Atto secondo

 

Scena prima

Ruggiero, Bradamante.

(nessuno)

<- Ruggiero

 

RUGGIERO

Deh, dimmi, aura celeste,  

colei, che il cor m'accese

d'inevitabil face,

nutre sdegno nell'alma, o pur vuol pace?

Infelice, che sento!

Con flebil suono il vento

par, che mi dica, ohimè,

quella, che tua già fu, più tua non è.

 

<- Bradamante

BRADAMANTE

Aspra doglia infinita,  

dove, dove mi porti?

RUGGIERO

Dove, ohimè, mi trasporti,

pena non più sentita?

BRADAMANTE

Ahi, Ruggiero, Ruggiero...

RUGGIERO

Ahi, Bradamante,

nome sempre a me caro!

BRADAMANTE

...nome a me fatto amaro!

RUGGIERO

Come far posso al tuo rigor contesa?

BRADAMANTE

Come soffrir poss'io cotanta offesa?

RUGGIERO

O d'amata donzella...

BRADAMANTE

O d'instabile amante...

RUGGIERO

...ostinata fierezza!

BRADAMANTE

...alma incostante!

Sì, sì, fuggi, mio cor, chi ti tradì.

RUGGIERO

Spero... sì... no!

BRADAMANTE

Sì, sì!

RUGGIERO

Che sent'io? Qual discende

suono di speme in rimbombar sul core?

Pur contemplo, spietata, il tuo splendore.

BRADAMANTE

Splendore altro più vago il sen t'accende.

 

Bradamante ->

RUGGIERO

Almen pria, che t'invole,  

deh, scorgi i miei tormenti!

Ah, mirate, mirate, o brame ardenti,

ove corra a celarsi il mio bel sole;

e mentre si dilegua,

s'è troppo lento il piede, il cor la segua.

Ruggiero ->

 

Scena seconda

Mandricardo, Doralice.

<- Mandricardo

 

MANDRICARDO

A che fra queste soglie  

io più mi arresto omai,

se il mio destin mi toglie

qui vagheggiar di Doralice i rai?

Ne andrò più tosto a vendicar quell'onte,

onde reca alle donne acerba offesa

l'ira di Rodomonte;

e s'altro non sarò da quel, ch'io soglio,

nella mortal contesa

abbatterò quel suo feroce orgoglio,

svellerò quella lingua,

lingua ingiusta, e mendace,

anzi lingua non già, ma di megera

micidial flagello, orrida face.

Quella, quella vogl'io

con destra invitta, e franca

sacrare all'idol mio:

a chi difende il ver forza non manca.

 

<- Doralice

DORALICE

Dove, dove mi lassi,  

o Mandricardo, in sì crudel tormento?

MANDRICARDO

Io d'insidie pavento,

che la medesma imago

lieta pur or m'apparve,

ma con fugace larve

sparì poi tosto, e dileguossi in vento.

DORALICE

Dunque fia ver, che voglia

Mandricardo lasciarmi in abbandono?

Qui dove per me sono

tra le catene ultrici

prolungate alla doglia ore infelici?

Tra sì fieri legami

tu mi lasci, spietato,

e potrai dir giammai d'avermi amato?

MANDRICARDO

De' tuoi sì crudi affanni

mi punge altra pietà, ma temo inganni.

Dimmi: e chi fu delle tue pene autore?

DORALICE

Un protervo amatore.

Però, ch'io feci al suo desir contesa,

mi strinse, o Mandricardo,

ove il mio strazio è tanto,

che spiegar non poss'io, se non col pianto.

Prego, ma a quel codardo

del mio dolor non cale,

che, ove regna il furor, prego non vale.

È contro a i fieri sdegni

debole scudo, e senza

il vigor della spada, ogn'innocenza.

Deh, porgi a Doralice,

porgi soccorso; o se lo nieghi, almeno

fa' qui tanta dimora

fin, ch'io da te prenda congedo, e mora.

 

Doralice ->

MANDRICARDO

A gran pena ritengo  

il pianto a' dolor suoi.

Non ti lagnar, che a liberarti io vengo.

Qual danno sarà poi,

quando pur m'abbia spinto

a verace pietade un dolor finto?

Mandricardo ->

 

Scena terza

Atlante, Damigelle.

<- Atlante

 

ATLANTE

Stuol di vaghe donzelle  

d'uscir s'accinge a depredar con l'arco

fugaci fere in queste parti, e in quelle;

né san, che l'ampio varco

è con mirabil arte

sempre aperto a chi vien, chiuso a chi parte.

 

<- quattro damigelle

DAMIGELLE
(a quattro)

Per le piagge superbe  

risplende accolta ogni beltà su i fiori,

ride ogni fior su l'erbe,

danza ogn'erba su i prati

allo scherzar de' zeffiretti alati.

ATLANTE

Dove ne gite? Ah, che a morir vi mena,

se n'andate colà, destino atroce!

Ecco un orso feroce,

che con orrida fronte

scorre le selve, e il monte,

e dovunque egli passa,

stragi, sangue, ruine a tergo lassa.

PRIMA DAMIGELLA

Ahi, troppo è vero!

SECONDA DAMIGELLA

Eccolo a noi rivolto!

Deh, schiviamo il periglio!

TERZA DAMIGELLA

Oh, quanto è fiero!

QUARTA DAMIGELLA

Oh, quant'orrore ha nelle luci accolto!

 

quattro damigelle ->

ATLANTE

Se ne fugge smarrita  

con sì strano terrore ogni donzella,

ch'omai per lungo spazio, o questa, o quella

non fia, che torni a ritentar l'uscita.

Atlante ->

 

Scena quarta

Iroldo solo.

<- Iroldo

 

 

Par, che m'accenni il core,  

che Prasildo nel bosco omai riprenda

le mie lunghe dimore;

ma dove amor dà legge all'altrui voglie,

esser chi può, che d'obbedir contenda?

Io per partir mi muovo,

e pur la via non trovo

d'uscir da queste soglie,

in cui vist'ho colei,

che dà luce, e conforto a gli occhi miei.

Ella, che strinse il cor, mi lega il piede;

ma in sì dolci catene

il servaggio è ventura,

fortunata è l'arsura;

né chieggio altra mercede,

se non, che le mie doglie a lei sian note,

ch'un misero non puote

aver pena maggiore,

che senza far palese

la fiamma, a chi l'accende,

imprigionar nel petto il suo dolore.

 

Così mai, fastose mura,  

dal vostro seno

ampia sventura

non involi il bel sereno.

Per pietà di mie doglie,

deh, mentre in voi s'accoglie

colei, che solo adoro,

ditele, ch'io languisco, e ch'io mi moro.

Iroldo ->

 

Scena quinta

Sacripante, Angelica.

<- Sacripante

 

SACRIPANTE

Ove più mi rivolgo, o che più spero?  

