Atto primo

 

Scena prima

Luogo pubblico in Roma, per li solenni giuramenti, con statua di Plutone, e Proserpina.
Al suono di sinfonia di vari strumenti vengono Tito Manlio, Manlio, Vitellia, Lucio, Servilia, Decio, Soldati e Popolo.

 Q 

<- Tito, Manlio, Vitellia, Lucio, Servilia, Decio, soldati

 

TITO

Popoli, chi è Romano e chi di Roma  

sostien la fede e il divin culto adora,

or che a Dite profondo, del mondo la regina

su gl'altari consacra ostie e profumi,

giuri d'abisso ai numi,

aborrir de' latini,

gente ch'a noi rubella oggi si scopre,

il nome ancora e lo dimostrin l'opre.

Primo io vado all'altare;

voi del mio cor seguite

l'opra divota, e 'l giuramento udite.

A voi del basso Averno deità riverite,

a te di tre sembianti Ecate stigia,

a te o tartareo Giove,

giuro di chi è latino

aborrir sino il nome.

Giuro l'odio, la guerra, e sovra questa

lapida che il mio piede

sacra preme e calpesta,

giuro votar del sangue de' rubelli

con labbra sitibonde, a voi dinante,

colma tazza spumante.

Tito giura: io son Tito, e son romano;

pegno del cor che giura ecco la mano.

 

DECIO

Quanto Tito ora giurò,  

giura armata ogni falange.

LUCIO

Giura ancor Lucio latino.

SERVILIA

(Lucio ancor?)

LUCIO

(Ché '1 dio bambino

per quel volto, ahi, mi piagò!)

 

MANLIO

Di Flegetonte al nume  

porto la destra anch'io: stampo con essa,

o padre, o Roma, in questo

solenne venerabile momento,

della tua su i vestigi, il giuramento.

TITO

Per le romane vergini tu ancora

vanne o figlia, o Vitellia, e per le spose

vada Servilia.

SERVILIA

Ad Eaco...

VITELLIA

In su gli altari...

SERVILIA

...altre portino il piede;

VITELLIA

...altre stendan la mano;

SERVILIA

ché al nume io non m'accosto.

VITELLIA

Io m'allontano.

LUCIO

(Dèi, che sento?)

TITO

(Vitellia

giurar anche ricusa?) Immantinente

parta dal suol romano

chi tiene alma latina; e in questo punto

sciolto col figlio Manlio

il vicino imeneo, seco non porte

dal ciel di Roma il nome di consorte.

MANLIO

(Destin!)

SERVILIA

(Sarà di morte)

TITO

Ma, Vitellia, tu ancora

rubella della patria

latina ti dichiari?

Di' la cagione; taci e nulla rispondi?

Il saprà Tito: il saprà Roma.

Lucio, ne' regi alberghi alla tua fede

darem l'onor condegno.

(a Servilia e a Vitellia)

Tu al mio sguardo t'invola,

e tu al mio sdegno.

VITELLIA, SERVILIA

Di fortuna crudel son fatta segno.

 

Vitellia, Lucio, Servilia, Decio, soldati ->

 

Scena seconda

Tito, e Manlio.

 

TITO

Manlio!  

MANLIO

Mio genitore.

TITO

Vattene, vesti l'armi e de' nemici

gli ordini osserva, il sito e le falangi.

Ma non pugnar, e fuggi i cimenti, gli incontri;

ché questa, a cavalier ch'il brando regge,

del senato e del console è la legge.

 

Se il cor guerriero    

t'invita all'armi,

pensa alla legge e al tuo dover.

Sfuggi il cimento

della battaglia,

né ti lusinghi vano piacer.

Se il cor guerriero

t'invita all'armi,

pensa alla legge e al tuo dover.

S

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Tito ->

 

Scena terza

Servilia e Manlio.

<- Servilia

 

SERVILIA

Ah, Manlio!  

MANLIO

Mia Servilia...

SERVILIA

Lasciami, traditor. Se ai numi inferni

l'odio contro i latini

qui giurasti, rubello

dell'amor tuo, della mia fiamma antica,

tua sposa io più non son, ma tua nemica.

MANLIO

Dolce mio ben, perdona.

La patria, il genitore,

il senato, la legge

guidar la mano, il piede,

e di romano il debito, e la fede.

