Atto primo

 

Scena prima

Campagna deliziosa con collina amena in prospetto, adornata di vari alberetti; e da un lato veduta della città, con porta che introduce nella medesima.
Arcifanfano sotto un trono capriccioso. Due Pazzi, suoi ministri, al tavolino scrivendo; ed altri Pazzi serventi.
Tutti gli altri sei Pazzi, uomini e donne, stanno sedendo, sparsi per la collina sotto gli alberetti; e due Pazzi stanno a' piedi della collina, ascoltando quello che loro dicono.

 Q 

Arcifanfano, due pazzi ministri, pazzi serventi, Gloriosa, Furibondo, Sordidone, Semplicina, Garbata, Malgoverno

 
Li sei Pazzi cantano come segue:

 

Vogliamo l'Arcifanfano  

signor della città.

Veniam per esser sudditi

noi pur di sua maestà.

GLORIOSA E FURIBONDO

Andate, andate subito,

e poi tornate qua.

TUTTI

Vogliamo l'Arcifanfano

signor della città.

 
I due Pazzi partono dalla collina, e vengono al trono dell'Arcifanfano; s'inchinano, e gli parlano piano.
 

ARCIFANFANO

Dunque sono sei pazzi  

che voglion diventar sudditi nostri?

Vengano pur, ma acciò scoprir io possa

come l'intenda la lor mente stolta,

fateli a me venire uno alla volta.

(i due servi s'avviano verso la collina)

 

E voi, pazzi ministri,

che i nomi registrate

dei sudditi del mio famoso impero,

provvedetevi pur di carta assai,

perché crescono i pazzi più che mai.

 
Li sei Pazzi nel ricevere la risposta dei Servi cantano:

 

Evviva l'Arcifanfano,  

signor della città.

Saremo tutti sudditi

noi pur di sua maestà.

GLORIOSA E FURIBONDO

Andiamo, andiamo subito

che già ci accoglierà.

TUTTI

Evviva l'Arcifanfano

signor della città.

 
Furibondo s'alza, e viene abbasso con i Servi, e si accosta al trono.
 

ARCIFANFANO

Olà: chi siete voi?  

FURIBONDO

Mi chiamo Furibondo,

e fo col mio valor tremar il mondo.

ARCIFANFANO

Qual è il vostro mestier?

FURIBONDO

Fo professione

di farmi rispettar dalle persone.

Chi mi zappa sui piedi

mortifico e strapazzo,

sfido, bastono, ammazzo;

son pieno di coraggio, e valoroso.

ARCIFANFANO

Bravo, signor Furioso!

Anch'io, quando mi vien la mosca al naso,

precipito, fracasso,

meno, taglio, conquasso,

e non son di quei matti

ch'hanno molte parole e pochi fatti.

V'accetto nel mio regno, e poiché siete

un uom così bravone,

vi fo del regno mio guardaportone.

FURIBONDO

Accetto il grande impegno, e se qualcuno

mi vorrà dar una guardata storta,

fracasserò, se occorre, anco la porta.

ARCIFANFANO

Ma, signor Furibondo,

signor terror del mondo,

perché siete venuto in questo regno?

FURIBONDO

Qui m'ha fatto venir l'ira e lo sdegno.

Non potevo soffrire

vedermi preferire

in cariche d'onore

gente perfida e vil, senza rossore.

I torti e le ingiustizie

m'han fatto delirare, e son venuto

a pregar l'Arcifanfano signore

dar gloria al mio valore,

acciò il mondo non cada

sotto la formidabile mia spada.

 

Con un colpo di terza e di quarta  

ho una spada che tronca, che squarta,

e fa tutti col lampo tremar.

Comandate, e vedrete chi sono:

sarò turbine, fulmine e tuono;

saprò farmi da tutti stimar.

(parte, ed entra nella porta della città, accompagnato dai servi che poi ritornano)

Furibondo ->

 

ARCIFANFANO

Quest'è un pazzo infelice e sfortunato,

perché è da tutti odiato.

