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Scena prima |
Gabinetto. Teodoro seduto presso un tavolino e Gafforio con un fascio di lettere. |
Q
Teodoro, Gafforio
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[N. 16 - Recitativo accompagnato] | N
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GAFFORIO |
Ecco, o sire, i dispacci: non è molto
che il corrier qui recolli.
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TEODORO |
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GAFFORIO |
(prendendo in mano un foglio)
«Della Corsica il gran cancelliere
fa saper che non ha più maniere
per supplire alle pubbliche spese,
che le paghe son tutte sospese,
che già nascon disordini e insulti,
che prevede rivolte e tumulti,
che però chiede gli ordini espressi
per frenar la licenza e gli eccessi.»
| |
TEODORO |
Come! ai sudditi miei dunque non basta
l'esempio del lor re per avvezzarli
del denaro all'inopia e alla mancanza?
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GAFFORIO |
Sire, tutti non han la tua costanza.
E compenso vi vuol.
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TEODORO |
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GAFFORIO |
(pensando prima un poco)
Crear nel regno io penso
i viglietti di credito.
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TEODORO |
Comodissimo e pronto espediente.
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GAFFORIO |
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TEODORO |
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GAFFORIO |
(prendendo un altro foglio)
«I fratelli Isac, Gionata e Abram,
negozianti giudei d'Amsterdam,
condescendono a titol di prestito
di sborsar ventimila fiorini
numerabili in tanti zecchini;
purché lor l'annual pagamento
s'assicuri del dieci per cento,
dando loro in deposito o in pegno
qualche rendita o fondo del regno.»
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TEODORO |
E qual rendita o fondo in ipoteca
può assegnarsi a costor?
| |
GAFFORIO |
(pensando prima alquanto come sopra)
Altro non veggio
che l'appalto dell'ostriche.
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TEODORO |
No, l'ostriche
per la real mia mensa io le riserbo.
Amor, la gloria e l'ostriche
son le tre passïon mie favorite.
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GAFFORIO |
(come sopra)
Dunque assegnar potremo
le montagne di Nebbio,
gravide di metalli.
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TEODORO |
Montagne e rupi assegna pur, se vuoi,
che da gran tempo omai
gravide son, né partoriscon mai.
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GAFFORIO |
(prendendo un altro foglio come sopra)
«Cecchin Buono sensal livornese
cognitissimo in tutto il paese
si dichiara che avendo prestati
anni son cinquecento gigliati
ad un tal Teodoro che fe'
dichiararsi di Corsica re,
che al presente si tiene per certo
sia in Venezia col nome d'Alberto,
non potendo ritrarne un quattrino,
a un mercante chiamato Sandrino
manda l'obbligo acciò li riscuota
e li segni a suo debito in nota.»
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TEODORO |
Questo è il peggior; a sì pressante urgenza
come potrem trovar pronto riparo?
| |
GAFFORIO |
(pensando prima come sopra)
Ascolta: or che Taddeo
tuo suocero divien, giusto mi sembra
che di distinto onor fregiato sia.
| |
TEODORO |
| |
GAFFORIO |
Crearlo general tu puoi.
Ricco è Taddeo, e vanità seduce
il debole suo cor; liberamente
danaro sborserà per la patente.
Ciò ridonar potria
allo scheletro esangue
del tuo tesor privato
qualche segno di vita, e picciol fiato.
| |
TEODORO |
Chetati, a noi veggio venir Belisa.
Ritirati Gafforio, a solo a solo
con colei parlar voglio.
Come trarmi potrò da quest'imbroglio?
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| (Gafforio si ritira) | Gafforio ->
|
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Scena seconda |
Teodoro e Belisa. |
<- Belisa
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Recitativo | |
BELISA |
Teodoro! ah no, non erro:
sei pur tu mio fratello?
| |
TEODORO |
Oh dio! Belisa,
non mi scoprir: l'arcano
importante è per me più che non credi.
E tu come sei qui?
| |
BELISA |
La storia mia
ti narrerò; per ora
la tua bramo saper: spiegami in grazia
cos'è cotesta frottola che ascolto
che tu sei re de' Corsi?
| |
TEODORO |
È ver: dei Corsi
io sono eletto e incoronato re.
| |
BELISA |
| |
TEODORO |
Co' la sagacità, col franco ardire,
coll'indefessa attività del mio
fecondo immaginar.
| |
BELISA |
| |
TEODORO |
Perché? La propria esperïenza
m'apprese, suora mia, che in questo mondo
non v'è impossibil cosa a quel cui nulla
preme se la sua fama illustra o sporca,
e se muor nel suo letto o sulla forca.
| |
BELISA |
| |
TEODORO |
Belisa, a te confido
degl'interessi miei lo stato vero.
Smunti per lunghe guerre
sono i sudditi miei, gli erari esausti.
Finché l'economia, finché l'interno
ordine io non pervenga
a stabilir nel regno mio, non posso
dirmi sul trono assicurato ancora.
Tutto col tempo e col danar farassi:
da per tutto lo cerco,
da più parti l'attendo. Ma per ora
io ti confesso, o suora,
che imbarazzato son per trovar modo
per supplire alli miei
quotidiani bisogni.
| |
BELISA |
Inver tu sei
un re da far pietà.
(si toglie di dito l'anello ricevuto da Acmet e lo dà a Teodoro)
Tien quest'anello,
usane a tuo piacer.
| |
TEODORO |
Cara sorella,
quanto grato ti son.
| |
BELISA |
Senti, conosci
quell'armen ch'era meco?
| |
TEODORO |
Acmet mi parve,
il deposto sultan.
| |
BELISA |
Sì, è desso, e ha seco
gioie in gran copia; esser a te costui
util potrebbe: abboccati con lui,
io ti seconderò.
| |
TEODORO |
Grazie ti rendo.
