Atto secondo

 

Scena prima

Appartamenti d'Argene.
Dario, e poi Argene.

 Q 

Dario

 

DARIO

Cessa tiranno amor  

di tormentarmi.

Già barbaro, e crudel

quest'alma fedel,

hai posta in servitù.

Cessa tiranno amor

di tormentarmi più.

 

<- Argene

ARGENE

Dario.  

DARIO

Vergine eccelsa;

che di Statira apporti?

ARGENE

E giunto appena

di lei tu parli? (O pena!)

DARIO

Sprona il pensier la lingua.

ARGENE

A lei sol pensi, e tante pur ne miro,

ch'hanno al par di Statira

di latte il seno, e gli occhi di zaffiro.

DARIO

Tranne le forme amate,

è vile a chi ben ama ogni beltate.

ARGENE

Amo Dario ancor' io,

e pur tu disuguale

non mi sembri nel volto all'idol mio.

(Deh m'intendesse o dio!)

DARIO

Non è forse il tuo amor gigante ancora?

ARGENE

Quel volto, m'innamora;

m'abbagliano quei lumi

degl'astri erranti e fissi

assai più luminosi. (Ah troppo io dissi.)

DARIO

Meco tu scherzi?

ARGENE

No, dirti vogl'io,

che tu sei vago al pari,

di colui che m'accende.

(L'incauto non m'intende.)

DARIO

Ma che disse Statira?

ARGENE

(E pur torna alla meta, o reo cordoglio!)

Ella ha un'alma di scoglio.

DARIO

Infelice che ascolto!

ARGENE

(Nov'arte mi sovviene.) Ai primi soffi

del gelido Aquilone

non si piegan le querce; io ti prometto

d'intenerire alla superba il petto.

DARIO

Lusinghiere speranze.

ARGENE

Io deggio intanto

scrivere al mio conforto:

ma perché non ben ferma,

tra le smanie, e i singhiozzi,

trema la destra, io voglio

che tu per me sparga d'inchiostro un foglio.

DARIO

Eccomi pronto.

ARGENE

Eh là Flora.

 

Scena seconda

Flora, e suddetti.

<- Flora

 

FLORA

Signora.  

ARGENE

Tosto ci reca un seggio. (Alle mie frodi

deh tu assisti opportuna

o bendata fortuna.)

(Flora porta una sedia, e Dario siede)

DARIO

Premo l'angosce in petto.

ARGENE

Scrivi signor: «mia luce».

(Mia Flora, quel bel viso

ove scherza il vezzo, il riso.)

DARIO

«Mia luce.»

ARGENE
(a Flora)

Mira quelle

brune stelle.

DARIO

Io già scrissi «mia luce».

ARGENE

«Mio tesoro»...

(a Flora)

Mira quelle

brune stelle.

DARIO

«Mio tesoro.»

ARGENE

Che sul core a mille, a mille,

mi tramandano faville.

DARIO

«Mio tesoro.»

ARGENE

Per te mi struggo, e moro.

(poi s'accosta al tavolino)

«Sì sì dolce amor mio,

esca de' miei desiri,

centro de' miei sospiri;

delle mie piaghe amabile ristoro,

per te mi struggo, e moro.»

DARIO

Più adagio se tu vuoi,

ch'io scriva tutto ciò che mi dicesti.

ARGENE

Non scriver no, son questi

insoliti deliri,

qualor m'appresso al mio bel sol che splende.

(poi a Flora)

L'incauto non m'intende.

DARIO

E moro. Ho scritto.

ARGENE

Tu il mio ben, tu il cor mio, tu la mia vita,

sì, tu solo, tu sei,

ma quanto il dico più, meno il comprendi.

DARIO

Forse crudo è il tuo ben?

ARGENE

Sì, scrivi, e intendi.

DARIO

Tu sei: ma poi che segue.

ARGENE
(a Flora)

Che quanto il dico più, meno comprendi:

dovria intendermi alfin.

