Atto secondo

 

Scena prima

Suburbi illuminati con porta della città in lontano.
Vespasiano, a cavallo precorso da trombe, e timpani, è seguìto da gran parte dell'Esercito.

 Q 

<- Vespasiano, esercito

 

VESPASIANO

Guerra, guerra.  

Perirà

caderà

quell'Anteo

che rubello in sul Tarpeo

contro me gli strali afferra.

Guerra, guerra.

(scende a terra)

 

Scena seconda

Sergio con Popolo.

<- Sergio, popolo

 

SERGIO

Eccoti, o Roma al fine  

il tuo verace, e sospirato nume.

Questi è 'l Giove del Lazio

di quel Giove favello, alla cui spada

chinò 'l Tanai la fronte,

pianse l'Eufrate, e 'l Tigri, e 'l Nilo altero,

quasi in un mar di sangue.

L'alma spirò da serte bocche esangue.

Molti eccelse, archi, e colossi

innalzare al Tebro in riva

viva Vespasiano, e viva, viva.

 

Scena terza

Vespasiano incontrato da Sergio, che se li prostra ai piedi.

 

VESPASIANO

Sergio fedel.  

SERGIO

Alto monarca eccelso

Roma prostrata al tuo valor s'inchina.

VESPASIANO

Duce, popoli, amici, al sen v'accolgo:

ma che si tarda? Or che 'l vietato ingresso

m'apristi già col messagger tuo foglio,

l'Aventino superbo

dal nostro ardir sia cinto,

e chi s'arma Tifeo ne cada estinto.

SERGIO

Deponi il ferro, o sire

non ha contrasto il tuo regal diadema.

Agli applausi festivi di Roma

ritolga la chioma il bellico acciar,

ch'il fragor del Tebro guerriero

ti chiama all'impero,

t'invita a regnar.

VESPASIANO

Dov'è il figlio rubello?

SERGIO

Di luminosa face

segui i tremoli rai?

Prova maggior della mia fé vedrai.

 

VESPASIANO

Sento l'alma che predice  

duri affanni al mesto cor.

Cieca sorte, dammi morte

ch'il dar morte a un infelice,

è pietade, e non rigor.

Sento l'alma che predice

duri affanni al mesto cor.

 

Scena quarta

Licinio, Vespasiano, Sergio e suddetti.

 

LICINIO

Ah barbaro, ah crudele.  

VESPASIANO

Quai clamori?

SERGIO

Quai voci?

LICINIO

Numi del ciel, la vostra aita imploro!

VESPASIANO

Che sarà mai?

SERGIO

Che fia?

 
(esce Licinio condotto da soldati per essere gettato nel Tevere)

<- soldati, Licinio

LICINIO

Uccidetemi pur stelle spietate.  

SERGIO

Questi è Licinio.

Licinio.

VESPASIANO

Amico.

LICINIO

O sommi dèi! Che veggo?

Vespasian, mio sire. Sergio,

deh togliete alla parca

l'alma d'un innocente.

VESPASIANO

Chi stimola i suoi fati?

SERGIO

Chi traditor t'ancide?

LICINIO

Sappi gran re, che Domiziano...

VESPASIANO

Basta:

troncategli que' nodi.

SERGIO

Lasciatelo felloni.

VESPASIANO

Serba i tuoi casi altrove

seguimi Sergio, e tu Licinio intanto

con sciolto piè sulle native arene

spira del patrio ciel l'aure serene.

LICINIO

Amico i' resto alle tue grazie avvinto.

SERGIO

Forse morrà chi te bramava estinto.

Vespasiano, esercito, Sergio, popolo, soldati ->

 

Scena quinta

Licinio solo.

 

 

Forse morrà chi te bramava estinto  

ah che sol questa destra

può vendicar miei torti: io sol dell'empio

atto sono alle stragi.

Animo sì, chi già nell'onda immerso

bramò vedermi esangue

versi al piè di Licinio, e l'alma, e 'l sangue.

 

Son disciolto da catene,  

ma farò crudel vendetta

contro un barbaro tiranno

questa man con giusto inganno

vibrerà fatal saetta.

Son disciolto da catene.

Spiro l'aure ancor di vita,

ma vedrò d'altrui la morte

contr'un perfido omicida

benché 'l ciel me stesso ancida

armerò mia destra forte.