Di sì immenso ricetto in ogni parte

sollecito il piè muovo,

cerco, avverto, riguardo, e nulla trovo.

 

<- Angelica

ANGELICA

Ecco appunto il guerriero,  

che può salva ridurmi al patrio nido.

SACRIPANTE

Rimanti, albergo infido!

Chi riterrà le piante,

or, ch'ho solo al partir volto il desio?

ANGELICA

Aspetta, o Sacripante,

che teco vengo anch'io.

SACRIPANTE

Desiata ventura

qui mi conduce or, che tue grazie attendo.

Sarà meco tua cura

sol con un cenno esercitar l'impero,

che d'eseguirlo poscia è mio pensiero.

ANGELICA

Di gir bramoso alla paterna soglia,

per duce il cor ti chiede,

quando però dal muover meco il piede

altra cura maggior te non distoglia.

SACRIPANTE

Qual può giungere a me sorte più lieta?

Varcherò, se l'accenni, il mar profondo,

e scorrerò, quant'egli è vasto, il mondo.

L'esser fra tanti eletto

a ricondurti alla regal tua sede,

è di lieve fatica ampia mercede.

ANGELICA

Per te bandisce il petto

in sì lungo camino ogni timore;

poiché con l'alto grido

d'un'invitta potenza,

tu fai, che in ogni lido

sicura è l'innocenza;

e se han prodotto al mondo

il secolo del ferro i pensier d'oro,

tu fai, che rida al mondo

per l'opere del ferro il secol d'oro.

SACRIPANTE

Già cotant'alto il mio valor non sale,

Angelica; ma quale

egli pur sia, su questa spada il giuro,

o con essa morir pugnando ardito,

o salva ricondurti al patrio lito.

 

Scena sesta

Ferraù, Orlando, e detti.

<- Ferraù

 

FERRAÙ

Cotanta impresa a Ferraù s'aspetta;  

a seguitar colei, ch'il cor m'accende,

invano altri s'affretta.

SACRIPANTE

E chi 'l contende?

FERRAÙ

Io lo contendo, e solo

io sarò suo campione.

SACRIPANTE

A tant'onore,

di', chi t'elesse?

FERRAÙ

Amore.

Egli mi elesse a sì grand'opra, e crede

me sol bastante, e compagnia non chiede.

SACRIPANTE

Orgoglioso pensier, folle desire!

Le forze avrò ben pronte

a rintuzzar sì temerario ardire.

ANGELICA

Or sì questo mancava: eccoti il conte.

SACRIPANTE

Altri non speri mai

ciò, che a me sol destina amica stella;

poich'ad esserle scorta al gran catai

la regina dell'armi oggi m'appella.

 

<- Orlando

ORLANDO

D'ogn'altro cavaliero  

fora inutile il brando,

mentre s'accinge a sua difesa Orlando.

FERRAÙ

Udite, come altero

escluder noi presume,

ei, che sol d'arroganza,

ma non già di valore, ogn'altro avanza.

ANGELICA

Ohimè, ch'io sento, attonito, e conquiso,

in sì fiero conflitto,

farsi di gelo il cor, di neve il viso.

SACRIPANTE

Ormai deponi, e le minacce, e 'l fasto,

che dée prode guerriero, ovunque accada,

assai più, che la lingua, oprar la spada.

FERRAÙ

Parlerà il ferro or, che la lingua tace.

ANGELICA

Ah, si spogli di sdegno il cor audace!

ORLANDO

Provi un giusto furor, chi non vuol pace.

ANGELICA

Fermate, alti guerrieri!

FERRAÙ

Perché altri non si vanti,

ch'in servir l'alta donna a me preceda,

volgo a punirvi entrambi i miei pensieri.

ANGELICA

Cessi ogni lite, o miei fedeli amanti!

Ceda a me l'ira vostra, a me sol ceda!

SACRIPANTE

Finché avrò core in seno, alcun non creda

poter sì di leggeri

togliermi lo splendor di quei sembianti.

ORLANDO

Alla mia diva innanti,

ciò, che affermai pur ora in questo arringo...

ANGELICA

Ceda l'impeto ardente!

ORLANDO

...con destra armata a sostener m'accingo.

ANGELICA

Ah, che sdegnato cor prieghi non sente!

Udite almeno, o miei campioni, udite,

pria, che tingere il ferro, il mio pensiero.

Perché manchi ogni lite,

sia comune il sentiero

alle mie regie soglie,

così vie più mi renderà sicura

il vostro brando audace,

e dove mi trarrà voglia, o ventura,

n'andrò, mercé delle vostr'armi, in pace

per così dubbia strada.

SACRIPANTE

Meco altri non vogl'io, che questa spada.

ORLANDO

Così folle richiesta...

FERRAÙ

Chi soverchio si stima...

ORLANDO

...la forza omai reprime.

FERRAÙ

...alfin deluso resta.

ANGELICA

Uccidete me prima;

uccidetemi, e sia su questo campo

l'estinta spoglia alle vostr'ire inciampo.

Deh, qual cieco desire in voi si chiude

d'inasprir la tenzone

per sì lieve cagione?

Sorte più, che virtude

ha tal'or alle palme il varco aperto,

e sempre è il fin d'ogni battaglia incerto.

ORLANDO

Orsù, cessino questi

dalla lor brama, e di pugnar si resti.

FERRAÙ

Mentre pur cingo il brando...

SACRIPANTE

Per te prendi i consigli!

FERRAÙ

...vuol, ch'io schivi i perigli,

ed osa di viltà tentarmi Orlando?

ANGELICA

Che fo? Dove il furore arma la mano,

ogni preghiera, ogni ricordo è vano.

Forse il nobil drappello

dalla discordia amara

ritrar potrò con l'incantato anello.

Per toglier ogni gara,

ch'all'armi vi trasporta,

chi mi prende di voi sarà mia scorta;

ma prima si deponga il ferro, e l'ira.

ORLANDO

Or sì, che pieno ho di speranza il petto!

SACRIPANTE

Eccomi pronto!

FERRAÙ

Io la proposta accetto.

ANGELICA

Mi prenda omai, chi di seguirmi aspira.

SACRIPANTE

Angelica, ah crudele!

Così schernisti un amator fedele?

ORLANDO

Qual ti muove a celarti empio desio?

FERRAÙ

Il sol della beltà più non risplende.

Anzi risplende, sì: cieco son io,

ché abbagliato esser suole,

chi di fissar presume il guardo al sole.

Ma s'io son cieco a i raggi tuoi lucenti,

ah, non esser tu sorda a i miei lamenti!

ORLANDO

Perché sparisti? ahi lasso!

SACRIPANTE, ORLANDO E FERRAÙ

Dove, deh, dove sei? deh, ferma il passo!

ANGELICA

Eccomi a voi rivolta.