Invierò tra poco
il segretario mio, che l'etichetta
del cerimonïal regoli teco.
| |
BELISA |
Nelle tue circostanze e puoi, fratello,
all'inezie pensar dell'etichette?
| |
TEODORO |
I cerimonïal, sorella mia,
pei gran principi è ver che sono inezie,
ma per li re miei pari
indispensabil sono, e necessari.
| |
BELISA |
Or via, non disputiam; sopra il terrazzo
suol divertirsi Acmet talvolta a udire
i gondolier che avanti alla locanda
s'adunano a cantar: farò che insieme
colà vi ritroviate, e ivi potrete
a vostr'agio parlar. Ma tu cotanto
non t'invaghir di romanzesca e folle
avventura, e d'un titolo ideale
che ti potrebbe un giorno esser fatale.
| |
| |
[N. 17 - Aria Belisa] | N
|
|
BELISA
Che stuol d'infelici
lo scettro ti diede,
il mondo lo crede.
Tu stesso lo dici,
no 'l niego, sarà.
Ma bada, fratello,
a quello che fai.
Che se non avrai
fortuna e cervello,
e regno e regnante
in men d'un istante
al diavolo andrà.
Non son dottoressa,
non son profetessa,
ma il mondo un pochetto
io so come va.
(parte)
| Belisa ->
|
|
|
Scena terza |
Teodoro, poi Gafforio. |
|
| |
Recitativo | |
TEODORO |
Segua pur ciò che vuol, son nell'impegno,
né ritirarsi or lice.
Suol l'esito felice
giustificar le temerarie imprese.
O manca il colpo, e mi diranno un pazzo,
o felice riesce il mio disegno,
(suona il campanello)
e col nome d'eroe acquisto un regno.
| |
| <- Gafforio
|
GAFFORIO |
| |
TEODORO |
Ascolta.
Col gran sultano Acmet, che come sai
alloggia qui, mi si propon trattato,
abboccamento e lega.
Vanne a Belisa e spiega
carattere di mio
segretario e ministro.
Fa' che il sultan s'impegni
con pecuniari aiuti o equivalente
sul trono corso a sostenermi, ed io
impegnerommi a riconoscer lui
legitimo sultano
e ad aiutarlo a ricovrar il soglio.
Vanne, e avvertimi ognor se genovesi
vedi arrivar nella locanda.
| |
GAFFORIO |
| Gafforio ->
|
|
|
Scena quarta |
Teodoro, e poi Taddeo con Lisetta. |
|
| |
TEODORO |
Quanta inquietezza e quanta
pena la mia sovranità mi costa.
| |
| <- Taddeo, Lisetta
|
TADDEO |
È dunque vero, o sire,
ciocché confusamente udimmo dire,
che quell'armen...
| |
TEODORO |
Sì, quello
è il gran sultan deposto.
| |
LISETTA |
(Caspita! il gran sultano!)
| |
TEODORO |
D'alleanza fra noi v'è sul tappeto
un trattato segreto: onde famosa
sarà questa locanda al par di Breda,
di Munster e d'Utrèct e d'Osnabrucco.
| |
TADDEO |
Vedete quante cose! io son di stucco.
| |
LISETTA |
(Ma costui finalmente è un re davvero.)
Ah Sandrino, Sandrino!
| |
TEODORO |
(presentando a Lisetta l'anello ricevuto da Belisa)
Prendi, mia cara, intanto
lo sposalizio anello.
| |
LISETTA |
(Ma Sandrino m'inganna; e perché dunque
la sorte ricusar che si presenta?)
| |
TEODORO |
Sposa e regina io ti dichiaro omai;
e tu, Taddeo, mio general sarai!
| |
|
|
Scena quinta |
Detti e Sandrino, che a mezzo terzetto sopraggiunge e resta indietro a udire. |
|
| |
[N. 18 - Quartetto] | N
|
TEODORO |
(pone in dito a Lisetta l'anello)
Permetti, o mia Lisetta,
che in dito alfin ti metta
l'anello sposalizio,
indizio di mia fé.
| |
LISETTA |
(Or incomincio a credere
che sposa son d'un re.)
| |
TEODORO |
Suocero mio Taddeo,
io general ti creo.
Le forze mie, gli eserciti
omai confido a te.
| |
TADDEO |
Ah veggio ben che suocero
ora son io d'un re.
| |
TEODORO |
Il valoroso padre
comanderà le squadre...
| |
| (esce Sandrino, e resta indietro ascoltando) | <- Sandrino
|
TEODORO |
...ai popoli la figlia
comanderà con me.
| |
TUTTI |
Sì strana maraviglia,
vicenda sì stupenda
credibile non è.
| |
| |
SANDRINO |
(facendosi avanti a Teodoro e mostrandogli un foglio)
Signor mio, chiedo perdono,
vi saluta Cecchin Buono.
| |
TEODORO |
(Che sorpresa impreveduta!)
| |
SANDRINO |
(come sopra)
Cecchin Buono vi saluta
e domanda il pagamento
dei gigliati cinquecento.
| |
LISETTA, TEODORO E TADDEO |
Che insolenza! che arditezza,
che durezza ~ di trattar.
| |
SANDRINO |
(mostrando sempre il foglio come sopra)
Ecco l'obbligo che canta,
o a me fatene lo sborso
o al consiglio dei quaranta
me ne vado a far ricorso
per costringervi a pagar.