Spiro l'aure ancor di vita.

Licinio ->

 

Scena sesta

A suono di trombe, e timpani, segue l'ingresso di Tito, e d'Attilio a cavallo.

<- Tito, Attilio

 

TITO

All'armi.  

ATTILIO

Alle stragi.

ATTILIO E TITO

All'armi, alle stragi.

TITO

D'un Icaro insano

si tarpi l'orgoglio.

ATTILIO

Ei miri nel soglio

di sangue inumano

aperti i naufragi.

TITO

All'armi.

ATTILIO

Alle stragi.

ATTILIO E TITO

All'armi, alle stragi.

 

ATTILIO

Ma qui Gesilla.  

TITO

Scortiam la bella.

ATTILIO

Egli è ben giunto, amico.

 

Scena settima

Gesilla, Zelto, Niso, Elvida, e detti.

<- Gesilla, Zelto, Niso, Elvida

 

GESILLA

Tito, Attilio.  

TITO E ATTILIO

Gesilla.

ELVIDA
(ad Attilio)

Amato ben.

ZELTO
(ad Elvida)

Taci.

NISO
(ad Elvida)

T'accheta.

GESILLA

Qui neghittoso il passo?

ZELTO
(ad Attilio)

Non ti scoprir amante?

TITO

Servir di guida alle tue piante intesi.

GESILLA

Vago nume adorato.

ZELTO
(piano ad Attilio)

Tieni il tuo foco ascoso.

NISO

Costui è diventato

il pedante amoroso.

ELVIDA
(piano ad Attilio)

Mia vita.

ATTILIO

(ad Elvida)

Anzi tua morte.

(a Gesilla)

A farsi scorta ogni dover m'astringe.

GESILLA

Idolo mio vezzoso.

ZELTO
(a Gesilla)

Fa' che 'l labbro sia scaltro.

GESILLA

M'obbliga l'uno, e m'incatena l'altro.

ELVIDA

È impossibile oh! dio

che ancor sdegni per me, covi nel seno?

ATTILIO

Chiudo per te d'ogn'aspide il veleno.

TITO

(Sì cortese ad Attilio?)

ATTILIO

(Sì gentile con Tito?)

ZELTO
(a Gesilla)

Dubito.

GESILLA

Anch'io pavento.

NISO

Il negozio è spedito.

ELVIDA

O che tormento.

TITO

Il sospetto m'ingombra.

ATTILIO

(Il timore m'assale.)

ZELTO
(a Gesilla)

Tito è sospeso!

GESILLA

In sé raccolto è Attilio.

TITO

(M'accerterò.)

ATTILIO

(Render mi vo' sicuro.)

Porgi tua man di giglio.

TITO

A me si deve

si quell'alba il candore.

ELVIDA

Perfido ingannatore.

ZELTO

Ambo siete in errore

Zelto solo è custode, e mio gran duce

vieta ch'altrui la bella schiava affidi.

(volendola ambedue prenderla per la mano Zelto gliel'invola mostrando di fuggire)

GESILLA

(piano a Tito)

Seguimi.

(piano ad Attilio)

Vieni.

ELVIDA, ATTILIO E TITO

Ah gelosia m'uccidi.

 

TITO

La fiamma sincera,  

che in sen mi sfavilla,

ti mova a pietà:

che lungi alla sfera

l'ardore del core

più crudo si fa.

La fiamma sincera

che in sen mi sfavilla

ti mova a pietà.

 

ZELTO

Lasciatela partire.  

GESILLA

Oh dio? Mi fai languire.

 

ATTILIO

All'aspro martire,  

che l'alma mi strugge.

Il piè, che se n' fugge,

sospendi mio ben,

che 'l cieco desire,

che in petto è ristretto,

più acerbo divien!

All'aspro martire,

che l'alma mi strugge.

 

Scena ottava

S'arrestano alle voci d'Arricida, che spunta da un balcone.

<- Arricida

 

ARRICIDA

Io sposa d'un lascivo? E questo seno  

accoglierà un tiranno?

NISO

Quest'è un altro malanno.

TITO

Ciel...

ATTILIO

Numi!...

ELVIDA E GESILLA

Ch'ascolto!

(tutti intenti ad osservarla)

ARRICIDA

Pietà stelle pietà.

TITO

Questa è Arricida.

Arricida, mio bene, e come...

