Atto secondo

 

Scena prima

Sala nel palazzo di Tito.
Tito, e Lucio.

 Q 

Tito, Lucio

 

TITO

Dunque l'occulta, e grave  

reità del suo cor dirà la figlia?

LUCIO

Per confessarla, tosto

a te verrà prostrata.

TITO

E tu mi narri

ch'amor con le sue faci

l'anima in sen ti accese?

LUCIO

Amor bendato,

per gloria delle piaghe, e degl'incendi,

m'accese, e mi ferì co' suoi begl'occhi.

TITO

Dunque sol, perché amante,

segui la fé romana?

LUCIO

No, gran Tito: il tuo merto

prima all'altar del nume

portò il mio cor divoto;

la beltà poscia di Vitellia, e il senno

insinuar per le sue nozze il voto.

TITO

Dal nodo io non dissento;

ma il genio che a latini

mostra Vitellia, l'accoppiarsi vieta

a chi a Roma è nemica: e se ben dice,

colei, ciò che sinora

negò di palesar, quando ella viva

rubella della patria,

lacerata per via, giust'è che mora.

 

LUCIO

Non ti lusinghi la crudeltade  

contro d'un core che devi amar.

E per la figlia mostra pietade

se questo petto vuoi consolar.

Non ti lusinghi la crudeltade

contro d'un core che devi amar.

 

Scena seconda

Vitellia, che corre a Tito, Lucio, e poi Servilia.

<- Vitellia

 

VITELLIA

Padre: a te solo io palesar intendo  

gli arcani del mio cor.

 

<- Servilia

TITO

Lucio.

(vede Servilia)

Servilia,

tu non partisti?

SERVILIA

Torno

qui da' latini, e vengo

nunzia d'amica pace.

TITO

Narra!

LUCIO

(Che mai sarà!)

SERVILIA

Se di Vitellia

Geminio, che pur sente

per la vergine illustre

lo stral d'amor, Geminio, il mio germano,

stringe la man di sposa,

consolàti non cerca, ed è romano.

LUCIO

(Non mi tradir fortuna.)

VITELLIA

(In sì gran punto

opra, o possente Amor.)

TITO

Al fine un cieco

al tuo fratello aperse

della ragione i lumi.

LUCIO

Che oprar degg'io?

TITO

Sia di Geminio

sposa Vitellia.

LUCIO

E al mio rivale...

TITO

A Roma

che in questo dì è tua patria,

non a Geminio, il nodo,

e il merto dell'amor ceder conviene.

LUCIO

(Ahi crudo fato!)

SERVILIA, VITELLIA

(Abbraccerò il mio bene.)

TITO

Servilia!

SERVILIA

Eroe del Tebro.

TITO

Riedi a Geminio: reca

dell'imeneo le tede.

E fra i romani consoli, se ammesso

non è un latin, dirai che in queste braccia

di pacifica fronda

egli cinta la chioma,

avrà il cor del senato, anzi di Roma.

VITELLIA

Gran cognata.

SERVILIA

Vitellia.

 

VITELLIA

D'improvviso  

riede il riso

sul tuo labbro a balenar.

Teco io godo,

perché il nodo

torna l'alma a incatenar.

 

SERVILIA

Sul tuo labro

di cinabro

dolce riso brillerà.

Al tuo seno

m'incateno,

schiava son di tua beltà.

 

Scena terza

Decio con Ufficiali, e detti, poi sopraggiunge Manlio.

<- Decio, ufficiali

 

DECIO

Manlio, di Tito il figlio, ora qui viene.  

TITO

Servilia: impaziente

di abbracciar la consorte,

l'invia Geminio; ei più soffrir non puote

del tuo piè le dimore.

SERVILIA

Eccolo. (Pur godrò l'idolo mio.)

VITELLIA

(Stringerò tosto il caro nume anch'io.)

LUCIO

(Io son fuor di speranza, o cieco dio.)