| |
TEODORO |
(Un processo ei mi minaccia!)
| |
LISETTA E TADDEO |
Ah, colui ci ride in faccia.
| |
SANDRINO |
(Mi comincio a vendicar.)
| |
LISETTA, TEODORO E TADDEO |
Quei motteggi e quelle risa
inquietudine e sospetto
già mi destano nel petto
e mi danno da pensar.
| |
| |
SANDRINO |
Se costor m'hanno deluso...
| |
LISETTA |
| |
TEODORO E TADDEO |
| |
SANDRINO |
...saprò ben cosa mi far.
| |
TEODORO, TADDEO E LISETTA |
| |
| |
Recitativo | |
SANDRINO (a Teodoro) |
Intendesti, signor: altri discorsi
son inutili omai. (Così vendetta
fo di quell'impostor, di quell'infida.)
| |
TADDEO |
| |
LISETTA |
| |
SANDRINO (a Lisetta con ironia) |
Ah, se t'offesi...
io ti chiedo perdon, bella regina.
(a Taddeo)
Inclito general, perdon ti chiedo.
| |
TEODORO (a Taddeo) |
L'ardir di cotestui, l'impertinenza
stancar alfin potria
la sofferenza mia; vieni Taddeo:
noi lo saprem punire.
| |
TADDEO (a Sandrino) |
Ti punirem, Sandrin; ti seguo, o sire.
| |
| |
| (Teodoro e Taddeo partono) | Teodoro, Taddeo ->
|
|
|
Scena sesta |
Lisetta e Sandrino. |
|
| |
SANDRINO |
(con ironia come sopra, accorgendosi dell'anello che Lisetta ha in dito)
E quando fia che sopra il soglio assisa
Lisetta io veggia... (ma che miro! è quello
l'anello che sultan donò a Belisa).
(a Lisetta)
Gran giro in un sol dì fe' quell'anello.
| |
LISETTA (con isdegno) |
E sin a quando ancor gl'insulti tuoi
dovrò soffrir? Dunque per te sì poco
è l'avermi tradita,
che al tradimento anche lo scherno aggiungi.
Va', malnato che sei,
va', né più presentarti agli occhi miei.
| |
| |
[N. 19 - Aria Lisetta] | N
|
|
Infedel! tu pria m'inganni,
poi m'insulti e mi deridi;
ah che troppo intesi e vidi,
troppo vedo e intendo ancor.
Più non credo a un cor fallace
e ad un labbro mentitor.
(Per chi mai perdei la pace!
Per chi mai m'accese amor.)
(parte)
| Lisetta ->
|
|
|
Scena settima |
Sandrino solo. |
|
| |
Recitativo | |
|
Udite, udite come
colei vanta innocenza!
E l'infedel d'infedeltà m'accusa:
or fidatevi pur, creduli amanti,
di femmina che amor promette e giura.
Son volubili, ingrate:
vanità, leggerezza,
interesse, capriccio,
ambizion, di novità desio
le fan passar d'un in un altro amore
e cangian loro in un momento il core.
| |
| |
[N. 20 - Aria Sandrino] | N
|
|
Voi semplici amanti
che a donne credete,
son tutte incostanti:
l'esempio vedete,
specchiatevi in me.
Il moto dell'onda,
il soffio dell'aria,
la tremola fronda
sì lieve, sì varia,
sì instabil non è.
Eppur francamente
le udite sovente
vantar fido core,
parlarvi d'amore,
promettervi fé.
Voi semplici amanti
che a donne credete,
da lor rivolgete
sollecito il piè.
(parte)
| Sandrino ->
|
| |
| | |
|
|
Scena ottava |
Parte esteriore della locanda con veduta del Ponte di Rialto e sue vicinanze. Gente sopra il ponte e sulla strada. Gondole sul Canal Grande che passano sotto il ponte, e altre barche che stan ferme. Teodoro con Lisetta e Acmet con pipa in compagnia di Belisa sopra il terrazzino della locanda; Gafforio e Taddeo sulla strada. |
Q
gente, Teodoro, Lisetta, Acmet, Belisa, Gafforio, Taddeo
|
| |
[N. 21 - Coro] | N
|
CORO (di gondolieri) |
Chi brama viver lieto,
chi divertir si vuole,
venga or che l'aere è cheto
sull'acque a passeggiar.
Non v'è più bel piacere,
o sorga o cada il sole,
che libertà godere
e in gondoletta andar.
| |
LISETTA E TEODORO |
Come quel canto inspira
diletto ed allegria!
E attorno d'armonia
fa l'aria risuonar.
| |
CORO |
Ma quando parte il giorno,
e il tenebroso velo
spiega la notte attorno
o sopra la terra e il mar
la placida laguna
vedrà far specchio al cielo,
e il raggio della luna
nell'onda tremolar.
| |
BELISA E ACMET |
O che gioconde immagini!
Che amabile pittura
la semplice natura
può sola presentar!
| |
CORO |
In gondola alla bella
può il giovine amoroso
con libera favella
gli affetti suoi spiegar.
Senza timor che alcuno,
drudo o rival geloso,
venga ìnvido, importuno
gli amanti a disturbar.
| |
TADDEO E GAFFORIO |
O libertà, tu sola
puoi render l'uom felice:
senza di te non lice
felicità trovar.
| |
| |
Recitativo | |
TADDEO |
Che ve ne par, signori,
dei nostri nazional divertimenti?
| |
TEODORO |
La gaia libertà di quei concenti
gratissimo piacer desta nel core.
| |
ACMET |
Di cotesto spettacolo
l'inusitata bizzarria diverte.
| |
BELISA |
Si vede il buon umor, la contentezza.
| |
LISETTA |
E della nazion l'indole allegra.
| |
GAFFORIO (a Taddeo) |
| |
ACMET |
Olà, una pipa
tosto si rechi anche a costui.
