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La torre della Vergine. | ||
Interno della torre. Ottagono. Nel lato obliquo a sinistra un alto e vasto verone spalancato sul vuoto del cielo. Alla destra in fondo una rampa discende, fora il pavimento, indica essere ivi l'unico egresso della torre. Le muraglie sono annerite dal tempo e spoglie. Nel mezzo della scena è un giaciglio coperto da una pelle di leopardo. Poco discosto sta un vasto tavolo, sul tavolo una face accesa, una clessidra, una conca marina formata in guisa di portavoce. Accanto al tavolo un sedile sul quale Ero siede, immobilizzata nella osservazione della clessidra. Notte. Un raggio di luna incerto penetra or sì or no dal verone. Il vento porta le voci lontane dal mare. | ||
Scena prima |
Ero sola. |
Ero |
Coro interno e lontano di Marinai. | ||
CORO |
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UNA VOCE DAL MARE |
Risplendon di fosforo i flutti del Bosforo. | |
MARINAI |
Già palpita e anela per estasi il cor; la luna si vela, la luna si svela, son l'arche veliere al vento leggere; la nave ha la vela e il cuore ha l'amor. | |
LA VOCE DAL MARE |
Risplendon di fosforo i flutti del Bosforo. | |
(tutto rientra nel silenzio) | ||
ERO |
che la fortuna muta ad ora ad ora, l'aurora della luna ti dia pace per questa notte. ~ Tace il buio mondo. Si toglie un fiore dal seno. E te che ascondo nel sacro meandro de' seni e porti di Leandro il nome, fior di soave arome egli ti scelse, per me ti svelse dai rami felici. Nuove radici or pianta nel mio cuore tenero fiore. | |
UNA VOCE LONTANA DAL MARE |
La luna s'asconde schivate le sponde. | |
ERO |
(meditabonda) Torna talora a scuotermi un beato profumo del passato. Allora io penso e un canto immenso vibra, e l'alma ascolta. Quand'ei la prima volta qui m'apparve col passo delle larve (e aveva le stille nelle pupille a carità suàdi) mi disse: «Sette stadi d'alto mare mi vietan baciare il tuo bel viso, ma in cuore ho fiso di varcarli, solo che m'asseconde e il volo fra le spume diriga un lume dalla torre. Ah! spento non sia dal vento, colla dolce palma tu lo ripara, come fosse l'alma di chi t'adora.» O notti! o rimembranze! o sorrisi! o speranze. | |
UNA VOCE DAL MARE |
(lontanissima e prolungata) C'è un nuvolo nero sull'isola Eubea. | |
ALTRA VOCE |
(meno lontana) All'erta nocchiero che vien la marea. | |
ERO |
(sempre assorta nelle sue memorie) E fur compiute poi le dolci nozze. Ma il segreto connubio alcun poeta non inneggiò, né s'allegrò per teda la stanza marital né per ghirlanda, non cantò gl'imenei la veneranda madre, né il genitor, ma nel silenzio dell'ore elette a celebrar gli amplessi fur pronube le tenebre. L'Aurora mai non vide apparir sovra le piume l'amoroso consorte, egli spirante le notturne carezze il mar risolca, pria che lo colga insidioso il giorno, colle ondivaghe membra a se medesmo nauta, remige e nave. | |
UNA VOCE DAL MARE |
(lontanissima) S'intorbida l'Orto tornate nel porto. | |
ERO |
(va al verone) Ombra! Notte! Mister! Deserto è il mare. Ha i suoi confini il mar, non ha confini il desiderio mio! Cocente spira oggi il vento dell'amor. Cade una stella! È il mio Leandro che si getta in mare! Ecco... io lo scerno già coll'acuita pupilla del pensier... al lido ei move. O visïon! dalle amorose membra con ambedue le man si tragge il manto e al capo il si ravvolge e dalla sponda si spinge in mezzo ai flutti. Oh quella stella mi presagiva il ver. (guarda la clessidra, piglia la face e torna al verone) Consunta è l'ora. Venga la face ardo pur io con essa. Splendi, splendi! Erma facella all'occulto nuotator, come faro, come stella, sull'oceano dell'amor. | |