DARIO

Ho scritto, e inteso.

ARGENE

M'intendesti?

DARIO

Sì o bella.

ARGENE

E che ti pare?

DARIO

Che non possa chi ha cor non t'adorare.

ARGENE

(a Flora)

O me infelice.

(a Dario)

E sperar posso?

DARIO

E puoi

sperar d'essere intesa, e corrisposta.

ARGENE

Non puoi, ma quando...

DARIO

Allor che questo foglio

paleserà al crudele,

le tenerezze tue sì ben espresse.

ARGENE
(a Flora)

Ah credeva ben' io che m'intendesse.

DARIO

Vuoi che più segua?

ARGENE

Basta,

scriverò poscia il nome.

DARIO

Io parto, e in te confido.

ARGENE

Con Statira oprerò quanto conviensi,

t'amo più che non pensi.

 

DARIO

Placami la mia bella,  

se brami men crudele,

il bel che ti piagò:

per te d'amor la stella

all'alma mia fedele,

fausta cangiar si può.

(parte Dario)

Dario ->

 

Scena terza

Argene, e Flora.

 

ARGENE

Verrà nelle mie stanze  

come suol la germana; il foglio aperto

Flora le mostra, e dille

che a me Dario lo scrisse, e il giorno appunto

che dée sceglier lo sposo

forse come infedel l'aborrirà.

FLORA

E s'altri sceglierà?

ARGENE

Sin dagli omeri altrui

saprò levare a forza,

il reale ornamento,

purché Dario sia meco, io non pavento.

 

Fermo scoglio in mezzo al mare,    

combattuto da procelle,

è il mio core innamorato:

pur non lascia d'adorare,

benché rigide le stelle,

e crudele sia il suo fato.

(parte Argene)

S

Argene ->

 

Scena quarta

Flora, e poi Statira.

 

FLORA

Com'è costei bizzarra.  

 

<- Statira

STATIRA

Prieghi chi vuol, che per me sola io voglio,

quest'occhi, queste labbra, e questo seno;

non son io saggia o Flora?

FLORA

Non s'apprezza il tesor che non s'adopra.

STATIRA

Ma qual foglio è qui scritto?

FLORA

Dario molto non è, scrisse ad Argene.

STATIRA

Dario ad Argene?

FLORA

Sì.

STATIRA

Qui Dario scrisse,

né m'inganna lo sguardo.

FLORA

(Giunse al suo scopo il dardo.)

STATIRA

Ah forse con l'amante anche la suora,

e labbra, e core, e sen rapir mi vuole

scellerato, inumana, ambo tiranni

no, non l'avrete, io voglio

questi per me, ma pria si legga il foglio.

(legge)

«Mia luce, mio tesoro

per te mi struggo, e moro.»

Per Argene il crudel si strugge, e more?

Non lo diss'io che Dario è un traditore?

Con la spoglia del mio l'accorto tenta

crescere alla sua amante altro tesoro.

Ma l'amante io non sono?

Tal mi giurò, si disse,

e in replicati fogli a me lo scrisse.

FLORA

(Quanta semplicitate in cor di donna!)

STATIRA

Dunque Dario è infedel? Mi ruba Argene

lo sposo? Io son tradita' Invendicata?

Ma no, senta il crudel, l'ingrata senta

i rimproveri miei, le mie vendette;

a sgridar Dario io volo, il cor gli svello

con questa mano ultrice,

vado, corro al crudel, ah, che non lice,

è meglio un foglio; Flora.

FLORA

Eccomi pronta.

STATIRA

Ma non sarà una carta

rimprovero efficace; è meglio un messo:

questo sì, Flora, Flora.

FLORA

Io qui già sono.

STATIRA

Vanne; dove? Sì, va': ma no, t'arresta,

non bene esprimerai

rabbia, sdegno, furor che mi divora:

FLORA

(Gelosa è alfin la semplicetta ancora.)

 

STATIRA

Dalle furie tormentata  

agitata,

nuova furia volerò.