(accennando Teodoro)
| |
BELISA |
Che pipa?
Bella creanza inver, fumar tabacco
in compagnia di donne!
| |
LISETTA |
| |
ACMET |
Voi donne sempre e in tutto
trovate da ridir.
| |
BELISA |
| |
| (toglie ad Acmet la pipa e la gitta nel canale) | |
BELISA |
...ed in gondola andiam, se pur v'aggrada,
sul Canal Grande a passeggiar.
| |
ACMET |
| |
TEODORO |
Signor, scusa vi chiedo: ho qualche affare
che per or mi richiama al gabinetto.
| |
LISETTA |
Me ancor vi prego di scusar.
| |
BELISA |
| |
TEODORO |
Garbolino,
ho qualche cosa a dirti.
| |
GAFFORIO |
A momenti, signor, sono a obbedirti.
| |
| (si levano tutti e partono dalla terrazza) | Acmet, Belisa, Teodoro, Lisetta ->
|
|
|
Scena nona |
Gafforio e Taddeo sulla strada. |
|
| |
GAFFORIO |
Vedi, Taddeo, che grazie al cielo omai,
com'io disposto avea, fra i due monarchi
regolarmente, e senza
difficoltà, seguì l'abboccamento.
| |
TADDEO |
Grandi rivoluzion da quel congresso
preveggo, amico.
| |
GAFFORIO |
Hai ben ragion; sovente
in crocchio familiar senza apparati
i grandissimi affar si son trattati.
Ma vien Belisa, e Acmet; al quartier nostro
vieni, e là troverai la tua patente
di general già sottoscritta e pronta.
Per or partir degg'io.
Ci rivedrem, t'attendo in breve: addio.
(parte)
| Gafforio ->
|
| |
TADDEO |
Non tarderò, non dubitar.
| |
|
|
Scena decima |
Belisa ed Acmet col séguito de' suoi Servi, e Taddeo. |
<- Belisa, Acmet, servi
|
| |
BELISA |
Taddeo,
scusa di grazia; ir sul canal vogliamo,
i gondolieri avvisa.
| |
TADDEO |
| |
ACMET |
E colui dunque
è tuo fratel? due curiosi invero
singolari cervelli ambedue siete.
| |
BELISA |
Il vostro è raro inver; bel trattamento
a mio fratel faceste.
| |
ACMET |
L'accolsi, il salutai;
che altro dovea far mai
ad un re da commedia,
a un sovranel ridicolo e pigmeo?
| |
BELISA |
Così pigmeo non è; val più di voi:
che un re che vive e regna,
per picciolo che sia,
dev'esser anteposto
a qualunque gran re morto o deposto.
| |
ACMET |
| |
BELISA |
Anzi mi par piuttosto
che insultiate voi me; veggo oramai
ch'è impossibile affatto
le creanze insegnarvi e il civil tratto.
| |
TADDEO |
Signori, già le gondole son pronte.
| |
ACMET |
Olà, che lauta mensa al mio ritorno
mi si prepari; inviterem con noi
codesto tuo fratel.
| |
BELISA |
| |
ACMET |
Or dunque andiam, come proporti piacque,
co' la barchetta a passeggiar sull'acque.
| |
| |
[N. 22 - Aria Acmet] | N
|
|
(a Taddeo con autorità, a Belisa affettuosamente)
Tu servimi, e la mensa
ai cenni miei prepara;
tu placati, tu pensa,
cara, a serbarmi amor.
(a Taddeo come sopra)
Il mio voler intendi
ed obbedir tu déi;
(a Belisa come sopra)
t'obbedirò, tu sei
l'arbitra del mio cor.
(Nel comandar rammento
ch'io sono Acmet ancor.
E nell'amar mi sento
umile, e servo ognor.)
| |
| |
Belisa ed Acmet vanno a imbarcarsi sopra una gondola e il Séguito d'Acmet sopra un'altra, e intanto si replica il Coro. | |
| |
[N. 23 - Coro] | N
|
CORO (di gondolieri) |
Chi brama viver lieto,
chi divertir si vuole,
venga or che l'aere è cheto
sull'acque a passeggiar.
Non v'è più bel piacere,
o sorga o cada il sole,
che libertà godere
e in gondoletta andar.
| Belisa, Acmet, servi, gente ->
|
|
|
Scena undicesima |
Taddeo solo. |
|
| |
Recitativo | |
|
Mi comanda costui con tant'altura
come s'io fossi schiavo suo; pertanto
lo compatisco; ancora
non può saper che generale io sono:
quando il saprà, mi chiederà perdono.
Veramente è il mio caso
unico nell'istorie;
se alcun m'avesse detto
che suocero d'un re, che generale
un giorno io diverrei, gli avrei risposto:
«Eh va' via, che sei matto!»
Eppure... eppure è un fatto.
Nondimeno ogni cosa in questo mondo
ha il suo diritto e il suo rovescio; il mio
grado di general gran sorte invero,
grand'onore è per me:
ma in obbligo mi pon d'ire alla guerra
e farmi sbudellar gloriosamente.
Gran contrasto nel core e nella mente
mi fan l'onor, la gloria e la paura.
Conviene far riflession matura.
| |
| |
[N. 24 - Aria Taddeo] | N
|
|
Per onor farsi ammazzare!
Ma Taddeo, che te ne pare?