ARRICIDA

Tito,

ah Tito, ah sposo, ah mio consorte, e nume

pria, che l'empio cognato

m'assaglia impuro.

TITO

O scellerato, indegno!

ARRICIDA

Stringi l'acciar, arma di furie il brando.

TITO

Tito, Attilio, e Gesilla

Zelto, guerrieri, oh dio.

ARRICIDA

Stimola il passo.

 

Vieni caro non tardar.  

Con la vindice saetta,

di tue furie i vanni affretta

questo seno a sprigionar.

Vieni caro non tardar.

(si ritira)

Arricida ->

 

Scena nona

Tito, e suddetti.

 

TITO

Sì si dolce mia vita,  

nelle stragi d'un empio

volo di Tebe a rinnovar l'esempio.

 

Compatitemi luci adorate,  

se m'involo da vostri bei rai,

il sereno, ch'in fronte portate,

dal mio core non parte giammai.

Compatitemi luci adorate.

Tito ->

 

Scena decima

Attilio, Gesilla, e Zelto.

 

ATTILIO

Compatitemi luci adorate...  

Ah perfida Gesilla!

GESILLA

Che dir vorrai?

ZELTO

Qual gelosia t'ingombra?

ELVIDA

E che fia mai?

ATTILIO

Non fu vano il sospetto.

(mostra di partire)

GESILLA

Deh t'arresta!

ATTILIO

Non più.

ZELTO

M'ascolta!

ATTILIO

Taci.

Son le discolpe sue troppo mendaci.

 

Voglio perder il cor  

se si trova in amor

donna fedel.

 

GESILLA

Deh placati idolo mio.

 

ATTILIO

Voglio perder il cor

se si trova in amor

donna fedel.

Tutte son menzognere,

facili all'ingannar:

ha più costanza il mar:

tanto non varia il ciel.

Voglio perder il cor

se si trova in amor

donna fedel.

Attilio ->

 

Scena undicesima

Gesilla, Zelto, Niso, Elvida.

 

GESILLA

Zelto, Niso.  

ZELTO

Gesilla.

NISO

Se ti dole, e tu strilla.

GESILLA

Dunque fia ver

ch'abbandonata, e sola

qui resto alfin delle mie pene in braccio.

ZELTO

Non ti smarrir signora,

Roma d'amanti abbonda,

non uscirà dall'oriente il giorno,

che stuolo avrai d'adoratori intorno.

 

NISO

De' zerbini senza quattrini  

se ne trovano a tutte l'ore.

Se s'affaccia una civetta

con la scuffia in sul balcone

ne vedrai più d'un milione

gir un punta di forchetta

a tirar di mio signore.

De' zerbini senza quattrini

se ne trovano a tutte l'ore.

 

GESILLA

Ah che d'amor nel regno  

troppo è vile quell'alma,

ch'al balenar di minaccioso sdegno

turba del suo gioir la dolce calma.

 

Chi la vuol con questo core  

in amor la perderà.

Lo splendor di guancia molle

farà sì ch'ogn'alma folle

del rigor si pentirà.

Chi la vuol con questo core

in amor la perderà.

Chi la vuol con questo volto,

no che mai non vincerà.

Il fulgor di crine aurato

farà sì ch'un petto irato

ad amar ritornerà.

Chi la vuol con questo volto,

no che mai non vincerà.

Gesilla ->

 

ELVIDA

Infelice mia sorte  

mentre fida e costante

seguo chi m'odia, e chi mi sprezza adoro

e protesta in armar beltà tiranna

tra penosi martir l'alma s'affanna

ma chissà la speranza

più salda renderà la mia costanza.

 

Spera mio cor crudele  

goder chi ti piagò

che l'anima crudele

placata non vedrò.

Spera mio cor crudele.

Elvida ->

 

ZELTO

Questa signora schiava  

è una donna assai brava

e mi par ch'ella sia;

guarda s'è andata via...

NISO

Non c'è pericolo

oh, oh, sta giù, giù giù, là in fondo al vicolo.

ZELTO

Mi par che sia con quei suoi modi astuti

un cervellin da fabbricar statuti.

NISO

Ma d'Elvida che dici?

ZELTO

Ha una gran pena.

NISO

È pazza da catena,

poiché se fossi in lei

gli amanti così fatti

alle forche mandar certo vorrei.

