Atto primo

 

Scena prima

Stanza reale con due letti da riposo.
Statira, ed Argene che stanno appoggiate sopra li suddetti letti dormendo, ed Ombra di Ciro che parla.

 Q 

Statira, Argene, Ombra di Ciro

 

OMBRA DI CIRO

Figlie tergete i lumi, assai di pianto  

in sul rogo versaste: un sospir breve,

un gemito, un singulto

nei casi rei, segno è di mente umana,

ma la doglia ch'eccede, è doglia insana:

io cinto il crin di pura luce, premo

col piè le stelle; or voi

liete del mio goder restate intanto,

e fugga da vostr'occhi il mesto pianto.

(sparisce l'Ombra)

Ombra di Ciro ->

 

Scena seconda

Statira, ed Argene che spaventate si risvegliano, e poi Niceno.

 

STATIRA

Che vidi ohimè!  

ARGENE

Che vidi!

 

<- Niceno

NICENO

Statira; Argene.

STATIRA

O come

giungi opportuno.

NICENO

E che vi turba?

STATIRA

Ascolta:

il padre... Ah per timore

gelan sul labbro i detti.

NICENO

(Cara semplicità quanto m'alletti.)

ARGENE

Il mio sogno io dirò: m'apparse il padre,

in fra le nuvole avvolto,

agile al moto, e luminoso al volto.

STATIRA

Sogno non fu, ma il genitore stesso,

che nella fronte avea

la nota maestà.

NICENO

(Cara semplicità.)

ARGENE

Or c'interpreta il sogno.

NICENO

L'alma rasserenate: il genitore

che dall'orbe terren sciolte ha le penne,

o fra le stelle alberga,

o vicino alle stelle il seggio ottenne.

ARGENE

Dunque il pianto si lasci, e il riso torni.

STATIRA

Né più il sol ne conduca i mesti giorni.

 

ARGENE E STATIRA

Cessi il pianto, e il riso torni  

sulle ciglia a balenar;

nubilosi, e mesti giorni

venga Febo a serenar.

 

Scena terza

Flora damigella confidente delle Principesse, e suddetti.

<- Flora

 

FLORA

Dario introdotto  

essere a voi ricerca.

STATIRA

Egli ne venga.

ARGENE

Al nobil perso è giusto

non si neghi l'ingresso.

FLORA

A voi lo scorgo adesso.

(parte Flora)

Flora ->

 

NICENO

Restate, e da qui innante

non sì facili aprite

le soglie altrui, che spesso

ov'è fama che alberghi

un'intatta bellezza, e peregrina

vanno a stuolo gli amanti ala rapina.

STATIRA

Nasconderò le gemme.

NICENO

Sono intenti sol questi

a depredar gli affetti.

(Cara semplicità quanto m'alletti.)

(parte Niceno)

Niceno ->

 

Scena quarta

Dario, Statira, Argene, e Flora.

<- Dario, Flora

 

DARIO
(a Statira)

Di Ciro il gran monarca  

all'erede maggior Dario s'inchina.

ARGENE

(Che sembianza divina!)

DARIO
(ad Argene)

E te pur anco onoro,

che dell'inclita stirpe

vanti i pregi fecondi...

 
(Statira rimane astratta, ed Argene la scuote)
 

ARGENE

Non parli?

STATIRA

A chi?

ARGENE

Non vedi?

STATIRA

Eh tu rispondi.

ARGENE

Il tuo nobile aspetto, o perso illustre

nell'avversa fortuna,

di recarci conforto ebbe possanza.

(M'infiamma il sen quella gentil possanza.)

DARIO

Carco di spoglie, e di trionfi onusto,

con gli alti dèi superni,

già Ciro alberga; io stringer spero intanto

(benché Arpago, ed Oronte a me il contenda)

il glorioso scettro, e se no 'l sdegni

te per consorte eleggo,

dell'impero, e del letto.

