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Scena prima |
Portici de' giardini reali. Poro, poi Erissena. |
Q
Poro
<- Erissena
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PORO |
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ERISSENA |
Che miro!
Poro tu vivi? E quale amico nume
fuor del rapido fiume
salvo ti trasse!
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PORO |
Io non t'intendo. E quando
fra l'onde io mi trovai?
| |
ERISSENA |
Ma tu pur sei
il finto Asbite.
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PORO |
E per Asbite solo
mi conosce Alessandro,
son noto a Timagene.
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ERISSENA |
E ben da questo
si pubblicò che disperato Asbite
nell'Idaspe morì.
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PORO |
Fola ingegnosa
che d'Alessandro ad evitar lo sdegno
Timagene inventò.
| |
ERISSENA |
Lascia ch'io vada
di sì lieta novella
a Cleofide...
| |
PORO |
Ascolta. Infin ch'io giunga
un disegno a compir, giova che ognuno
mi creda estinto; e più che ad altri, a lei
convien celar il ver; per troppo affetto
scoprir mi può, che van di rado insieme
l'accortezza e l'amore. A maggior uopo
opportuna mi sei. Senti; ritrova
l'amico Timagene; a lui dirai
che del real giardino
nell'ombroso recinto, ove ristagna
l'onda del maggior fonte, ascoso attendo
Alessandro con lui. Là del suo foglio
può valermi l'offerta. Io di svenarlo,
ei di condurlo abbia la cura.
| |
ERISSENA |
| |
PORO |
Tu impallidisci! E di che temi? Hai forse
pietà per Alessandro? E preferisci
la sua vita alla mia?
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ERISSENA |
No, ma pavento...
Chi sa... Può Timagene
non credermi, tradirci...
| |
PORO |
(cava un foglio)
Eccoti un pegno
per cui ti creda, anzi ti tema. È questo
vergato di sua mano un foglio in cui
mi stimola all'insidia; e farlo reo
può col suo re, quando c'inganni. Ardisci,
mostrati mia germana
e mostra che ti diede in vario sesso
un istesso coraggio un sangue istesso.
(le dà il foglio)
| |
| |
|
Risveglia lo sdegno,
rammenta l'offesa;
e pensa a qual segno
mi fido di te.
Nell'aspra contesa
di tante vicende
da te sol dipende
l'onor dell'impresa,
la pace di un regno,
la vita d'un re.
(parte)
| Poro ->
|
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Scena seconda |
Erissena, poi Cleofide. |
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ERISSENA |
Sì funesto comando
amareggia il piacer ch'io proverei
per la vita di Poro. Oh dio! Se penso
che trafitto per me cade Alessandro,
palpito e tremo.
| |
| <- Cleofide
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CLEOFIDE |
Immagini dolenti
deh per pochi momenti
partite dal pensier.
| |
ERISSENA |
Regina, ormai
rasciuga i lumi. Il consolarsi alfine
è virtù necessaria alle reine.
| |
CLEOFIDE |
Quando si perde tanto,
necessità, non debolezza è il pianto.
| |
ERISSENA |
(Lagrime intempestive;
mi fa pietà; le vorrei dir che vive.)
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Scena terza |
Alessandro e detti. |
<- Alessandro
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ALESSANDRO |
Regina, è dunque vero
che non partisti? A che mi chiami? E come
senza Poro qui sei?
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CLEOFIDE |
| |
ALESSANDRO |
Dovevi almeno
fuggir, salvarti.
| |
CLEOFIDE |
Ove? Con chi? Mi veggo
da tutti abbandonata e non mi resta
altra speme che in te.
| |
ALESSANDRO |
Ma in questo loco
Cleofide ti perdi. È di mie schiere
troppo contro di te grande il furore.
| |
CLEOFIDE |
Sì, ma più grande è d'Alessandro il core.
| |
ALESSANDRO |
| |
CLEOFIDE |
Della tua destra il dono
de' Greci placherà l'ira funesta.
Tu me la offristi, il sai.
| |
ERISSENA |
| |
ALESSANDRO |
(O sorpresa, o dubbiezza!)
| |
CLEOFIDE |
A che pensoso
tacer così? Non ti rammenti forse
la tua pietosa offerta o sei pentito
di tua pietà? Questa sventura sola
mi mancheria fra tante. Io qui rimango
certa del tuo soccorso,
son vicina a perir, tu puoi salvarmi
e la risposta ancora
su' labri tuoi, misera me, sospendi?
| |
ALESSANDRO |
Vanne, al tempio, verrò. Sposo m'attendi.
