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Scena prima |
Gabinetti reali. Poro e Gandarte. |
Q
Poro, Gandarte
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PORO |
E passerà l'Idaspe
l'aborrito rival senza contesa?
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GANDARTE |
No mio re. Per tuo cenno
già radunai gran parte
de' tuoi sparsi guerrieri e presso al ponte,
che unisce dell'Idaspe ambo le rive,
cauto gli ascosi. In questo agguato avvolto
troverassi Alessandro appena giunto
di qua dal fiume ed il soccorso a lui
dell'esercito greco il ponte angusto
ritarderà.
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PORO |
Benché da lui diviso
l'esercito rimanga, avrà difesa.
Sai pur che in ogni impresa
lo precedono sempre
gli argiraspidi suoi.
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GANDARTE |
Fra questi appunto
seminò Timagene
l'odio per lui. Gl'avrem compagni o almeno
non ci saran nemici. E quando ancora
gli fossero fedeli, il lor coraggio
si perderà nell'improvviso assalto.
Tu questi dalle sponde
combattendo disvia. Sul varco angusto
io sosterrò del ponte
l'impeto ostile. Alle mie spalle intanto
diroccheranno i nostri
gl'archi di quello ed i sostegni, in parte
rosi dal tempo e indeboliti ad arte.
Così là senza duce
resteranno le schiere e senza schiere
qua il duce resterà. Compito questo
al fato e al tuo valor si fidi il resto.
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PORO |
L'unico ben, ma grande,
che riman fra' disastri agl'infelici,
è il distinguer da' finti i veri amici.
O del tuo re, non della sua fortuna
fido seguace! E perché mai del regno,
ond'io possa premiarti, il ciel mi priva.
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Scena seconda |
Erissena e detti |
<- Erissena
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ERISSENA |
Poro, Gandarte, arriva
Alessandro a momenti. Un greco messo
recò l'avviso. Io dalla regia torre
vidi di là dal fiume
sotto diverse piume
splender elmi diversi. Il suono intesi
de' stranieri metalli e fra le schiere
vidi all'aura ondeggiar mille bandiere.
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PORO |
E Cleofide intanto
che fa?
| |
ERISSENA |
| |
PORO |
Ingrata! Amico
vanne, vola e m'attendi
al destinato loco.
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GANDARTE |
| |
PORO |
Sì, ma prima all'infida
voglio recar sugl'occhi
de' tradimenti suoi tutta l'immago.
Un'altra volta almeno
voglio dirle infedele e poi son pago.
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GANDARTE |
E tu pensi a costei? L'onor ti chiama
a più degni cimenti.
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PORO |
Va' Gandarte; a momenti
raggiungo i passi tuoi.
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GANDARTE |
(O amor sempre tiranno anche agl'eroi!)
(parte)
| Gandarte ->
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Scena terza |
Poro ed Erissena. |
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PORO |
Poro ove corri? E tanto
debole dunque hai da mostrarti a lei?
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ERISSENA |
Germano, anch'io vorrei,
purché a te non dispiaccia, esser nel campo
d'Alessandro all'arrivo.
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PORO |
Anzi tu devi
nella reggia restar. Parti.
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ERISSENA |
E non posso
di sì gran pompa essere a parte? Ogn'altro
presente vi sarà. Solo Erissena
dell'incontro festivo
non ottiene il piacer.
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PORO |
Ma questo incontro
sarà di quel che credi
men piacevole assai. Lasciami solo.
A una real donzella
andar così fra l'armi,
come lice a un guerrier, non è permesso.
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ERISSENA |
Misera servitù del nostro sesso!
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|
Non sarei sì sventurata,
se nascendo infra le schiere
dalle amazzoni guerriere
apprendevo a guerreggiar.
Avrei forse il crine incolto,
fiero il ciglio e rozzo il volto
ma saprei farmi temere,
non sapendo innamorar.
(parte)
| (♦)
(♦)
Erissena ->
|
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Scena quarta |
Poro. |
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No no. Quella incostante
non si torni a mirar. Troppo di Poro
nell'anima agitata
che regna ancor conosceria l'ingrata.
Miei sdegni all'opra. Audaci
non vi crede Alessandro e non vi teme.
Provi con sua sventura
quanto è lieve ingannar chi s'assicura.
