Atto terzo

 

Immagine d'epoca ()

La torre della Vergine.

 Q 

 
Interno della torre. Ottagono. Nel lato obliquo a sinistra un alto e vasto verone spalancato sul vuoto del cielo. Alla destra in fondo una rampa discende, fora il pavimento, indica essere ivi l'unico egresso della torre. Le muraglie sono annerite dal tempo e spoglie. Nel mezzo della scena è un giaciglio coperto da una pelle di leopardo. Poco discosto sta un vasto tavolo, sul tavolo una face accesa, una clessidra, una conca marina formata in guisa di portavoce. Accanto al tavolo un sedile sul quale Ero siede, immobilizzata nella osservazione della clessidra. Notte. Un raggio di luna incerto penetra or sì or no dal verone. Il vento porta le voci lontane dal mare.
 

Scena prima

Ero sola.

Ero

 
Coro interno e lontano di Marinai.
 

CORO

La notte diffonde  

gl'incanti sul mar,

tranquille e profonde

vaporan le sponde,

la barca è una culla,

o vaga fanciulla

andiamo sull'onde,

andiamo a sognar.

UNA VOCE DAL MARE

Risplendon di fosforo

i flutti del Bosforo.

MARINAI

Già palpita e anela

per estasi il cor;

la luna si vela,

la luna si svela,

son l'arche veliere

al vento leggere;

la nave ha la vela

e il cuore ha l'amor.

LA VOCE DAL MARE

Risplendon di fosforo

i flutti del Bosforo.

 
(tutto rientra nel silenzio)
 

ERO

Ellesponto! poetica laguna  

che la fortuna muta ad ora ad ora,

l'aurora della luna ti dia pace

per questa notte. ~ Tace il buio mondo.

Si toglie un fiore dal seno.

E te che ascondo nel sacro meandro

de' seni e porti di Leandro il nome,

fior di soave arome egli ti scelse,

per me ti svelse dai rami felici.

Nuove radici or pianta nel mio cuore

tenero fiore.

 

UNA VOCE LONTANA DAL MARE

La luna s'asconde

schivate le sponde.

 

ERO

(meditabonda)

Torna talora a scuotermi un beato

profumo del passato. Allora io penso

e un canto immenso vibra, e l'alma ascolta.

Quand'ei la prima volta qui m'apparve

col passo delle larve (e aveva le stille

nelle pupille a carità suàdi)

mi disse: «Sette stadi d'alto mare

mi vietan baciare il tuo bel viso,

ma in cuore ho fiso di varcarli, solo

che m'asseconde e il volo fra le spume

diriga un lume dalla torre. Ah! spento

non sia dal vento, colla dolce palma

tu lo ripara, come fosse l'alma

di chi t'adora.» O notti! o rimembranze!

o sorrisi! o speranze.

 

UNA VOCE DAL MARE

(lontanissima e prolungata)

C'è un nuvolo nero

sull'isola Eubea.

ALTRA VOCE

(meno lontana)

All'erta nocchiero

che vien la marea.

 

ERO

(sempre assorta nelle sue memorie)

E fur compiute poi le dolci nozze.

Ma il segreto connubio alcun poeta

non inneggiò, né s'allegrò per teda

la stanza marital né per ghirlanda,

non cantò gl'imenei la veneranda

madre, né il genitor, ma nel silenzio

dell'ore elette a celebrar gli amplessi

fur pronube le tenebre. L'Aurora

mai non vide apparir sovra le piume

l'amoroso consorte, egli spirante

le notturne carezze il mar risolca,

pria che lo colga insidioso il giorno,

colle ondivaghe membra a se medesmo

nauta, remige e nave.

 

UNA VOCE DAL MARE

(lontanissima)

S'intorbida l'Orto

tornate nel porto.

 

ERO

(va al verone)

Ombra! Notte! Mister! Deserto è il mare.

Ha i suoi confini il mar, non ha confini

il desiderio mio! Cocente spira

oggi il vento dell'amor. Cade una stella!

È il mio Leandro che si getta in mare!

Ecco... io lo scerno già coll'acuita

pupilla del pensier... al lido ei move.

O visïon! dalle amorose membra

con ambedue le man si tragge il manto

e al capo il si ravvolge e dalla sponda

si spinge in mezzo ai flutti. Oh quella stella

mi presagiva il ver.

(guarda la clessidra, piglia la face e torna al verone)

Consunta è l'ora.

Venga la face ardo pur io con essa.

Splendi, splendi! Erma facella

all'occulto nuotator,

come faro, come stella,

sull'oceano dell'amor.

 

Splendi, splendi! erma facella  

all'occulto nuotator,

come faro, come stella,

sull'Oceano dell'amor.