 
(qui viene Manlio)

<- Manlio

 

TITO

Figlio: le nozze di Vitellia, e quanto  

dir il german le impose,

Servilia mi narrò.

Giusto è ben che t'abbracci: e tu ch'affretti

col tuo ridente arrivo

d'un sì bel giorno il lucido sereno;

Manlio: vieni al mio seno.

(l'abbraccia)

MANLIO

Gran genitor, da quel, che tu mi credi,

a te qui assai diverso or m'appresento.

TITO

Non vieni da' latini?

MANLIO

Vengo dal campo.

SERVILIA

E i sensi

di Geminio non rechi?

VITELLIA

E non arrivi

ragguagliator di pace,

che di doppio imeneo fra lacci è involta?

MANLIO

O Vitellia, o Servilia, o padre, ascolta:

co' cavalier del Tebro

nel campo de' latini,

dell'usbergo squamoso il sen vestito,

portai veloce il piè: fu con Geminio

il primo incontro. Questi

con vilipendi e scherni

mi sfidò all'arme ingiurïoso e fiero.

Io che son cavaliero

l'armi vibro e l'uccido.

Che pugnai provocato

saprà Servilia, il padre ed il senato.

SERVILIA E VITELLIA

(Morto è Geminio?)

MANLIO

Quelle

spoglie sono del vinto

di cui l'onte sfuggir non potei.

VITELLIA

(Manlio crudele!)

SERVILIA

(O dèi!)

 
(svengono)
 

LUCIO

(A sperar io ritorno, o affetti miei.)

TITO

(Dell'ucciso Geminio al vivo sangue

cade Vitellia esangue?) or che la indusse

contro i latin a non giurar le stragi,

scopre il duol che l'uccide.

Per Geminio svenato

piagolla il dio bendato.

LUCIO

(Ei del mio foco

più rival non sarà.)

TITO

Nei lor soggiorni

l'una e l'altra si porte.

LUCIO

Seguirò la mia vita in braccio a morte.

Insieme

MANLIO

Ahi destin! la mia vita è in braccio a morte.

 

Lucio, Vitellia, Servilia, Decio, ufficiali ->

 

Scena quarta

Tito e Manlio.

 

TITO

È questa, Manlio, è questa  

del senato la legge?

il comando di Tito?

MANLIO

Con l'ingiurie più volte, e con li scherni

provocommi colui.

TITO

Tu né men provocato

stringer dovevi il ferro;

né del sangue latin bagnar l'arena,

ma dell'error tu proverai la pena.

MANLIO

Signor sfuggii la pugna: e ben diranlo

i cavalier del Tebro.

TITO

Ma Geminio uccidesti.

MANLIO

Chiamò codardo, e vile

Manlio, di Tito il figlio

TITO

Che sempre è vil, quando la patria il chiede,

né pecca di viltà con alma rea

il cittadin, risponder si dovea.

MANLIO

Al cimento sfidommi; e la disfida

se non accetta, perde

il cavalier, di cavaliere il pregio.

TITO

Tu che facesti?

MANLIO

Chiesi

miglior tempo opportuno

al singolar cimento.

TITO

E uccidesti Geminio in quel momento.

MANLIO

Deh padre, genitore:

Manlio di Tito è figlio.

TITO

Di Tito era il comando.

MANLIO

Disse Geminio altero

ch'io non son cavaliero.

TITO

Tu, che facesti allor?

MANLIO

Mia spada ignuda

gli chiuse il labbro, e il fe' mentir tacendo.

TITO

Colpa nuova aggiungesti al tuo delitto.

MANLIO

È colpa esser invitto?

Ah, se alla patria

la gloria accrebbi; se atterrò un sol brando

tutto il campo latino

nel valor di Geminio; e se novelle

diedi le palme al Tebro,

de' glorïosi acquisti

perché perdo l'allor?

TITO

Non ubbidisti.

 

Tito ->

 

Scena quinta

Manlio solo.