 

Angelica ->

FERRAÙ

Ah, cruda!  

ORLANDO

Aspetta!

SACRIPANTE

Ascolta!

SACRIPANTE, ORLANDO E FERRAÙ

Ecco, mirate, amanti,

quali strazi amor chiude!

Ah, che ogn'or mi delude,

vago sol di martìri,

con le lusinghe sue gli altrui desiri.

Sacripante, Orlando, Ferraù ->

 

Scena settima

Prasildo.

<- Prasildo

 

 

Sperai trovar Iroldo; or, ch'alla speme  

non risponde il successo,

quasi in ira a me stesso,

volgo le piante a ricercarlo altrove,

ch'inutil per me fora

nel superbo palagio ogni dimora.

Ma dove andronne, e dove

s'appigliarà il pensiero?

Porga soccorso alle mie cure il cielo.

Ei del dubbio sentiero

l'incertezza a me spiani,

ei, che nei casi umani ogn'or concede

opportuno favore, a chi lo chiede.

 

S'avvien, che s'adiri  

tempesta

molesta

nel mar dei desiri,

al flutto crudele

non cedan le vele.

Se l'ira t'assale

dell'onde rubelle,

rivolgi, o mortale,

il guardo alle stelle.

Sfondo schermo () ()

 

 

O pensier malaccorto,  

solo al partire inteso!

Nelle stanze sublimi,

onde son or disceso,

lasciai l'asta, che Lilla a me già diede.

Della mente al fallir supplisca il piede.

Prasildo ->

 

Scena ottava

Ruggiero.

<- Ruggiero

 

 

Chi vorrà mai seguace  

esser di tue bandiere,

perfido amor fallace,

se con leggi severe

fai, che succeda, o lusinghier tiranno,

dopo un breve gioire un lungo affanno?

Esempio or ne son io.

Già chiuse avendo alla pietà le porte,

nega pur d'ascoltar il mio cordoglio,

onde in sì tristo duolo,

in sì contraria sorte,

non so le luci appena erger dal suolo,

e questo lieto albergo

a risonar impara

della mia pena amara.

Or qual più speme, ahi lasso! in me s'accoglie,

se Bradamante a sospirar m'invita?

Ah, perché a me si toglie,

per terminar gli affanni, uscir di vita?

Ohimè, che sento! Affaticato, e stanco,

il piè non mi sostiene,

e nelle acerbe pene

al cor languente ogni virtù vien manco.

 

Scena nona

Bradamante, Ruggiero.

<- Bradamante

 

BRADAMANTE

Dove mi spingi, amore, dove, ohimè, dove?  

Dovrò nel regno tuo

senza sperar mercé

seguir, chi non più suo

ad altri consacrò l'alma, e la fé?

 

 

Nata solo a sospiri,  

lasserò dunque in lacci de' martìri

stringere il piè d'aspre ritorte, e nuove?

 

Dove mi spingi, amore, dove, ohimè, dove?

Dal ciel di vaga fronte

due soli in notte il dì

faran, che a me tramonte?

Che mal gradito ad altri ei splenda sì?

E fra tenebre oscure

potrà il mio cor tentar vie mal sicure,

né dal preso camin pur si rimuove?

Dove mi spingi, amore, dove, ahi dove?

 

 

Languirò sempre, ahi lassa!  

Per cui piangendo, e sospirando invano,

per cui, che contro me fatto inumano,

altri nodi, altre faci in seno accoglie?

No, no, rompasi il laccio,

e la fiamma d'amor divenga un ghiaccio.

Ma ecco l'infedel! E può securo

darsi al riposo un, ch'ad altrui lo toglie?

O per me vie più duro

di quei medesmi marmi!

Su, su, pensieri, alla vendetta, all'armi!

Ecco, mentr'ei non sente,

già l'assaglio, e l'uccido,

ch'è di pietade indegno un petto infido.

Ora, ch'ei posa, e dorme,

resti a morte ferito,

e non ritrovi fé, chi m'ha tradito.

Più non m'alletta, e già men vaga in lui

ogni vaghezza parmi.

Su, su, pensieri, alla vendetta, all'armi!

Che fo? qual mi trasporta impeto ardente?

Ferir un, che no 'l sente,

un, che già tanto amai!

Ah spietata, che fai?

Ma s'ei mi disprezzò, s'ei mi tradì,

mora l'empio, sì, sì!

Taci, mia lingua, in così cieco affanno,

che di colui, ch'ogni mio spirto avviva,

m'è dolce anco l'inganno,

m'è caro anche il disprezzo;

e s'egli fu incostante,

a sua colpa non già, ma sol s'ascriva

l'incostanza di lui

alla beltade altrui.

O discorsi, o pensieri

di Bradamante indegni!

Torna, torna alli sdegni,

e se pur vuoi soffrire,

chi di schernirti è vago,

lassa l'arme, e l'ardire,

e il pensier volgi alla conocchia, e all'ago.

Prendi core, o mio core!

Chi l'amor disprezzò provi il furore,

provi il rigor d'un disperato affetto,

provi, che d'oltraggiare invan si spera

un'amante guerriera.

Anzi vogl'io, per trionfarne a pieno,

che l'empio estinto cada,

con la mia no, ma con la propria spada.

Or, che si tarda? Il seno

di pietà si disarmi.

Su, su, pensieri, alla vendetta, all'armi!

RUGGIERO

Che veggo? Or, che sospendi

la destra, o Bradamante?

Uccidi, o cruda, il vilipeso amante.

Più non s'indugi, e l'empia

tua ferità nel mio morir si adempia.

BRADAMANTE

Ohimè, qual nuovo affetto

fa, ch'il furor se n' cada?

Prendi, o Ruggier, la spada,

che mora meco un, ch'è cagion, ch'io mora.

RUGGIERO

Che cessi? Aprimi il petto,

e stabile vedrai nel seno esangue

la mia candida fede in mezzo al sangue.

BRADAMANTE

Stabile la tua fede?

Foglia, che cade inaridita al suolo,

onda, che tra li scogli il vento siede,

piuma, ch'è spinta ad ogni soffio, e volo,

aura, che intorno aggira i passi erranti,

don di tua lieve fé meno incostanti.

Guardati, empio Ruggiero:

non andrai, come pensi,

d'aver tradito una donzella altero.

Ove trascorro? O dio!

RUGGIERO

Se il tuo rigor t'invita,

ché non mi passi il seno?

Ho core anch'io, che sa sprezzar la vita,

a tue brame rivolto.

Anzi, cor più non ho, ché tu l'hai tolto.

Forse ritieni il ferro, e vuoi, che solo

con più lento morir m'uccida il duolo?

Cruda!

BRADAMANTE

Infedele!

RUGGIERO

E puoi vedermi estinto?

BRADAMANTE

E tu scioglier potesti,

ohimè, quel nodo, onde già fusti avvinto?