Anch'io fingo bravura,

ma son dell'opinione

che sia meglio negozio esser poltrone.

 
Frattanto scende madama Gloriosa, servita da due Servi, e va al trono.
 

GLORIOSA

Siete voi l'Arcifanfano?  

ARCIFANFANO

Son io.

Inchinatevi tosto al trono mio.

GLORIOSA

Una donna mia pari non s'inchina.

ARCIFANFANO

Siete qualche regina?

GLORIOSA

Sì, signore.

ARCIFANFANO

Perdonate l'errore.

(scende)

Ditemi: di qual trono?

GLORIOSA

Io delle belle la regina sono.

ARCIFANFANO

Questo è un regno soggetto a molti danni,

e suol durar al più sin a trent'anni.

GLORIOSA

Le trentatré bellezze

in donna ricercate,

in me perfezionate

son tutte ad una ad una:

di trentatré non me ne manca alcuna.

ARCIFANFANO

In quanto a questo poi,

son più bello di lei:

sono le mie bellezze trentasei.

GLORIOSA

Come il mio viso è bello,

è vago il mio cervello.

In ogni mia struttura

un miracolo son della natura.

ARCIFANFANO

Or fortunato in vero

renderassi de' pazzi il vasto impero.

Ma per che causa mai,

signora sostenuta,

siete voi qui venuta?

GLORIOSA

Perché il mondo

non è degno di me, perché nessuno

conosce il merto mio,

perché non sono io

dalla gente malnata

quanto basta servita e rispettata.

ARCIFANFANO

Eppure il mondo è pieno

di gente pazza, per costume avvezza

a incensar delle donne la bellezza.

GLORIOSA

Ma io che di beltà m'appello il nume,

voglio esser adorata oltre il costume.

Però a voi, Arcifanfano,

vengo e mi raccomando

acciò un vostro comando

faccia che in questo regno,

ripien di strani umori,

tutti sian del mio viso adoratori.

Sfondo schermo ()

ARCIFANFANO

Andate, andate pure,

che se non fosser pazzi

i miei sudditi eroi;

a farli pazzi bastereste voi.

GLORIOSA

Pazzo può dirsi quello

che non conosce e non apprezza il bello.

 

Bel labbro, bel viso  

può dire, può far:

col vezzo, col riso,

vuò farmi adorar.

Qual sol che d'intorno

fa splendido il giorno,

faran questo regno

mie luci brillar.

(parte per la porta della città, servita ecc.)

Gloriosa ->

 

ARCIFANFANO

Se tutte qua venissero

quelle donne che sono

pazze per vanità, come costei,

empirebbero presto i stati miei.

 
Sordidone scende dalla collina con un scrigno sotto il braccio, servito al solito.
 

SORDIDONE

Andate, andate via;  

non voglio che sentite,

non voglio che vedete,

perché alla ciera due bricconi siete.

(ai due servi che si ritirano)
 

ARCIFANFANO

Chi siete, galantuomo?

SORDIDONE

Io son un pover'uomo

che ho sempre faticato,

sempre poco ho mangiato,

pochissimo ho bevuto e mal dormito,

e son andato sempre mal vestito.

ARCIFANFANO

Poverino! perché?

SORDIDONE

Per avanzarmi

un poco di denaro.

Benedetto denar, mi sei pur caro!

ARCIFANFANO

Ehi! ne avete voi molto?

SORDIDONE

Io non vorrei

che alcuno mi sentisse. Eccolo qui,

eccolo il mio tesoro:

quattro mille filippi in doppie d'oro.

ARCIFANFANO

Zitto, che non si sappia.

Ditemi in confidenza: quel denaro

l'avete guadagnato,

o l'avete rubato?

SORDIDONE

Vi dirò.

Ho fatto delle usure;

ho prestato denar col pegno in mano.