Splendi, splendi! e nelle amare

spume versi ambrosia il ciel,

e diventi dolce il mare

dove passa il mio fedel.

Splendi, splendi! o ninfe o amori

ingigliate il suo cammin,

fate inciampo sol di fiori

a quell'omero divin.

Splendi, splendi! e se ai marini

solchi anelo e lasso ei vien,

bianchi cigni e bei delfini

reggan l'umido suo sen.

 
La luna si scioglie dalle nubi.
 

 

È desso! è desso! te beata o luna  

perché frangi le nuvole e rischiari

il vago eroe nell'onde. È desso, è desso!

coll'altera cervice arditamente

ei signoreggia il fluttuar del mare.

Le palme or giunge a modo di preghiera,

or le stacca rubesto. Ahimè! gli scogli

ecco... egli affronta... Ahimè! L'esizio estremo

pende su lui... Marea! marea! marea!

Tempra l'orgoglio de' culminei fiotti!

Ah! tu non sai qual fior d'amore ondeggi

sulla tua furia... egli è là... fra la rupe

e una terribil onda... ecco... ei la sfida

coll'ardire d'un dio. Numi! Egli salvo!

preme col piè la terra e si precinge

col purpureo suo manto... della rocca

già corre alla scalata...

(a Leandro parlandogli dal verone con voce ansiosa)

O sposo! sposo!

Studia il passo, mio ben... La luna fugge,

tenta con cauto piede ogni macigno...

All'edera t'appiglia... ah! non cadere!...

Non cader nell'abisso... un passo ancora...

Mio Leandro! Leandro!

 

Scena seconda

Ero e Leandro.

<- Leandro

 

LEANDRO

Ero!  

(balza dal verone in scena ed è già fra le braccia di Ero)

 
(lungo silenzio, lungo amplesso)
 

ERO

Leandro!

 

LEANDRO

Volto soffuso d'estasi,    

faro di mie procelle!

Ho l'alma fra le stelle,

piango di voluttà.

Sì, dai beati rai

piango, ché senza lagrime

l'uom non contempla mai

la celestial beltà.

S

ERO

O deïforme! olimpico!

Bello siccome un nume,

m'appari e t'arde il lume

del genio e dell'amor.

Pende la dolce sposa

di tue parole al balsamo

e se il tuo labbro posa

ode il silenzio ancor.

 

ERO E LEANDRO

Avvinti come gemine

colonne dorïensi,

cinti dai lacci immensi

d'un fascino immortal,

vieni, insertiam le palme,

vien, confondiamo i palpiti,

vien, congiuriamo l'alme

nell'aura sideral.

 
(lungo silenzio)
 

ERO

Vieni al giaciglio e la stanchezza molci  

che t'occupa le membra. Il molle crine

ti astergerò colle carezze mie.

LEANDRO

O sposa! O sposa!

ERO

(sedendo sulla pelle di leopardo)

Come l'onde azzurre

confondon per amor davanti ad Illio

Simoènta e Scamandro e tu confondi

il tuo spiro col mio...

LEANDRO

Ero!

ERO

Leandro!

(guardando la clessidra)

L'ora passa.

LEANDRO

T'inganni. Alle amorose

vigilie norma non impone il tempo,

e un solo bacio è un'olimpiade intera.

M'ami?

ERO

Se t'amo? e tu? m'ami? La face

emana visïoni. Intorno è l'aura

(fissando la torcia)

agitata d'incanti... io qui vorrei

svanir così... sotto i tuoi baci... come

il sospir d'una cetra. Ah! dolce cosa

saria la morte...

LEANDRO

(sorgendo)

Tu morir?... fuggire,

fuggir piuttosto. Ascolta, assai fidammo

nel notturno mister; il tuo periglio,

sposa, pavento. A più securo porto,

a più serena piaggia, a più tranquilla

solitudine andiam. In mar domani

recherò una barchetta e salperemo

per ignoto orizzonte, innamorati

navigatori colle vele al vento.

 

ERO E LEANDRO

Andrem sovra i flutti profondi,  

in traccia dei ceruli mondi

sognati dal nostro pensier,

in traccia d'un rorido nido,

in traccia d'un florido lido

ignoto a mortale nocchier.

Andrem dove nasce l'aurora,

andrem dove il mare s'indora

dei vaghi riflessi del sol,

coi baci sul labro, col riso

nel core, coll'estasi in viso,

avvinti in un placido vol.

 
Scoppia un tuono spaventoso. Per un istante Leandro ed Ero scossi dall'estasi rimangono muti di sorpresa e d'orrore. Lampeggia, tuona, l'uragano si fa terribilmente violento.
 

LEANDRO

Un uragano!  

ERO

Precipizio! Morte!