Splendi, splendi! erma facella all'occulto nuotator, come faro, come stella, sull'Oceano dell'amor. Splendi, splendi! e nelle amare spume versi ambrosia il ciel, e diventi dolce il mare dove passa il mio fedel. Splendi, splendi! o ninfe o amori ingigliate il suo cammin, fate inciampo sol di fiori a quell'omero divin. Splendi, splendi! e se ai marini solchi anelo e lasso ei vien, bianchi cigni e bei delfini reggan l'umido suo sen. | ||
La luna si scioglie dalle nubi. | ||
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È desso! è desso! te beata o luna perché frangi le nuvole e rischiari il vago eroe nell'onde. È desso, è desso! coll'altera cervice arditamente ei signoreggia il fluttuar del mare. Le palme or giunge a modo di preghiera, or le stacca rubesto. Ahimè! gli scogli ecco... egli affronta... Ahimè! L'esizio estremo pende su lui... Marea! marea! marea! Tempra l'orgoglio de' culminei fiotti! Ah! tu non sai qual fior d'amore ondeggi sulla tua furia... egli è là... fra la rupe e una terribil onda... ecco... ei la sfida coll'ardire d'un dio. Numi! Egli salvo! preme col piè la terra e si precinge col purpureo suo manto... della rocca già corre alla scalata... (a Leandro parlandogli dal verone con voce ansiosa) O sposo! sposo! Studia il passo, mio ben... La luna fugge, tenta con cauto piede ogni macigno... All'edera t'appiglia... ah! non cadere!... Non cader nell'abisso... un passo ancora... Mio Leandro! Leandro! | |
Scena seconda |
Ero e Leandro. |
<- Leandro |
LEANDRO |
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(lungo silenzio, lungo amplesso) | ||
ERO |
Leandro! | |
LEANDRO |
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ERO |
O deïforme! olimpico! Bello siccome un nume, m'appari e t'arde il lume del genio e dell'amor. Pende la dolce sposa di tue parole al balsamo e se il tuo labbro posa ode il silenzio ancor. | |
ERO E LEANDRO Avvinti come gemine colonne dorïensi, cinti dai lacci immensi d'un fascino immortal, vieni, insertiam le palme, vien, confondiamo i palpiti, vien, congiuriamo l'alme nell'aura sideral. | ||
(lungo silenzio) | ||
ERO |
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LEANDRO |
O sposa! O sposa! | |
ERO |
(sedendo sulla pelle di leopardo) Come l'onde azzurre confondon per amor davanti ad Illio Simoènta e Scamandro e tu confondi il tuo spiro col mio... | |
LEANDRO |
Ero! | |
ERO |
Leandro! (guardando la clessidra) L'ora passa. | |
LEANDRO |
T'inganni. Alle amorose vigilie norma non impone il tempo, e un solo bacio è un'olimpiade intera. M'ami? | |
ERO |
Se t'amo? e tu? m'ami? La face emana visïoni. Intorno è l'aura (fissando la torcia) agitata d'incanti... io qui vorrei svanir così... sotto i tuoi baci... come il sospir d'una cetra. Ah! dolce cosa saria la morte... | |
LEANDRO |
(sorgendo) Tu morir?... fuggire, fuggir piuttosto. Ascolta, assai fidammo nel notturno mister; il tuo periglio, sposa, pavento. A più securo porto, a più serena piaggia, a più tranquilla solitudine andiam. In mar domani recherò una barchetta e salperemo per ignoto orizzonte, innamorati navigatori colle vele al vento. | |
ERO E LEANDRO Andrem sovra i flutti profondi, in traccia dei ceruli mondi sognati dal nostro pensier, in traccia d'un rorido nido, in traccia d'un florido lido ignoto a mortale nocchier. Andrem dove nasce l'aurora, andrem dove il mare s'indora dei vaghi riflessi del sol, coi baci sul labro, col riso nel core, coll'estasi in viso, avvinti in un placido vol. | ||