 

 

Ma dove? Alla germana,

a Dario l'infedel; o questo no:

sia pur d'Argene Dario, a me non cale,

amanti, e sposi sian nulla vogl'io:

meglio per me, che lascerammi il mio.

Statira ->

 

Scena quinta

Flora sola.

 

 

Ben questo è mal, se non conosce il male,  

arde d'amor la stolta,

e fuor che amor tutt'altro ella condanna,

per cagion di quel duol che sì l'affanna.

 

Lo spietato, e crudo amore,  

sa piagare anche quel core,

che non crede d'adorar:

quanto meno se n'avvede,

tanto più nel duolo eccede,

e si sente a tormentar.

(parte Flora)

Flora ->

 
 

Scena sesta

Luogo spazioso ove i Persiani sogliono radunarsi nell'adorazione del sole; padiglione in disparte.
Dario, Oronte, Arpago, e Popolo.

 Q 

Dario, Oronte, Arpago, Argene, popolo

 

DARIO

Lampa eterna...  

ORONTE E ARPAGO

Eterna face.

DARIO

Che ravvivi...

ORONTE E ARPAGO

Che ristori.

DARIO

L'erbe al prato...

ORONTE E ARPAGO

All'erbe i fiori.

DARIO

Con tuoi raggi...

ORONTE E ARPAGO

Col tuo lume.

DARIO, ORONTE E ARPAGO

Scopri il nume.

DARIO

E s'intenda oltre gl'Iberi...

Insieme

ORONTE

E s'acclami oltre gl'Iberi...

 

DARIO, ORONTE E ARPAGO

Chi vuoi tu che all'Asia imperi.

 
Si va a poco a poco dilatando il lume, e nel mezzo del globo apparisce Apollo.

<- Oracolo

 

ORACOLO
(Apollo)

Quel che la maggior figlia,  

avrà di Ciro in sposa,

prema di Ciro il soglio,

ed ogni altro s'accheti; io così voglio.

 

Oracolo ->

DARIO

I giusti miei consigli,

la deitade approva, ed io ne godo,

se col mezzo d'Argene

che a mio favor favella,

premio de' miei tormenti avrò la bella.

(parte)

Dario, Arpago, popolo ->

 

ARGENE

Certo son di goder, che la mia fede,

ricompensa al suo oprar Statira chiede.

(parte)

Argene ->

 

ORONTE

Non temere alma mia, sarai contenta,

con la sposa, e col trono,

so quanto oprai, e so che Oronte io sono.

 

Non mi lusinga    

vana speranza,

se non a torto,

posso sperar.

Non è che finga

la mia costanza,

e che superba

voglia regnar.

(parte Oronte)

S

Oronte ->

 

Scena settima

Statira, e Niceno.

<- Statira, Niceno

 

STATIRA

E là sedere io deggio?  

NICENO

A ricever gli ossequi,

di coloro che a prova,

per conseguirti in moglie,

corron l'incerta via.

STATIRA

Mi sai tu dir che cosa è gelosia?

NICENO

Perché ciò mi domandi?

STATIRA

Vo' saper se di Dario

son io gelosa, o no.

NICENO

Se tu no 'l sai, nemmeno io lo saprò.

STATIRA

Flora mia luce, Argene

il foglio, mio tesoro.

NICENO

(Quante cose confonde!)

STATIRA

Mi par d'esser geloso, ma di che?

Di Dario, oppur d'Argene? Io no 'l so affé:

NICENO

(Rimirar non poss'io,

quel ciglio innamorato,

che infiammar non mi senta il cor gelato.)

 

Scena ottava

Arpago, e detti.

<- Arpago

 

ARPAGO

Signora, Arpago io son, quello son io,  

che né spada né cuore

risparmiò del tuo impero alla difesa.

STATIRA
(a Niceno)

Lo credi tu?

NICENO

Egli è vero.

ARPAGO

Fra cadaveri, ed armi

sempre fido pugnai; fu mio onore

innaffiare gli allori al genitore.