 

 

E attender io dovea, che le onorate  

viscere mi passasse

d'insolente nemico il ferro ignudo?

Dovea, dunque, dovea

con la macchia di vile, e di codardo

tornar a Roma? o dèi; ché se il dolore

ha per me di Servilia il cor trafitto,

è questo il mio delitto.

 

Se non v'aprite al dì,  

begl'occhi del mio sol, più dì non v'è.

Brune pupille amate,

vostr'ombre idolatrate

ombre saran d'occaso alla mia fé.

Se non v'aprite al dì,

begl'occhi del mio sol, più dì non v'è.

 

Manlio ->

 

Scena sesta

Cortile con tomba di Geminio.
Lindo e Vitellia.

 Q 

Lindo, Vitellia

 

LINDO

No, fermati signora.  

VITELLIA

Ove sepolto

giace l'amato nume,

Lindo, lascia ch'io vada: io fuor dell'urna

trarrò il cenere amato.

LINDO

Che farai poscia?

VITELLIA

Stillerovvi in seno

tutto il mio core in pianti: e i nostri cori

unirà quell'amor, che il mio dissolve,

l'uno in pianto converso, e l'altro in polve.

LINDO

È grande insania; lascia

gli estinti a i chiusi avelli.

VITELLIA

Ma vive chi l'uccise; e la vendetta

porterò vanamente, ove non entra

rimembranza d'offesa?

Vindice ferro impugno: e contro l'empio

di Tebe io volo a rinnovar lo scempio.

LINDO

Contro il fratello? No.

VITELLIA

Perché? quel sangue

ch'ei verserà svenato, il primo forse

sarà, ch'uscito da fraterne vene,

corse del patrio lido

a imporporar l'arene?

 

Grida quel sangue  

vendetta ancora;

forz'è che mora

quel traditor.

E finch'esangue

sia l'omicida,

sento che grida

se tardo ancor!

Grida quel sangue

vendetta ancora;

forz'è che mora

quel traditor.

 

Scena settima

Servilia e detti.

<- Servilia

 

SERVILIA

Vitellia dove?...  

VITELLIA

A trucidar colui,

che barbaro, inumano,

a me uccise l'amante, a te il germano.

SERVILIA

(O Manlio traditor!)

LINDO

(Manlio infelice!)

VITELLIA

Tu pur l'ultrice destra

arma d'acciar pungente.

LINDO

È a te fratello,

è a te consorte.

VITELLIA

Andiamo alle ferite.

SERVILIA

(O dio:

Manlio, benché omicida, è l'idol mio.)

VITELLIA

Servilia tu ancor pensi a colui traditore!

SERVILIA

(Per lui favella in sul mio labbro amore.)

VITELLIA

Dell'ucciso Geminio, chiama il sangue vendetta.

SERVILIA

E un voto di Servilia anche l'affretta.

VITELLIA

Dunque alle stragi.

SERVILIA

Aspetta

VITELLIA

Più non indugio.

SERVILIA

Andiamo.

LINDO

No.

VITELLIA

Ha il caro ben svenato.

SERVILIA

L'uccise provocato.

VITELLIA

Ah: Servilia: tu rendi

l'uccisore innocente, e reo l'ucciso.

In difesa converti

la reità di scellerato core.

LINDO

Povero Manlio, quanto compatisco

il deplorabil tuo misero stato:

ché l'esser strapazzato

da una femmina sola è gran tormento,

ma da due chi soffrir può un tal spavento?

 

Rabbia che accendesi  

in cor di femmina

peggio è del tossico

che là nell'Erebo

crudo e pestifero,

per man dé diavoli,

sempre lavorasi

per gente flebile.

Dardo non scagliasi

veloce e rapido,

fiamma non sforzasi

ratta ad ascendere,

vento non gonfiasi

sull'onde mobile,

quanto la collera

pronta ad offendere

del sesso debile.

Rabbia che accendesi

in cor di femmina

peggio è del tossico

che là nell'Erebo

crudo e pestifero,

per man dé diavoli,

sempre lavorasi

per gente flebile.