SERVILIA

E la mia fede, o ingrato? e l'amor mio?

MANLIO

E la tua fé d'amante!

E l'affetto di moglie!

Ah Servilia, tu all'or, che ricusasti

d'esser romana; all'imeneo maturo

spezzasti le catene,

ammorzasti le faci, e non giurando

sul venerato altare mi togliesti

baciar que' lumi ardenti.

SERVILIA

(O mie tiranne stelle!)

SERVILIA E MANLIO

O giuramenti!

SERVILIA

Dunque a me più non sei

né marito, né amante;

m'odi come nemica;

Servilia più non ami;

addio.

MANLIO

Così tu parti?

SERVILIA

Dà legge al partir mio

la patria, e Tito.

MANLIO

Addio Servilia.

SERVILIA

Addio:

senza Manlio, ch'adoro,

che mai farò?

MANLIO

Che mai

farò senza Servilia?

SERVILIA E MANLIO

Astri inclementi!

SERVILIA

Manlio.

MANLIO

Servilia.

SERVILIA

(O stelle!)

SERVILIA E MANLIO

O giuramenti!

MANLIO

(Ma di beltà nemica

ancor m'arresto ai pianti!)

Servilia, io parto.

SERVILIA

Ed io?

MANLIO

Tu qui rimanti.

SERVILIA

No: teco vengo.

MANLIO

Dove!

SERVILIA

Fra i latini.

MANLIO

Tu meco

venir ora non déi.

SERVILIA

Perché!

MANLIO

Nemica sei

SERVILIA

Vanne perfido, va': cerca fra l'armi

Geminio il mio germano;

sfoga l'odio romano

dentro al suo petto: irriga

del sangue suo la verde piaggia aprica:

ed in quel cor latino

svena il cor di Servilia a te nemica.

MANLIO

Ch'io dia morte al cor mio? vita del core:

odio non entra, ov'ha la fede amore.

 

Perché t'amo mia bella, mia vita,  

non saprà questa destra ferir.

Porto in seno tua imago gradita,

questo basti per farti gioir.

Perché t'amo mia bella, mia vita,

non saprà questa destra ferir.

 

Manlio ->

 

Scena quarta

Servilia sola.

 

 

O dio, sento nel petto,  

con moti vari, veementi e strani,

già palpitarmi il cor: che mai del cielo

nel volume stellato

scrisse di me, scrisse di Manlio il fato?

 

Liquore ingrato  

beve il fanciullo

qualor del vetro

sia l'orlo asperso

di grato odor.

Così il mio core

nel duol che preme

beve l'amaro,

ma pronta speme

in suo riparo

tempra, e conforta

il mio dolor.

Liquore ingrato

beve il fanciullo

qualor del vetro

sia l'orlo asperso

di grato odor.

 

Servilia ->

 

Scena quinta

Lucio e Decio.

<- Lucio, Decio

 

LUCIO

Sì, per Vitellia io lascio  

anche il nome latino.

DECIO

E tanto puote su l'alma d'un eroe

femminile beltade?

LUCIO

Forse ancor a te note

non son l'armi d'Amore;

il tuo feroce core

forse ancor non provò

come ei sappia ferir.

DECIO

(Pur troppo il so.)

LUCIO

Solo in Vitellia trovo

e la gloria, e la patria.

DECIO

Ed a Vitellia ancora,

scopristi la tua face!

LUCIO

Tacqui, e penai finora;

ma più soffrir non posso

l'impeto dell'amor, ch'il sen m'accende.

DECIO

E se teco sdegnosa

ricusasse ascoltarti!

LUCIO

Forse de miei sospiri

il suo tenero core avrà pietade.

DECIO

Lusingar ti potresti, ella potria

aver per altro oggetto il sen ferito.

LUCIO

Ad ogni costo io voglio

svelarle il foco mio.

DECIO

(Potessi almen dirle il mio amore anch'io.)

LUCIO

Io vado, ed al mio fianco

stimoli aggiunge Amore,

e con dolce speranza

alletta questo core;

vado tutti a narrarle i miei tormenti,

contento se potrò ridurla almeno

ad udir senza sdegno, i miei lamenti.

 

Alla caccia d'un ben adorato  

tendo l'arco del vezzo e del pianto;

ché se rendo quel seno infiammato,

del mio cuor, del mio amor, sarà vanto.