NICENO
(a Statira)

Nelle battaglie illustre onor si rese.

STATIRA
(a Niceno)

E far potrà ancor maggiori imprese:

sposo l'accetto, se il consigli.

NICENO

È degno,

e del talamo tuo, e del tuo regno.

ARPAGO

(Tormentosa dimora!)

STATIRA

Ecco la destra,

ARPAGO

(Son sposo, e re) Grazie ti rendo, o bella.

NICENO

Dario escluso rimane,

ed io per questa frode.

(Avrò Argene amante, e premio, e lode.)

 

ARPAGO

Mi va scherzando in sen  

un placido seren,

che mi lusinga il cor,

e mi consola:

già certo è il mio goder,

fa bello il mio piacer,

e tutto il suo timor,

all'alma invola.

(parte Arpago)

Arpago ->

 

Scena nona

Oronte, Statira, e Niceno.

<- Oronte

 

ORONTE

(La principessa ho a fronte.)  

Questo ancor che se 'n viene, ed egli è Oronte,

concorre al soglio, e intrepid ritarda,

le grandezze ad Arpago.

STATIRA

Quest'altro ancor mi piace, o come è vago!

NICENO

(L'amica si risveglia, o gelosia!

Amante sono, e consigliarla deggio

alle nozze d'altrui con pena mia.)

ORONTE

(s'avanza)

Principessa rimira

il maggior de' vassalli,

il più caro al tuo padre, e il più fedele,

quanto oprai, quanto feci,

a prò di tua corona, e del tuo impero

chiedilo altrui, chiedilo al mondo tutto,

e sarà testimon dell'opre mie;

io per me taccio, e con ragione chiedo

il tuo amor, la tua destra, e questo impero;

so che sei giusta, e d'ottenerlo io spero.

STATIRA

Niceno se 'l potessi, questi ancora

consolare io vorrei.

NICENO

Ma perché no?

STATIRA

E Arpago?

NICENO

Non è tuo

sposo ancor, ben aver puoi per amanti

Dario, Oronte, ed Arpago, ed altrettanti.

STATIRA

Come è così, prendi la destra.

ORONTE

È giusto:

o me felice.

 

Scena decima

Alinda, e suddetti.

<- Alinda

 

ALINDA

Sì, ma il nodo è ingiusto.  

ORONTE

Quai disastri?

NICENO

Quai casi?

STATIRA

E che pretendi?

ALINDA

Deve Oronte esser mio, me 'l lascia, e intendi.

 

STATIRA

Serena il tetro nubilo,  

che ti conturba l'anima,

godi quel viso amabile,

annodalo al tuo sen:

sulle mie luci stringilo,

con dolci amplessi cingilo,

o l'accarezza almen.

 
(parte Statira, e Niceno)

Statira, Niceno ->

 

Scena undicesima

Alinda, ed Oronte.

 

ORONTE
(verso Statira)

Ferma mio ben; Statira...  

ALINDA

Oronte ferma.

(lo prende per mano)

ORONTE
(verso Statira)

Ascolta.

ALINDA

Senti.

ORONTE

O dio la man porgesti.

ALINDA

E la man ti do in pegno

del mio amor, di mia fé.

ORONTE

(ad Alinda)

Io non parlo con te.

(verso Statira)

Perché fuggi crudel?

ALINDA

Perché mi sprezzi?

ORONTE
(a Statira)

Sei mia sposa, re sono.

ALINDA
(ad Oronte)

Sì son tua sposa, e tu sarai mio re.

ORONTE

Re, e sposo son, ma non parl'io con te.

ALINDA

M'ascolta almen spietato, e s'ancor puoi

sprezzar gli affetti miei,

spezzali, ma infedel, ma ingiusto sei.

ORONTE

Or via, di' pur, e alfin m'assolvi un giorno

dall'importuno tuo negletto amore;

di' pur da me che brami?