 

Le donne pratiche,  

quando capiscono,

che un gonzo incantano

con la beltà:

fan le selvatiche,

s'insuperbiscono,

e se ne vantano

in qua, e in là.

 

ZELTO

Ma se trascorrono

con chi ha le regole

di farle stridere

senza pietà,

dietro le corrono

come pettegole,

ch'ognun fan ridere

per la città.

Niso, Zelto ->

 
 

Scena dodicesima

Orride prigioni nella reggia; Domiziano sopra una sedia, che dorme incatenato; Vespasiano, e Sergio.

 Q 

Domiziano

<- Vespasiano, Sergio

 

SERGIO

Eccoti il figlio.  

VESPASIANO

(Luci mie che vedete!)

SERGIO

Di possente letargo in lauta mensa

io le sue labbra aspersi,

e le grandezze ad un sognar conversi.

VESPASIANO

Troppo rigor esercitasti, o duce.

SERGIO

Per salvar come dissi

dal barbaro disegno

l'onor a Tito, e a Vespasiano il regno.

DOMIZIANO

Questo cor è tuo dono.

Meco tu passerai da mensa al trono.

SERGIO

Udisti o sire.

VESPASIANO

(Così deturpa oggi sua gloria un figlio?)

Ritiriamci in disparte.

 

DOMIZIANO

Pur ti stringo, pur t'abbraccio  

idol mio, placato un dì

men severa al sen t'allacc...

(si risveglia)

 

 

(si leva in piedi)  

Ma ohimè! Dove mi trovo?

Questa è la reggia? E questi

sarà dell'orbe il fren, sogno? O son desto?

Catena al piè? Senza diadema il crine?

O Sergio traditor, o padre indegno.

Sì sì col vostro sangue

spezzerò questi ferri,

desolerò la regia,

struggerò Roma, il Lazio, e posto il piede

sull'Erebo profondo

crollar farò dalla sua base il mondo.

 

VESPASIANO

Figlio?  

SERGIO

Nel sen tanto rigor s'annida?

DOMIZIANO

Sei qui fellon? Con questa mano...

(avventasegli)

VESPASIANO

Ferma.

SERGIO

Non è fellon chi la ragion difende.

DOMIZIANO

Empio tu mi tradisti.

VESPASIANO

Placa le furie.

SERGIO

Oprò mia fé ciò che voleva il fato.

DOMIZIANO

Servi, guerrieri, amici

chi mi toglie da ceppi?

Chi m'appresta un acciaro?

VESPASIANO

O indomita fierezza?

DOMIZIANO

Ti sbranerò, ti squarcerò le vene,

ma tu padre crudele

soffri veder tra lacci

il vincitor del Tebro?

VESPASIANO

(Mentir qui giova.)

SERGIO

Deh tu mio re.

VESPASIANO

Perfido Sergio iniquo

pagherai con la morte

sì temerario eccesso.

SERGIO

A me?

VESPASIANO

Sì crudo mostro

togliti al mio cospetto.

Fuggi da me per sempre.

SERGIO

O ciel! D'un regno

è la mercé l'esilio.

VESPASIANO

(Saprò involarlo all'empietà del figlio.)

Sergio ->

 

Scena tredicesima

Domiziano si getta genuflesso ai piè di Vespasiano.

 

DOMIZIANO

Ah padre, padre, ah mio signor mio sire.  

VESPASIANO

Figlio riedi in te stesso,

modera i tuoi costumi. Al seno, al piede

ti ritolgo l'acciar? Ma si sovvenga

che Vespasiano alla cui mente Astrea

della ragion giusti dettami inspira,

saprà con egual sorte

esser padre all'amor, giudice all'ira.

 
(fattegli levar le catene, parte con faccia alterata)

<- guardie

guardie, Vespasiano ->

 

Scena quattordicesima

Domiziano dopo aver osservato il Padre sin dentro la scena, si leva in piedi.

 

 

Confuso il genitore,  

parte, e mi lascia,

che far degg'io? Di mascherati inganni

forz'è munir il labbro.

Ancor farò di mie grandezze il fabbro.

 

Sul mio crin sì voglio alloro,  

sol regnando il cor appago,

mi tributi il Gange, e 'l Tago,

mi s'inchini, e l'Indo, e 'l Moro.

Sul mio crin sì voglio alloro.