 

LINDO

Eccolo!  

VITELLIA

(Indegno!)

SERVILIA

(Come

cieli, stringer potrò quell'empia mano,

ch'ancor fuma del sangue

del trafitto germano?)

LINDO

(Questo per l'infelice è caso strano.)

 

Scena ottava

Manlio e detti.

<- Manlio

 

MANLIO

Mia Servilia, Vitellia!  

SERVILIA

Manlio crudele!

VITELLIA

Barbaro omicida!

SERVILIA

Nunzia io vengo di pace, e tu nel campo

il fratello mi sveni?

VITELLIA

Quando attendo lo sposo,

asperse del suo sangue

le sue spoglie tu porti agl'occhi miei?

MANLIO

Fecer l'ingiurie sue le sue ferite.

E tu o Vitellia, indarno

caduta esangue, a ravvivarlo estinto

l'anima gli mandasti;

Manlio, Manlio l'uccise, e tanto basti.

VITELLIA

O iniquo cor: per l'alta della patria

inobbedita legge;

per l'ucciso Geminio

di due delitti reo.

SERVILIA, VITELLIA

Perfido core.

VITELLIA

Se il mio sposo piagasti

SERVILIA

Se svenasti il germano

VITELLIA

Questa man.

SERVILIA

Questa mano.

SERVILIA, VITELLIA

S'arma contro di re.

VITELLIA

Perfido.

SERVILIA

E rio.

VITELLIA

Inumano.

SERVILIA

E fellon! (Basta cor mio.)

MANLIO

(Vitellia mi rinfaccia;

non mi guarda Servilia;

ho nemico il senato, il padre, e Roma.

O misero trofeo;

o valor sfortunato;

o vittoria infelice;

che più sperar del mio destin mi lice?

Ma se m'odia Servilia, odio la vita.)

VITELLIA

Servilia andiam.

SERVILIA

Andiamo.

MANLIO

O mie furie tiranne;

Manlio, è pronto bersaglio alle vostr'ire.

Uccidetemi: presta

tu a Servilia, o Vitellia,

il ferro, che brandisci; ella primiera

faccia nel cor le piaghe.

VITELLIA

Servilia, eccoti il ferro.

SERVILIA

Il ferro prendo.

MANLIO

Tu le farai, crudel? tu le farai?

SERVILIA

Eccomi.

MANLIO

Non ve 'l credo, amati rai.

 

Scena nona

Entra Decio con Ufficiali che portano catene.

<- Decio, ufficiali

 

DECIO

Manlio, Tito al tuo piede  

queste catene invia.

SERVILIA

Che miro!

MANLIO

A questo piè catene? a questo piede,

che fermò per la patria

la ruota alla fortuna?

VITELLIA

Catene al traditore.

SERVILIA

(Giorno per me fatale.)

DECIO

E alle catene il carcere succede.

SERVILIA

(Chiuso il mio sol fra l'ombre?)

VITELLIA

E al carcere la scure, onde quel capo

cada nel suol troncato.

(Mio Geminio svenato!)

SERVILIA

(Dolente, che più indugio?) Io del consorte

volo a chieder la vita.

VITELLIA

Ed io la morte.

 

SERVILIA

Dar la morte a te, mia vita,  

morte mai no, non potrà;

ché l'amor che mi ha ferita

la sua falce spezzerà.

VITELLIA

Al tuo sen riparo, e scudo

non farà bendato Amor,

ché non può fanciullo ignudo

toglier l'armi del furor.

 

Servilia, Vitellia, ufficiali, Lindo ->

 

Scena decima

Manlio, Decio e poi Lucio.

 

MANLIO

Tu al carcere mi guidi: e avrà fra l'ombre  

sepolcro tenebroso

quel, che illustrò col lampo di sua spada

il nome della patria, e de' romani?

DECIO

O Manlio, di fortuna

troppo infausto bersaglio.