Vattene, o ch'io m'involo,

per più non rimirar l'odiata imago.

RUGGIERO

N'andrò dal tuo rigore in preda al duolo;

anzi, perché sia pago

a pieno il tuo desire,

n'andrò, cruda, a morire.

 

Ruggiero ->

BRADAMANTE

Pongasi in bando ogn'amoroso affetto:  

odio, sdegno, furor, m'ingombri il petto.

Bradamante ->

 

Scena decima

Angelica, Atlante.

<- Angelica

 

ANGELICA

Di quei prodi guerrieri  

le contese comporre invan si tenta

con ragioni, o richieste,

ché colà, dove aventa

lo sdegno armi funeste,

dando alla pace esiglio,

poco s'attende il folgorar d'un ciglio.

Ma se priva or mi sento

della promessa aita,

non per questo avverrà, ch'un sol momento

s'indugi alla partita.

 

<- Atlante

ATLANTE

Qui per te solo, alta donzella, or vegno,  

ché già mi sono i tuoi pensier ben noti,

mentre affretti il ritorno

al fortunato regno.

Il ciel sì giusti voti

renderà paghi, e non lontano è il giorno.

Ma non sia grave ancora

far qui breve dimora

fin, che poi nell'uscir da queste porte,

(quando sia tempo additarollo io stesso)

con non creduta sorte

ti destinan le stelle alto successo.

ANGELICA

Perch'io creder ti deva,

chi sei, deh, narra.

ATLANTE

A te nulla rileva,

Angelica, il saperlo. Io sono un mago

d'ogni avvenir presago.

ANGELICA

S'io qui fermo le piante,

qual sì lieta ventura

a me poscia sovrasta?

ATLANTE

Un vago amante.

ANGELICA

Tanto più fuggirò da queste mura.

ATLANTE

Ah, se cortese il fato

serbi di tua bellezza eterno il fiore,

poiché gioir t'è dato,

non l'invidi a te stessa il tuo rigore;

e del garzon gentile,

se non amore, almeno

una giusta pietà ti punga il seno.

Sappi, che presso a morte

il déi trovare (ah, fera vista!), esangue

tra le ferite, e il sangue;

e tu sola potrai nel punto estremo

con opportuna aita

darli ristoro, e conservarlo in vita.

ANGELICA

Cedo a pietà, ma già d'amor non temo,

né mai sarà, che amante il sol mi veggia.

ATLANTE

Ecco al vivo il suo volto,

in breve giro accolto.

Il lui, deh, fissa il ciglio,

e poi d'amar si deggia,

dal tuo medesmo cor prendi consiglio.

 

Atlante ->

ANGELICA

O come ben distinto  

in ogni parte ei spira!

Vivo sembra, e non finto;

ne vien rapito il guardo, il cor s'ammira,

onde quanto più volgo in lui le luci,

più di mirarlo ancor cresce il desio.

E chi sì bene, o dio,

seppe esprimer quel volto,

cui non si trova eguale?

Il fece amor, cred'io,

e vi lasciò lo strale,

poiché sì vago aspetto

mi passa il seno, e mi trafigge il petto.

Gentilissima imago,

io non saprei giammai da' tuoi begli occhi

gli occhi ritrar, così di lor m'appago.

Già quei labbri ridenti

m'empion d'amabil pena;

quella tua chioma d'oro è mia catena.

Or qual arte contende

teco, o nobil pittura, e qual t'agguaglia?

È dipinto il mio foco, e pur m'accende;

adombrato è il mio sole, e pur m'abbaglia.

 

Qual si sia la tua face,  

amor, qual i tuoi vanti,

io lo so, ché fugace

schernii gli amori, e disprezzai gli amanti.

L'altrui cordoglio,

cinta di scoglio,

l'alma sdegnò;

ma che non può

tua gran virtù!

Ah, ben sai tu

quasi per gioco

franger le pietre, ed eccitarne il foco.

Angelica ->

 

Scena undicesima

Fiordiligi, Olimpia, un Cacciatore, Marfisa, Prasildo, Alceste.

<- Fiordiligi, Olimpia

 

OLIMPIA

Fiordiligi là viene.  

Il ciel ti guardi!

FIORDILIGI

Ei scorga i tuoi desiri,

onde corran per te l'ore serene.

OLIMPIA

Ohimè!

FIORDILIGI

Questi sospiri

son d'amor messaggeri,

non me 'l negar, sorella:

mentre un'alma sospira, amor favella.

OLIMPIA

Chi sente aspro dolor, non può tacere.

Gravi affanni, no 'l nego, ho in seno accolti,

né mi pregio d'avere

il petto di diamante.

(Non è già chi n'ascolti.)

A confessarti il vero, io sono amante.

FIORDILIGI

Al fin più dolce appare

l'aspettato gioir dopo il penare;

forse d'amiche stelle almo splendore

cangerà tosto in allegrezza i pianti.

OLIMPIA

Ah, che nel ciel d'amore,

se pur stelle vi son propizie, e pie

a favor degli amanti,

tutte son stelle erranti,

ma fisse son le sventurate, e rie.

 

<- Prasildo, Marfisa, Alceste

PRASILDO

S'a voi grave non giunge il venir nostro,  

non s'interponga il ragionar primiero.

OLIMPIA

Dicea, che amor severo,

strazia, chi più si fida, e col suo strale

piaga l'empio non fa, se non mortale.

PRASILDO

Anzi, per dirne il vero,

non sa, che sia diletto un, che non ama.

MARFISA

Forse diletto il sospirar si chiama?

S'è ver, ch'abbian gli amanti

il seno ogn'or da mille cure oppresso,

è l'amar l'altri un disamar sé stesso.

FIORDILIGI

T'inganni, è sempre lieto un amor fido:

a innamorato petto

il duol fassi diletto.

MARFISA

Io me ne rido.

Vien meno ogni dolcezza in un momento,

e d'un breve gioir figlio è il tormento.

OLIMPIA

Ma poi la gioia è del martir seguace.

ALCESTE

Compro col duolo, anch'il piacer non piace.

FIORDILIGI

Dalla speme vicina

l'alma animata, il suo martir non prezza.

MARFISA

O come è l'alma in ciò male indovina!

Pensa trovar dolcezza

col darsi in preda al duolo,

e spera all'or, che cade, ergersi a volo.

 

<- Cacciatore

CACCIATORE

Tè, tè, baleno, tè!  

Ucciso aveva un capriol fugace,

quando un pastor audace

a me l'invola, e qua rivolse il piè.

Tè, tè, baleno, tè!

Se il cielo ogn'or si giri

lieto a' vostri desiri,

veduto avresti un pastore malvagio

che un levriero mi toglié?

PRASILDO

Giunse pur or correndo entro al palagio.

FIORDILIGI

Colà drizzò la fuga.