Alla caccia d'un ben adorato

tendo l'arco del vezzo e del pianto.

 

Lucio ->

 

Scena sesta

Decio solo.

 

 

Vanne, amante felice  

se scoprir le tue fiamme

a chi le accese entro il tuo sen ti lice.

Io pure amo Vitellia, e lungo tempo

tacqui, e soffersi, e soffrirò tacendo.

Ben veggio, ch'il mio amore

al grado mio disdice, e che saria

delitto il palesarlo; onde io celo

del pari agl'occhi suoi, e agl'occhi altrui;

e solo il sa, perché lo sente il core.

E se tacendo io peno

dal silenzio non viene il mio tormento:

peno perch'il mio bene

in braccio altrui di rimirar pavento.

 

È pur dolce ad un'anima amante  

poter dire, ma senza timore,

a un bel volto, io moro per te.

Il vedere l'amato sembiante

senza nube di sdegno, o rigore,

fa sperare più facil mercé.

È pur dolce ad un'anima amante

poter dire, ma senza timore,

a un bel volto, io moro per te.

 

Decio ->

 

Scena settima

Appartamenti di Vitellia nel palazzo di Tito.
Vitellia e Lindo.

 Q 

Vitellia, Lindo

 

LINDO

Perché a Geminio in campo  

io l'arrechi?

VITELLIA

Nel campo all'idol mio.

LINDO

Che gli dirò?

VITELLIA

Che sono

qui fra le angosce acerbe,

in periglio di vita, e solo aspetto

da lui soccorso, aita.

LINDO

Prendo la via più corta, e più spedita.

VITELLIA

Lindo.

LINDO

Son qui.

VITELLIA

Ciò, che risponde, attendi.

LINDO

Bene.

VITELLIA

Lindo.

LINDO

Ecco Lindo.

VITELLIA

Di, che se tarda un punto, io morirò.

LINDO

Fido gli narrerò: ma del tuo rischio

s'ei la cagion mi chiede?

VITELLIA

Saprà dal foglio: va'.

LINDO

Do l'ali al piede;

ma signora...

VITELLIA

Che vuoi?

LINDO

Che... (di buon servo

perdona al zelo), che sperar tu puoi

da un amante nemico?

È Geminio latino.

VITELLIA

Vuol, che adori Geminio il mio destino.

LINDO

Amor senza speranza è una follia

VITELLIA

E non amar chi l'ama

non può quest'alma mia.

LINDO

Eh; di sì vano amore

lascia la rimembranza;

giura l'odio a' latini: esci di pene.

VITELLIA

Lindo: troppo tenaci

son del cor le catene.

LINDO

Ma se taci il periglio...

VITELLIA

Vanne, aita ricerco e non consiglio.

LINDO

Sorger preveggo insolito bisbiglio.

 

Lindo ->

 

Scena ottava

Vitellia, poi Tito e Lucio.

 

VITELLIA

O silenzio del mio labbro,  

tu nascondi il foco mio

e m'insegni a non parlar.

Croci e morte io soffrirò,

busto e sangue spirerò

pria ch'il foco palesar.

O silenzio del mio labbro,

tu nascondi il foco mio

e m'insegni a non parlar.

 
(entrano Tito e Lucio, con un soldato che porta una catena)

<- Tito, Lucio, soldato

 

TITO

Parla, tenta e minaccia.  

LUCIO
(a Vitellia)

E vorrai ch'il silenzio alle tue luci

porti, o illustre Vitellia,

nembi d'occaso? Arruota

per te crudo ministro

la tagliente bipenne; il foco, e 'l tosco

già ti s'appressa, e viene

sanguinaria e tiranna a te la morte.

VITELLIA

Venga: questo è il tenor della mia sorte.

LUCIO

Morir tu vuoi?

VITELLIA

Contenta.

LUCIO

Ne gli anni più felici? E quando appena

nell'orïente il sol de gli occhi tuoi

i nostri dì rischiara?

VITELLIA

Morte bramata in ogni etade è cara.

LUCIO

Ma non è da romana, e da chi è figlia

del console, di Tito,

di non degne memorie

lasciar oscuro il nome, e la sua fama.

VITELLIA

Ma da Lucio non è, ne da latino,

del gran Settimio prole,

seguir la fé contraria a i propri fati.