Se ho trovato il baggiano,

con la mia borsa ad aiutarlo intenta,

ho principiato a numerar dal trenta;

e m'hanno sopratutto profittato

sedici soldi al mese per ducato.

ARCIFANFANO

Vossignoria perdoni:

qui si accettano pazzi, e non bricconi.

SORDIDONE

Purtroppo con strapazzo

mi dice il mondo pazzo,

perché in tasca il denaro m'ho tenuto,

e un momento di ben non ho goduto.

Ma il mio ben, il mio core,

è questo, è questo solo,

(accenna il cassettino)

e guardar il denaro io mi consolo.

ARCIFANFANO

Ma che volete far di quell'intrico?

Io non ne sono amico.

Sapete pur che i pazzi

hanno con le monete antipatia,

quand'hanno denar, lo gettan via.

SORDIDONE

Per questo son venuto

a ricorrer da voi. Nel mio paese

non mi posso salvar. Perché si sa

che ho un poco di denaro,

ciascun mi vien d'intorno,

né mi lasciano star notte né giorno.

Questo un laccio mi tende,

quello al varco m'attende,

ognun mi va facendo il bello, il caro,

per rubarmi di tasca il mio denaro.

Qui, dove di denar non si fa caso,

sono almen persuaso

che senza insidiatori

potrò in pace goder i miei tesori.

ARCIFANFANO

Date a me quel denaro.

Io lo custodirò;

e quando lo vorrete,

sempre nelle mie man voi lo vedrete.

SORDIDONE

Ma signor...

ARCIFANFANO

Diffidate?

Di vivere fra noi non siete degno,

e vi farò cacciar fuor del mio regno.

SORDIDONE

Ma sarà poi sicuro?

ARCIFANFANO

Sicurissimo:

giuro da re de' pazzi arcipazzissimo.

SORDIDONE

Quand'è così, tenete.

(gli dà il cassettino)

Ohimè, ohimè!

ARCIFANFANO

Che avete?

SORDIDONE

Mi vien un gran sudore.

Ahi, che vi lascio nello scrigno il core!

ARCIFANFANO

Andate, andate dentro

della città felice. Io vi destino,

per secondar il vostro bell'umore,

economo de' pazzi e spenditore.

SORDIDONE

Anderò... ma non so... vi raccomando

il mio povero cor.

ARCIFANFANO

Il vostro core,

ditemi, ov'è riposto?

SORDIDONE

Dentro quel cassettino io l'ho nascosto.

 

Il mio core, poverino,  

che sta lì nel cassettino,

mi trattiene, a sé mi chiama;

e il mio fegato che l'ama,

senza il core non può star.

Anco l'ale dei polmoni

voglion dir le sue ragioni;

e i budelli, poverelli,

fanno in corpo del rumore,

perché il core von cercar.

Sfondo schermo () ()

(parte coi servi)

Sordidone ->

 

ARCIFANFANO

Quello di tutti i pazzi è il maggior pazzo

che fa di sé strapazzo.

L'avaro è un animale

che a nessuno fa bene, e a sé fa male.

Io parlo qualche volta

che pazzo non rassembro, ma è dovere

che il re de' pazzi nella mente stolta

dei lucidi intervalli abbia talvolta.

 
Scende dalla collina Malgoverno, pazzo prodigo.
 

MALGOVERNO

Arcifanfano, io sono  

Malgoverno chiamato

perché il mio patrimonio ho consumato.

Io stavo allegramente

senza pensare a niente;

ora ho finito il tutto,

e se prima era bello, ora son brutto.

ARCIFANFANO

Evviva, non importa.

Almeno avrete fatti degli amici

che si ricorderan dei dì felici.

MALGOVERNO

Gli amici son finiti,

se finito è il denaro. Anco le donne,

che facevan di me le innamorate,

or che non ho denar si son cambiate.

ARCIFANFANO

Ora sì, siete degno

di venir nel mio regno.

MALGOVERNO

A qual motivo?

ARCIFANFANO

Perché, se voi credeste

delle femmine al cor bugiardo e scaltro,

siete pazzo, pazzissimo senz'altro.