Piango la tua sventura;

piango la mia, che della tua mi sforza

ad esser messaggero.

 
(qui viene Lucio leggendo una lettera)

<- Lucio

 

MANLIO

Ah, Lucio!  

LUCIO

Alto campione!

MANLIO

Vedi: queste

son catene.

LUCIO

(Egli è Manlio!)

MANLIO

Ah che giurando

l'odio contro a latini,

tu mal facesti: io feci

peggio di te, che lo giurai romano.

DECIO

Chi adora il divin culto

confederati ha i numi.

LUCIO

E chi di Roma

pugna sotto i vessilli

ha certe le Vittorie.

MANLIO

Sì, sì; va', di lorica

armati il fianco, infra i cimenti vibra

l'acuto brando; e in petto

quante io ne mostro (e queste, o Tito, o Roma

son pur ferite) porta

di valor onorate aperte piaghe:

ché del valor in premio, e della fede

avrai pesante, dura

una catena, e una prigione oscura.

LUCIO

Come? signore, Decio:

le palme son catene?

E a chi domò l'orgoglio

del nemico di Roma,

carcere d'ignominia è il Campidoglio?

DECIO

Non ubbidì alla Legge

del senato, e di Tito.

MANLIO

Stimol d'onor m'astrinse

a trapassar il petto

del superbo Geminio

con quell'acciar, che le falangi abbatto:

se ubbidivo alla legge,

della patria era danno,

di Manlio era misfatto.

LUCIO

O valor sfortunato!

MANLIO

Ma, se tal del valore è il guiderdone,

se il trionfo è demerto, e si condanna;

odio Tito, la patria, odio i suoi numi.

Estinto, se non vivo,

se non in corpo, in ombra,

co' latini in battaglia

a Roma ingrata, ed al senato ingiusto,

cinto d'aspidi il crine,

porterò scempi, e spargerò ruine.

(Manlio: che parli? segui

l'opre esecrande? E perché peccan gl'altri

peccar tu ancora vuoi?)

LUCIO

(Degno è suo caso acerbo

dell'umana pietà.)

MANLIO

Decio: mi bendi

tirannide le luci;

infame scure tronchi

questo mio capo: e ruotino a' miei danni

tutti gli astri del cielo erranti, e fissi:

vissi Romano, e morirò qual vissi.

LUCIO

Tue magnanime gesta,

signor io bacio, e adoro

l'alma invitta d'eroe.

MANLIO

Lucio.

LUCIO

Permetti

ch'io t'accompagni.

MANLIO

No, resta, e vedrai

che, il cipresso di morte

se in loco avrò del trionfale alloro,

mio trionfo faranno

un dì, nel monumento,

il pianto della patria, e 'l pentimento.

 

Vedrà Roma e vedrà il Campidoglio  

dall'alto suo soglio

quai grandi sfortune

il fato le adune

nell'aspra mia sorte.

Parleran mie ferite a' romani

e i lidi più strani

udran con orrore

cangiarsi il valore

in scure, ed in morte.

Vedrà Roma e vedrà il Campidoglio

dall'alto suo soglio

quai grandi sfortune

il fato le adune

nell'aspra mia sorte.

 

Manlio, Decio ->

 

Scena undecima

Lucio solo.

 

 

Ingrata Roma, e più di Roma ingrato  

Lucio se non fai scudo

al cavalier, che 'l tuo rivale ancise!

M'apre già questa carta

la via sicura; del campion romano

mi sforza alla difesa

l'obbligo, il merto e l'onorata impresa.

 

Combatta un gentil cor    

la legge ed il rigor,

quando nel trionfar

virtù prevale.

Da forte mai sarà

mostrarsi con viltà,

non pronto a contrastar

con forza eguale.

Combatta un gentil cor

la legge ed il rigor,

quando nel trionfar

virtù prevale.

S

 

Lucio ->

 

Scena duodecima

Sala nel palazzo di Tito.
Tito solo.