Meglio è star nell'osteria,
meglio è fare il locandier.
Ma se il cielo ha decretato
questo mio generalato:
ricusar! sì bassa idea
saria d'anima plebea
troppo ignobile pensier.
Su dunque alla reggia:
sul trono la figlia
regina si veggia,
e veggasi il padre
di belliche squadre
Taddeo condottier.
Mia cara locanda,
cari ospiti addio:
già pongo in oblio
l'antico mestier.
| Taddeo ->
|
| |
| | |
|
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Scena dodicesima |
Gabinetto. Teodoro che pensoso si asside sopra una sedia presso a un tavolino, e Gafforio. |
Q
Teodoro, Gafforio
|
| |
Recitativo | |
GAFFORIO |
Sire, tutto a seconda
va de' vostri desir. Già col sultano
amicizia stringesti, e già tra voi
gettate son le prime fondamenta
di solida alleanza
utilissima a te; già di Lisetta
il possesso otterrai; per la patente
il danaro a sborsar pronto è Taddeo;
e tu pur te ne stai, con faccia mesta,
mille tristi pensier covando in testa?
| |
TEODORO |
Gafforio, io veggio ben che le speranze
co' la realtà mesci e confondi.
| |
GAFFORIO |
| |
TEODORO |
Acmet trovai
pe' miei interessi indifferente assai.
E ciò che da Taddeo ti riprometti
è dubbio ancor, ed agli urgenti e grandi
bisogni miei recar non può che lieve
passeggero sollievo; e bruscamente
Sandrin minaccia intanto
di chiamarmi in giudizio; e se seguisse
un sospetto di fuga, una cattura...
Ah che il solo pensier mi fa paura.
Allor de' creditori
si solleva il vespaio, e tutti a un tratto
potrian venirmi sopra, in quella guisa
che i cani per istinto
corrono a morder l'abbattuto e il vinto.
| |
GAFFORIO |
Con quali idee ti vai
tormentando la mente!
| |
TEODORO |
Ah, tu non sai
qual feci, giorni son, sogno funesto,
che non ti dissi ancor, ma che l'istanza
di quel duro Sandrin più vivamente
ora lo rende al mio pensier presente.
| |
GAFFORIO |
Qual sogno è dunque mai che tanta tema
può destarti nel cor?
| |
TEODORO |
| |
| |
[N. 25 - Sogno di Teodoro] | N
|
|
Non era ancora
sorta l'aurora,
allor che i languidi
miei sensi un torbido
sonno letargico
tutti ingombrò.
Ed ecco apparvemi
spettro terribile,
che smunto e pallido,
con occhi lividi
qual chi dimagrasi
per gran digiuni,
catene e funi
in man tenea,
e pallio ed abito,
veste e calzoni
tessuti avea
di citazioni,
di conti e d'obblighi
e pagherò.
Corona e scettro
sugli occhi fransemi
l'orribil spettro;
indi volgendomi
sguardo funereo:
«Io sono il debito»
alto gridò;
poscia per l'aere
si dileguò.
Un forte palpito
le membra scossemi
e il sonno ruppemi;
e più nell'animo
da quel momento
non ho contento,
pace non ho.
| S
(♦)
(♦)
|
| |
Recitativo | |
GAFFORIO |
E sogni dunque, e spettri,
che sol per donnicciuole e per fanciulli
spauracchi son, dunque potran la forte
anima intimidir di Teodoro?
Ma Taddeo venir veggio a questa volta;
ritirati, signor, lasciami seco.
| |
TEODORO |
Vado, ma tu frattanto
l'imminente sventura
per ogni modo disviar procura.
(parte)
| Teodoro ->
|
|
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Scena tredicesima |
Gafforio e Taddeo. |
|
| |
GAFFORIO |
Povero sire, inver mi fa pietà.
| |
| <- Taddeo
|
GAFFORIO |
(a Taddeo che viene)
Vieni, Taddeo, che appunto
io parlar ti volea.
| |
TADDEO |
| |
GAFFORIO |
Con tua figlia il mio re vuol che in quest'oggi
compiasi il matrimonio; eseguir dessi
il sovrano voler: giusto è che prima
del nuovo onor veggasi il padre adorno.
Attendi, e in un istante a te ritorno.
(entra)
| Gafforio ->
|
| |
TADDEO |
Che generoso re! Qual luminosa
figura in breve far dovrà Taddeo
sul teatro del mondo!
Ah ch'io perdo la testa e mi confondo.
| |
| (Gafforio torna con una gran patente in mano, seguìto da un cameriere che porta l'uniforme) | <- Gafforio, cameriere
|
GAFFORIO |
La patente ecco qua di generale.
Già sai che per tai cose
certe tasse vi son che in tutti i stati
soglion pagarsi indispensabilmente;
ma questo non è niente
in paragon del grand'onor.
| |
TADDEO |
| |
GAFFORIO |
Il mio uniforme volontier ti cedo,
conciosia che son general anch'io.
Non l'ho portato ancor, larghetto è alquanto
pe 'l dosso mio; a te star dée d'incanto.
Né più mi costa che zecchini cento.
| |
TADDEO |
Cento zecchini! è un po' caretto invero.
E la patente?
| |
GAFFORIO |
Più e meno, secondo
la generosità del candidato.
| |
TADDEO |
| |
GAFFORIO |
Mille zecchini.
E qualche volta ancor sino a due mila.
| |
TADDEO |
Che diavol dici mai? vuoi rovinarmi?
Io diverrei un general spiantato.
| |
GAFFORIO |
Danaro non fu mai meglio impiegato.