LUCIO

(È sol vostro il delitto occhi adorati.)

Il reo pensi alla propria,

non alla colpa altrui.

Vitellia, del tuo sangue

fumerà il suolo intriso,

il delicato viso

lorderà polve immonda: e l'alma,

che il meglio della vita, ahi, seco porta

senza loco, raminga

d'intorno a Roma errar dovrà.

VITELLIA

Che importa!

LUCIO

(Oh dio: così ostinata

mi dà in braccio di morte.)

Dunque ciò, che ti sforza

a divenir latina,

dir ancor neghi?

VITELLIA

Dissi.

LUCIO

A dir ti resta.

VITELLIA

Io di più non dirò di quel ch'ho detto;

tu di più non saprai.

LUCIO

E vuoi tacer?

VITELLIA

Non parlerò già mai.

TITO
(a Vitellia)

Perfida; a tuo dispetto or lo dirai.

Questa ferrea pesante,

rugginosa catena,

all'alme ree di ribellata fede

è principio di pena;

sentila: è ancor leggera

per la tua colpa. Lucio,

prendila: e se più tace, alle sue piante

fa', che sia posta: per le vie di Roma

strascinata con essa

dalla plebe indiscreta, ed oltraggiosa,

nudo il virgineo sen, nuda la fronte;

sì, la figlia Vitellia

abbia fra poco i vilipendi, e l'onte.

VITELLIA

(Geminio, e tu non vieni?)

 

TITO

Orribile lo scempio  

nel sangue si vedrà;

e all'altrui cor d'esempio

la strage servirà.

Orribile lo scempio

nel sangue si vedrà.

 

Tito ->

 

Scena nona

Lucio e Vitellia.

 

LUCIO

(E catene di ferro io darò al piede,  

di chi nel biondo crine,

d'oro al mio cor le porge?)

Vitellia, sol di Roma, anzi del mondo,

sappi, ch'io per te moro: all'amor mio

corrispondi pietosa;

giura l'odio a' latini, e al tuo gran padre

ti chiederò in isposa.

Del dono in ricompensa

gli aprirò fra i nemici

la strada del trionfo: e sol per opra

d'un fido amor ci condurrà in senato,

sotto romana insegna,

avvinto in questi ferri

Geminio prigioniero.

VITELLIA

(Anima indegna!)

LUCIO

Che rispondi? Sarò, qual più vorrai,

e latino, e romano,

poiché sola nel petto

tengo la fé d'amante;

e altra patria non ho, che 'l tuo sembiante.

VITELLIA

(A uscir dal labirinto

l'amor ch'egli mi scopre

all'amor ch'ho nel seno, il filo porge.)

Lucio, lodo l'amor, stimo il consiglio;

la pesante catena

riporta al genitore;

chiedi tu le mie nozze: ed a momenti

di', che al paterno piede

io dirò quanto ei cerca, e quanto chiede.

 

soldato ->

LUCIO

Parla a me speranza amica,    

e m'invita a non temer;

se l'ascolto par che dica:

poco lungi è il tuo goder.

Voglia il fato più cortese

il destin farmi palese,

che mi chiama a tal piacer.

S

 

Lucio ->

 

Scena decima

Vitellia sola.

 

 

Volerò a Tito, il padre;  

dirò, che per destino

di Geminio m'accesi: e non potea

giurar contro l'amante odio nemico.

Dirò, che dal mio sguardo

(e non dirò menzogna)

pende il guerrier latino;

e che in virtù dell'amorosa face,

io meditavo un giorno

dar vantaggio alla patria, e amica pace.

 

Di verde ulivo  

cinta la chioma,

al padre, a Roma

figlia diletta, cara sarò.

E fin che vivo

dirò al mio bene

quante gran pene

ei mi costò.

Di verde ulivo

cinta la chioma,

al padre, a Roma

figlia diletta, cara sarò.

 

Vitellia ->

 

Scena undecima

Campo dei latini.
Geminio con Cavalieri tuscolani.

 Q 

Geminio, cavalieri tuscolani

cavalieri tuscolani ->

 

GEMINIO

Bramo stragi, e son trafitto  

dallo stral d'un occhio nero,

e d'un crin son prigioniero

quando in seno è il core invitto.