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| |
|
Senza procelle ancora
si perde quel nocchiero
che lento in su la prora
passa dormendo il dì.
Sognava il suo pensiero
forse le amiche sponde
ma si trovò fra l'onde
allor che i lumi aprì.
(parte)
| Poro ->
|
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Scena quinta |
Campagna sparsa di fabriche antiche con tende ed alloggiamenti militari preparati da Cleofide per l'esercito greco. Ponte su l'Idaspe. Campo numeroso di Alessandro disposto in ordinanza di là dal fiume, con elefanti, torri, carri coperti e macchine da guerra. Nell'apertura della scena s'ode sinfonia d'istromenti militari, nel tempo della quale passa il ponte una parte de' Soldati greci ed appresso a loro Alessandro con Timagene, poi sopragiunge Cleofide ad incontrarlo. Cleofide, Alessandro e Timagene, indi Gandarte. |
Q
(nessuno)
<- soldati greci, Alessandro, Timagene
<- Cleofide
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| |
CLEOFIDE |
Signor, l'India festiva
esulta al tuo passaggio. E lieta tanto
non fu, cred'io, quando tornar si vide
dall'ultimo Oriente,
trionfator del Gange infra l'adorna
di pampani frondosi allegra plebe,
su le tigri di Nisa il dio di Tebe.
| |
ALESSANDRO |
Siano accenti cortesi o sian veraci
sensi del cor, di tua gentil favella
mi compiaccio o regina. E solo ho pena
che fu all'India funesto il brando mio.
| |
CLEOFIDE |
Eh vadano in oblio
le passate vicende. Ormai sicuro
puoi riposar su le tue palme.
| |
| (si sente di dentro rumore d'armi) | |
ALESSANDRO |
| |
CLEOFIDE |
| |
ALESSANDRO |
| |
TIMAGENE |
Poro si vede
fra non pochi seguaci
apparir minaccioso.
| |
CLEOFIDE |
(Ah troppo veri
voi foste o miei timori!)
| |
ALESSANDRO |
E ben regina,
io posso ormai sicuro
su le palme posar?
| |
CLEOFIDE |
| |
ALESSANDRO |
Di questa colpa
si pentirà chi disperato e folle
tante volte irritò gli sdegni miei.
| |
| (Alessandro snuda la spada e seco Timagene e vanno verso il ponte) | |
| |
CLEOFIDE |
(L'amato ben voi difendete, o dèi).
(parte)
| Cleofide ->
|
| |
Entrata Cleofide si vedono uscir con impeto gl'Indiani da' lati della scena vicino al fiume; questi assalgono i Macedoni, Poro Alessandro. Gandarte con pochi Seguaci corre sul mezzo del ponte ad impedire il passo all'esercito greco. E intanto che segue la zuffa nel piano, alcuni Guastatori vanno diroccando il suddetto ponte. Disviati li Combattenti fra le scene, si vede vacillare e poi cadere parte del ponte. Quei Macedoni, che combattevano su l'altra, si ritirano intimoriti dalla caduta e Gandarte rimane con alcuni de' suoi Compagni in cima alle ruine. | <- indiani, Gandarte, guastatori
soldati greci, Alessandro, Timagene ->
|
| |
GANDARTE |
Seguitemi o compagni. Unico scampo
è quello ch'io v'addito.
(getta la spada ed il cimiero nel fiume)
Ah secondate
pietosi numi il mio coraggio. Illeso
s'io resterò per lo cammino ignoto,
tutti i miei giorni io vi consacro in voto.
| |
| (si getta dal ponte nel fiume seguito da' suoi compagni) | Gandarte, indiani, guastatori ->
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Scena sesta |
Poro esce dalla parte sinistra della scena senza spada seguìto da Cleofide. |
<- Poro, Cleofide
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CLEOFIDE |
| |
PORO |
Lasciami.
(si stacca da Cleofide)
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CLEOFIDE |
Oh dio.
Sentimi, dove fuggi?
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PORO |
Io fuggo ingrata
l'aspetto di mia sorte. Io fuggo l'ire
dell'inferno e del ciel congiunti insieme
contro un monarca oppresso,
da te fuggo infedele e da me stesso.
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CLEOFIDE |
Lascia almen ch'io ti segua.