Orsù via, fa' che indosso
ti veggia l'onorifica divisa;
depon l'antiche spoglie,
scordati ciò che fosti, a nuova vita
ora rinasci.
| |
| (Taddeo si leva l'abito che ha indosso e si pone l'uniforme aiutato dal cameriere) | |
TADDEO (al cameriere) |
| |
GAFFORIO |
Ad altre cure
il destin ti riserva.
| |
TADDEO |
Adagio dico.
Che diavol fai? tu vuoi
dislogarmi le braccia
pria d'andar alla guerra.
| |
GAFFORIO |
A maraviglia!
Quell'uniforme, amico,
par fatto pe 'l tuo dosso.
| |
TADDEO |
Oibò, m'è stretto,
muover mi posso appena.
| |
GAFFORIO |
Tanto meglio,
più avrai del militar; ecco la spada:
costa cento zecchini.
| |
TADDEO |
| |
GAFFORIO |
Pe 'l tuo re, per lo stato
impugnar tu la déi.
| |
TADDEO |
Lo stato e il re
stan conci per mia fé
se non hanno altri difensor che me.
| |
GAFFORIO |
Ormai ti lascio, o general Taddeo;
tu recami il danar prima che puoi.
| |
TADDEO |
Ma, general fratello, e come vuoi
che assieme por tanto danar poss'io?
| |
GAFFORIO |
Eh, non ti sgomentar: pensaci, addio.
| Gafforio, cameriere ->
|
|
|
Scena quattordicesima |
Taddeo e poi Lisetta. |
|
| |
TADDEO |
Co' la sua flemma e gravità costui
tutto aggiusta e facilita;
grande è in vero l'onor, ma costa caro.
Pur non ci sgomentiam; so che ogni conto
ammette il suo defalco; esagerati
anch'io so fare i conti, anch'io gli ho fatti;
poi si discorre, e alfin si viene ai patti.
Ma vien Lisetta; appressati, mia figlia,
ammira il quondam locandier tuo padre
trasfigurato in condottier di squadre.
| |
| |
[N. 26 - Marcia] | N
|
LISETTA |
Inver altr'uomo, o genitor, mi sembri.
Ma dimmi, or c'hai quell'uniforme in dosso,
e non ti senti in petto
un cor da generale?
| <- Lisetta
|
TADDEO |
Ora che al trono
sei destinata, o figlia,
non ti senti sul busto
un capo da regina?
| |
LISETTA |
I pensier grandi
già gorgogliar mi sento entro del cranio.
| |
TADDEO |
Già i spiriti guerrieri
mi sento brulicar dentro le vene.
| |
LISETTA |
Mi si slargan le idee, sento ingrandirmi
e di me stessa divenir maggiore.
| |
TADDEO |
L'alma s'innalza, e mi s'ingrossa il core.
| |
| |
[N. 27 - Duetto Lisetta e Teodoro] | N
|
TADDEO |
Cosa far pensi, o figlia,
la sera e la mattina
allor che un dì regina
sul trono ti vedrò?
| |
LISETTA |
Comporrò i piè, le ciglia,
e in ogni moto e detto
di maestà un pochetto
sempre vi mischierò.
Cosa far pensi, o padre,
quando il comando avrai
delle guerriere squadre
che il re ti destinò?
| |
TADDEO |
Mi darò l'aria e il tuono
di capitan valente,
e agli ordini sovente
contrordini unirò.
| |
LISETTA |
Riceverò le suppliche,
le grazie segnerò.
| |
TADDEO |
I colonnelli, i pifferi
e i tamburin farò.
| |
LISETTA |
Che gran vicissitudini
incomprensibilissime!
| |
TADDEO |
Che strane metamorfosi
imperscrutabilissime...
| |
LISETTA E TADDEO |
| |
| |
TADDEO |
Or dunque vadasi
l'eccelsa carica
ad occupar.
| |
LISETTA |
Or dunque vadasi
il real talamo
ad occupar.
| |
TADDEO |
E i Corsi eserciti
a comandar.
| |
LISETTA |
E i Corsi popoli
a governar.
| |
| Taddeo, Lisetta ->
|
| | |
|
|
Scena quindicesima |
Grand'atrio nella locanda sostenuto da un doppio ordine di colonne. In fondo balaustrata che corrisponde sul Canal Grande, sul quale si vedono trapassar gondole e tutt'altra sorte di barche. Serventi che preparano la tavola. Sandrino solo, e poi Taddeo. |
Q
servitori, Sandrino
|
| |
Recitativo | |
SANDRINO |
Già fatto è il colpo: in breve
di sue imposture il fio
dovrà pagar quel venturier. Non io
fui sol che feci contro lui ricorso,
ma mille creditor fecer lo stesso.
Anzi udii che il governo, indotto e mosso
da forti impegni, si varrà di questo
plausibile pretesto
per arrestarlo e ritenerlo in carcere
qual uom che instìga i popoli a rivolta
e gli altrui dritti e titol regio usurpa.
Se tanti egli ha sedotti, io non stupisco
se Lisetta e Taddeo sedusse ancora.
Ma vien ei già coll'uniforme indosso
di general: ridicola figura!
Si vide mai sciocchezza eguale a questa?
L'ambizion è un brutto mal di testa.
(parte)
| Sandrino ->
|
| |
| (chiama i serventi della locanda che vengon ad udire i suoi ordini) | <- Taddeo
|
TADDEO |
Olà, serventi e camerieri, udite
la volontà del general Taddeo:
a me più non convien mestier plebeo.
Tu dispensier, tu cantinier sarai,
e tu, che hai più di galantuom mostaccio,
pro-locandier ti faccio.