MALGOVERNO

Ora che ho terminato d'impazzire,

tutti gli altri son savi, e non ritrovo

chi si ricordi più, per cortesia,

che ha fomentato un dì la mia pazzia.

Disperato ora sono:

eccomi al vostro trono.

Spero si moverà

qualche pazzo di me forse a pietà.

ARCIFANFANO

Non sarei re de' pazzi,

se a pietate di voi non mi movessi.

Ecco denar: tenete,

consumate, spendete.

Perché voi siete il capo dei balordi,

vi fo mastro de' chiassi e de' bagordi.

MALGOVERNO

Grazie a vostra maestà. Tenete, amici,

(dà denari ai servi)

finché ve n'è, godete.

Quando poi non ne avremo,

baroni come prima torneremo.

 

Il denaro è tondo tondo  

corre presto e se ne va.

Il piacer più bel del mondo

il denaro ognor sarà.

(parte dando denari ai servi, e va in città con lo scrigno)

Malgoverno ->

 

ARCIFANFANO

Ecco il fin del denaro

che accumula con stenti il pazzo avaro.

 
Scende dalla collina madama Semplicina coi Servi.
 

ARCIFANFANO

Che vaga pazzarella!  

Com'è graziosa e bella!

Con questa, in fede mia,

il regno spartirei della pazzia.

SEMPLICINA
(ai servi)

Via, via con quelle mani;

andatemi lontani.

ARCIFANFANO

Cos'avete,

pazzarella gentil, che irata siete?

SEMPLICINA

Fuggo dal mio paese

perché non voglio che nessun mi tocchi;

e mi voglion toccar quei pazzi allocchi.

ARCIFANFANO

Via di là! Poverina,

chi siete voi?

SEMPLICINA

Madama Semplicina.

ARCIFANFANO

Fanciulla, o maritata?

SEMPLICINA

Oibò, che dite?

Io maritata? Io? Come? Se mai

un uomo nella faccia non mirai?

ARCIFANFANO

Perché così ritrosa?

SEMPLICINA

Perché sono un tantino vergognosa.

ARCIFANFANO

Voi siete fatta come il genio mio,

perché son molto vergognoso anch'io.

SEMPLICINA

Eh, gli uomini son tutti

furbacchioni e cattivi.

ARCIFANFANO

Come il sapete voi?

SEMPLICINA

Già li ho provati.

ARCIFANFANO

Se in faccia non li avete mai mirati!

SEMPLICINA

Le fanciulle modeste

non alzano mai gli occhi.

ARCIFANFANO

Dite bene.

Guardarsi non sta bene.

Si può ben dire qualche parolina.

SEMPLICINA

Quando sia modestina.

ARCIFANFANO

Si può toccar la man con pudicizia.

SEMPLICINA

Quando la cosa sia senza malizia.

ARCIFANFANO

Ho imparato a trattare

senza malizia alcuna,

dopo aver visto il Mondo della luna.

SEMPLICINA

Signor, io son venuta

a ricorrer da voi. Gli uomini arditi

non lascian d'insultarmi,

e oramai non so più dove salvarmi.

ARCIFANFANO

Avete padre e madre?

SEMPLICINA

Signor sì.

ARCIFANFANO

Perché non vi maritano?

SEMPLICINA

Dirò:

perché non vonno i genitori miei

dar per marito a me quel ch'io vorrei.

ARCIFANFANO

Siete voi innamorata?

SEMPLICINA

Sì, signore.

ARCIFANFANO

È bello il vostro amante?

SEMPLICINA

Non lo so,

perché in viso mirato mai non l'ho.

ARCIFANFANO

Oh veramente degna

di star fra queste pazze fortunate,

poiché senza veder v'innamorate!

SEMPLICINA

Mi raccomando a vostra maestà;

arrossisco, signor, se sto più qua.

ARCIFANFANO

Andate, e non temete,

che toccata dai pazzi non sarete.