 Q 

Tito

 

 

Già da forte catena  

cinte ha Manlio le piante: or di sua morte

scriva la man di Tito

la sentenza fatal: giust'è, che mora.

Chi trascura il comando della patria

è fellon della patria.

Legge non ubbidita

non è più legge: e il cittadin, che a quella

non ubbidisce attento, e non l'osserva,

sedizioso vuole

sulla patria il comando, e la fa serva.

(va a sedere a un tavolino)

Io con occhio di padre

Manlio più non rimiro;

mi benda i lumi il suo delitto, e sola

la pena, ch'egli merta, è mia pupilla.

(lascia di scrivere)

Par, che di far le note

la man sul foglio aperto

abbia perduto l'uso.

Scrivi, o mia destra, e mosso

sia dalla colpa il giudice. Non posso.

(si leva dal tavolino)

Tito, non puoi? Non posso

castigare i delitti?

Un senso contumace a tanto arriva?

Mora il reo della patria, e Tito scriva.

(va al tavolino a scrivere)

Il castigo è da giudice, egli è vero;

ma la pietà è da padre.

(vuol deporre la penna, ma fermatosi dice)

Manlio non è mio figlio: errò, fellone.

Scritte col di lui sangue

di giudice e di padre al Tebro in riva

leggansi le giust'opre, e Tito scriva.

 
(Tito comincia a scrivere la sentenza)
 

Scena decima terza

Decio va da Tito, che scrive la sentenza, egli vedutolo dice:

<- Decio

 

TITO

Decio, che porti?  

DECIO

Primo

del gran romuleo soglio,

cardine sempre fermo,

invittissimo Atlante: io qui per nome

delle romane squadre

chieggo, se degno dell'uffizio sono,

di Manlio, il figlio, a te la vita in dono.

TITO

Manlio di colpa è reo:

non ubbidì al senato,

non esegui del console il comando,

e dée morir.

DECIO

L'invitto ardir, il sangue

che del desio di bella gloria è ardente,

e quel valor, che nacque

da te, che 'l generasti, incolpa, e accusa.

TITO

Valor intempestivo

è infamia, non valor: e al fin è colpa.

DECIO

Con tante bocche, quante

numera nel suo petto

piaghe ancor fresche, il popolo guerriero

le suppliche ti porge.

TITO

La legge inobbedita a lor si oppone.

Io, dettata da lei, scrivo la pena.

DECIO

Il tuo voler è legge.

Ben può grazia donar chi dà castigo.

Nelle labbra dei giusti

sovente ella ancor suona.

TITO

Ma giustizia non fa chi grazia dona.

DECIO

Manlio svenò in Geminio il maggior capo

dell'idra a noi rubella; onde il suo fallo

merto diviene, e l'omicidio è impresa.

TITO

Merto la fellonia chiamasi ancora?

(scrive)

Manlio è Reo della Patria: e vo' che mora.

DECIO

È tuo figlio, o signore.

TITO

Dalla memoria

di padre questa penna or lo cancella.

DECIO

Non san, senza il suo braccio

pugnar le schiere: e naufraga la speme

de' romani trionfi

nel pianto dell'esercito, che tutto

prega al tuo piè prostrato

e grazia chiede al genitor sdegnato.

TITO

Va': rapporta che l'aquile romane

arman più d'un artiglio,

né di famoso allor cinti la chioma

mancar figli guerrieri al Tebro, a Roma.

DECIO

L'ultime lor libere voci ascolta:

o a Manlio dona vita,

o...

 
(qui Tito si leva in piedi e dice)

TITO

Chi dà legge a Roma?

chi è console? chi regge?

Son io del roman popolo in quest'ora

padre; e giudice sono; e il figlio mora.

 

DECIO

No che non morirà,  

in tante pene,

al comun bene

troppo disdice

resti infelice

un vincitor.

Manlio sì sì vivrà,

ché dura legge

Roma corregge

e quando un forte

vince la sorte,

cinto è d'allor.