CACCIATORE

Oh, quale indìce

a me pena profonda!

Dunque pria, che s'asconda,

rapido il seguirò.

FIORDILIGI

Vanne felice.

 

Cacciatore ->

MARFISA

In somma, se pur anco  

altri gode in amor, troppo non dura,

ma qual lampo svanisce il suo contento.

OLIMPIA

Lungamente gioisce un, ch'ha ventura.

ALCESTE

Andianne omai: si sono a pieno udite

le ragioni, e i pensieri,

ma così di leggeri

decider non si può cotanta lite.

Alceste, Prasildo, Olimpia, Marfisa, Fiordiligi ->

 

Scena dodicesima

Nano, Atlante, Gigante, due Damigelle.

<- Nano, Atlante

 

NANO

O strana fantasia!  

Due fanciulle pur ora,

odiando ogni dimora,

trattano d'andar via.

Voglio, ch'il sappia il mio signore innante.

Atlante, Atlante, ove ti celi? Atlante!

ATLANTE

Onde sì gran rumore?

NANO

Due leggiadre donzelle,

non so per quale umore,

voglion partir senza pur dirti addio;

e sono, al parer mio,

in ciò sì risolute,

che dall'andar per queste selve amene

non le terrebbon manco le catene.

ATLANTE

Or ora a te discendo.

 

Atlante ->

NANO

Io per me non intendo,  

ove sperin d'aver tempi migliori,

poiché sempre qui stanno in giochi, e balli,

e dentro a quei giardini

hanno tant'erbe, e fiori,

rose, gigli, ligustri, e gelsomini,

tanti ruscelli, e limpidi cristalli,

che tanti non ne sono,

s'altri ben lo discerna,

in un idillio fatto alla moderna.

 

<- Gigante

GIGANTE

Eccomi! Or dove stanno?  

NANO

A comparir, cred'io,

molto non tarderanno.

GIGANTE

Qual esser puote la cagion verace

di sì nuovo desio?

NANO

Forse, che a lor non piace

di star quasi in prigione, e in servitù.

Ciascun, come si sa,

brama la libertà:

quel mondo or non è più,

che le donne, e gli amanti

solean ballar senza cavarsi i guanti.

GIGANTE

Lascia le burle, e taci;

sempre hai le voglie a nuovi scherzi intese.

NANO

Non può burlarsi trenta volte il mese?

GIGANTE

Orsù, del ritenerle in queste mura

lasciasi a me la cura.

NANO

Senti di più: Ruggiero

ha dato a me per Bradamante un foglio;

deggio portarlo a lei, che il cor gli accende?

GIGANTE

Portalo, ché mi prende

un'immensa pietà del suo cordoglio.

 

(canta)

Non così presto il fero sdegno ascondono  

placati i venti, e tace l'onda instabile,

che con flutti novelli il mar confondono.

Ogni vago seren troppo è mutabile,

e mentre in breve rota i dì si volgono,

seco portano a volo il piacer labile.

O saggi quei, che non in alto sciolgono

il lor desio, ma con un'alma immobile

alle cupide voglie il fren raccolgono.

Così tra le vicende un pensier nobile

trova lieto riposo, e non l'offendono

e lo stabile affanno, o il gioir mobile.

E pur con ricche brame ogn'or contendono

folli i mortali, e il proprio mal non curano,

d'ombra vana seguace, e non comprendono,

che i lampi di qua giù tosto s'oscurano.

 

Nano ->

<- due damigelle

DUE DAMIGELLE

Che non puote sereno sguardo,  

se diletta pur quando ancide?

Da due vaghe luci omicide

senza piaga non esce il dardo.

Struggesi,

fuggesi il gelo d'aprezza

al sole della bellezza.

Non è core così selvaggio,

non è petto sì cinto d'ira,

che d'un volto, che grazia spira,

pien di fiamme non provi il raggio.

 

PRIMA DAMIGELLA

Deh, non vedi colà fiero Gigante,  

che partir ne contende?

SECONDA DAMIGELLA

Ardisci, ei non offende:

libera del palagio

dassi l'uscita.

GIGANTE

Dassi,

e qua poscia con agio

rivolgerete a vostr'arbitrio i passi;

ma prima sarà d'uopo,

che qui facciate entrambe un giuramento.

PRIMA DAMIGELLA

Io per me no 'l ricuso.

SECONDA DAMIGELLA

Ed io consento

giurar ciò, che tu vuoi.

GIGANTE

Or date a me la fede

di non amar più mai,

poscia libero il piede

volgete, ove vi aggrada in ogni loco.

SECONDA DAMIGELLA

Lascia, che pria ci penseremo un poco.

 

due damigelle ->

GIGANTE

Ben sapev'io, che più d'ogni spavento  

avrebbe posto alle donzelle il freno

un simil giuramento.

Gigante ->

 

Scena tredicesima

Astolfo, coro di Damigelle.

<- damigelle, Astolfo

 

ASTOLFO

Non tra' fiori l'onor verace  

all'ombra giace

su l'erbe tenere;

traggon soli su molli sponde

ore gioconde

Cupido, e Venere.

Per l'alte cime

sol di fatica,

la gloria amica

se n' va sublime.

Osate, anime belle,

un magnanimo ardir poggia alle stelle.

 

CORO

Qui pur giungesti,

nobil guerriero,

di cui sì altiero

va il nome, e il vanto;

qui pur giungesti, o desiato tanto!

 

ASTOLFO

Ricco palagio, vidi,  

fatto guerrier volante,

altri monti, altri lidi, altri emisferi;

ma ne' lungi sentieri

non vidi, no, con meraviglie tante,

albergo sì pomposo.

Sotto all'erbe sovente è l'angue ascoso,

e può raccorsi in seno

anche di vaso aurato empio veleno.

 

DUE DAMIGELLE

Si spogli omai  

or, che sei stanco,

l'elmo alla chioma, e la lorica al fianco.

DUE ALTRE

Qui Marte crudo

non giunge mai:

d'uopo non hai

il formidabil brando, e il forte scudo.

 

ASTOLFO

A sospetto mi muove in questo lito  

di sì rare sembianze il dolce invito.

Grazie più, che la lingua il cor vi rende,

ma di quest'armi il peso

poco, o nulla m'offende;

e mentr'è il cor solo alle palme inteso,

pensier mai di riposo a lui non giunge.

Ite, vaghe donzelle, ite pur lunge.

UNA DAMIGELLA

Perché non si consente,

che appo tanti sudori,

onde tu sei famoso,

qualche breve riposo

al fin trovi la mente

alle fatiche avvezza:

arco, che non s'allenta, al fin si spezza.

 

CORO

Sian pronti i desiri,  

sia stabile il piè.

Astolfo, non miri,

che l'inclita reggia

festeggia

per te?