Al mio piè ti bramo o soglio:

questa speme il cor mi pasce,

dove Febo, e more, e nasce

saprò alzarmi un Campidoglio.

Al mio piè ti bramo o soglio.

 
 

Scena quindicesima

Palazzo delizioso, che corrisponde ad un giardino.
Tito tenendo per la mano Arricida.

 Q 

<- Tito, Arricida

 

TITO

Dolce spira, e dolce freme.  

ARRICIDA

L'aura lieve, e 'l rio d'argento

lusingando in grembo ai fiori,

ma nel cor più dolce io sento

che tra i fiori della speme

va scherzando ignudo amor.

Dolce spira, e dolce freme.

 

TITO

O fido Sergio all'opra tua sagace  

Tito deve l'onore.

ARRICIDA

Lascia pur, che tra ceppi

di Vespasiano all'ira

scopo rimanga il tuo germano infido,

vuò mirar senza strali il mio cupido.

 

È tempo o luci belle  

di consolarmi un dì:

lontan dal vostro ardore

non vi può dir il core

la pena che soffrì.

È tempo o luci belle

di consolarmi un dì.

 

TITO

Sì sì pupille amate

ch'or or v'adorerò,

con lieto, e vago riso

rasserenate il viso

del sol, che m'infiammò.

Sì sì pupille amate

ch'ogn'or v'adorerò.

 

Scena sedicesima

Gesilla cogliendo fiori, e suddetti.

<- Gesilla

 

GESILLA

Tu mi fuggi, e più non m'ami,  

ma crudel so ben perché?

(finge di non vederli)

 

ARRICIDA

Qual bellezza rimiro?  

TITO

(Gesilla? Ahi che far deggio?)

 

GESILLA

T'innamora un altro volto,

ti lusinga un nuovo guardo,

e così Teseo bugiardo

neghi al cor la sua mercé.

Tu mi fuggi, e più non m'ami,

ma crudel so ben perché.

(s'adagia infiorandosi la chioma)

 

ARRICIDA

Ma chi è costei, che di sue pompe altere  

flora ne spoglia, e se n'adorna il crine.

TITO

(Oh dio!) Questa che vedi

del genitor in campo

restò preda infelice.

ARRICIDA

(Un geloso tormento il cor predice.)

TITO

Bella affrettiam e nostre gioie.

ARRICIDA

Ferma.

Il costume stranier, l'abito, il volto

a rimirarla invita,

accertar mi vogl'io se fui tradita

gentil straniera.

TITO

Vaga Gesilla.

GESILLA

Invitto eroe, signor

l'uno ha Febo ne' rai, l'altra l'Aurora.

TITO
(piano a Gesilla)

Questa è mia sposa.

GESILLA

(Purtroppo il so.)

ARRICIDA

Dimmi se pur t'aggrada

contro di chi le tue querele avventi?

GESILLA

Per sollievo del cuor ragiono a' venti.

TITO

(O risposta sagace.)

ARRICIDA

Amasti dunque?...

GESILLA

Amai...

TITO

Vieni Arricida.

ARRICIDA

Non ti sia grave intanto

svelar l'autor delle tue doglie...

TITO
(piano a Gesilla)

Ah taci.

GESILLA

Ti sdegnerai se 'l dico?

ARRICIDA

Io no...

TITO

Crudel che pensi?

GESILLA

(Resti l'empio punito.)

Bella l'autore delle mie doglie è...

ARRICIDA

Tito,

sì sì t'intesi, o crudo mostro; e questa

sarà la fé di sposo?

TITO

In che peccai?...

ARRICIDA

Lascivo.

GESILLA

Ah no signora...

ARRICIDA

Impura,

osi mentir ciò ch'accennasti? In breve

con saette omicide

svenar saprò con la sua Iole Alcide.

 

(a Tito)

Con le furie di Cocito  

lacerar ti voglio il cuore.

Mostro ingrato

sempr'irato

sarà teco il mio furore.

Con le furie di Cocito

lacerar ti voglio il cuore.

(contro Gesilla)

Con lo stral della vendetta

saettar ti voglio il seno.

Alma dura

mai sicura

tu sarai del mio veleno.

Con lo stral della vendetta

saettar ti voglio il seno.

Arricida ->

 

Scena diciassettesima

Tito, Gesilla.