(parte)
| Alessandro ->
|
|
|
Scena quarta |
Cleofide ed Erissena. |
|
| |
ERISSENA |
Cleofide sì presto io non sperai
le lagrime sul ciglio
vederti inaridir ma n'hai ragione.
Allor che acquisti tanto,
non è per te più necessario il pianto.
| |
CLEOFIDE |
Il consolarsi alfine
è virtù necessaria alle reine.
| |
ERISSENA |
Quando costa sì poco
l'uso della virtude, a chi non piace.
| |
CLEOFIDE |
Forse il tuo cor non ne saria capace.
| |
ERISSENA |
Incapace lo credi e pur distingue
la debolezza tua.
| |
CLEOFIDE |
Vorrei vederti
più cauta in giudicare. Il tempo, il luogo
cangia aspetto alle cose. Un'opra istessa
è delitto, è virtù, se vario è il punto
donde si mira. Il più sicuro è sempre
il giudice più tardo
e s'inganna chi crede al primo sguardo.
| |
| |
|
Se troppo crede al ciglio
colui che va per l'onde,
invece del naviglio
vede partir le sponde,
giura che fugge il lido
e pur così non è.
Se troppo al ciglio crede
fanciullo al fonte appresso,
scherza con l'ombra e vede
moltiplicar sé stesso;
e semplice deride
l'immagine di sé.
(parte)
| Cleofide ->
|
|
|
Scena quinta |
Erissena, poi Alessandro con due Guardie. |
|
| |
ERISSENA |
Chi non avria creduto
verace il suo dolore. Or va', ti fida
di chi mostrò sì grande affanno. E noi
ci lagneremo poi,
se non credon gli amanti
alle nostre querele, a' nostri pianti.
Ma ritorna Alessandro. O come in volto
sembra sdegnato! Io tremo
che non gli sia palese
quanto contien di Timagene il foglio.
| |
| <- Alessandro, due guardie
|
ALESSANDRO |
O temerario orgoglio!
O infedeltà! Mai non avrei potuto
figurarmi Erissena
tanta perfidia.
| |
ERISSENA |
(Ah di noi parla!) E quale
signore è la cagion di tanto sdegno?
| |
ALESSANDRO |
L'odio, l'ardire indegno
di chi dovrebbe a' benefici miei
esser più grato.
| |
ERISSENA |
(Ah che dirò!) Potresti
forse ingannarti.
| |
ALESSANDRO |
Eh non m'inganno. Io stesso
vidi, ascoltai, scopersi
il pensier contumace
e chi lo meditò né pur lo tace.
| |
ERISSENA |
Alessandro pietà. Son colpe alfine...
| |
ALESSANDRO |
Son colpe che impunite
moltiplicano i rei. Voglio che provi
la vendetta, il castigo ogn'alma infida.
Olà, qui Timagene.
| |
| (partono le guardie) | due guardie ->
|
| |
ERISSENA |
Ei sol di tutto
è la prima cagione.
| |
ALESSANDRO |
Anzi avvertito
da Timagene io fui.
| |
ERISSENA |
Che indegno! Accusa
gl'altri del suo delitto. E Poro ed io,
signor, siamo innocenti. In questo foglio
vedi l'autor del tradimento.
(gli dà il foglio)
| |
ALESSANDRO |
E quando
io mi dolsi di voi. Che foglio è questo?
Di qual frode si parla?
| |
ERISSENA |
A me la chiede
chi a me finor la rinfacciò.
| |
ALESSANDRO |
Parlai
sempre de' Greci, il cui ribelle ardire
si oppone alle mie nozze.
| |
ERISSENA |
E non dicesti
che a te già Timagene
tutto avvertì?
| |
ALESSANDRO |
Di questo ardire intesi,
non d'altra insidia.
| |
ERISSENA |
(O inganno!
Il timor mi tradì.)
| |
ALESSANDRO |
(legge)
«Poro, se invano
su l'Idaspe Alessandro
d'opprimer si tentò, colpa non ebbi,
tutto il messo dirà. Ma tu frattanto
non avvilirti, a me ti fida e credi
che alla vendetta avrai
quell'aita da me che più vorrai.