Per te si fan liete

quest'alme pendici;

se restar qui t'aggrada, o noi felici!

 

ASTOLFO

A più lontane parti il ciel m'adduce.  

UNA DAMIGELLA

Ferma, deh, ferma il piede,

ond'abbia posa in sì gradito ostello;

e tosto poi, che con pennel di luce

spargerà nuovi rai

su i celesti zaffiri il sol novello,

muover di qui potrai

ov'il desio richiede.

 

CORO

Ferma, deh, ferma il piede!  

Di chiare donzelle

sembianze sì belle

mirerai nell'alta mole,

che fan d'invidia impallidire il sole.

DUE DAMIGELLE

Tutte liete a te d'intorno

sì bel giorno

segneran con lieti auspici.

CORO

Se restar qui t'aggrada, o noi felici!

 

ASTOLFO

Desio di gloria, e non d'amor mi punge:  

ite, vaghe donzelle, ite pur lunge.

Ma pria di far partita,

più d'appresso vedrò quell'orto ameno,

che con garrule fonti a sé n'invita;

né temo, no, perché beltà cotanta

faccia ogni prova ad incitarne il seno,

poiché forza non ha d'amor lo sprone

pur, che non cada il freno

di man della ragione,

e dian vigore all'alma i cieli amici.

 

CORO

Se restar qui t'aggrada, o noi felici!

damigelle, Astolfo ->

 

Scena quattordicesima

Bradamante, Nano.

<- Bradamante

 

BRADAMANTE

Se qui più nulla io spero,  

omai che fo nell'aborrita soglia?

Tu qui resti, o Ruggiero;

tu resti, io fo partita, ed in tua vece

verran compagni eterni alla mia voglia

dispetto, gelosia, furore, e doglia.

O gioie, ove fuggiste?

O promesse, o speranze, ove ne giste?

 

<- Nano

NANO

Bradamante!  

BRADAMANTE

Chi chiama?

NANO

Un messaggero.

BRADAMANTE

E chi l'invia?

NANO

Ruggiero.

Egli pria, che tu parta,

brama del suo dolor, della sua fede

trovar qualche pietà, se non mercede.

BRADAMANTE

E qual è la sua fede?

NANO

Miralo in questa carta.

BRADAMANTE

Se falso è che le scrisse,

come creder si puote,

che vere sian le note?

NANO

Prendi, deh, prendi omai;

non si nieghi a Ruggier grazia sì lieve.

BRADAMANTE

Quest'appunto si deve

a mutabile amante.

NANO

Ohimè, che fai?

Poni, o signora, all'ira tua ritegno,

e prenda alma gentil lo sdegno a sdegno.

BRADAMANTE

Vanne, e palesa il tutto a chi t'invia.

Ciò, ch'egli men desia,

ascoltando Ruggiero,

tingerà forse di rossor la guancia.

NANO

Sarebbe nuova, in vero,

da sperarne la mancia.

 

Nano ->

BRADAMANTE

Ah, che fai, Bradamante? E chi non vede,  

ch'omai pur troppo il tuo disdegno eccede?

Se d'udir sua richiesta

qual amante a lui nieghi,

odilo qual nemica: anche un nemico

ad ascoltar s'arresta

tal'or dell'altro, e le ragioni, e i preghi.

Che sai, se non le miri,

ciò, che il guerriero in quelle righe accenna?

Forse, che la sua penna

avria reso più lievi i tuoi martìri.

Sento ben io le tacite querele,

onde il lacero foglio,

rimproverando a me l'alma crudele,

accresce il mio cordoglio,

e quante sono al suol divise, e sparte

da spietato rigore

le sventurate carte,

tanti son dardi a trapassarmi il core.

Ma sagace pensiero

pur anco mi sospinge

a rintracciar tra queste note il vero.

(legge le lettera stracciata in pezzi)

«Se non di troppo amarti»...

«A te ne viene»...

«E pure misero il provo»...

«In che t'offesi, in che?»

«Nunzia di pene»...

«Ma più, ch'altro mi pesa»...

O sorte! Ecco ne trovo

non poca parte illesa:

«E se la nobil gemma altrui pur diedi

che di tua destra è dono,

non però, come credi,

teco infedele io sono.

Generosa pietà così chiedea

per sottrarre alla morte un innocente.»

Respiro, e già la mente

scorge qualche sereno in mezzo all'ombre.

Ma di là scende Angelica pensosa;

qual cura il sen le ingombre

raccoglierò tra queste loggie ascosa.

 

Scena quindicesima

Angelica, Bradamante.

<- Angelica

 

ANGELICA

Lassa, in che strani modi amor m'ha vinto!  

Stimai, che il petto cinto

d'infrangibile smalto

schernisce ogni contesa,

ed ora a lieve assalto

provo, ch'ei cede, e non sa far difesa.

Ah, che pur oggi imparo,

che, dove innalza amor sua face ardente,

è vano ogni riparo;

raro, o non mai perdona al petto ignudo,

ma quanto tardo è più, tanto è più crudo.

A confessarlo il petto

dalle sue prove istesse oggi è sospinto.

Lassa, in che strani modi amor m'ha vinto!

BRADAMANTE

(Ah, più che mai s'avviva il mio sospetto!)

ANGELICA

Già di ben mille amanti

con ostinata prova

fui sorda alle preghiere, e cieca a i pianti;

già fui, ma che mi giova,

se mentre è volto alla natia mia sede

entro a nascosi lacci inciampa il piede,

e vi rimane avvinto?

Lassa, in che strani modi, amor m'ha vinto?

Così pur legno altero

seppe sprezzar cento tempeste, e cento

là per l'onde marine,

più sempre invitto al minacciar del vento.

Misero, ma che pro? s'ei resta alfine

senza rimedio assorto,

quando meno il pensò, vicino al porto.

O d'instabil fortuna

non credute vicende!

O quante volte a lacrimar è spinto!

Lassa, in che strani modi amor m'ha vinto!

BRADAMANTE

(Non fu senza ragione il mio cordoglio.)

ANGELICA

Ah, Ruggiero, Ruggiero...

BRADAMANTE

(Io già languisco, io pèro!)

ANGELICA

...perché non mi lasciasti

su la sponda mortale,

se poscia era ne' fati,

che l'amoroso strale

affrettasse a piagarmi i vanni aurati?

 

BRADAMANTE

(Nascosa omai, che fo?  

Tacer non posso, ove sì fiero è il danno.

A costei fingerò,

che novello desire in me s'accoglia,

e forse ogni sua voglia

discoprirò con innocente inganno.)

Godi pur di Ruggiero,

Angelica, gli amori: ei per me troppo

fu incostante, e leggero,

quindi l'aborro, e sdegno,

e sol di averlo amato il cor si duole.

ANGELICA

(Nemica apparir vuole

nel rigido sembiante,

ma quel caldo sospir la scopre amante.)