ARGENE

(Qual geloso martir mi punge il petto.)

STATIRA

(Che mai vuol dir?) Per me rispondi Argene.

(parte Statira)

Statira ->

 

FLORA

(O pazzia da catene.)

DARIO

E perché s'allontana?

ARGENE

Le sue veci io sostegno.

DARIO

Corre lunga stagion che a doppi rai

della sua fronte avvampo.

ARGENE

(Soffri, e taci cor mio.)

DARIO

E ben più volte

io di note amorose i fogli ho sparsi,

e in un coi fogli lagrime, e sospiri.

ARGENE

Ma già ch'elle non t'ama,

a che soffrir sì inutili martiri?

DARIO

Deh, s'egli è ver che punga

stimolo di pietà l'anime grandi,

tu che lo puoi, per me t'adopra.

ARGENE

(O dio...)

Adoperommi. (O quanto

vezzoso è agli occhi miei

per me se mai potessi, io lo vorrei.)

 

DARIO

Sarà dono del tuo amore    

il piacer dell'amor mio,

se contento un dì sarò.

Tu consola amante un core

s'ami grato al tuo desio,

qualche bel che ti piagò.

(parte Dario)

S

Sfondo schermo () ()

Dario ->

 

Scena quinta

Argene, e Flora.

 

ARGENE

(Languire o dio mi sento.)  

FLORA

Degno è colui di scettro.

ARGENE

Ha presenza reale.

FLORA

Il ciglio ha grave.

ARGENE

La maniera soave. (E l'alma mia

la sa ben quale sia.)

FLORA

Leggiadro ha il volto, e vago il portamento.

ARGENE

(Languire, o dio, mi sento.)

FLORA

(Ella di Dario è accesa.)

ARGENE

Avrà Dario Statira?

Statira de' vassalli

reggerà le fortune? Ed io negletta

soggiacerò all'impero

d'una sciocca reina? Ah non sia vero.

FLORA

(Che macchina di strano?)

ARGENE

(Purché sul trono io splenda

purché a Dario m'annodi

tradirò la germana

offenderò le leggi

di natura, e del ciel.) Seguimi Flora,

che a parte del mio core oggi ti voglio.

FLORA

(Prevedo un bello imbroglio.)

 

ARGENE

D'un bel viso in un momento,    

si fe' il core prigionier:

so che il laccio dà tormento,

ma non è senza piacer.

(parte Argene)

S

Argene ->

 

Scena sesta

Mentre Flora vuol seguire Argene, è fermata da Statira che sopraggiunge.

<- Statira

 

STATIRA

Flora.  

FLORA

Signora.

STATIRA

Udisti,

FLORA

E che?

STATIRA

Dario mi scelse

e del letto consorte, e dell'impero.

FLORA

Intesi.

STATIRA

Ora mi spiega il suo pensiero.

FLORA

(Quanto è sciocca costei.) Dario desia

che sposa tu gli sia.

STATIRA

Sposa bene. Ma dimmi, e qual di sposa

sia l'opra onesta, e degna?

FLORA

La modestia l'insegna.

STATIRA

No no saper vogl'io,

ciò che il real consorte

da me pretenderà.

FLORA

Egli poi te 'l dirà.

STATIRA

Dalle tue labbra io pendo.

FLORA

Pretenderà che del real diadema

sempre adorna ti rendi.

STATIRA

E a che fare?

FLORA

Perché nei tuoi vassalli

imprima il volto tuo

amoroso rispetto.

STATIRA

Che più?

FLORA

Che a fidi servi

doni, e grazie dispensi.

STATIRA

Tanto adoprarmi io deggio? Or segui.

FLORA

In fine

scambievole nel resto amor ci vuole,

onde abbian poi due cori un sol volere.

STATIRA

Basta, ancorché non bene

intendo il tuo parlar, pure in appresso

spero che il capirò.