 

GESILLA

Empio, contro Gesilla  

dell'irata consorte

tu le furie eccitasti.

TITO

Io le furie eccitai?

GESILLA

Perfido iniquo

non si comparte a più d'un seno il core.

TITO

Sola sinor fosti alle gioie, e ai vezzi.

GESILLA

Menti Giano bifronte.

TITO

Aborrirò la moglie.

GESILLA

Ti fuggirà Gesilla.

(finge partire)

TITO

Deh placati mio ben.

 

TITO

(si prostra)  

Bella non più rigor,

deh sana il mio dolor.

Plàcati per pietà,

e pur crudel vedrai

fra mill pene, e guai

il cor, che morirà.

Bella non più rigor,

deh sana il mio dolor.

 

GESILLA

Lasciami infido.  

TITO

Dunque schernita, e mesta

dée quest'anima languir, bella t'arresta.

GESILLA

No ch'ai preghi d'un labbro vezzoso

non resiste lo sdegno del cor,

basta il lampo d'un guardo amoroso

perché io tempri dell'alma il rigor.

TITO

Sì ch'il duolo sen fugge dal petto

ai baleni d'amica pietà,

e l'ardore ch'in seno è ristretto,

vieppiù caro, e soave si fa.

Tito ->

 

Scena diciottesima

Gesilla, e dopo Attilio, e Zelto, Elvida in disparte.

 

GESILLA

Il disegno sortì: ma qui velocemente  

Attilio ancor se n' viene:

sappi mio cor, che simular conviene.

 

<- Attilio, Zelto, Elvida

ATTILIO

Gesilla alle tue piante.  

ELVIDA

(Oh dèe, che scorgo.)

(Gesilla dopo aver guardato Attilio gli volta le spalle)

ZELTO

Usa pietà signora.

ATTILIO

Genuflesso, e pentito.

ZELTO

Renditi men crudele.

ATTILIO

D'Attilio 'l cor, che la sua diva offese.

ZELTO

Basta sei vendicata.

Pregala, e la vedrai tosto placata.

ATTILIO

Degno fa' di perdono.

GESILLA

Alle preci d'un empio è questi il dono.

(lo percuote col guanto)

ELVIDA

Alma sta lieta entro le gioie io sono.

 

ATTILIO

Voglio perder il cor  

se si trova in amor

donna fedel?

 

ATTILIO

Deh ascolta almeno!  

GESILLA

Ah sconoscente, ingrato.

 

Voglio perdere il cor

se si trova in amor

uomo fedel.

Tutti sono mendaci,

facili all'ingannar,

ha più costanza il mar

tanto non varia il ciel.

Voglio perdere il cor

se si trova in amor

uomo fedel.

Gesilla ->

 

Scena diciannovesima

Attilio, Zelto, Elvida.

 

ATTILIO

L'empia così le mie preghiere ascolta?  

ELVIDA

Segui chi ti disprezza, e lascia ingrato

chi per te pena, e muore

questa è la mercé di fido core.

ZELTO

Tal'è di donna l'uso.

Questo sesso leggero

mille volte in un dì cangia pensiero.

ATTILIO

Che far poss'io?

ZELTO

Se Gesilla ti fugge, Elvida abbraccia.

ATTILIO

Non posso.

ELVIDA

Empio, perché?

ATTILIO

Lo vieta amore.

ZELTO

È pur anche vezzosa.

ELVIDA
(ad Attilio)

Arde l'anima mia solo per te.

ATTILIO

Sei bella sì, ma nulla piaci a me.

 

ELVIDA

Sebben tu mi disprezzi  

sempre ti voglio amar.

T'assalirò co' vezzi,

e con lusinghe accorte

conseguirò la sorte

di farmi idolatrar.

Sebben tu mi disprezzi

sempre ti voglio amar.

Elvida ->

 

ATTILIO

Zelto, ma che farà?  

ZELTO

Secreto, e solo di Gesilla alle stanze

oggi t'aggrada.

ATTILIO

L'Atlante sei d'ogni mia speme, o Zelto.

ZELTO

Vo', che la schiava ancora

le sue grazie rinnovi a chi l'adora.

 

ATTILIO

Due bellezze soavi, e gradite  

van piagando l'amato mio cor.

Ambe lusingano,

ambe m'apportano gioie, e dolor.

Due bellezze soavi, e gradite

van piagando l'amato mio cor.