BRADAMANTE

Arsero i nostri cuori

d'una medesma face,

solo però gradita

fu la tua fiamma, e fu la mia schernita.

ANGELICA

Ora di schernir me forse ti piace.

BRADAMANTE

Ma non però mi doglio,

che a te serva Ruggiero,

poiché sola (oh cordoglio!)

vie più d'ogn'altra avventurosa, e bella,

tu gli avventasti al sen dolci quadrella.

ANGELICA

Troppo è dal vero il tuo pensier distante.

BRADAMANTE

Dunque d'amor non ardi?

ANGELICA

Eh, Bradamante,

non nego. Amo bensì, ma non Ruggiero;

amo, chi mai non vidi.

BRADAMANTE

Nel tuo sì saggio petto,

come fia, che s'annidi

un incognito oggetto?

ANGELICA

Ben è strano portento,

e di somma beltà forza immortale.

Ma volgi il guardo intento,

e vedrai senza eguale

l'alta necessità del mio tormento.

BRADAMANTE

Deh, chi sì ben uniro

a vivace beltà finti colori?

Prefissa è nobil meta al tuo desio.

Ma così il cielo appresti

per te lieti successi a i dolci ardori,

deh, dimmi, e come avesti

quella gemma, il cui vanto ogn'altra eccede?

ANGELICA

Ruggiero a me la diede

ond'io fuggissi irreparabil morte.

BRADAMANTE

O me felice! o sorte!

Per te gioisco, amica, e mi consolo.

ANGELICA

Non invidio a te, no, piango il mio duolo.

Bradamante, Angelica ->

 

Scena sedicesima

Atlante.

<- Atlante

 

 

Fin, che Astolfo qui resta,  

ch'ha tra' guerrier più saggi i primi vanti,

stimo, che mal sicuri

per me siano l'incanti.

Ma cadrà tosto ogni disdegno estinto:

chi il nemico previene, ha mezzo vinto.

Con tessaliche note,

ond'io, prendendo ogni sua voglia a scherno,

a mia difesa invocarò l'inferno,

farò, che il paladino

mostri, a chi 'l mira, in varie forme il volto,

onde contro a lui solo

tutto s'irrìti accolto

de' cavalier lo stolo.

Sì, sì, saggio è il consiglio,

e senz'altra dimora a lui m'appiglio.

 

Scena diciassettesima

Astolfo, ed altri Cavalieri, e Dame.

<- Astolfo, cavalieri, dame

 

ASTOLFO

Entro all'ampio giardin, in cui l'autunno  

suoi tesori difende,

serba insieme ridenti eterno aprile

l'erbette, i fiori, e l'onde,

e zeffiro gentile

d'ogni fiorito stelo

gli odori invola, e ne fa ricco il cielo.

Temo però non sia

questa sublime stanza

effetto di magia:

troppo il suo chiaro pregio ogn'arte avanza.

Olimpia, s'io non erro, or qua se n' viene,

ma con volto però turbato, e mesto.

E dove, Olimpia, e dove?...

 

<- Olimpia

OLIMPIA

Ahi, che drago funesto! Il piè tremante  

appena mi sostiene.

ASTOLFO

Deh, qual tema or ti move?

OLIMPIA

Volgerò il guardo altrove

per non mirar sì rigido sembiante,

ché non ho tanto ardire

da mirar l'empio mostro, e non morire.

 

<- Alceste

ALCESTE

O mia gentil Hippalta,  

deh, dimmi, e qual novella a me tu porte?

Di vita, o pur di morte?

Che disse Lidia ingrata,

mentre a lei palesaste i miei tormenti?

ASTOLFO

Alceste, or che favelli?

Come Hippalta m'appelli?

ALCESTE

Ah, non prendere in gioco i miei lamenti!

 

<- Cacciatore

CACCIATORE

Ecco il pastore infido.  

Come ardiste cotanto? Or or mi rendi

il rapito Liuriero, o ch'io t'uccido.

ASTOLFO

Che parli? e qual Liuriero?

CACCIATORE

Quel, che dianzi involasti in su quei colli.

ASTOLFO

Questo temo io, che in vero

sia l'albergo de i folli.

O mia ventura! Ecco Prasildo arriva.

Il ciel t'aiti.

 

<- Prasildo

PRASILDO

O veglio empio,  

di menzogne l'inventore, fabbro d'inganni...

ASTOLFO

Io son di fede, e di candore esempio.

PRASILDO

...solo alla bianca chioma, e solo a gli anni

io condono ogn'offesa.

ASTOLFO

Almeno a me palesa

di che ti lagni. Io non l'intendo ancora.

PRASILDO

Non giurasti pur ora,

che m'attendeva Iroldo al fonte appresso?

Dopo inutil dimora

fuor, che le tue menzogne, li altro non vidi.

ASTOLFO

O che tu mi deridi,

o che déi vaneggiar, Prasildo mio.

PRASILDO

Vaneggi tu, non io!

 

<- Mandricardo

DONNA

Ecco la fera al varco  

onde non fuggirà,

non fuggirà, no, no,

ch'io con quest'arco

l'atterrerò, l'ucciderò.

MANDRICARDO

Donna, se a' dolci rai

cortese alma risponde,

deh, mi palesa omai,

ove il mio ben s'asconde.

 

ASTOLFO

Mandricardo infelice,  

ond'è, ch'oggi il tuo senno a terra cade?

MANDRICARDO

Rendimi, per pietade,

rendimi Doralice!

ASTOLFO

O strana confusione!

 

<- dama, Marfisa

DAMA

Cavalieri, accorrete,  

ch'un superbo leone

caduto è nella rete,

accorrete, accorrete!

Sentite come rugge?

Sollecitate il piè, perch'ei se n' fugge!

 

MARFISA

Contro a terribil fera  

s'armi audace ogni schiera;

ma voi, donzelle, ah, non volgete i passi

ver la belva fremente,

ché in così angusto campo,

s'altri non cerca scampo,

ohimè, potrebbe insanguinare il dente.

ATLANTE

(Per chiamare ogni duce,

d'ogn'intorno il palagio omai rimbombe

di timpani, e di trombe.)

 

CORO

Su, su, guerrieri, all'armi!  

Quell'empio si disarmi,

deh, non s'indugi più!

Su, su, all'armi, su, su!

La vostra alta virtù

oggi non si risparmi.

Su, su, guerrieri, all'armi!

 

<- Orlando, Gradasso, Bradamante

ORLANDO

Veggo il fero gigante,  

ch'è solo a sé nel mal oprar simìle.

Stringerò dunque alla tenzone il brando.

ASTOLFO

Non mi conosci, Orlando?

ORLANDO

Troppo mi sei tu noto, anima vile.

GRADASSO

Volgiti a me!

ASTOLFO

Gradasso?

