice estinto il cadavere esposto,
indi riporre il cenere raccolto
nella tomba real.
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CREONTE |
Numi! che ascolto?
E il delinquente?
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ADRASTO |
Oh dio! Non curar di saperlo.
Oblia, rivoca una legge crudel,
che coprirebbe Tebe d'eterno lutto.
A noi conserva il più caro, signor,
l'unico oggetto delle nostre speranze
del tenero amor tuo...
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CREONTE |
No; cada oppresso
quando fosse il mio figlio.
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ADRASTO |
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CREONTE |
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ISMENE |
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ADRASTO |
Il fallo dissimular non giova,
ecco il reo fra' custodi;
ecco la prova.
(accennando Emone, che sopraggiunge, e presentando a Creonte l'urna delle ceneri)
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Scena sesta |
Emone fra le Guardie, e detti. |
<- Emone, altre guardie
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CREONTE |
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ADRASTO |
Era in sua mano.
Entro la tomba di Lajo
ei la chiudèa, quando arrestato
si trovò da' custodi.
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CREONTE |
O figlio ingrato!
È questo dunque il frutto
dell'amor mio, delle mie cure?
Al trono la via t'apro,
e l'onor del trono
il primo a calpestar tu sei;
del re, del padre,
il primo i cenni a violar;
né basta a trattenerti, incauto,
la tua patria, il mio onore, il tuo periglio,
reo doppiamente, o cittadino, o figlio.
Chi ti sedusse mai?
Quale speranza, qual fin ti lusingò?
Parla, favella, scusa almen la tua colpa.
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EMONE |
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CREONTE |
Non lusingarti, ingrato,
d'impunità, e perdono;
son giudice, son re.
Il leso onor del trono
chiede del reo lo scempio,
né importa il grand'esempio,
che si cominci in te.
(in atto di partire è trattenuto dal coro)
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CORO |
Ah serba il figlio amato,
serba la speme al regno;
no di pietade indegno
il fallo suo non è.
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CREONTE |
Ah tacete Tebani;
invan si tenta sedurmi il cuor;
troppo funesto esempio
è pe 'l pubblico bene
l'impunità de' falli,
e non s'attende questo esempio da me.
No, non cominci da una tal debolezza
il regno mio;
muora il figlio s'è reo.
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Scena settima |
Antigona con séguito di Donzelle, e detti. |
<- Antigona, seguito di Antigona
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ANTIGONA |
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ISMENE |
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EMONE |
Ah mia vita, a che vieni?
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ANTIGONA |
A sottrarti a un ingiusto supplizio,
e a raccor tutto
di mia pietà, di mia virtude, il frutto.
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ISMENE |
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EMONE |
Ah non udirla!
Non crederle, signor...
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ANTIGONA |
Taci; anche lieve
la menzogna è delitto,
e non si compra
a tal prezzo l'onor.
T'inganna il figlio, signor,
se reo lo credi.
Io fui, che resi a Polinice estinto
gli ultimi onor funebri.
Io sola osai trasgredir la tua legge;
ei per salvarmi quell'urna m'involò,
che del germano le ceneri chiudèa;
ma in me cada la pena,
io son la rea.
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CREONTE |
E in te cadrà.
Nella spelonca infausta,
tomba orribil de' rei,
costei si chiuda,
pria sepolta ch'estinta,
e non funesti Tebe
col sangue suo di nuovo orrore.
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EMONE |
Ah no;
(gettandosi a piè dì Creonte)
padre pietà.
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ISMENE |
(facendo l'istesso)
Pietà signore.
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EMONE |
Eccomi a' piedi tuoi. Salva, perdona,
rendimi l'idol mio.
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ISMENE |
Donala a' voti
d'un popolo fedel.
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EMONE |
Per questo pianto,
per quel paterno affetto
che negarmi non sai.
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CREONTE |
Se mi scordo il tuo fallo impetri assai.
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EMONE |
Ah piuttosto, crudel, confondi,
aggrava la sua colpa, e la mia;
chiudici entrambi
nell'infausta caverna,
e il fiato estremo
fa' ch'io spiri, inumano,
almen su' labbri suoi
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CREONTE |
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Non è il rigor tiranno,
non è furor lo sdegno,
devo un esempio al regno,
una vendetta a me.
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| (parte infuriato colle guardie, e popolo) | Creonte, altre guardie, popolo, giovani, donzelle, sacerdoti ->
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ISMENE |
Fermo, crudele, e aspetta.
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EMONE |
Strappami il cuor dal seno.
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ISMENE E EMONE |
E a incenerirmi almeno
un fulmine non v'è.
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Scena ottava |
Antigona, Ismene, Emone, parte delle Guardie, e delle Donzelle. |
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ANTIGONA |
All'ombre amate del genitor,
degli avi a riunirmi andrò;
l'ira de' numi estinguerà il mio sangue,
e fia che un giorno,
da' cittadini ingrati
esiga almeno qualche stilla
di pianto il caso mio.
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ISMENE |
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EMONE |
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ANTIGONA |
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Finito è il mio tormento,
vado innocente a morte,
vo dell'ingrata sorte
a trionfar così.
D'amore, e di contento
un raggio anch'io sperai,
ma chiudo al lume i rai,
allor che spunta il dì.
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ISMENE E EMONE
Quando di duol, d'affanno
più lunga serie amara
l'ira del ciel tiranno
all'altrui danno unì?
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