FLORA

(Quanto semplice è questa io dir no 'l so.)

 

STATIRA

In petto ho un certo affanno,  

che va togliendo al cor

la cara pace.

Se questo è forse inganno

del traditor d'amor

quanto mi spiace.

(parte Statira)

Statira ->

 

Scena settima

Flora sola.

 

 

Seguire Argene io devo,  

ma costei mi trattien con questo suo

semplicetto parlar; ma pure alfine

in giovane donzella

ch'amor non anche intende,

questa semplicità bella si rende.

 

Arma il cor di bel coraggio  

quella semplice donzella,

che seguire amor non sa;

che d'amor chi adora il raggio,

perde pace, e libertà.

(parte Flora)

Flora ->

 
 

Scena ottava

Cortile con baldacchino a parte, ove è posta la statua di Ciro con la corona.
Arpago seguìto dalle Milizie.

 Q 

(nessuno)

<- Arpago, milizie

 

ARPAGO

Udite, o persi: a me s'è dato in sorte  

d'esser sposo a Statira,

avran da me le schiere

doni frequenti: il volgo

abbondante la messe; e ognun sicuro

l'ozio, e il riposo; io così affermo, e giuro:

ma di Dario già estinto

non è questa l'effigie, e il gran diadema?

Ah sì ch'egli è; già già lo prendo, e intorno

a queste tempie il pongo...

 
(prende il diadema, e va per porselo in testa, ma Oronte sopraggiunge, e ce lo toglie)
 

Scena nona

Oronte assistito dalla Plebe, e suddetto.

<- Oronte, plebe

 

ORONTE

Olà che fai?  

Per sostener di Ciro

l'imperial diadema,

troppo fiacca è d'Arpago

la temeraria fronte.

ARPAGO

E tanto ardisce Oronte.

ORONTE

A me che d'alto ceppo

nacqui agli onori, a me coprir si denno

gli omeri d'ostro, e inghirlandar le chiome

del fulgido diadema.

ARPAGO

Agl'inutili vanti

risponda quest'acciar, che spesso suole

della temerità farsi castigo.

ORONTE

Alle stolte minacce, il mio risponda,

ch'ha per solo costume

di non curarle.

ARPAGO

Dunque

senza far più dimora il brando impugna

che franco io qui t'aspetto.

ORONTE

Eccomi pronto, e il grande invito accetto.

 
(qui si battono, e la milizia da una parte, e la plebe dall'altra cominciano il combattimento)
 

Scena decima

Dario sopravviene, e s'interpone fra Oronte ed Arpago.

<- Dario

 

DARIO

Guerrieri, ah deh cessate  

con le ingiuste discordie e perigliose,

alla patria dolente,

accrescer nel suo duol dolor maggiore:

perché mai voi crudeli,

spargete il civil sangue? A miglior uopo

suvvia serbate il brando, e a più bell'opre

fia che il vostro coraggio ora s'adopre.

ORONTE

Purché si regni il tutto lice.

ARPAGO

Al soglio,

purché giunger si possa,

ogni colpa è virtù.

DARIO

L'armi posate,

e ceda il furor vostro alla pietate.

ORONTE

A me si dée lo scettro.

ARPAGO

Con più giusta ragione io lo pretendo.

DARIO

Ed io tra voi pur anche

circondato da satrapi maggiori,

aspiro agli alti onori.

ORONTE

Dunque il ferro decida.

DARIO

Ah sia ben giusto

che dei persi innocenti

il sangue si risparmi.

ARPAGO

Sta la ragion nell'armi.

DARIO

Ardan vittime al sole,

e dal ciel si principi; indi colui

che la figlia maggior di Ciro estinto

in sposa aver sia degno,

abbia per dote il regno.

ARPAGO

Io no 'l dissento.

DARIO

A piè del trono

si deponga la spada; all'alta imago

si giuri il patto, e in amistà congiunti

stabile sia la pace.