Or gravemente in uniforme e in spada
Belisa e Acmet ad incontrar si vada.
| |
|
|
Scena sedicesima |
Acmet con Belisa che scendono dalla gondola in fondo dell'atrio, serviti da Taddeo. |
<- Acmet, Belisa
|
| |
[N. 28 - Finale] | N
|
ACMET |
Olà, si serva
tosto la mensa.
| |
TADDEO |
Pro-locandiere,
fa' il tuo dovere.
Udisti? Pensa
che or tocca a te.
| |
ACMET |
Perché quell'abito
strano e difforme?
| |
BELISA |
Quell'uniforme,
Taddeo, perché?
| |
TADDEO |
Che maraviglia
che generale
sia chi la figlia
marita a un re?
| servitori ->
|
|
|
Scena diciassettesima |
Teodoro con Gafforio, indi Lisetta, e detti. |
<- Teodoro, Gafforio
|
| |
TEODORO |
(a Taddeo)
Addio, generale.
(ad Acmet)
Sultan, ti saluto.
(a Belisa)
Madama, buon dì.
| |
| <- Lisetta
|
LISETTA |
Salute, signori,
e buon appetito.
| |
ACMET |
Se tutto è servito
poniamci a sedere.
| |
TADDEO |
Il pro-locandiere
già tutto servì.
| |
TUTTI |
A mensa si sieda,
in volto si veda
a tutti la gioia,
il riso, il piacer.
Sia lungi la noia
e il tristo pensier.
| |
| |
ACMET |
Dunque con Teodoro
la figlia di Taddeo
contratto ha l'imeneo?
| |
GAFFORIO |
Sì... l'imeneo... cioè...
| |
TADDEO |
Cosa vuol dir cioè?
Contratto: così è.
| |
BELISA E ACMET |
| |
TEODORO |
| |
LISETTA |
Dell'opera
si parla molto.
| |
TEODORO |
| |
BELISA |
| |
TADDEO |
| |
TEODORO |
Domanda un po' a quel trace
se l'opera gli piace.
| |
TADDEO |
| |
LISETTA (ad Acmet) |
| |
ACMET |
| |
BELISA (ad Acmet) |
| |
ACMET |
| |
LISETTA |
| |
TADDEO |
| |
ACMET |
Ove si vide, e quando
alcun morir cantando?
| |
TADDEO (ad Acmet) |
| |
ACMET |
Pieno di tali eroi
fu il mio serraglio ancor.
| |
BELISA (ad Acmet) |
| |
ACMET (a Belisa) |
Lo strano e inverisimile
di vostro gusto è ognor.
| |
LISETTA |
Per l'opera qua ieri
giunser dei forestieri.
| |
TEODORO (con ansietà) |
| |
TADDEO |
Romani,
toscani, genovesi.
| |
TEODORO (turbato a Gafforio) |
| |
GAFFORIO |
| |
ACMET |
| |
TUTTI |
| |
ACMET |
Il vino è bello e buono
e io non la perdono
all'arabo profeta
che a' musulman lo vieta
per voglia di vietar.
| |
TADDEO |
Beviam de' sposi a onore.
| |
BELISA, TADDEO, ACMET E GAFFORIO |
| |
LISETTA E TEODORO |
(E pur contento il core
nel petto mio non par.)
| |
GAFFORIO (a Teodoro) |
(vedendo venir la gente di giustizia)
Oh dio, Teodoro,
chi son costoro?
| |
LISETTA |
| |
TADDEO |
Ohimè, signori,
gli esecutori.
| |
TEODORO (a Gafforio) |
| |
GAFFORIO (a Teodoro) |
Signor, prevedo
de' guai per te.
| |
|
|
Scena diciottesima |
Messer Grande con séguito di Gente di giustizia e detti. |
<- Messer, gente di giustizia
|
| |
MESSER (a Teodoro) |
D'ordin supremo,
signor, dovete
venir con me.
| |
| (si levano tutti da tavola) | |
LISETTA, BELISA, TADDEO E GAFFORIO |
Messer, badate
a quel che fate,
che quegli è un re.
| |
MESSER |
L'ordin supremo
empir si de'.
| |
TEODORO |
Almen, Messere,
dite il perché.
| |
MESSER |
Saper volete
dunque il perché?
| |
TUTTI |
Sì sì, leggete,
sentiam cos'è.
| |
| |
MESSER |
(cava di tasca un foglio e lo legge)
«Venti mila gigliati ai tunesini,
quattro mila e seicento ai livornesi,
ghinee quindici mila e due scellini
per più cambiali ai negozianti inglesi,
quaranta mila ottantasei fiorini
in vari tempi e date agli olandesi;
debiti inoltre in Cadice, in Lisbona,
in Amburgo, in Marsiglia, in Barcellona.»
| |
| |
LISETTA, ACMET E TADDEO |
Oh quanti debiti!
Tanto il suo regno
valer non può.
| |
TEODORO |
Amici, addio,
forza è ch'io vada:
ecco la spada,
prigion me n' vo.
| |
| (consegna la spada al Messer Grande) | |
TUTTI |
Come in un subito
tutto cangiò.
| |
| |
TEODORO (a Lisetta) |
Tu, cara, serbami
gli affetti tuoi;
vado ma poi
ritornerò.
| |
| (parte in mezzo alla gente di giustizia) | Teodoro, gente di giustizia, Messer ->
|
| |
LISETTA |
Un uomo in carcere
sposar non vo'.
| |
GAFFORIO |
| Gafforio ->
|
| |
BELISA |
Il mio pronostico
già s'avverò.
| |
TADDEO |
O re di coppe,
o re di picche,
il mio Berlicche
l'indovinò.
| |
ACMET |
Il tempo è torbido,
meglio partire;
col core placido
qui più non sto.