 

 

Nemico allor, ch'io mi partii da Roma,  

Vitellia ti lasciai nell'aurea chioma

l'anima incatenata.

 

Scena duodecima

Lindo e Geminio.

<- Lindo

 

LINDO

Signor!  

GEMINIO

Lindo!

LINDO

T'invia

Vitellia questo foglio.

GEMINIO

Vitellia?

LINDO

Addolorata.

GEMINIO

Cara Vitellia.

(apre e legge la lettera)

«Geminio, amato ben; giurar non volli

contro di te, contro dei tuoi, nel tempio

l'odio, e la guerra: Tito il genitore

la cagion mi ricerca; e perché taccio,

mi prepara a momenti

di Falaride i tori,

di Mezenzio i tormenti.»

(Barbaro Tito!) «Vieni

rapido; salva me, salva te stesso,

per man d'amor dentro al mio core impresso.»

LINDO

Udisti?

GEMINIO

Sì; di quei rai dolenti

argine farò al pianto.

Andiamo.

LINDO

Andiamo.

GEMINIO

Già m'accingo all'impresa; e al suol di Roma

per sembiante divino

porto veloce il piè; no: son latino.

LINDO

E se latino sei, fatti romano.

GEMINIO

E romano sarò, quando in senato

fra i consoli un latino

entri con titol pari, ed ugual grado.

LINDO

Geminio!

GEMINIO

Sai quanto Vitellia adoro.

LINDO

Spasimi e non hai pace.

GEMINIO

Ma il torto, che il senato

fa alle latine genti,

negando il consolato,

occupa di Geminio

tutti i sensi, e i pensieri; e il Lazio appoggia

perché Roma sia posta in ferreo laccio,

la vendetta del torto a questo braccio.

LINDO

(Vitellia, sei spedita.)

GEMINIO

Ciò narra alla mia vita; e le dirai

che è fatto mio l'universal impegno

e, mancando, sarei

delle mie fasce, e di Vitellia indegno.

LINDO

L'abbraccerai dell'Erebo nel regno.

 

L'intendo e non l'intendo,  

mi par e non mi par:

vi trovo un certo imbroglio,

di morte e di cordoglio,

d'amori e di penar.

Fatti li conti

col mio cervello,

trovo bel bello,

siete ben matti

voi altri amanti;

voi siete pronti

a cercar la morte

quando la sorte

non vi contenta;

ma poi si stenta

dir da dovero

ch'in voi la voglia,

quando s'imbroglia,

cangia il pensiero

d'esser galanti.

L'intendo e non l'intendo,

mi par e non mi par:

vi trovo un certo imbroglio,

di morte e di cordoglio,

d'amori e di penar.

 

Lindo ->

 

Scena decima terza

Lindo parte. Sopravviene Manlio con Cavalieri romani.

<- Manlio, cavalieri romani

cavalieri romani ->

 

GEMINIO

(Qual di pochi romani armata schiera  

or viene a me?) Romani,

in che offendeste i numi? e qual delitto

pochi dai nostri molti

ad incontrar la morte ora vi guida?

MANLIO

(Costui quant'è superbo, e minaccioso!)

GEMINIO

Dove i consoli sono?

dove il guerriero esercito feroce?

MANLIO

Pronto all'uopo verrà, se verrà l'uopo.

GEMINIO

Olocausti innocenti: al sacrificio

il senato vi manda; e voi venite?

MANLIO

Il senato ci manda, e noi fra l'armi

veniam col ferro, ei non ottuso è al fianco.

GEMINIO

La gloria dei latini

che vantaggi non vuole,

deboli non vi accetta.

Tornate, e rinchiudetevi sicuri

fra le imbelli conocchie entro i tuguri.

MANLIO

Talor fra le conocchie

stanno le clave, avvezze

ad atterrare i mostri; e il Tebro adora

fra l'armi sue più di un Alcide ancora.

GEMINIO

O tu, che solo parli; e vanti armato

tutta aver de' romani

la forza nel tuo braccio, Ercole invitto;

qui vieni meco a singolar cimento:

e di noi dall'evento

veggasi, se miglior su l'egual piano,

è di ferro latin brando romano.

MANLIO

(Del comando del padre, e del senato

ricordati, alma mia.)

GEMINIO

Schivo alla pugna?

MANLIO

La pugna io non ricuso,

altro impegno la vieta.