ORLANDO

Ah, traditore!

GRADASSO

Rodomonte, ecco il campo,

ove mostrar con questa spada io spero,

che le donne oltraggiando,

sei folle, e menzognero.

Ché non rivolgi alla contesa il brando?

Perché tacito resti? Ov'è l'orgoglio,

ch'era già tant'audace?

Altro omai, che sospiri il tempo chiede!

Quella lingua fallace

stirpare io voglio, e poi calcar col piede.

ASTOLFO

Astolfo, che farai? Di far partita

non permette il furore,

onde cinto ti vedi.

CORO DI CAVALIERI, BRADAMANTE E MARFISA

Cedi, già vinto, cedi!

ASTOLFO

Dal grave rischio, ove ristretto io sono,

d'uscir indarno tento,

se non m'aita il formidabil suono.

TUTTI

O terrore! O spavento!

ORLANDO

A ceder mi sospinge

un incognito affetto, e non timore.

CORO DI CAVALIERI, BRADAMANTE E MARFISA

Se fuggitivo il piè, stabil è il core.

È di non cauto ingegno indizio espresso

cercar per altrui pro danno a sé stesso.

 

CORO DI DAMIGELLE

Via di qua vada ogni cura,  

che le gioie intorbidò;

con la belva, ogni paura

pur al fin si dileguò.

Più non si sente

la fera atroce

in suon feroce

arrotar l'iniquo dente.

Fuggì l'empia, e spenta fu.

Non più tema, non più, non più.

Ecco già più lieto il sole

l'alta mole

splender fa.

Via di qua vada ogni cura,

che le gioie intorbidò;

con la belva, ogni paura

pur al fin si dileguò.

Insieme accolte,

donzelle ardite,

scherzando gite,

da sospetti il cor disciolte.

L'empia fera oppressa fu.

Non più tema, non più, non più.

Minacciar nuovo periglio

torvo il ciglio

non potrà.

Via di qua vada ogni cura,

che le gioie intorbidò;

con la belva, ogni paura

pur al fin si dileguò.

 

Fine (Atto secondo)

Prologo Atto primo Atto secondo Atto terzo
 
<- Ruggiero
Ruggiero
<- Bradamante

Aspra doglia infinita

Ruggiero
Bradamante ->

Almen pria, che t'invole

Ruggiero ->
<- Mandricardo

A che fra queste soglie

Mandricardo
<- Doralice

Dove, dove mi lassi

Mandricardo
Doralice ->

A gran pena ritengo

Mandricardo ->
<- Atlante

Stuol di vaghe donzelle

Atlante
<- quattro damigelle

Per le piagge superbe

Atlante
quattro damigelle ->

Se ne fugge smarrita

Atlante ->
<- Iroldo

Par, che m'accenni il core

Iroldo ->
<- Sacripante

Ove più mi rivolgo, o che più spero?

Sacripante
<- Angelica

Ecco appunto il guerriero

Sacripante, Angelica
<- Ferraù

Cotanta impresa a Ferraù s'aspetta

Sacripante, Angelica, Ferraù
<- Orlando

D'ogn'altro cavaliero

Sacripante, Ferraù, Orlando
Angelica ->

Ah, cruda! / Aspetta! / Ascolta!

Sacripante, Orlando, Ferraù ->
<- Prasildo

Sperai trovar Iroldo

O pensier malaccorto

Prasildo ->
<- Ruggiero

Chi vorrà mai seguace

Ruggiero
<- Bradamante

Nata solo a sospiri

 

Languirò sempre, ahi lassa!

Bradamante
Ruggiero ->

Pongasi in bando ogn'amoroso affetto

Bradamante ->
<- Angelica

Di quei prodi guerrieri

Angelica
<- Atlante

Qui per te solo, alta donzella

Angelica
Atlante ->

O come ben distinto

Angelica ->
<- Fiordiligi, Olimpia

Fiordiligi là viene

Fiordiligi, Olimpia
<- Prasildo, Marfisa, Alceste

S'a voi grave non giunge il venir nostro

Fiordiligi, Olimpia, Prasildo, Marfisa, Alceste
<- Cacciatore

Tè, tè, baleno, tè!

Fiordiligi, Olimpia, Prasildo, Marfisa, Alceste
Cacciatore ->

In somma, se pur anco

Alceste, Prasildo, Olimpia, Marfisa, Fiordiligi ->
<- Nano, Atlante

O strana fantasia!

Nano
Atlante ->

Io per me non intendo

Nano
<- Gigante

Eccomi! Or dove stanno?

Gigante
Nano ->
Gigante
<- due damigelle

Deh, non vedi colà fiero Gigante

Gigante
due damigelle ->

Ben sapev'io, che più d'ogni spavento

Gigante ->
<- damigelle, Astolfo

Ricco palagio, vidi

A sospetto mi muove in questo lito

A più lontane parti il ciel m'adduce

Desio di gloria, e non d'amor mi punge

damigelle, Astolfo ->
<- Bradamante

Se qui più nulla io spero

Bradamante
<- Nano

Bradamante! / Chi chiama? / Un messaggero

Bradamante
Nano ->

Ah, che fai, Bradamante?

(Bradamante si nasconde)

Bradamante
<- Angelica

Lassa, in che strani modi amor m'ha vinto!

(Bradamante si rivela)

Nascosa omai, che fo?

Bradamante, Angelica ->
<- Atlante

Fin, che Astolfo qui resta

(Atlante si cela)

Atlante
<- Astolfo, cavalieri, dame

Entro all'ampio giardin, in cui l'autunno

Atlante, Astolfo, cavalieri, dame
<- Olimpia

Ahi, che drago funesto!

Atlante, Astolfo, cavalieri, dame, Olimpia
<- Alceste

O mia gentil Hippalta

Atlante, Astolfo, cavalieri, dame, Olimpia, Alceste
<- Cacciatore

Ecco il pastore infido

Atlante, Astolfo, cavalieri, dame, Olimpia, Alceste, Cacciatore
<- Prasildo

O veglio empio

Atlante, Astolfo, cavalieri, dame, Olimpia, Alceste, Cacciatore, Prasildo
<- Mandricardo
Donna e Mandricardo
Ecco la fera al varco

Mandricardo infelice

Atlante, Astolfo, cavalieri, dame, Olimpia, Alceste, Cacciatore, Prasildo, Mandricardo
<- dama, Marfisa

Contro a terribil fera

Atlante, Astolfo, cavalieri, dame, Olimpia, Alceste, Cacciatore, Prasildo, Mandricardo, dama, Marfisa
<- Orlando, Gradasso, Bradamante

Veggo il fero gigante

Coro di Damigelle
Via di qua vada ogni cura
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima
Il palazzo incantato di Atlante. Il palazzo incantato di Atlante svanisce.
Prologo Atto primo Atto terzo

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