ORONTE E ARPAGO

Eccoci pronti.

 
(lasciano le spade a piede della statua di Ciro, e si danno le mani per segno di giuramento)

milizie, plebe ->

 

ARPAGO

Cinto il crin di verde alloro,  

mi vedrà la nuova aurora,

tra le porpore a regnar.

Ed in braccio al ben che adoro,

tutto lieto a riposar.

(parte Arpago)

Arpago ->

 

Scena undicesima

Oronte, e Dario.

 

DARIO

Quanto costui s'inganna; egli non merta  

che tra reali piume,

splenda sopra il suo crin di rege il lume.

 

Chi vantar può il suo valore,  

prova fa di sua viltà;

io che temo un tal rossore,

spero sol che regio amore,

sopra il tron mi guiderà.

(parte Dario)

Dario ->

 

Scena dodicesima

Oronte, e poi Alinda.

 

ORONTE

Stolte pretese mie; mia  

Statira diverrà: Dario, ed Arpago,

nella falsa lor spene

delusi rimarran: ma Alinda viene,

l'importuna si fugga.

 
(va per partire, e vien trattenuto da Alinda)

<- Alinda

 

ALINDA

Aspetta.

ORONTE

Io deggio

partir, mi lascia.

ALINDA

Oh dio.

ORONTE

Di' pur che chiedi?

ALINDA

Che ti chieggo sleale? E ancor non temi

da rimproveri miei sentirti in volto

un vil rossor? Tradita,

da te sì abbandonata

real donzella a chi tu fé giurasti;

che da Media ti segue, e qui ti giunge

per vederti pentito; e ancor mi chiedi

che dir ti deggio?

ORONTE

Intendo:

se un tempo io t'adorai, novello ardore

ora accende il mio core.

ALINDA

Lo spergiuro tuo labbro

sì franco espone il tradimento indegno?

ORONTE

Se tradisco il tuo amor, n'è colpa un regno.

 

Lasciami in pace,  

non tormentarmi,

con la tua fede,

che invan mi chiede,

costante il cor:

non so che farmi,

sol per un regno,

ti sembro indegno,

son mancator.

(parte Oronte)

Oronte ->

 

Scena tredicesima

Alinda sola.

 

 

Così mi sprezza il traditor? Nemmeno  

un'ombra di pietà, di fé, d'amore

per me risente? Ed io lo soffro? E deve

de' Medi la regnante un sì gran torto

tacer senza vendetta? Ah no, si corra...

Ma che, ti ferma, o cor: le sante leggi

che l'onestà prescrive,

tal vendetta non vonno;

ad Argene l'amica

qui per soccorso io venni; ella me 'l dia.

Povero sesso, o quanto grave è a noi,

quanto aspra a' nostri amori è la virtude,

leggi dell'onestà siete pur crude.

 

Se si potesse amar  

col solo sospirar,

saria pur dolce amor:

ma quel ch'è gran martir,

è quel dover soffrir,

per riserbar l'onor.

(parte Alinda)

Alinda ->

 
 

Scena quattordicesima

Appartamento di Niceno con globi, libri, strumenti chimici, matematici, e da musica.
Niceno solo a sedere avanti un tavolino facendo vista di star componendo una cantata con violoncello.

 Q 

Niceno, Statira

 

NICENO

Nell'alme nostre e che non puote amore?  

Io che le notti intere

arsi, e gelai sulle più dotte carte

ora servo d'amor deggio in Statira

soffrir, senza scoprirlo il mio destino:

ahi quante volte, e quante

dell'interno mio ardore

l'occulta fiamma in dolci carmi espressa

ad armoniche note

fidai, per far palese il mio tormento,

allor che vien sovente

per diletto del canto a me la bella;

ma frenommi timor d'amor nemico,

e sol mi resta ancora

l'infelice contento

di riandar i miei casi, e i mali miei,

questo solo è il piacer d'occulto amore,

ridir la pena, e aggiunger pena al core,

ma se l'ardere è amor, tacer dovere

col fomento del suon goda il pensiere.