Attilio, Zelto ->

 
 

Scena ventesima

Anfiteatro.
Domiziano solo.

 Q 

Domiziano

 

 

Cieca dèa, che de' mortali  

reggi il freno alle vicende,

sol da te so, che dipende

darmi al crin bende reali.

Ma qui fra stuol di luminose schiere

il grave passo ha il genitor rivolto

finto si chiami il pentimento in volto.

 

Scena ventunesima

Vespasiano con séguito di Cavalieri.

<- Vespasiano, cavalieri

 

VESPASIANO

Figlio?  

DOMIZIANO

Padre.

VESPASIANO

Qual nube

di fosco duol turba la mente? Ah forse

cieco desio di regno

l'animo ancor t'ingombra?

DOMIZIANO

Tolganlo i numi: il più deforme oggetto

io non ho dell'impero.

VESPASIANO

Ma chi turbato tiene il tuo ciglio?

DOMIZIANO

L'orror de miei delitti.

VESPASIANO

Scrissi in polve l'offesa.

DOMIZIANO

In duro marmo

Tito bensì l'alta vendetta incise.

VESPASIANO

Io placai le sue furie.

DOMIZIANO

Padre rendesti a questo cor la calma.

VESPASIANO

Per maggior tuo conforto

d'anfiteatro eccelso

te solo elessi a vagheggiar le pompe.

Olà miei fidi

s'appresti omai la meditata scena.

DOMIZIANO

(A chi non regna ogni delizia è pena.)

 

VESPASIANO

Combattuto ogn'or dall'onda  

non si frange il pino in mar,

ma sovente in lieta sponda

giunge il lido a ribaciar:

il destin cangia sue tempre,

e 'l torbido del ciel non dura sempre.

Se talor l'alpi gelate,

Borea crudo minacciò,

spesso ancor sue furie alate

quercia annosa disprezzò:

così irato il ciel non teme,

e 'l rigido Aquilon sempre non freme.

Sfondo schermo () ()

 

Scena ventiduesima

Mentre Vespasiano e Domiziano s'assidono, a suono d'una gran sinfonia s'alza la tela vedendosi Giunone in macchina, Fetonte sopra un carro tirato da due cavalli, Cibele tirata da due leoni.

Sfondo schermo ()

<- Giunone, Fetonte, Cibele, Po

 

GIUNONE

Qual d'insolito ardor fiamma vorace  

il mio gelido imper divora, e strugge

fuman le nubi istesse, e già per l'Etra

senz'evitar di rio Vulcano i danni

tarpati, ed arsi han gl'aquiloni i vanni.

(sorge il Po tutto scarmigliato)

PO

Dove misero, e dove  

fuor dall'algose sponde

traggo l'umide piante, ahi, che fra poco

ha l'Eridano in grembo un mar di foco.

CIBELE

Cinta non più di fiori

la mia chioma vegg'io, ma sol cosparsa

d'infocate ruine

un inferno ho nel seno, e l'altro al crine.

 

GIUNONE

Sommo Giove, e dove sei?  

PO

Dove posi o gran tonante.

CIBELE

Mira lacero il sembiante

fra l'ardore d'incendi rei.

Sommo Giove, e dove sei?

 

FETONTE

L'eclittica perdei, ma 'l cor non perdo.  

Fra calli ignoti in sull'eterea mole

additerò novi sentieri al sole.

 
(discende Giove sull'aquila armato di fulmine)

<- Giove

GIOVE

Temerario Fetonte  

così dunque le leggi

di natura, e del ciel torcer presumi?

Meta all'ardir è la caduta estrema!

Dal mio strale in un punto

chi le fiamme destò resti consunto.

 
Scagliato un fulmine, Fetonte cade nel Po, spezzandosi il carro, e precipitando i cavalli con gran furia s'abbassa la tela.
 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Suburbi illuminati con porta della città in lontano.

(suono di trombe, e timpani)

<- Vespasiano, esercito
Vespasiano
Guerra, guerra
Vespasiano, esercito
<- Sergio, popolo

Eccoti, o Roma al fine

Sergio fedel / Alto monarca eccelso

Ah barbaro, ah crudele

Vespasiano, esercito, Sergio, popolo
<- soldati, Licinio

Uccidetemi pur stelle spietate

Licinio
Vespasiano, esercito, Sergio, popolo, soldati ->

Forse morrà chi te bramava estinto

Licinio ->

(suono di trombe, e timpani)

<- Tito, Attilio

Ma qui Gesilla

Tito, Attilio
<- Gesilla, Zelto, Niso, Elvida

Tito, Attilio / Gesilla

Lasciatela partire

Tito, Attilio, Gesilla, Zelto, Niso, Elvida
<- Arricida

Io sposa d'un lascivo?