ALINDA

Che bramo? No 'l sai forse,

ostinato, crudel, spergiuro amante?

Tu mi chiedi che bramo?

Pensa sol che m'amasti.

ORONTE

Se una volta t'amai o più non t'amo.

ALINDA

Più non m'ami? E la fé che mi giurasti,

la man che mi porgesti? E così sprezzi

un'amante, e regina?

Senti barbaro, senti,

tu non m'ami, io t'adoro;

tu mi fuggi, io ti seguo,

tu m'odi; al letto, al trono io pur ti chiamo:

pensa che promettesti.

ORONTE

Se una volta promisi, or più non t'amo.

ALINDA

Più non m'ami? Vi pensa

e pensa chi tu aborri, e chi tradisci:

ancor per questa volta,

al mio letto, al mio trono io ti richiamo,

pensa che mi giurasti.

ORONTE

Se una volta giurai, or più non t'amo.

 

Se fui contento  

della tua fede,

or più non sento,

d'amor la fiamma,

ch'arda per te:

ad altro oggetto,

di me più degno,

serba il tuo letto,

serba il tuo regno,

e la tua fé.

(parte Oronte)

Oronte ->

 

Scena dodicesima

Alinda sola.

 

 

E ancor amo l'ingrato? Odio me stessa,  

seguo la morte mia, le pene io cerco:

lasciare io lo vorrei,

ma lasciarlo non posso: in questa fiera

tenzon de' miei affetti,

per risolver mi manca opra, ed ingegno:

vorrei partir da questo

rigido ciel, ma ritrovar non posso

per uscirne la via:

oh spietato! Oh Statira! Oh pena ria!

 

Io son quell'augelletto,    

che puro e semplicetto,

ramingo in quel boschetto,

errando se ne va.

Si duol della sua pena,

e cerca di fuggir,

ma invan col suo dolor,

procura al mesto cor,

e pace, e libertà.

(parte Alinda)

S

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Alinda ->

 
 

Scena tredicesima

Camera d'Argene con padiglione.
Argene, e poi Flora.

 Q 

Argene

 

ARGENE

Dario amato, e dove sei,  

vago sol degli occhi miei,

senza te viver non so.

 

<- Flora

FLORA

Dario signora.

ARGENE

Dario ho lieto avviso:

vengane.

FLORA

Io lo trattengo,

finché t'adorni.

ARGENE

No, vengane tosto.

FLORA

Vado, vado.

(parte)

Flora ->

 

ARGENE

Chissà che nel mirarmi,

cos' sconcia, e negletta,

non si muova colui, benché di sasso?

 

Scena quattordicesima

Argene, Dario, e Flora.

<- Dario

 

FLORA
(a Dario)

Vieni, ed affretta il passo.  

DARIO

Umile a te mi prostro.

ARGENE

Misera me; tu qui signor? M'inostra

il rossore le guance.

DARIO

Mi ritiro se il chiedi.

ARGENE
(a Flora)

No no, ma tu non vedi

come sconcia son io?

FLORA

Mi dicesti...

ARGENE

Che dissi?

Tu fai l'error serva mal nata; e ardisci

sciorre ancor la favella?

FLORA

(Oh questa sì ch'è bella.)

ARGENE

Dario sappi che amor già coi tuoi guardi,

fe' piaghe al cor.

DARIO

Dunque Statira accetta

il mio amor, la mia fede?

ARGENE

Un poco aspetta;

sappi ch'io sola...

DARIO

Il so, tu sola puoi,

consolar l'anima mia.

ARGENE

Sì, lo farò se il vuoi.

DARIO

Altro non bramo.

ARGENE

Ma sappi ch'io son quella, oh dio, che...

 

Scena quindicesima

Statira, Niceno, e suddetti.

<- Statira, Niceno

 

STATIRA

Argene...  

ARGENE

(Empia sventura.)

DARIO
(ad Argene)

(La bella, oh dio, d'impietosir procura.)

NICENO
(a Statira)

Sono in stretti discorsi.