GEMINIO

Chi la vieta? timore? o pur viltate?

MANLIO

Non teme de' romani

l'animo ardito e fiero;

né conosce viltà Manlio guerriero.

GEMINIO

(Manlio è questi, fratello

di Vitellia?) Qui Roma, a che ti manda?

MANLIO

Tu di cercar tant'oltre

autorità non tieni:

a domanda importuna, io non rispondo.

GEMINIO

O! Qual prode tu sei, che della Fama,

coll'opre del tuo brando,

stanca le trombe d'oro.

MANLIO

Qual io mi sia, non fuggo da' cimenti:

per incontrarli ho petto:

per sostenerli ho core: e conta, e vide,

mal suo pro, cor latino

le prove del mio ferro.

GEMINIO

Geminio ancor le vegga:

snuda l'acciaro.

MANLIO

(O patria, o padre, o legge!)

GEMINIO

Guerrier d'onore alla disfida è pronto.

MANLIO

Pronto è il cor, pronto il braccio;

ma perché miglior tempo attender deggio,

alto campion latino,

l'onor di pugnar teco io mi riserbo.

GEMINIO

Io vo', ch'ora tu vada

di quest'onor superbo.

MANLIO

(In quali angustie sono!)

Tempo rimane all'animo guerriero.

GEMINIO

Tu non sei cavaliero.

MANLIO

(Ah! puntura sì acerba

porta al brando la mano.)

Eccomi. (No: costui

di Servilia è germano.)

GEMINIO

Guerrier, cui vanità sol arma il fianco...

MANLIO

(Devo ubbidir al padre)

GEMINIO

Di cimenti nemico, e delle risse...

MANLIO

(La legge è del senato.)

Addio, Geminio.

GEMINIO

Vanne

tra le femmine in Roma.

MANLIO

Geminio addio.

GEMINIO

Non resti

tra i forti alma codarda: esci dal campo.

MANLIO

Sempre Manlio romano

nel campo di Bellona entra animoso,

e non esce già mai, se non invitto.

GEMINIO

Ma il por mano alla spada è in te delitto.

Se non la impugni, a che la tieni allato?

MANLIO

La impugno provocato.

 

Scena decima quarta

Servilia e detti.

<- Servilia

 

SERVILIA

(Deh, che veggio!) Fermatevi! Geminio,  

Manlio, sposo, germano.

GEMINIO

Servilia, t'allontana.

SERVILIA

Ah, pria ch'al seno

dell'amato consorte

tu immerga il ferro, tingi

nel mio, ch'è pur suo sangue,

la forte destra. Manlio,

e tu contro il fratello

fiero t'avventi? è questa

la fé ch'a me tu desti?

MANLIO

Ad impugnar l'acciaro

ei stimolò la mano.

GEMINIO

Me l'ardimento suo.

SERVILIA

Più non attizzi

l'ira l'odio nemico.

MANLIO

Io lo giurai contro i latini.

GEMINIO

Ed io

giuro la morte...

SERVILIA

No: fermate (o dio).

Manlio: per quell'amore

che figlio è de tuoi lumi; e per quel foco,

che, se pur anco vive,

uscì da questi ad infiammarti il core;

lascia, lascia il furore.

Ma qui tratti, o Geminio, o gran germano,

la ragion delle piaghe; e (o dei) Vitellia,

Vitellia, che tu adori; e che non volle

contro de' tuoi nel tempio

giurar l'odio, e le stragi;

sta per cader in braccio dei tormenti

spettacolo funesto!

SERVILIA, GEMINIO E MANLIO

O giuramenti!

SERVILIA

Vadan l'armi sotterra e d'imeneo

la duplicata face

sia caduceo di pace.

MANLIO

Per Servilia il cor mio...

SERVILIA E MANLIO

...ricomponga bel nodo il cieco dio.

GEMINIO

Servilia: di Vitellia al caso estremo,

la contesa rinunzio; e ai suoi bei lumi

tutta dono l'offesa e la vendetta.

Vattene a Tito, e di', che della figlia,

se fra lampade sacre

stringo la bianca mano,

consolàti non cerco, e son romano.

SERVILIA

O contenta anima mia!

MANLIO

Mio cor felice!

SERVILIA

Rapida volo a Tito.

Sposo tu vieni?