Tito, Attilio, Gesilla, Zelto, Niso, Elvida
Arricida ->

Sì si dolce mia vita

Attilio, Gesilla, Zelto, Niso, Elvida
Tito ->

Compatitemi luci adorate

 
Gesilla, Zelto, Niso, Elvida
Attilio ->

Zelto, Niso / Gesilla

Ah che d'amor nel regno

Zelto, Niso, Elvida
Gesilla ->

Infelice mia sorte

Zelto, Niso
Elvida ->

Questa signora schiava

Niso e Zelto
Le donne pratiche
Niso, Zelto ->

Orride prigioni nella reggia.

Domiziano
 

(Domiziano dorme incatenato)

Domiziano
<- Vespasiano, Sergio

Eccoti il figlio

(Sergio e Vespasiano in disparte)

Pur ti stringo, pur t'abbraccio

(Domiziano si risveglia)

Ma ohimè! Dove mi trovo?

(Vespasiano e Sergio si rivelano)

Figlio? / Nel sen tanto rigor s'annida?

Domiziano, Vespasiano
Sergio ->

Ah padre, padre, ah mio signor mio sire

Domiziano, Vespasiano
<- guardie

(Domiziano vien liberato dalle catene)

Domiziano
guardie, Vespasiano ->

Confuso il genitore

Palazzo delizioso, che corrisponde ad un giardino.

Domiziano
<- Tito, Arricida

O fido Sergio all'opra tua sagace

Arricida e Tito
È tempo o luci belle
Domiziano, Tito, Arricida
<- Gesilla

Qual bellezza rimiro?

 

Ma chi è costei, che di sue pompe altere

Domiziano, Tito, Gesilla
Arricida ->

Empio, contro Gesilla

Lasciami infido

Domiziano, Gesilla
Tito ->

Il disegno sortì: ma qui velocemente

Domiziano, Gesilla
<- Attilio, Zelto, Elvida

(Elvida in disparte)

Gesilla alle tue piante

Attilio, poi Gesilla
Voglio perder il cor

Deh ascolta almeno!

 
Domiziano, Attilio, Zelto, Elvida
Gesilla ->

(Elvida si rivela)

L'empia così le mie preghiere ascolta?

Domiziano, Attilio, Zelto
Elvida ->

Zelto, ma che farà?

Domiziano
Attilio, Zelto ->

Anfiteatro.

Domiziano
 

Cieca dèa, che de' mortali

Domiziano
<- Vespasiano, cavalieri

Figlio? / Padre / Qual nube

(a suono d'una gran sinfonia s'alza la tela vedendosi Giunone in macchina, Fetonte sopra un carro tirato da due cavalli, Cibele tirata da due leoni)

Domiziano, Vespasiano, cavalieri
<- Giunone, Fetonte, Cibele, Po

Qual d'insolito ardor fiamma vorace

Dove misero, e dove

Giunone, Po e Cibele
Sommo Giove, e dove sei?

L'eclittica perdei, ma 'l cor non perdo

(discende Giove sull'aquila armato di fulmine)

Domiziano, Vespasiano, cavalieri, Giunone, Fetonte, Cibele, Po
<- Giove

Temerario Fetonte

(Giove scaglia un fulmine, Fetonte cade nel Po, spezzandosi il carro, e precipitando i cavalli con gran furia)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima Scena diciannovesima Scena ventesima Scena ventunesima Scena ventiduesima
Cortile nella reggia di Vitellio. Gran padiglione di Gesilla nell'esercito di Vespasiano attendato sul Tevere, in cui penetra un raggio di luna. Sala dove si preparano le regie mense. Suburbi illuminati con porta della città in lontano. Orride prigioni nella reggia. Palazzo delizioso, che corrisponde ad un giardino. Anfiteatro. Anfiteatro. Stanze di Gesilla. Salone imperiale. Piazza attendata.
Atto primo Atto terzo

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