Argomento

Giunta all'estremo Occaso delle sue glorie la monarchia latina, le squadre dell'oriente, che militavano sotto il braccio di Vespasiano fecero improvvisamente risorgere un nuovo sole, fregiando a viva forza il loro duce di quell'alloro, ch'egli medesimo colla spada s'aveva raccolto sulle campagne di Palestina. Questa elezione fe' vacillar sul capo di Vitellio la corona imperiale, per difesa della quale ischierato a momenti un poderoso esercito, pretese, benché vanamente di conservar il lustro a quella porpora, ch'ormai aveva imbrattato col lezzo di tanti vizi nel dominio d'un impero tirannico. Imbrandito dunque l'acciaro s'oppose coraggiosamente a chi voleva rapirgli lo scettro, ma gli convenne cedere la vittoria prima lavando nel proprio sangue, poscia nell'onda del Tevere le lordure dell'obbrobriose sue scelleraggini.

Si finge che Domiziano ritrovandosi in Roma procurasse d'acquistare la corona al padre, della quale impadronitosi, volesse a sé medesimo usurparne il dominio.

Che Vespasiano ritornato dall'oriente si fosse attendato quella notte sul Tevere fuori della città, conducendo seco una schiava nell'amor della quale incenerivano le loro palme, Tito, ed Attilio; l'uno suo figlio maggiore, l'altro suo capitan generale.

Che Arricida moglie di Tito fosse stata rapita da Vitellio per violarla nella notte medesima della sua caduta. Queste finzioni, ed altri episodi danno l'intreccio al presente dramma intitolato «Il Vespasiano».

Atto primo Atto secondo Atto terzo

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