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PORO |
Io mi vedrei
sempre d'intorno il mio maggior tormento.
| |
CLEOFIDE |
| |
PORO |
A' fortunati elisi
tu giungeresti a disturbar la pace.
Io non invidio tanto
il riposo agl'estinti.
| |
CLEOFIDE |
Ah per quei primi
fortunati momenti in cui ti piacqui,
per l'infelice e vero
non creduto amor mio, dolce mia vita
non lasciarmi così.
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PORO |
Ti lascio alfine
coll'amato Alessandro.
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CLEOFIDE |
E ancor non vedi
che per punir l'eccesso
della tua gelosia finsi incostanza.
| |
PORO |
| |
CLEOFIDE |
(s'inginocchia)
Ecco a' tuoi piedi
un'amante regina
supplice, sconsolata e di frequenti
lagrime sventurate aspersa il volto.
| |
PORO |
(Mi giunge a indebolir, se più l'ascolto.)
(in atto di partire)
| |
CLEOFIDE |
Ingrato non partir. Guardami.
(s'alza)
Io t'offro
un tragico ma forse
spettacolo gradito agl'occhi tuoi.
Voi dell'Idaspe, voi
onde di quel crudel meno insensate,
meco le mie sventure al mar portate.
(va per gittarsi nel fiume)
| |
PORO |
Cleofide che fai? Fermati. Oh dèi!
(corre per arrestarla)
| |
CLEOFIDE |
Che vuoi? Perché m'arresti
adorato tiranno? È di mia sorte
la pietà che ti muove? O ti compiaci
di vedermi ogn'istante
mille volte morir?
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PORO |
| |
CLEOFIDE |
| |
PORO |
Deh se tu m'ami,
non dar prove sì grandi
della tua fedeltà. Fingi incostanza;
del geloso mio cor le furie irrita.
Il perderti è tormento;
ma il perderti fedele è tal martire,
è pena tal che non si può soffrire.
| |
CLEOFIDE |
Io vi perdono o stelle
tutto il vostro rigor. Compensa assai
la sua pietade i miei sofferti affanni.
| |
PORO |
È questo astri tiranni
il talamo sperato? È questo il frutto
di tanto amor? Felicità sognate!
Inutili speranze!
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CLEOFIDE |
Ancor mio bene
noi siamo in libertà. Posso a dispetto
dell'ingiusto destin darti una prova
maggior d'ogn'altra. In sacro nodo uniti
oggi l'India ci vegga; e questo il punto
de' tuoi dubbi gelosi ultimo sia.
Porgimi la tua destra, ecco la mia.
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PORO |
Ah qual tempo, qual luogo,
quali auspici funesti
per invitarmi a tanto ben scegliesti!
E celebrar dovrassi
un real imeneo fra le ruine,
fra le stragi, fra l'armi, in riva a un fiume,
senz'ara, senza tempio e senza nume?
| |
CLEOFIDE |
All'azioni de' regi
sempre assistono i numi; ara che basta
è un cor divoto; e in questo clima o altrove,
ogni parte del mondo è tempio a Giove.
Prendi della mia fede,
prendi il pegno più grande.
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PORO |
In tal momento
la mia sorte infelice io non rammento.
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| |
|
CLEOFIDE E PORO
Sommi dèi, se giusti siete,
proteggete il bel desio
d'un amor così pudico.
Proteggete...
| |
| |
CLEOFIDE |
Ah ben mio, giunge il nemico.
| |
PORO |
Vieni. Quest'altra via
involarci potrà... Ma quindi ancora
giunge stuol numeroso. Agl'infelici
son pur brevi i contenti!
| |
CLEOFIDE |
Io non saprei
figurarmi uno scampo. A tergo il fiume,
Alessandro ci arresta
in quella parte e Timagene in questa.
Eccoci prigionieri.
| |
PORO |
Oh dèi vedrassi
la consorte di Poro
preda de' Greci? Agl'impudici sguardi
misero oggetto? All'insolenti squadre
scherno servil? Chi sa qual nuovo amore,
qual talamo novello!... Ah ch'io mi sento
dall'insano furor di gelosia
tutta l'alma avvampar.
| |
CLEOFIDE |
Sposo, un momento
ci resta ancor di libertà. Risolvi.