Timagene». Infedel! Sì di sua mano
caratteri son questi.
| |
ERISSENA |
| |
ALESSANDRO |
Ma donde il foglio avesti?
| |
ERISSENA |
Da un tuo guerrier che invano
ricercando di Poro a me lo diede.
(Celo il germano.)
| |
ALESSANDRO |
A chi darò più fede?
Parti Erissena.
| |
ERISSENA |
Ah tu mi scacci. Io vedo
che dubiti di me. Se tu sapessi
con quanto orrore io ricevei quel foglio,
mi saresti più grato.
| |
ALESSANDRO |
Assai tardasti
però nell'avvertirmi.
| |
ERISSENA |
Irresoluta
mi rendeva il timor.
| |
ALESSANDRO |
Lasciami solo
co' miei pensieri.
| |
ERISSENA |
O sventurata! Io dunque
teco perdei già di fedele il vanto?
| |
ALESSANDRO |
Eh non dolerti tanto. Un dubbio alfine
sicurezza non è.
| |
ERISSENA |
Sì, ma quell'alme,
cui nutrisce l'onor, la gloria accende,
il dubbio ancor d'un tradimento offende.
| |
| |
|
Come il candore
d'intatta neve
è d'un bel core
la fedeltà.
Un'orma sola
che in sé riceve
tutta le invola
la sua beltà.
(parte)
| Erissena ->
|
|
|
Scena sesta |
Alessandro, poi Timagene. |
|
| |
ALESSANDRO |
Per qual via non pensata
mi scopre il cielo un traditor. Ma viene
l'infido Timagene. Io non comprendo
come abbia cor di comparirmi innanzi.
| |
| <- Timagene
|
TIMAGENE |
Mio re, so che poc'anzi
di me chiedesti; ho prevenuto il cenno;
le ribellanti schiere
ricomposi e sedai. Le regie nozze
puoi lieto celebrar.
| |
ALESSANDRO |
Non è la prima
prova della tua fé. Conosco assai
Timagene il tuo cor; né mai mi fosti
necessario così come or mi sei.
| |
TIMAGENE |
Chiedi, che far potrei
signor per te? Pugnar di nuovo? Espormi
solo all'ire d'un campo?
Tutto il sangue versar? Morir si deve?
Alla mia fede ogni comando è lieve.
| |
ALESSANDRO |
No no. Solo un consiglio
da te desio. V'è chi m'insidia; è noto
il traditore e in mio poter si trova;
non ho cor di punirlo,
perché amico mi fu. Ma il perdonargli
altri potrebbe a questi
tradimenti animar. Tu che faresti?
| |
TIMAGENE |
Con un supplizio orrendo
lo punirei.
| |
ALESSANDRO |
| |
TIMAGENE |
Ei primiero l'offese
e indegno di pietà costui si rese.
| |
ALESSANDRO |
| |
TIMAGENE |
Eh di clemenza
tempo non è. La cura
lascia a me di punirlo. Il zelo mio
saprà nuovi stromenti
trovar di crudeltà. L'empio m'addita;
palesa il traditor, scoprilo ormai.
| |
ALESSANDRO |
Prendi, leggi quel foglio e lo saprai.
(gli dà il foglio)
| |
TIMAGENE |
(Stelle! Il mio foglio! Ah son perduto. Asbite
mancò di fé.)
| |
ALESSANDRO |
Tu impallidisci e tremi?
Perché taci così? Perché lo sguardo
fissi nel suol? Guardami, parla. E dove
andò quel zelo? È tempo
di porre in opra i tuoi consigli. Inventa
armi di crudeltà. Tu m'insegnasti
che indegno di pietà colui si rese
che mi tradì, che l'amicizia offese.
| |
TIMAGENE |
Ah signore al tuo piè...
(in atto d'inginocchiarsi)
| |
ALESSANDRO |
Sorgi. Mi basta
per ora il tuo rossor. Ti rassicura
nel mio perdono; e conservando in mente
del fallo tuo la rimembranza amara,
ad esser fido un'altra volta impara.
| |
| |
|
Serbati a grandi imprese,
acciò rimanga ascosa
la macchia vergognosa
di questa infedeltà.
Che nel sentier d'onore
se ritornar saprai,
ricompensata assai
vedrò la mia pietà.