ARGENE

Attendi, io vo' servirti,

come appunto il mio affetto,

verso di te, richiede.

STATIRA
(a Niceno)

Son più dubbia che mai della sua fede.

ARGENE
(a Statira)

Troncò la sua presenza,

l'insidie di colui; per me si strugge

e temerario, e audace

biasima i pregi tuoi.

NICENO

(Quanto è sagace!)

DARIO

Ho il cor nel sen tremante.

STATIRA

(a Dario)

O germana fedel.

(a Niceno)

Ma tu il sembiante

osi agli astri innalzar barbaro, iniquo,

macchinator d'inganni,

fabbro di tradimenti:

e che ne dici?

NICENO

Spiritosa.

ARGENE
(a Dario)

Senti.

DARIO
(ad Argene)

Deh non lasciar l'impresa.

ARGENE
(a Dario)

Aro la sabbia.

DARIO

Rinnova i prieghi.

ARGENE

I prieghi istessi?

DARIO

Sì.

ARGENE

Così farò già che tu vuoi così.

NICENO

(Ella è mastra nell'arte.)

ARGENE
(a Statira)

M'impone ch'io ti sgridi,

onde quinci tu parta.

STATIRA
(a Dario)

O scellerato,

vanne tu fra le selve,

al mio aspetto t'invola;

t'ascondi entro gli abissi.

DARIO

Nulla giovano i prieghi.

ARGENE
(a Dario)

Io già te 'l dissi.

DARIO
(a Argene)

Deh rendi al cor la pace,

che m'involasti, o cara.

STATIRA
(ad Argene)

Ei dell'error si pente, ora m'insegna

risposta favorevole e cortese.

ARGENE
(a Statira)

Digli che il dio di Gnido,

non anche il sen t'accese.

STATIRA
(a Niceno)

È buona la risposta?

NICENO

Ottima al certo.

STATIRA

Non anche il dio di Gnido il sen m'accese.

 

DARIO

Dunque solo a poco, a poco  

dovrò struggermi al suo foco,

tu mai

o Statira crudel non arderai?

 

ARGENE

Rispondi che...

STATIRA

Tante risposte, e mai

non si conclude, è tempo

ch'io gli porga la destra.

NICENO

Lo tolga il cielo.

STATIRA

Eh sì.

ARGENE

Fermati: (o stelle!)

NICENO

Doma il folle desio.

STATIRA

Voglio far questa volta a modo mio:

la man Dario mi stringi.

DARIO

O me beato.

ARGENE

(Scioglierò queste nozze,

a dispetto degli uomini, e del fato.)

DARIO

Quanto Argene ti devo!

 

ARGENE

(a Dario)  

Sarà tua la bella sposa,

(a Statira)

quel crudel t'inganna ancora,

(a Niceno)

ma lo sposo vo' per me.

(a Dario)

Godi pur la tua vezzosa

(a Statira)

se ben finge, ei non t'adora,

(a Niceno)

sposo Dario ancor non è.

Argene ->

 

Scena sedicesima

Statira, Dario, e Niceno.

 

DARIO

Dai primi albori al tramontar del giorno  

stringer sempre vorrei

la bella destra, io son già pago, o dèi.

STATIRA

Convien che lasci ancora

la sua parte ad Arpago, e ad Oronte.

DARIO

Che parli?

STATIRA

Questa mano,

ad ambo io già concessi.

DARIO

E così mi deridi? Ambo depressi,

cadan sotto al mio piede,

mete fatali ai fulmi dell'ira,

STATIRA
(a Niceno)

Perché si sdegna? Affé ch'egli delira.

 

Se palpitarti in sen,  

tu senti il cor ancor,

è vano il suo timor,

già sei mio sposo.

Di me non più temer,

se brami di goder,

e non esser almen

così sdegnoso.

(parte Statira)

Statira ->

 

Scena diciassettesima

Dario, e Niceno.

 

DARIO

E così mi lusinghi, e mi schernisci?  