Ma prima, Semplicina,

datemi un'occhiatina.

SEMPLICINA

Oh cosa dite!

ARCIFANFANO

Non fate verun mal guardando me,

perch'io son alla fin de' pazzi il re.

SEMPLICINA

No 'l farò mai, se non allora quando

m'obbligasse di farlo un suo comando.

ARCIFANFANO

Olà, donna, ascoltatemi:

alzate le pupille, e poi miratemi.

 

SEMPLICINA

Vi miro fiso fiso,  

vedo in quel bel viso

quell'occhio che sta lì,

che mi ferisce qui;

e amor da quella bocca

qua una saetta scocca.

Quel ciglio... ve lo dico?

Mi fate vergognar.

Non ho mirato mai

d'un uomo i vaghi rai,

non li vuò mirar.

(parte coi servi in città)

Semplicina ->

 

ARCIFANFANO

Questa è quella pazzia

chiamata ritrosia,

la quale a poco a poco

col gel principia, e termina col foco.

 
Madama Garbata con i Servi, dalla collina.
 

GARBATA

Animo, buona gente,  

che si stia allegramente.

Arcifanfano mio, signor dei pazzi,

io vengo per goder spassi e sollazzi.

ARCIFANFANO

Brava! così mi piace.

Evviva l'allegria;

vada in malora la malinconia.

GARBATA

Mi conoscete voi?

ARCIFANFANO

Signora no.

GARBATA

Chi son, ve lo dirò.

Son madama Garbata:

d'allegrezza impastata.

Non vuò parlar di guai:

non ci ho pensato, e non ci penso mai.

ARCIFANFANO

Oh che bizzarro umor!

GARBATA

Sia guerra o pace,

sia pioggia o sol, sia tempo triste o buono,

sempre la stessa io sono.

Perisca tutto il mondo,

caschi la casa anch'essa,

sempre sarò la stessa.

Amanti o non amanti, non m'importa:

drizzatemi la scuffia, che l'ho storta.

ARCIFANFANO

Oh mille volte degna

del gran regno de' pazzi! In fede mia,

il ristoro de' pazzi è l'allegria.

GARBATA

Io son fuggita dalla mia città,

perché gli uomini là

vogliono far i savi,

e con i grilli suoi

sono pazzi tre volte più di noi.

Fan talora un festino, e sul più bello

prendono gelosia,

e si cambia in dispetti l'allegria.

Saranno a qualche cena

accanto alla sua bella,

e invece di mangiare

si sente sospirare.

Giocano col penin sotto la tavola,

e s'ella non risponde,

l'amante si confonde,

d'amor, di gelosia, di rabbia pieno;

spende il denaro, e poi mangia veleno.

ARCIFANFANO

Oh che pazzi, oh che pazzi! Io di costoro

esser re non vorrei.

Sono pazzi assai meno i pazzi miei.

GARBATA

Io voglio star allegra

senza sentir sospiri e battitori.

Però son qui venuta

da vostra maestà,

che il cielo vi conservi in sanità.

ARCIFANFANO

Andate, andate dentro, e ci vedremo;

in pace goderemo.

Faremo i nostri patti!

Staremo allegramente.

GARBATA

Evviva i matti!

 

Vuò star allegramente;  

vuò prendermi sollazzo;

fo bene a far così?

V'è chi mi dice sì,

v'è chi risponde no.

O l'uno o l'altro è pazzo,

o siamo pazzi in tre.

Il mondo è tanto bello

perché di vari umori.

Vuò fare tutto quello

che pare e piace a me.

Sfondo schermo () ()

(parte coi servi verso la città)

Garbata ->

 

ARCIFANFANO

Or sì posso chiamarmi  

de' pazzi il gran monarca,

perché la monarchia de' pazzi è carca.

Oggi ho fatto l'acquisto

di sei varie persone

con diversa opinione o fantasia,

con diverso costume o sia pazzia.