No che non morirà,

in tante pene,

al comun bene

troppo disdice

resti infelice

un vincitor.

 

Decio ->

 

Scena decima quarta

Servilia va a Tito.

<- Servilia

 

SERVILIA

(Amor, su queste labbra  

tu favella per me.)

TITO

Servilia, vieni

a chieder supplicante

del prigione la vita, o pur la morte?

Se per la prima, scrisse

irrevocabil fato, e se il castigo

tu vuoi, non il perdono,

prima della domanda ottieni il dono.

SERVILIA

Signor, uccise Manlio

(sebben sfidato, e per l'onor l'uccise)

Geminio in campo ed obliò di Tito

gl'ordini, e del senato.

Gravi sono le colpe, ed ancor grave

dée, per esempio a gl'altri, esser la pena.

Del trafitto germano

al giudice romano

porto anch'io le querele, ed i lamenti;

e affretto il volo alle saette ardenti.

Ma se Manlio è a me sposo;

e a me se tu lo desti;

perché sì di repente ora me 'l togli?

Dunque sono sì brevi

i favori di Tito?

Ma, o gran Tito, la legge

già da te comandata a te comanda?

Misera dignità: se usar non puote

con divina sentenza

la pietà, ch'è da nume, e la clemenza.

Signor, dammi il consorte,

e tolga il ciel, che voglia,

autor di crudo affanno,

Tito, per esser giusto, esser tiranno.

(piange)

TITO

Servilia, del tuo dir io l'arte ammiro:

tu nel chieder le grazie hai gran virtute,

ma per chi dée morir non v'è salute.

SERVILIA

(Destin!) Almen concedi,

che nel brun de' suoi lumi

vegga la morte mia.

TITO

Servi, di Manlio

entri costei nell'orrida prigione:

ciò al tuo facondo favellar si done.

 

SERVILIA

Andrò fida, e sconsolata,  

tra l'orror delle catene,

a trovar l'amato oggetto,

e in veder la sfortunata

sua bell'alma in tante pene,

l'alma mia parta dal petto.

Andrò fida, e sconsolata,

tra l'orror delle catene,

a trovar l'amato oggetto.

 

Servilia ->

 

Scena decima quinta

Tito poi Vitellia.

<- Vitellia

 

TITO

(Forte cor, non ti scuota o prego, o pianto.)  

VITELLIA

Mio gran padre.

TITO

(Vitellia pe 'l fratello

qui porta ancor le preci.)

VITELLIA

Amai Geminio, e vicendevol fiamma

l'anime nostre ardea.

Col vincolo di pace

seco unirmi consorte

concertai con amor, e con la sorte.

La macchina struggeva il giuramento;

e l'industrie d'amor givano al vento.

Manlio Geminio uccise:

tolse a Roma la pace, e a me lo sposo.

Tu scaglia impetüoso

folgore al capo indegno; e in questo punto

alle genti latine

(mette la mano sul tavolino)

giuro stragi, terror, scempi, e ruine.

TITO

Lucio si chiami. Al reo colà il castigo

del suo fallir è scritto.

VITELLIA

Con la sua morte ei pagherà il delitto.

 
(entra Lucio)
 

Scena decima sesta

Lucio e detti

<- Lucio

 

LUCIO

Eccomi a Tito.  

TITO

A Manlio, ove da ferri

incatenato ha il piede,

vanne: leggi quel foglio,

e ritorno Vitellia alla tua fede.

 

Legga, legga, e vegga  

in quel terribile

foglio orribile

la sua morte a folgorar.

Legga, legga, e vegga

in quel terribile

foglio orribile

la sua morte a folgorar.

 

Tito ->

 

Scena decima settima

Vitellia e Lucio.

 

VITELLIA

Addio.  

LUCIO

Consorte.

VITELLIA

A me?

LUCIO

Geminio è spento.

VITELLIA

(Ahi!) consorte sarò del monumento.

LUCIO

Fermati: il padre...