Egìoco Giove adunator de' nembi,

folgorante! Tuonante! aita! aita!

Siam perduti!... Leandro, ah! mi sorreggi;

dar lo squillo io dovrei delle tempeste

con quella tuba al mar... per evocare

i sacerdoti... ed Ariofarne... al rito

della scongiura... qui... dove noi siamo...

M'intendi tu?... dove noi siam... né fuga

né salvezza oramai, né nascondiglio

havvi per te...

LEANDRO

(risoluto)

Tu da' fiato alla tromba

io mi getto nel mar.

ERO

Ah! Folle! guata!

(lo conduce con tragica veemenza al verone)

Già i fiotti immani flagellan la torre!

 
La bufera diventa sempre più terribile, scoppiano i fulmini e solcano il tratto di cielo che si vede dal verone. Le figure dei due amanti sono ad ogni momento illuminate da vivissimi lampi.
 

LEANDRO

Ero mia... no... non tremare,

ti prosterna al sacro orror.

Vedi è il ciel che stringe il mare

nel delirio dell'amor.

 

ERO

Spavento! turbinano  

sconvolte l'onde!

Crollan, rigurgitano

alte e profonde,

e sull'equorea

terribil ira

piomba la dira

furia del tuon!

LEANDRO

Vieni e in mezzo alla ruina

fortunal che ha il mar travolto,

beami ancora, Ero divina,

col fulgor del tuo bel volto.

Mentre il tuon ripete al tuono

il titanico richiamo,

sul tuo cuore io m'abbandono

e ripeto: Io t'amo!

ERO

Io t'amo!

S'ode da sotto il palcoscenico la fanfara sacra d'Ariofarne, indi mano mano che la scena incalza s'udrà il seguente Coro salire e avvicinarsi.
 

CORO

Cospargiamo di magico farro

l'onda irata del turgido mar,

e sia freno, sia diga, sia sbarro

che ti possa, o Nettuno, placar.

 

ERO

Ah!  

LEANDRO

Sposa mia! tu tremi?

ERO

(origliando)

Taci... taci...

LEANDRO

Che origli tu?

ERO

(con un grido di disperato spavento)

Le trombe d'Ariofarne!

LEANDRO

Nulla ascolto.

ERO

Sì... Sì... Lo squillo... Io l'odo

fra i fulmini... fra i venti... io non m'inganno...

LEANDRO

È la bufera.

ERO

È Ariofarne! è Ariofarne!

S'otturano… le fauci... ascende... ascende...

 
(la fanfara sempre più vicina; Ero al colmo dello spavento)
 

ERO

Sempre più... verso noi... è maledetto

chi un giuro infrange... O mio Leandro... fuggi...

no... non fuggir... là... l'uragano... resta

è qua… Ariofarne... là l'idra... qua... il mostro...

m'affoga il cuor... ahimè... mi si disciolglie

il vigor de' ginocchi...

LEANDRO

O sposa... sposa...

(si prostra ad Ero caduta)

Un baleno di forza in te ritorni,

al suol t'imploro... qui restar non debbo,

la tua morte io sarei, quel veglio orrendo

lapiderebbe, o ciel! tue dolci membra!

Ah! meglio fora ch'io mi scagli in mare

come una pietra del destin lanciata.

(balza in piedi per andare al verone)

ERO

(aggrappandosi al collo di Leandro)

Leandro no!

LEANDRO

Mi lascia.

(tenta svincolarsi)

ERO

Ha l'uragano

sete di sangue! Resta.

LEANDRO

Io vo' salvarti.

Già s'avvicinan le tartaree trombe.

 
(la fanfara sempre più vicina)
 

ERO

Pietà! pietà! pietà!

LEANDRO

(con affettuosa violenza si scioglie)

Forse domani

fuggiremo al seren. Addio.

ERO

(sfinita)

Leandro

deh! non perir. Ti salva.

LEANDRO

(con un piede sul verone)

Addio.

ERO

Ti salva!

 

LEANDRO

(spicca il salto; scoppia un fulmine)

L'amore è forte

più della morte!

 

Leandro ->

 

Scena terza

Ero, Ariofarne, Cori.

<- Ariofarne, fanfara, pirofori, sacerdoti

 
Ero balza da terra e con impeto irragionato corre alla face per portarla al verone, ma già apparisce alla rampa Ariofarne. Lo segue la fanfara. Pirofori, sacerdoti colle are, colle torce. La face d'Ero le cade dalle mani e rimane a terra spenta e fumante.
 
(questa scongiura sarà cantata dal Coro rivolto verso il verone e prostrato mentre Ariofarne sparge il farro sul mare; l'uragano è sempre violento; ma non lampeggia; Ero immobile)

CORO E ARIOFARNE

Cospargiamo di magico farro  

l'onda irata del turgido mar,

e sia freno, sia diga, sia sbarro

che ti possa, o Nettuno, placar.