Scoppia un tuono spaventoso. Per un istante Leandro ed Ero scossi dall'estasi rimangono muti di sorpresa e d'orrore. Lampeggia, tuona, l'uragano si fa terribilmente violento. | ||
LEANDRO |
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ERO |
Precipizio! Morte! Egìoco Giove adunator de' nembi, folgorante! Tuonante! aita! aita! Siam perduti!... Leandro, ah! mi sorreggi; dar lo squillo io dovrei delle tempeste con quella tuba al mar... per evocare i sacerdoti... ed Ariofarne... al rito della scongiura... qui... dove noi siamo... M'intendi tu?... dove noi siam... né fuga né salvezza oramai, né nascondiglio havvi per te... | |
LEANDRO |
(risoluto) Tu da' fiato alla tromba io mi getto nel mar. | |
ERO |
Ah! Folle! guata! (lo conduce con tragica veemenza al verone) Già i fiotti immani flagellan la torre! | |
La bufera diventa sempre più terribile, scoppiano i fulmini e solcano il tratto di cielo che si vede dal verone. Le figure dei due amanti sono ad ogni momento illuminate da vivissimi lampi. | ||
LEANDRO |
Ero mia... no... non tremare, ti prosterna al sacro orror. Vedi è il ciel che stringe il mare nel delirio dell'amor. | |
ERO |
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LEANDRO |
Vieni e in mezzo alla ruina fortunal che ha il mar travolto, beami ancora, Ero divina, col fulgor del tuo bel volto. Mentre il tuon ripete al tuono il titanico richiamo, sul tuo cuore io m'abbandono e ripeto: Io t'amo! | |
ERO |
Io t'amo! | |
S'ode da sotto il palcoscenico la fanfara sacra d'Ariofarne, indi mano mano che la scena incalza s'udrà il seguente Coro salire e avvicinarsi. | ||
CORO |
Cospargiamo di magico farro l'onda irata del turgido mar, e sia freno, sia diga, sia sbarro che ti possa, o Nettuno, placar. | |
ERO |
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LEANDRO |
Sposa mia! tu tremi? | |
ERO |
(origliando) Taci... taci... | |
LEANDRO |
Che origli tu? | |
ERO |
(con un grido di disperato spavento) Le trombe d'Ariofarne! | |
LEANDRO |
Nulla ascolto. | |
ERO |
Sì... Sì... Lo squillo... Io l'odo fra i fulmini... fra i venti... io non m'inganno... | |
LEANDRO |
È la bufera. | |
ERO |
È Ariofarne! è Ariofarne! S'otturano… le fauci... ascende... ascende... | |
(la fanfara sempre più vicina; Ero al colmo dello spavento) | ||
ERO |
Sempre più... verso noi... è maledetto chi un giuro infrange... O mio Leandro... fuggi... no... non fuggir... là... l'uragano... resta è qua… Ariofarne... là l'idra... qua... il mostro... m'affoga il cuor... ahimè... mi si disciolglie il vigor de' ginocchi... | |
LEANDRO |
O sposa... sposa... (si prostra ad Ero caduta) Un baleno di forza in te ritorni, al suol t'imploro... qui restar non debbo, la tua morte io sarei, quel veglio orrendo lapiderebbe, o ciel! tue dolci membra! Ah! meglio fora ch'io mi scagli in mare come una pietra del destin lanciata. (balza in piedi per andare al verone) | |
ERO |
(aggrappandosi al collo di Leandro) Leandro no! | |
LEANDRO |
Mi lascia. (tenta svincolarsi) | |
ERO |
Ha l'uragano sete di sangue! Resta. | |
LEANDRO |
Io vo' salvarti. Già s'avvicinan le tartaree trombe. | |
(la fanfara sempre più vicina) | ||
ERO |
Pietà! pietà! pietà! | |
LEANDRO |
(con affettuosa violenza si scioglie) Forse domani fuggiremo al seren. Addio. | |
ERO |
(sfinita) Leandro deh! non perir. Ti salva. | |
LEANDRO |
(con un piede sul verone) Addio. | |
ERO |
Ti salva! | |
LEANDRO |
(spicca il salto; scoppia un fulmine) L'amore è forte più della morte! | |
Leandro -> | ||
Scena terza |
Ero, Ariofarne, Cori. |
<- Ariofarne, fanfara, pirofori, sacerdoti |