Un consiglio, un aiuto.
| |
PORO |
(impugna uno stile)
Eccolo. È questo,
barbaro sì ma necessario e degno
del tuo core e del mio. Mori e m'attenda
l'ombra tua degl'Elisi in su la soglia
senza il rossor della macchiata spoglia.
| |
CLEOFIDE |
| |
PORO |
(Vuol ferirla e si ferma)
Sì mori; oh dio!
Qual gelo! Qual timor! Vacilla il piede,
palpita il core e fugge
dall'ufficio crudel la man pietosa.
Ah Cleofide, ah sposa,
ah dell'anima mia parte più cara,
qual momento è mai questo! E chi potrebbe
non avvilirsi e trattenere il pianto.
Cara, la mia virtù non giunge a tanto.
| |
CLEOFIDE |
| |
PORO |
(guardando dentro la scena)
Ecco i nemici;
perdona i miei furori
adorato ben mio, perdona e mori.
(in atto di ferirla)
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Scena settima |
Alessandro che uscendo alle spalle di Poro lo trattiene e lo disarma, Soldati greci e detti. |
<- Alessandro, soldati greci
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ALESSANDRO |
| |
CLEOFIDE |
| |
ALESSANDRO |
(a Poro)
E donde
tanto ardimento e tanta
temerità?
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PORO |
Dal mio valor, dal mio
carattere sublime.
| |
CLEOFIDE |
| |
PORO |
| |
CLEOFIDE |
(va nel mezzo)
Egli è di Poro
fedele esecutor. Di Poro è cenno
la morte mia.
| |
ALESSANDRO |
Ma non doveva Asbite
eseguir tal comando.
| |
PORO |
Or più non sono
quell'Asbite che credi.
| |
CLEOFIDE |
(ad Alessandro)
Egli sostiene
le veci del suo re, perciò si scorda
d'essere Asbite.
(a Poro)
Eh rammentar dovresti
che suddito nascesti, e che non basta
un comando real, perché in oblio
tu ponga il grado tuo.
(piano a Poro)
Taci ben mio.
| |
PORO |
No, più tempo o regina
di ritegni non è. Sappi Alessandro
che nulla mi sgomenta il tuo potere;
sappi...
| |
|
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Scena ottava |
Timagene e detti. |
<- Timagene
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| |
TIMAGENE |
Le greche schiere
signor vieni a sedar. Chiede ciascuna
di Cleofide il sangue. Ognun la crede
rea dell'insidia.
| |
PORO |
Ella è innocente. Ignota
le fu la trama. Il primo autor son io;
tutto l'onor del gran disegno è mio.
| |
CLEOFIDE |
| |
ALESSANDRO |
Barbaro, e credi
pregio l'infedeltà?
| |
CLEOFIDE |
| |
ALESSANDRO |
Abbastanza palese
per l'insulto d'Asbite
è l'innocenza tua; per me regina
sarà nota alle schiere; io passo al campo.
Intanto o Timagene
tu di congiunte navi
altro ponte rinnova; occupa i siti
della città più forti. Entro la reggia
sia da qualunque insulto
Cleofide difesa; e questo altero
custodito rimanga e prigioniero.
| |
PORO |
| |
CLEOFIDE |
Deh lascia
Asbite in libertà. Sua colpa alfine
è l'esser fido a Poro. Un tal delitto
non merita il tuo sdegno.
| |
ALESSANDRO |
Di sì bella pietà si rese indegno.
| |
| |
|
D'un barbaro scortese
non rammentar l'offese
è un pregio che innamora
più che la tua beltà.
(a Poro)
Da lei crudel da lei,
che ingiustamente offendi,
quella pietade apprendi
che l'alma tua non ha.
(parte)
| Alessandro ->
|
|
|
Scena nona |
Cleofide, Poro e Timagene con Guardie. |
|
| |
TIMAGENE |
Macedoni, alla reggia
Cleofide si scorti; e intanto Asbite
meco rimanga.
| |
CLEOFIDE |
(In libertà potessi
senza scoprirlo almen dargli un addio.)
| |
PORO |
(Potessi all'idol mio
libero favellar.)
| |
CLEOFIDE |
De' casi miei
Timagene hai pietà?
| |
TIMAGENE |
| |
CLEOFIDE |
Ah se Poro mai vedi,
digli dunque per me che non si scordi
alle sventure in faccia
la costanza d'un re, ma soffra e taccia.
| |
| |
|
Digli che io son fedele,
digli ch'è il mio tesoro,
che m'ami, ch'io l'adoro,
che non disperi ancor.