(parte)
| Acmet ->
|
| <- Sandrino
|
SANDRINO |
(esce dall'altra parte)
Che fu, Lisetta?
Che fu, Taddeo?
| |
TADDEO |
Editti ed ordini
e marche e titoli,
trono, imeneo,
generalato,
e tutto al diavolo
a un tratto andò.
| |
| |
SANDRINO (a Lisetta) |
Or tu vedi per chi mi abbandoni!
E ombra vana sedurre ti può?
| |
LISETTA |
Tu l'amor di Belisa preponi.
| |
BELISA E SANDRINO |
Cosa mai nel cervel ti saltò?
| |
LISETTA |
E fia ver che ingannata mi sia?
| |
SANDRINO |
Vita mia, colpa alcuna non ho.
| |
| |
| |
TADDEO |
| |
BELISA |
L'amor vostro turbar io non voglio:
rimanetevi in pace, me n' vo.
(parte)
| Belisa ->
|
| |
TADDEO |
Di quest'abito presto mi spoglio,
più patenti e uniformi non vo'.
(parte)
| Taddeo ->
|
| |
LISETTA |
| |
SANDRINO |
| |
LISETTA E SANDRINO |
Sempre lo stesso oggetto
fisso mi sta nel cor.
| |
LISETTA |
| |
SANDRINO |
| |
LISETTA E SANDRINO |
...dimentichiam le pene,
si torni al primo amor.
| |
| |
| | |
|
|
Scena diciannovesima |
Carcere interna. Teodoro. |
Q
Teodoro
|
| |
|
Questo squallido soggiorno
d'ogn'intorno
offre immagini funeste;
e fra queste ~ nude pietre
scure e tetre ~ pien d'orrore
sento il core ~ palpitar.
Dunque questa catacomba
è la tomba
d'ogni mio vasto disegno.
Questo è il regno ~ e questo è il trono?
Questi dunque i stati sono
ove un dì credea regnar?
Ma pur veggio in lontananza
di speranza
balenar languido raggio,
che coraggio
mi comincia ad inspirar.
La speranza è quella sola
che consola ~ ogni meschino
già vicino ~ a disperar.
| |
|
|
Scena ventesima |
Carcere esterna. Teodoro in carcere, e tutti un appresso l'altro nell'atrio anteriore alla carcere, visibile per mezzo di ferriate. |
|
| |
BELISA |
(esce)
Ah te 'l diss'io, fratello,
che di regnar la rabbia
alla galera o in gabbia
t'avria condotto un dì.
| <- Belisa
|
GAFFORIO |
Serba coraggio, o sire,
e amor di gloria in petto.
Regolo e Baiazetto
peggio di te finì.
| <- Gafforio
|
TEODORO |
Finiscila una volta
co' le tue rancie istorie;
non mi parlar di glorie,
non mi seccar così.
| |
| |
TADDEO |
(riportando l'uniforme, le spade e la patente)
Io non vo' saper più niente
d'uniforme e di patente.
| <- Taddeo
|
LISETTA |
(rende a Teodoro l'anello)
Tienti anel, corona, e regno
ch'io mi sciolgo d'ogn'impegno.
| <- Lisetta
|
| <- Sandrino
|
SANDRINO |
Questi è il re, questi è colui
che vuol tor le spose altrui.
| |
| <- Acmet
|
ACMET |
Se di nuovo ti rivedo
è per tor da te congedo.
| |
BELISA (ad Acmet) |
Caro turco, se tu parti,
fratel mio, se di giovarti
facoltà non m'è concessa,
penso anch'io partir di qua.
| |
LISETTA, TADDEO, SANDRINO E GAFFORIO |
Come! tu sei sua sorella?
tu del sangue principessa?
Questa è bella in verità.
| |
TEODORO |
Ite pur, non m'affliggete,
o tacete per pietà.
| |
TUTTI |
Ciò che alletta il core umano,
quanto è vano, quanto è fral!
| |
TEODORO |
Giusto ciel! quanto noiosa
è la gente virtuosa
quando predica moral!
| |
| |
GAFFORIO |
A far la vendetta
di tutti i tuoi torti
d'Europa le corti
solleciterò.
| |
ACMET |
Farem la colletta
pe 'l principe corso
e a darti soccorso
contribuirò.
| |
TADDEO |
Infin che in prigione
farete soggiorno,
il pranzo ogni giorno
a voi manderò.
| |
SANDRINO |
Or che ho la mia sposa
più irato non sono,
né per Cecchin Buono
più istanza farò.
| |
BELISA |
Sta' allegro, fratello,
le leggi in favore
son sempre di quello
che solver non può.
| |
LISETTA |
Allor che vedranno
che un soldo non hai,
ti libereranno,
o vogliano o no.
| |
ACMET |
Di sorte volubile
esempio son io,
esempio sei tu.
| |
TUTTI (meno Teodoro) |
Consolati, addio.
Mai nulla di stabile
al mondo non fu.
| |
| |
TEODORO |
In pace lasciatemi,
udir non vo' più.
(si ritira)
| Teodoro ->
|
| |
|
TUTTI
Come una ruota è il mondo,
chi in cima sta, chi in fondo,
e chi era in fondo prima
poscia ritorna in cima,
chi salta, chi precipita
e chi va in su, chi in giù.
Ma se la ruota gira,
lascisi pur girar;
felice è chi fra i vortici
tranquillo può restar.
| S
(♦)
(♦)
|
| |