Ero balza da terra e con impeto irragionato corre alla face per portarla al verone, ma già apparisce alla rampa Ariofarne. Lo segue la fanfara. Pirofori, sacerdoti colle are, colle torce. La face d'Ero le cade dalle mani e rimane a terra spenta e fumante. | ||
(questa scongiura sarà cantata dal Coro rivolto verso il verone e prostrato mentre Ariofarne sparge il farro sul mare; l'uragano è sempre violento; ma non lampeggia; Ero immobile) | ||
CORO E ARIOFARNE |
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ERO |
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ARIOFARNE |
(fissandola tenacemente) Ero. La tromba non udii risonar delle tempeste; e perché non l'udii? sai che fatale tal colpa esser potrebbe? o giovanetta esploratrice nei sogni smarrita. Nulla rispondi? Quella face a terra perché? perché trepida tanto? forse (incalzando le domande e scrutandola) che paventi del tuon? Perché al verone guizza il tuo sguardo? e questo fiore al suolo qual tortore fedele ti ha portato su questa rocca, ove i leandri indarno vorrebbero allignar? Rispondi! | |
ERO |
(Giove un baleno m'invia che m'assecuri ch'egli è salvo.) (guardando il verone da dove s'è gettato Leandro) | |
ARIOFARNE |
(la afferra e la conduce più presso al verone) Nel buio tu sogguardi? Sta ben, fanciulla, lo esploriamo insieme. (terribilmente) Perché tremi in mia man? vergine? | |
ERO |
(Un lampo!) | |
(brillano parecchi lampi uno dopo l'altro e illuminano tutto il mare) | ||
ARIOFARNE |
(con immensa e feroce gioia accennando qualcosa in mare) Eccolo! | |
ERO |
(cade) Ah! | |
ARIOFARNE |
Morto! sovra il duro scoglio cadavere percosso e sanguinante. (guarda Ero distesa al suolo) Ella è svenuta. All'alba, o sacerdoti, adunerete i cumuli. Costei il suo giuro tradiva. V'apprestate a seppellir sott'i macigni e i sassi il vivo corpo e il sacrilegio d'Ero. Ell'è svenuta. (s'avvina ad Ero, la tocca) Ah! un fulmine mi colga! Vendicato non son! È salva!... È morta!... | |
Scoppio di fulmini, il muro del fondo dirocca, attraverso quello squarcio si vede il mare repentinamente calmo e sul mare illuminato dalla luna, in mezzo a un nimbo iridescente, appariscono Ero e Leandro immortali, circondati da nereidi, da uranie, da amori. Il Coro si prostra. Ariofarne ancora chino sulla salma d'Ero, vede la glorificazione dei due amanti e atterrito si nasconde il volto. | ||
CORO INTERNO | ||
Cala la tela. | ||
Interno della torre della vergine; ottagono; nel lato obliquo a sinistra un alto e vasto verone spalancato sul vuoto del cielo; alla destra in fondo una rampa discende, fora il pavimento, indica essere ivi l'unico egresso della torre; le muraglie sono annerite dal tempo e spoglie; nel mezzo della scena è un giaciglio coperto da una pelle di leopardo; poco discosto sta un vasto tavolo, sul tavolo una face accesa, una clessidra, una conca marina formata in guisa di portavoce; accanto al tavolo un sedile; notte; un raggio di luna incerto penetra dal verone.
È desso! è desso! te beata o luna
Vieni al giaciglio e la stanchezza molci
(scoppia un tuono spaventoso; lampeggia, tuona, l'uragano si fa terribilmente violento)
Un uragano! / Precipizio! Morte!
(la bufera diventa sempre più terribile)
Ah! / Sposa mia! tu tremi? / Taci... taci...
Ah! Forse è un immortale! / Ero. La tromba
(brillano parecchi lampi che illuminano il mare)
(scoppio di fulmini, il muro del fondo dirocca, attraverso quello squarcio si vede il mare repentinamente calmo e sul mare illuminato dalla luna, in mezzo a un nimbo iridescente, appariscono Ero e Leandro circondati da nereidi, uranie e amori)