(qui suona)

 

STATIRA

Niceno al suon, lo vo' seguir col canto.

(si ritira)

Godi pur de' tuoi diletti,

ch'anch'io godo al tuo goder...

NICENO

Statira! Ahi cara voce.

STATIRA

Il mio cor quanto tu alletti,

con l'incanto del piacer.

Segui Niceno.

NICENO

Principessa, ahi vista;

STATIRA

Segui, non ti turbar, ch'io pur se 'l vuoi

muoverò il labbro al canto.

NICENO

(È questo il tempo

di far noto il mio amor coi canti miei.)

Se t'aggrada ubbidisco;

queste armoniche note or dunque prendi

e attenta i sensi espressi osserva, e intendi.

 
(cantata)
 

STATIRA

Ardo tacito amante, e il foco mio  

celar non posso, e palesar non oso:

dell'ascosa mia fiamma

raggio non spunta, e non traspar favilla,

con guardinga pupilla,

con tacito labbro,

opprimo il foco, e lo rimando al core;

misero che farà!

Pianger per chi no 'l crede,

penar per chi no 'l sa.

Doglia maggior di questa amor non ha.

S

 

L'adorar beltà che piace,  

e celar del cor la face,

è il maggior d'ogni martir:

chi non scopre il suo tormento,

nel suo duol vive contento,

e non merta di gioir.

 

STATIRA

Così dicea... Ma chi dicea così?  

NICENO

Il misero mio cor.

STATIRA

Che forse il core

parlar può senza labbro?

NICENO

(O qual gran pena

è amar chi non intende.)

STATIRA

Ma tu che d'uom sì saggio

già il gran vanto ottenesti,

spiegami se felice oppure infausta

è la sorte di sposa?

NICENO

(Che fronte luminosa!)

STATIRA

Or via caro Niceno,

parla.

NICENO

(Son privo affatto

di norma, e di consiglio.)

STATIRA

Accostati.

NICENO

(O periglio!)

STATIRA

Rompi il silenzio, parla.

NICENO

Ascolta:

quella tua viva, e vezzosetta rosa,

di cui compose amore il tuo bel labbro.

(O bocca!)

STATIRA

Segui.

NICENO

Quell'occhio tuo sì arciero,

che col suo nero ha forza

d'aggiunger lume al sole. (O cari lumi.)

STATIRA

Non t'arrestar.

NICENO

Quel seno

che di gigli, e di rose. (Io vengo meno.)

STATIRA

Che di gigli, e di rose, e poi che più?

NICENO

Or senti: quel bel labbro,

quell'occhio, e quel bel sen sì colorito,

non saranno più tuoi, ma del marito.

STATIRA

Adesso lo comprendo;

Dario sposa mi brama

per tormi ciò ch'è mio,

ma sono accorta la mia parte anch'io:

or tu caro Niceno,

abbandona gli studi,

ch'io per custode ognor ti voglio al fianco.

NICENO

La tua voce è un incanto,

che può trarmi a sua voglia ove desia.

(Sei tu fragile ancor filosofia.)

 

STATIRA

L'occhio, il labbro, il seno, il core,  

se rapir mi vuol lo sposo,

è un amante traditore,

né lo sposo fa per me.

Non può tormi il mio riposo,

né costanza,

né speranza

o d'amore, o di mercé.

(parte Statira)

Statira ->

 

Scena quindicesima

Niceno, ed Argene.

<- Argene

 

ARGENE

Niceno, io qui ne vengo  

per dirti un mio pensier.

NICENO

Tue voci attendo.

ARGENE

Dopo Statira alle grandezze io nacqui:

ma stella assai più chiara

il mio genio illustrò; quindi risolvo

rapire alla germana

le ragion prime, e fra gli allori, e l'armi

con Dario unita al real trono alzarmi.