VITELLIA

Io reggo

il mio voler.

LUCIO

Le tue promesse...

VITELLIA

È giusto

con chi porta catene usar l'inganno.

LUCIO

(Quanto a mie piaghe acerbe è Amor tiranno.)

 

VITELLIA

Povero amante cor,    

mi fa pietà il tuo amor.

Ma volgi ad altri il piè

se vuoi mercede.

Sospira quanto sai;

no, che non troverai

in questo sen per te

né amor né fede.

Povero amante cor,

mi fa pietà il tuo amor.

Ma volgi ad altri il piè

se vuoi mercede.

S

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Vitellia ->

 

Scena decima ottava

Lucio solo.

 

 

Vanne, perfida, va'.  

Scempio del tuo furore

Manlio non caderà; dall'ombre cieche

porterò a' rai del giorno

l'alto campion romano,

ché sua parca omicida io tengo in mano.

 

Fra le procelle    

del mar turbato,

lo sconsolato

il porto avrà.

E all'alme belle,

ricche d'onore,

suo gran valore

legge sarà.

Fra le procelle

del mar turbato,

lo sconsolato

il porto avrà.

S

 

Lucio ->

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Sala nel palazzo di Tito.

Tito, Lucio
 

Dunque l'occulta, e grave

Tito, Lucio
<- Vitellia

Padre: a te solo io palesar intendo

Tito, Lucio, Vitellia
<- Servilia

Vitellia e Servilia
D'improvviso
Tito, Lucio, Vitellia, Servilia
<- Decio, ufficiali

Manlio, di Tito il figlio, ora qui viene.

Tito, Lucio, Vitellia, Servilia, Decio, ufficiali
<- Manlio

Figlio: le nozze di Vitellia, e quanto

Tito, Manlio
Lucio, Vitellia, Servilia, Decio, ufficiali ->

È questa, Manlio, è questa

Manlio
Tito ->

E attender io dovea, che le onorate

Manlio ->

Cortile con tomba di Geminio.

Lindo, Vitellia
 

No, fermati signora. / Ove sepolto

Lindo, Vitellia
<- Servilia

Vitellia dove?... / A trucidar colui

Eccolo! / Indegno! / Come

Lindo, Vitellia, Servilia
<- Manlio

Mia Servilia, Vitellia!

Lindo, Vitellia, Servilia, Manlio
<- Decio, ufficiali

Manlio, Tito al tuo piede

Servilia, Vitellia
Dar la morte a te, mia vita
Manlio, Decio
Servilia, Vitellia, ufficiali, Lindo ->

Tu al carcere mi guidi: e avrà fra l'ombre

Manlio, Decio
<- Lucio

Ah, Lucio! / Alto campione! permetti

Lucio
Manlio, Decio ->

Ingrata Roma, e più di Roma ingrato

Lucio ->

Sala nel palazzo di Tito.

Tito
 

Già da forte catena

Tito
<- Decio

Decio, che porti? / Primo

Tito
Decio ->
Tito
<- Servilia

Amor, su queste labbra

Tito
Servilia ->
Tito
<- Vitellia

Forte cor, non ti scuota o prego, o pianto

Tito, Vitellia
<- Lucio

Eccomi a Tito. / A Manlio, ove da ferri

Vitellia, Lucio
Tito ->

Addio / Consorte / A me? / Geminio è spento

Lucio
Vitellia ->

Vanne, perfida, va'.

Lucio ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undecima Scena duodecima Scena decima terza Scena decima quarta Scena decima quinta Scena decima sesta Scena decima settima Scena decima ottava
Luogo pubblico in Roma, per li solenni giuramenti, con statua di Plutone, e Proserpina. Appartamenti di Vitellia nel palazzo di Tito. Campo dei latini. Sala nel palazzo di Tito. Cortile con tomba di Geminio. Sala nel palazzo di Tito. Prigione. Sala nel palazzo di Tito. Luogo pubblico in Roma.
Atto primo Atto terzo

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