(parte)
| Alessandro ->
|
|
|
Scena settima |
Timagene, indi Poro. |
|
| |
TIMAGENE |
O perdono! O delitto!
O rimorso! O rossore! E non m'ascondo
misero a' rai del dì! Con qual coraggio
soffrirò gli altrui sguardi,
se reo di questo eccesso
orribile son io tanto a me stesso!
| |
| <- Poro
|
PORO |
Qui Timagene e solo; amico, il cielo
giacché a te mi conduce...
| |
TIMAGENE |
Ah parti Asbite,
fuggi da me.
| |
PORO |
Se d'Alessandro il sangue
noi dobbiamo versar...
| |
TIMAGENE |
Prima si versi
quello di Timagene.
| |
PORO |
| |
TIMAGENE |
La promessa d'un fallo
non obbliga a compirlo.
| |
PORO |
| |
TIMAGENE |
L'aborro, lo calpesto
e la mia debolezza in lui detesto.
(lacera il foglio)
| |
| |
|
Finché rimango in vita,
ricomprerò col sangue
la gloria mia tradita,
il mio perduto onor.
Farò che al mondo sia
chiara l'emenda mia
al pari dell'error.
(parte)
| Timagene ->
|
|
|
Scena ottava |
Poro, poi Gandarte. |
|
| |
PORO |
Ecco spezzato il solo
debolissimo filo a cui s'attenne
finor la mia speranza. A che mi giova
più questa vita. Abbandonato e privo
della sposa e del regno, in odio al cielo,
grave a me stesso ed ogn'istante esposto
di fortuna a soffrir gli scherni e l'ire.
Ah finisca una volta il mio martire.
(entrando s'incontra in Gandarte)
| |
| <- Gandarte
|
GANDARTE |
| |
PORO |
Amico
posso della tua fede
assicurarmi ancor?
| |
GANDARTE |
Qual colpa mia
tal dubbio meritò!
| |
PORO |
Gandarte è tempo
di darmene un gran pegno. Il brando stringi,
ferisci questo sen. Da tante morti
libera il tuo sovrano
e togli questo ufficio alla sua mano.
| |
GANDARTE |
| |
PORO |
Tu vacilli! Il tuo pallore
timido ti palesa. Ah fin ad ora
di tal viltà non ti credei capace.
| |
GANDARTE |
Agghiacciai, lo confesso,
al comando crudel. Ma giacché vuoi,
il cenno eseguirò.
(snuda la spada)
| |
PORO |
| |
GANDARTE |
Oh dio!
Esposto al regio sguardo
il rispettoso cor palpita e trema;
ah se vuoi sì gran prove,
volgi mio re, volgi il tuo ciglio altrove.
| |
PORO |
Ardisci, io non ti miro. Il braccio invitto
conservi nel ferir l'usato stile.
| |
| (Poro rivolge il volto non mirando Gandarte e Gandarte allontanatosi da lui, nell'atto d'uccider sé stesso, dice:) | |
GANDARTE |
Guarda signor se il tuo Gandarte è vile.
| |
|
|
Scena nona |
Erissena e detti. |
<- Erissena
|
| |
ERISSENA |
| |
PORO |
(rivolgendosi a Gandarte)
O ciel, che fai!
| |
GANDARTE |
Perché mi togli
principessa adorata
la gloria di una morte
che può rendere illustri i giorni miei?
| |
ERISSENA |
(a Poro)
Qui di morir si parla e intanto altrove
un placido imeneo
stringe Alessandro all'infedel tua sposa.
| |
PORO |
| |
GANDARTE |
| |
ERISSENA |
Tutto risuona il tempio
di stromenti festivi. Ardon su l'are
gl'arabi odori. A celebrar le nozze
mancan pochi momenti.
| |
PORO |
Udiste mai
più perfida incostanza? Or chi di voi
torna a rimproverarmi i miei sospetti,
le gelose follie,
il soverchio timor, le furie mie.
Cadrà per questa mano,
cadrà la coppia rea.
| |
GANDARTE |
| |
PORO |
Il tempio
è comodo alle insidie; a me fedeli
son di quello i ministri. Andiamo.
| |
ERISSENA |
| |
GANDARTE |
Ferma, chi sa, forse la tema è vana.
| |
PORO |
Ah Gandarte, ah germana
io mi sento morir. Gelo ed avvampo
d'amor, di gelosia. Lagrimo e fremo
di tenerezza e d'ira; ed è sì fiero
di sì barbare smanie il moto alterno
ch'io mi sento nel cor tutto l'inferno.
| |
| |
|
Dov'è? Si affretti
per me la morte.