Digli che la mia stella
spero placar col pianto,
che lo consoli intanto
l'immagine di quella
che vive nel suo cor.
| |
| (parte con le guardie) | Cleofide, soldati greci ->
|
|
|
Scena decima |
Poro e Timagene |
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| |
PORO |
| |
TIMAGENE |
Amico Asbite
siam pur soli una volta.
| |
PORO |
E con qual fronte
mi chiami amico? Al mio signor prometti
sedur parte de' Greci e poi l'inganni.
| |
TIMAGENE |
Non l'ingannai. Sedotti
gli argiraspidi avea. Ma non so dirti
se a caso, se avvertito,
se protetto dal ciel, gl'ordini usati
cangiò al campo Alessandro; onde rimase
ultima quella schiera
che doveva al passaggio esser primiera.
| |
PORO |
| |
TIMAGENE |
Io mille prove
ti darò d'amistà. Va', la mia cura
prigionier non t'arresta,
libero sei, la prima prova è questa.
| |
PORO |
Ma come ad Alessandro
discolperai...
| |
TIMAGENE |
Questo è mio peso. A lui
una fuga, una morte
finger saprò. Frattanto
sollecito e nascosto
tu ricerca di Poro e reca a lui
questo mio foglio.
(cava un foglio)
Un messaggier più fido
non so trovar di te. Digli che in questo
vedrà le mie discolpe,
vedrà le sue speranze.
(gli dà il foglio)
| |
PORO |
Amico addio.
Da' legami disciolto
l'impeto già de' miei furori ascolto.
| |
| |
|
Destrier, che all'armi usato
fuggì dal chiuso albergo,
scorre la selva, il prato,
agita il crin sul tergo
e fa co' suoi nitriti
le valli risuonar.
Ed ogni suon che ascolta
crede che sia la voce
del cavalier feroce
che l'anima a pugnar.
(parte)
| Poro ->
|
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Scena undicesima |
Timagene. |
|
| |
|
D'Alessandro in difesa
sempre così non veglieranno i numi;
una insidia felice
spero fra tante, onde mi sia permesso
sollevar dal suo giogo il mondo oppresso.
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| |
|
È ver che all'amo intorno
l'abitator dell'onda
scherzando va talor
e fugge e fa ritorno
e lascia in su la sponda
deluso il pescator.
Ma giunge quel momento
che nel fuggir s'intrica
e della sua fatica
il pescator contento
si riconsola allor.
(parte)
| Timagene ->
|
| |
| | |
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|
Scena dodicesima |
Appartamenti nella reggia di Cleofide. Cleofide e Gandarte. |
Q
Cleofide, Gandarte
|
| |
GANDARTE |
E tentò di svenarti? E a questo eccesso
del geloso mio re giunse il furore?
| |
CLEOFIDE |
| |
GANDARTE |
| |
CLEOFIDE |
Ma giacché il ciel pietoso
dall'onde ti salvò, perché qui vieni
nuovi perigli ad incontrar? Tu vedi
qual armi, quai custodi
circondan questa reggia.
| |
GANDARTE |
E in altra parte
neghittoso restar dovrà Gandarte?
| |
CLEOFIDE |
E se intanto Alessandro
aggrava anche il tuo piè de' lacci suoi,
chi più rimane in libertà per noi?
Ei vien. Parti.
| |
GANDARTE |
Non sia
mai ver ch'io t'abbandoni.
| |
CLEOFIDE |
Ah dal suo ciglio
celati per pietà.
| |
GANDARTE |
Numi consiglio.
(si nasconde)
| |
|
|
Scena tredicesima |
Alessandro e detti. |
<- Alessandro
|
| |
ALESSANDRO |
Per salvarti o regina
tentai frenar ma invano
d'un campo vincitor l'impeto insano;
non intende, non ode,
non conosce ragion. La rea ti crede
e minacciando il sangue tuo richiede.
| |
CLEOFIDE |
Abbialo pur. Dell'innocenza oppressa
né l'esempio primiero
né l'ultimo sarò. Vittima io vado
volontaria ad offrirmi.