MANLIO

No, qui mi trattiene

chi dà legge al mio piè.

MANLIO

Parti, mio bene.

Insieme

SERVILIA

Resta, mio bene

 

SERVILIA

Parto, ma lascio l'alma  

in pegno della fé.

Tornerò con bella pace;

ché quell'occhio sì vivace

cinosura è del mio piè.

Parto, ma lascio l'alma

in pegno della fé.

 

Servilia ->

 

Scena decima quinta

Geminio e Manlio, che osserva Servilia che parte.

 

GEMINIO

Che feci mai! per femmina romana  

rubello di me stesso

son fellone ai latini!

Ah! se trascuro il debito, se manco

all'impegno, alla fede,

appo Vitellia ancora

io perdo infin di cavaliere il nome.

MANLIO

(O bellissima imago,

o lumi di zaffiro, o bionde chiome!)

GEMINIO

Guerriero, a te!

MANLIO

Geminio,

Servilia a Tito in Roma,

a Vitellia di pace, e di sponsali,

si porta messaggera.

GEMINIO

Spargo d'oblio le nozze,

lascio Vitellia; e ad adempir m'accingo

l'obbligo di latino.

MANLIO

Manchi a quanto dicesti.

GEMINIO

Di cavaliere l'opre

ho in uso d'osservar; queste, o codardo,

perché tu non conosci, ora non sai.

MANLIO

Ed io, perché ho nel petto

alma di cavaliere,

questi affronti non soffro.

Chi la guerra desia, la guerra s'abbia.

Ch'entro nella battaglia provocato,

saprà Servilia, il padre, ed il senato.

 

Sia con pace, o Roma augusta,  

s'io non servo alle tue leggi;

ch'a pugnar mi chiama onor.

Di tue leggi sei ben giusta,

ma il latin co' suoi dispregi

troppo oltraggia il mio valor.

Sia con pace, o Roma augusta,

s'io non servo alle tue leggi;

ch'a pugnar mi chiama onor.

 

Manlio ->

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Luogo pubblico in Roma, per li solenni giuramenti, con statua di Plutone, e Proserpina.

<- Tito, Manlio, Vitellia, Lucio, Servilia, Decio, soldati

Popoli, chi è Romano e chi di Roma

Decio, Lucio, Servilia
Quanto Tito ora giurò

Di Flegetonte al nume

Tito, Manlio
Vitellia, Lucio, Servilia, Decio, soldati ->

Manlio! / Mio genitore

Manlio
Tito ->
Manlio
<- Servilia

Ah, Manlio! / Mia Servilia...

Servilia
Manlio ->

O dio, sento nel petto

Servilia ->
<- Lucio, Decio

Sì, per Vitellia io lascio

Decio
Lucio ->

Vanne, amante felice

Decio ->

Appartamenti di Vitellia nel palazzo di Tito.

Vitellia, Lindo
 

Perché a Geminio in campo

Vitellia
Lindo ->
Vitellia
<- Tito, Lucio, soldato

Parla, tenta e minaccia

Vitellia, Lucio, soldato
Tito ->

E catene di ferro io darò al piede

Vitellia, Lucio
soldato ->
Vitellia
Lucio ->

Volerò a Tito, il padre;

Vitellia ->

Campo dei latini.

Geminio, cavalieri tuscolani
 
Geminio
cavalieri tuscolani ->

Nemico, allor ch'io mi partii da Roma

Geminio
<- Lindo

Signor! / Lindo! / T'invia

Geminio
Lindo ->
Geminio
<- Manlio, cavalieri romani
Geminio, Manlio
cavalieri romani ->

Qual di pochi romani armata schiera

Geminio, Manlio
<- Servilia

Fermatevi! Geminio

Geminio, Manlio
Servilia ->

Che feci mai! Per femmina romana

Geminio
Manlio ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undecima Scena duodecima Scena decima terza Scena decima quarta Scena decima quinta
Luogo pubblico in Roma, per li solenni giuramenti, con statua di Plutone, e Proserpina. Appartamenti di Vitellia nel palazzo di Tito. Campo dei latini. Sala nel palazzo di Tito. Cortile con tomba di Geminio. Sala nel palazzo di Tito. Prigione. Sala nel palazzo di Tito. Luogo pubblico in Roma.
Atto secondo Atto terzo

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