Poveri affetti!
Barbara sorte!
Perché tradirmi
sposa infedel!
Lo credo appena;
l'empia m'inganna.
Questa è una pena
troppo tiranna,
questo è un tormento
troppo crudel.
(parte)
| Poro ->
|
|
|
Scena decima |
Erissena e Gandarte. |
|
| |
ERISSENA |
Gandarte, in questo stato
non lasciarlo, se m'ami.
| |
GANDARTE |
Addio mia vita.
Non mi porre in oblio,
se questo fosse mai l'ultimo addio.
| |
| |
|
Mio ben ricordati,
se avvien ch'io mora,
quanto quest'anima
fedel t'amò.
Io, se pur amano
le fredde ceneri,
nell'urna ancora
ti adorerò.
(parte)
| Gandarte ->
|
|
|
Scena undicesima |
Erissena. |
|
| |
|
D'inaspettati eventi
qual serie è questa! O come
l'alma mia non avvezza
a sì strane vicende
si perde, si confonde e nulla intende.
| |
| |
|
Son confusa pastorella
che nel bosco a notte oscura
senza face e senza stella
infelice si smarrì.
Ogni moto più leggero
mi spaventa e mi scolora,
è lontana ancor l'aurora
e non spero un chiaro dì.
(parte)
| S
(♦)
(♦)
Erissena ->
|
| |
| | |
|
|
Scena dodicesima |
Tempio magnifico dedicato a Bacco con rogo nel mezzo che poi si accende. Alessandro e Cleofide preceduti dal coro de' Baccanti che escono danzando. Guardie, Popolo e Ministri del tempio con faci. Indi Poro in disparte. |
Q
(nessuno)
<- baccanti
<- guardie, popolo, ministri del tempio, Alessandro, Cleofide
|
| |
|
CORO
Dagli astri discendi
o nume giocondo,
ristoro del mondo,
compagno d'amor.
D'un popolo intendi
le supplici note,
acceso le gote
di sacro rossor.
| |
| |
CLEOFIDE |
Nell'odorata pira
si destino le fiamme.
| |
| (li ministri con due faci accendono il rogo) | <- Poro
|
| |
ALESSANDRO |
È dolce sorte
d'un'alma grande accompagnare insieme
e la gloria e l'amor.
| |
PORO |
(Reggete il colpo
vindici dèi.)
| |
ALESSANDRO |
Si uniscano o regina
ormai le destre e delle destre il nodo
unisca i nostri cori.
(accostandosele in atto di darle la mano)
| |
CLEOFIDE |
Ferma. È tempo di morte e non d'amori.
| |
ALESSANDRO |
| |
PORO |
| |
CLEOFIDE |
Io fui
consorte a Poro; ei più non vive. Io deggio
su quel rogo morir. Se t'ingannai,
perdonami Alessandro; il sacro rito
non sperai di compir senza ingannarti.
Temei la tua pietà. Questo è il momento
in cui si adempia il sacrificio appieno.
(in atto di andare verso il rogo)
| |
ALESSANDRO |
Ah no 'l deggio soffrir.
(volendo arrestarla)
| |
CLEOFIDE |
Ferma o mi sveno.
(impugnando uno stile)
| |
PORO |
(O inganno! O fedeltà!)
(torna a celarsi)
| |
ALESSANDRO |
Non esser tanto
di te stessa nemica.
| |
CLEOFIDE |
Il nome d'impudica
vivendo acquisterei. Passa alle fiamme
dalle vedove piume
ogni sposa fra noi. Questo è il costume
de' nostri regni; ed ogni età lontana
questa legge osservò.
| |
ALESSANDRO |
Legge inumana
che bisogno ha di freno,
che distrugger saprò.