(in atto di partire)
| |
ALESSANDRO |
Eh no, t'arresta.
Non soffrirò che sia
oppressa in faccia mia
Cleofide così. Mi resta ancora
una via di salvarti. In te rispetti
ogni schiera orgogliosa
una parte di me; sarai mia sposa.
| |
CLEOFIDE |
Io sposa d'Alessandro!
Che ascolto mai!
| |
ALESSANDRO |
Di questa agli occhi altrui
forse dubbia pietà la gloria mia
si risente gelosa e basta appena
regina il tuo periglio,
perché ceda il mio core a tal consiglio.
| |
CLEOFIDE |
| |
ALESSANDRO |
| |
CLEOFIDE |
È grande il dono
ma il mio destin... la tua grandezza... Ah cerca
un riparo migliore.
| |
ALESSANDRO |
E qual riparo,
quando il campo ribelle
una vittima chiede?
| |
| |
GANDARTE |
(scoprendosi ad Alessandro)
Eccola.
| |
CLEOFIDE |
| |
ALESSANDRO |
| |
GANDARTE |
| |
ALESSANDRO |
Come fra questi
custoditi soggiorni
giungesti a penetrar?
| |
GANDARTE |
Per via nascosa
che il passaggio assicura
dalle sponde del fiume a queste mura.
| |
ALESSANDRO |
E ben che vuoi? Domandi
pietà, perdono? O ad insultar ritorni
l'infelice regina?
| |
GANDARTE |
A che mi vai
rimproverando un disperato cenno
fra' tumulti dell'armi, in mezzo all'ire
mal concepito, mal inteso e forse
crudelmente eseguito? È a me palese
l'inumana richiesta
del campo tuo, che lei vuol morta, e vengo
ad offrirmi per lei; porto all'insana
greca barbarie un regio capo in dono;
io la vittima sono,
se il reo si chiede. Io meditai gl'inganni;
in me punir dovete
l'insidie, i tradimenti.
Son Cleofide e Asbite ambo innocenti.
| |
ALESSANDRO |
(O coraggio! O fortezza!)
| |
CLEOFIDE |
| |
GANDARTE |
(Il mio re si difenda e poi si mora.)
| |
ALESSANDRO |
(E fia ver che mi vinca
un barbaro in virtù!)
| |
GANDARTE |
Che fai? Che pensi?
Per disciogliere Asbite,
per la vita di lei bastar ti deve
ch'offra un monarca alle ferite il petto.
| |
ALESSANDRO |
No Poro, queste offerte io non accetto.
Voglio...
| |
GANDARTE |
Vuoi tutti estinti e ti compiaci
che manchi ogni nemico...
| |
ALESSANDRO |
Ascolta e taci.
Teco libero Asbite
ritorni o Poro. E quell'istessa via
che fra noi ti condusse
allo sdegno de' Greci anche t'involi.
| |
GANDARTE |
Ma qui frattanto infra i perigli avvolta
Cleofide dovrà...
| |
ALESSANDRO |
Ma tutto ascolta;
Cleofide è mia preda,
ritenerla dovrei. Potrei salvarla
senza renderla a te. Ma quando vieni
ad offrirti in sua vece,
la meritasti assai. Dall'atto illustre
la tua grandezza e l'amor tuo comprendo,
onde a te (non so dirlo) a te la rendo.
| |
CLEOFIDE |
| |
GANDARTE |
| |
ALESSANDRO |
D'Asbite io volo
a disciogliere i lacci. Andate amici
e serbatevi altrove a' dì felici.
| |
| |
|
(a Gandarte)
Se è ver che t'accendi
di nobili ardori,
conserva, difendi
la bella che adori
e segui ad amarla,
ch'è degna d'amor.
Di qualche mercede
se indegno non sono,
la man che lo diede
rispetta nel dono;
non altro ti chiede
il tuo vincitor.
(parte)
| Alessandro ->
|
|
|
Scena quattordicesima |
Cleofide, Gandarte, poi Erissena. |
|
| |
CLEOFIDE |
Chi sperava o Gandarte
tanta felicità fra tanti affanni!