 

ERO

(con uno slancio interno dell'anima)  

(Ah! Forse è un immortale!)

ARIOFARNE

(fissandola tenacemente)

Ero. La tromba

non udii risonar delle tempeste;

e perché non l'udii? sai che fatale

tal colpa esser potrebbe? o giovanetta

esploratrice nei sogni smarrita.

Nulla rispondi? Quella face a terra

perché? perché trepida tanto? forse

(incalzando le domande e scrutandola)

che paventi del tuon? Perché al verone

guizza il tuo sguardo? e questo fiore al suolo

qual tortore fedele ti ha portato

su questa rocca, ove i leandri indarno

vorrebbero allignar? Rispondi!

ERO

(Giove

un baleno m'invia che m'assecuri

ch'egli è salvo.)

(guardando il verone da dove s'è gettato Leandro)

ARIOFARNE

(la afferra e la conduce più presso al verone)

Nel buio tu sogguardi?

Sta ben, fanciulla, lo esploriamo insieme.

(terribilmente)

Perché tremi in mia man? vergine?

ERO

(Un lampo!)

 
(brillano parecchi lampi uno dopo l'altro e illuminano tutto il mare)
 

ARIOFARNE

(con immensa e feroce gioia accennando qualcosa in mare)

Eccolo!

 

ERO

(cade)

Ah!

 

ARIOFARNE

Morto! sovra il duro scoglio

cadavere percosso e sanguinante.

(guarda Ero distesa al suolo)

Ella è svenuta. All'alba, o sacerdoti,

adunerete i cumuli. Costei

il suo giuro tradiva. V'apprestate

a seppellir sott'i macigni e i sassi

il vivo corpo e il sacrilegio d'Ero.

Ell'è svenuta.

(s'avvina ad Ero, la tocca)

Ah! un fulmine mi colga!

Vendicato non son! È salva!... È morta!...

 
Scoppio di fulmini, il muro del fondo dirocca, attraverso quello squarcio si vede il mare repentinamente calmo e sul mare illuminato dalla luna, in mezzo a un nimbo iridescente, appariscono Ero e Leandro immortali, circondati da nereidi, da uranie, da amori. Il Coro si prostra. Ariofarne ancora chino sulla salma d'Ero, vede la glorificazione dei due amanti e atterrito si nasconde il volto.
 

CORO INTERNO

Beati spiriti!  

Sian vostro talamo,

sian vostro nido

le argentee sirti.

E al pio nocchiero

sia sacro il lido

dove s'amarono

Leandro ed Ero.

 
Cala la tela.
 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Interno della torre della vergine; ottagono; nel lato obliquo a sinistra un alto e vasto verone spalancato sul vuoto del cielo; alla destra in fondo una rampa discende, fora il pavimento, indica essere ivi l'unico egresso della torre; le muraglie sono annerite dal tempo e spoglie; nel mezzo della scena è un giaciglio coperto da una pelle di leopardo; poco discosto sta un vasto tavolo, sul tavolo una face accesa, una clessidra, una conca marina formata in guisa di portavoce; accanto al tavolo un sedile; notte; un raggio di luna incerto penetra dal verone.

Ero
 
Coro, Una voce
La notte diffonde

Ellesponto! poetica laguna

 

 

 

È desso! è desso! te beata o luna

Ero
<- Leandro

Ero! / Leandro!

Vieni al giaciglio e la stanchezza molci

(scoppia un tuono spaventoso; lampeggia, tuona, l'uragano si fa terribilmente violento)

Un uragano! / Precipizio! Morte!

(la bufera diventa sempre più terribile)

Ero e Leandro, Coro
Spavento! turbinano

Ah! / Sposa mia! tu tremi? / Taci... taci...

 
Ero
Leandro ->
Ero
<- Ariofarne, fanfara, pirofori, sacerdoti

Ah! Forse è un immortale! / Ero. La tromba

(brillano parecchi lampi che illuminano il mare)

(scoppio di fulmini, il muro del fondo dirocca, attraverso quello squarcio si vede il mare repentinamente calmo e sul mare illuminato dalla luna, in mezzo a un nimbo iridescente, appariscono Ero e Leandro circondati da nereidi, uranie e amori)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza
Nel fondo un lato del portico annesso al tempio di Venere, a sinistra la facciata del pronao; la scena è a... L'Afrodisio (parte del tempio di Venere consacrata ai misteri) splendidamente illuminato da candelabri e... Interno della torre della vergine; ottagono; nel lato obliquo a sinistra un alto e vasto verone spalancato...
Atto primo Atto secondo

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