(volendo arrestarla come sopra)
| |
CLEOFIDE |
| |
ALESSANDRO |
| |
| |
|
CLEOFIDE
Ombra dell'idol mio
accogli i miei sospiri,
se giri intorno a me.
| |
|
|
Scena ultima |
Timagene, poi Gandarte, indi Erissena e detti. |
<- Timagene
|
| |
TIMAGENE |
Qui prigioniero
giunge Poro, mio re.
| |
CLEOFIDE |
| |
ALESSANDRO |
| |
TIMAGENE |
Sì nel tempio nascoso
col ferro in pugno io lo trovai. Volea
tentar qualche delitto. Ecco che viene.
| |
| (esce Gandarte prigioniero fra due guardie) | <- Gandarte, due guardie
|
CLEOFIDE |
Dove, dov'è il mio bene?
(getta lo stile)
| |
TIMAGENE |
| |
ALESSANDRO |
| |
CLEOFIDE |
Oh dio!
M'ingannate o crudeli, acciò risenta
delle perdite mie tutto il dolore;
ah si mora una volta,
s'incontri il fin delle sventure estreme.
(in atto di volersi gittar sul rogo)
| |
PORO |
(trattenendola)
Anima mia noi moriremo insieme.
| |
CLEOFIDE |
Numi! Sposo! M'inganno
forse di nuovo! Ah l'idol mio tu sei.
| |
PORO |
Sì mia vita, son io
il tuo barbaro sposo
che inumano, geloso
ingiustamente offese il tuo candore.
Ah d'un estremo amore
perdona o cara il violento eccesso.
Perdona...
(volendosi inginocchiare)
| |
CLEOFIDE |
Ecco il perdono in questo amplesso.
| |
ALESSANDRO |
| |
PORO |
Or delle tue vittorie
fa' pur uso Alessandro. Allorch'io trovo
fido il mio bene, a farmi sventurato
sfido la tua fortuna e gl'astri e il fato!
| |
ALESSANDRO |
Con troppo orgoglio o Poro
parli con me. Sai che non v'è più scampo,
che sei mio prigionier?
| |
PORO |
| |
ALESSANDRO |
Rammenti
con quanti tradimenti
tentasti la mia morte?
| |
PORO |
A far l'istesso
io tornarei vivendo.
| |
ALESSANDRO |
| |
PORO |
| |
ALESSANDRO |
E ben sceglila. Io voglio
che prescriva tu stesso a te le leggi.
Pensa alle offese e la tua sorte eleggi.
| |
PORO |
Sia qual tu vuoi; ma sia
sempre degna d'un re la sorte mia.
| |
ALESSANDRO |
E tal sarà. Chi seppe
serbar l'animo regio in mezzo a tante
ingiurie del destin degno è del trono.
E regni e sposa e libertà ti dono.
| |
CLEOFIDE |
| |
GANDARTE |
| |
PORO |
E ancor non sei
sazio di trionfar? Già mi togliesti
dell'armi il primo onore.
Basti alla gloria tua, lasciami il core.
Sugl'affetti, su l'alme
il tuo poter si stende. Adesso intendo
quel decreto immortal che ti destina
all'impero del mondo.
| |
CLEOFIDE |
E qual mercede
sarà degna di te?
| |
ALESSANDRO |
| |
| <- Erissena
|
PORO |
(vedendo Erissena)
Vieni, vieni o germana
al nostro vincitore. Ah tu non sai
quai doni, qual pietà...
| |
ERISSENA |
| |
PORO |
Soffri o signor ch'io del fedel Gandarte
colla man d'Erissena
premi il valor.
| |
ALESSANDRO |
Da voi dipende. Intanto
ei, che sì ben sostenne un finto impero,
avrà virtù di regolarne un vero.
Su la feconda parte,
ch'oltre il Gange io domai, regni Gandarte.
| |
ERISSENA |
| |
GANDARTE |
Dal beneficio oppresso
io favellar non oso.
| |
CLEOFIDE |
Secolo avventuroso
che dal grande Alessandro il nome avrai.
| |
PORO |
Io non saprò giammai
da te partire. Esecutor fedele
sarò de' cenni tuoi. Guidami pure
sugli estremi del mondo. Avranno sempre
di Libia al sole o della Scizia al ghiaccio
la sposa il core ed Alessandro il braccio.
| |
| |
|
CORO
Serva ad eroe sì grande,
cura di Giove e prole,
quanto rimira il sole,
quanto circonda il mar.
Né lingua adulatrice
del nome suo felice
trovi più dolce sono
di chi risiede in trono
il fasto a lusingar.
| |
| |