Quanto dobbiam a' tuoi felici inganni.
| |
GANDARTE |
Di vassallo e d'amico
ho compiuto al dover. Pensiamo intanto
quale asilo alla fuga
sarà miglior, de' Gandariti il regno
o la reggia de' Prasi. A te congiunti
d'interesse e di sangue ambi i regnanti
contenderanno a gara
la gloria di salvarti, infin che passi
questo nembo di guerra
in altro clima a desolar la terra.
| |
CLEOFIDE |
L'arbitrio della scelta
rimanga a Poro. E ancor non viene! Oh quanto
l'attenderlo è penoso! Eccolo, io sento...
Ma no, giunge Erissena.
| |
| <- Erissena
|
GANDARTE |
O come asperso
ha di lagrime il volto!
| |
CLEOFIDE |
(ad Erissena che sopragiunge)
Eh non è tempo
di pianto o principessa. È stanco alfine
di tormentarne il ciel. Con noi respira,
consolati con noi. Libero è il varco
al nostro scampo e libera mi rende
al mio sposo Alessandro; andremo altrove
a respirar con Poro aure felici.
| |
ERISSENA |
| |
CLEOFIDE |
| |
GANDARTE |
| |
CLEOFIDE |
| |
ERISSENA |
Ei di sé stesso
fu l'uccisor.
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CLEOFIDE |
Quando? Perché? Finisci
di trafiggermi il cor.
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ERISSENA |
Sai che rimase
creduto Asbite a Timagene in cura.
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CLEOFIDE |
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ERISSENA |
Cinto da' Greci
lungo il fiume, alle tende
andava prigionier, quando si mosse
con impeto improvviso ed i sorpresi
improvidi custodi urtò, divise,
fra lor la via s'aperse,
si lanciò nell'Idaspe e si sommerse.
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GANDARTE |
(a Cleofide)
Privo di te, servo de' Greci, in odio
ebbe Poro la vita.
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CLEOFIDE |
I suoi furori
mi predicean qualche funesto eccesso.
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GANDARTE |
(ad Erissena)
Ma donde il sai?
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ERISSENA |
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CLEOFIDE |
Che mi giovò su l'are
tante vittime offrirvi ingiusti dei;
se voi de' mali miei
siete cagione, all'ingiustizia vostra
non son dovute; e se governa il caso
tutti gl'umani eventi,
vi usurpate il timor numi impotenti.
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GANDARTE |
Ah che dici o regina. Un mal privato
spesso è pubblico bene
e v'è sempre ragione in ciò che avviene.
Fuggi, torna in te stessa,
pensa a salvarti.
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CLEOFIDE |
A che fuggir? Qual danno
mi resta da temer? Lo sposo, il regno
misera già perdei; si perda ancora
la vita che m'avanza.
Dov'è più di periglio, ho più speranza.
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Se il ciel mi divide
dal caro mio sposo,
perché non m'uccide
pietoso il martir.
Divisa un momento
dal dolce tesoro,
non vivo, non moro;
ma provo il tormento
d'un viver penoso,
d'un lungo morir.
(parte)
| Cleofide ->
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Scena quindicesima |
Erissena e Gandarte. |
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GANDARTE |
Adorata Erissena
fra perdite sì grandi, ah non si conti
la perdita di te. Fuggiam da questa
in più sicura parte.
Tuo sposo e difensor sarà Gandarte.
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ERISSENA |
Vanne solo. Io sarei
d'impaccio al tuo fuggir. La mia salvezza
necessaria non è. La tua potrebbe
esser utile all'India; anzi tu devi
a favor degl'oppressi usar la spada.
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GANDARTE |
E dove senza te speri ch'io vada?
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Se viver non poss'io
lungi da te mio bene,
lasciami almen ben mio
morir vicino a te.
Che se partissi ancora,
l'alma faria ritorno;
e non so dirti allora
quel che farebbe il piè.
(parte)
| Gandarte ->
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Scena sedicesima |
Erissena. |
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E pur chi 'l crederia! Fra tanti affanni
non so dolermi; e mi figuro un bene,
quando costretta a disperar mi vedo;
ah fallaci speranze io non vi credo.
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Di rendermi la calma
prometti o speme infida;
ma incredula quest'alma
più fede non ti dà.
Chi ne provò lo sdegno,
se folle al mar si fida,
de' suoi perigli è degno,
non merita pietà.
(parte)
| Erissena ->
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