NICENO

Illustre è il bel desio.

ARGENE

Tu che fedel mi sei

meco la frode inventa, ed alla suora

esponendo rapporta

che seco Dario finge, e che infelici

son d'Imeneo le tede;

ma ricerco da te silenzio, e fede.

NICENO

Sarò de' cenni tuoi

non lento esecutore. (All'ardor mio

questo nuocer non può.)

ARGENE

Gran don t'aspetta,

se dar potrai soccorso al bel desio.

 

Affetti del cor mio non vi condanno,  

se mi volete rea, ma rea d'amore,

al regno, ed all'amor serva un inganno,

se son regno, ed amor pace del core,

l'affetto che del cor si fa tiranno,

assolve dal rimorso il traditore,

se in trono un caro sposo amor si gode,

lascia d'esser delitto ancor la frode.

(parte Argene)

Argene ->

 

Scena sedicesima

Niceno solo.

 

 

L'ambizion d'Argene, e di Statira  

il semplice trattar, esser ben ponno

non inutil soccorso a quel pensiero

che l'intimo del cor va consumando.

 

Quale all'onte  

da venti sul monte,

debil pianta agitata si mira,

tal s'aggira

quest'alma nel seno:

la speranza s'avviva, l'innalza,

ma il timore che a terra m'incalza

non mi lascia godere il sereno.

 

Niceno ->

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Stanza reale con due letti da riposo.

Statira, Argene, Ombra di Ciro
 

(Statira ed Argene che stanno dormendo)

Figlie tergete i lumi, assai di pianto

Statira, Argene
Ombra di Ciro ->

(Statira ed Argene spaventate si risvegliano)

Che vidi ohimè! / Che vidi!

Statira, Argene
<- Niceno

Statira, Argene, Niceno
<- Flora

Dario introdotto

Statira, Argene, Niceno
Flora ->

Statira, Argene
Niceno ->
Statira, Argene
<- Dario, Flora

Di Ciro il gran monarca

Argene, Dario, Flora
Statira ->

Argene, Flora
Dario ->

Languire o dio mi sento

Flora
Argene ->
Flora
<- Statira

Flora / Signora / Udisti

Flora
Statira ->

Seguire Argene io devo

Flora ->

Cortile con baldacchino a parte, ove è posta la statua di Ciro con la corona.

 
<- Arpago, milizie

Udite, o persi: a me s'è dato in sorte

Arpago, milizie
<- Oronte, plebe

Olà che fai?

(qui si battono la milizia e la plebe)

Arpago, milizie, Oronte, plebe
<- Dario

Guerrieri, ah deh cessate

Arpago, Oronte, Dario
milizie, plebe ->
Oronte, Dario
Arpago ->

Quanto costui s'inganna; egli non merta

Oronte
Dario ->

Stolte pretese mie; mia

Oronte
<- Alinda

Alinda
Oronte ->

Così mi sprezza il traditor? Nemmeno

Alinda ->

Appartamento di Niceno con globi, libri, strumenti chimici, matematici, e da musica.

Niceno, Statira
 

Nell'alme nostre e che non puote amore?

Così dicea... Ma chi dicea così?

Niceno
Statira ->
Niceno
<- Argene

Niceno, io qui ne vengo

Niceno
Argene ->

L'ambizion d'Argene, e di Statira

Niceno ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima
Stanza reale con due letti da riposo. Cortile con baldacchino a parte, ove è posta la statua di Ciro con la corona. Appartamento di Niceno con globi, libri, strumenti chimici, matematici, e da musica. Appartamenti d'Argene. Luogo spazioso ove i Persiani sogliono radunarsi nell'adorazione del sole; padiglione in disparte. Camera d'Argene con padiglione. Cortile con due scale, che conducono alla reggia. Piazza.
Atto secondo Atto terzo

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