NICENO

Signore all'innocente,

semplice principessa,

dona tutto il rigor delle ire tue.

DARIO

No Niceno, de' folli

ostinati rivali,

che mi voglion rapir la sposa, e il trono,

l'orgoglio io vo' domar; la principessa

se ben semplice ella è, non è ancor stolta.

NICENO

Semplice, e stolta affé ch'io te la giuro.

DARIO

Se tal dunque sedotta,

ella è da miei rivali, e sopra d'essi

sfogherò l'ira mia.

NICENO

(Quasi agitata lampa

ai fiati d'Euro egli nell'ira avvampa.)

 

Non lusinghi il core amante,  

importuna la vendetta,

con lo sdegno, e col furor.

Che mai gode un bel sembiante

col superbo, se l'alletta,

la violenza, ed il rigor.

(parte Niceno)

Niceno ->

 

Scena diciottesima

Dario solo.

 

 

No no chi mi rapisce  

il mio cor, la mia vita,

e questa, e quello pende

così fatta d'altrui fa bella mia,

non vedrò: meglio fia

perderla, che mirarla ad altri in braccio;

se pure alla speranza

loco non resta ancor per lusingarmi;

non avrò la mia sposa,

ma avrò almeno il piacer di vendicarmi.

 

Perderò la bella mia,  

ma tiranna gelosia,

sfortunato non m'avrà:

che alla pace del mio core,

furibondo il mio dolore,

i rivali svenerà.

Dario ->

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Appartamenti d'Argene.

Dario
 
Dario
<- Argene

Dario / Vergine eccelsa

Dario, Argene
<- Flora

Signora / Tosto ci reca un seggio

Argene, Flora
Dario ->

Verrà nelle mie stanze

Flora
Argene ->

Com'è costei bizzarra

Flora
<- Statira

Flora
Statira ->

Ben questo è mal, se non conosce il male

Flora ->

Luogo spazioso ove i Persiani sogliono radunarsi nell'adorazione del sole; padiglione in disparte.

Dario, Oronte, Arpago, Argene, popolo
 
Dario, Oronte e Arpago
Lampa eterna / Eterna face
Dario, Oronte, Arpago, Argene, popolo
<- Oracolo

Quel che la maggior figlia

Dario, Oronte, Arpago, Argene, popolo
Oracolo ->

Oronte, Argene
Dario, Arpago, popolo ->

Oronte
Argene ->

Oronte ->
<- Statira, Niceno

E là sedere io deggio?

Statira, Niceno
<- Arpago

Signora, Arpago io son, quello son'io

Statira, Niceno
Arpago ->
Statira, Niceno
<- Oronte

La principessa ho a fronte

Statira, Niceno, Oronte
<- Alinda

Sì, ma il nodo è ingiusto

Oronte, Alinda
Statira, Niceno ->

Ferma mio ben; Statira

Alinda
Oronte ->

E ancor amo l'ingrato? Odio me stessa

Alinda ->

Camera d'Argene con padiglione.

Argene
 

Dario amato, e dove sei

Argene
<- Flora

Argene
Flora ->

Argene
<- Dario

Vieni, ed affretta il passo

Argene, Dario
<- Statira, Niceno

Argene / Empia sventura

Dario, Statira, Niceno
Argene ->

Dai primi albori al tramontar del giorno

Dario, Niceno
Statira ->

E così mi lusinghi, e mi schernisci?

Dario
Niceno ->

No no chi mi rapisce

Dario ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima
Stanza reale con due letti da riposo. Cortile con baldacchino a parte, ove è posta la statua di Ciro con la corona. Appartamento di Niceno con globi, libri, strumenti chimici, matematici, e da musica. Appartamenti d'Argene. Luogo spazioso ove i Persiani sogliono radunarsi nell'adorazione del sole; padiglione in disparte. Camera d'Argene con padiglione. Cortile con due scale, che conducono alla reggia. Piazza.
Atto primo Atto terzo

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