 

Il pazzo furioso  

vuol tutti ammazzar.

La pazza superba

vuol farsi adorar.

Il povero avaro

ha il cor nel denaro.

Il prodigo in fretta

lo spende, lo getta.

La semplice è pazza

per finta bontà.

L'allegra svolazza,

pensieri non ha.

E vivano i matti!

Lan la ra, la, la.

(parte)

Arcifanfano ->

 
 

Scena seconda

Camera.
Madama Gloriosa e Malgoverno.

Bozzetti

 Q 

Gloriosa, Malgoverno

 

GLORIOSA

Olà, che ardir è il vostro?  

Abbassate quegli occhi,

non mi guardate in viso;

o con un mio sorriso,

o con un vezzo accorto,

vi faccio adess'adesso cascar morto.

MALGOVERNO

No, mia bella, non fate:

lo sdegno trattenete.

Cara, non m'uccidete.

In segno della stima

in cui del vostro bel tengo il tesoro,

vi faccio il sacrificio di quest'oro.

(le dà alcune monete, e lei le prende)

GLORIOSA

D'oro non ha bisogno

chi ha nel biondo crine

d'oro più bel ricchezze peregrine.

(getta l'oro, e fugge via)

Gloriosa ->

 

MALGOVERNO

Fermate: se non basta  

di quest'oro il valore,

v'offerisco il mio sangue ed il mio core.

(la segue)

Malgoverno ->

 

Scena terza

Sordidone vede l'oro in terra.

<- Sordidone

 

 

Oh fortuna, oh fortuna, oh me beato!  

Quant'oro ho ritrovato!

Che bel paese è questo!

Se si trova così per tutto l'oro,

si puol senza sudar far un tesoro.

Ma vien gente; non voglio

che qualcun me lo veda. Andrò a riporlo

nell'amato mio scrigno.

Quanto del mio tesor cresce il valore,

tanto mi sento in sen crescer il core.

(parte)

Sordidone ->

 

Scena quarta

Furibondo con la spada incalzando alcuni Pazzi; poi Arcifanfano con un nerbo di bove.

<- Furibondo, alcuni pazzi

 

FURIBONDO

Canagliaccia, vuò ammazzarvi,  

voglio tutti trucidarvi.

Para, mena, tira, ah!

ARCIFANFANO

Alto, alto, alto là.

(dà una nerbata a Furibondo)

<- Arcifanfano

 

alcuni pazzi ->

FURIBONDO

Grazie a vostra maestà.  

ARCIFANFANO

(gli mostra il nerbo)

Lo conoscete?

FURIBONDO

Sì, signor, lo conosco.

ARCIFANFANO

E ben, come si appella?

FURIBONDO

Al mio paese

questi nerbi gentili e sì ben fatti

si sogliono chiamar castigamatti.

(parte)

Furibondo ->

 

ARCIFANFANO

Per castigar i pazzi più bricconi,

queste son le mie spade e i miei cannoni.

 

Scena quinta

Madama Semplicina e detti; poi madama Garbata.

<- Semplicina

 

SEMPLICINA

Signor, posso venir?  

ARCIFANFANO

Sì, sì, venite;

voi siete la padrona

della mia arcipazzissima corona.

SEMPLICINA

Oh quanto son pentita

d'esser venuta qui! Vuò tornar via.

ARCIFANFANO

Non fate tal pazzia.

Perché siete pentita?

SEMPLICINA

Voi m'avete col guardo tramortita.

ARCIFANFANO

Io vi medicherò.

SEMPLICINA

Non voglio, signor no.

ARCIFANFANO

Se non volete,

dunque me n'anderò.

(vuol partire)

SEMPLICINA

Ehi! dove andate?

ARCIFANFANO

Cara, sono da voi.

(torna vicino a lei)

SEMPLICINA

Non mi toccate.

ARCIFANFANO

Via, non vi toccherò;

in là mi volterò.

SEMPLICINA

Perché in là vi voltate?

ARCIFANFANO

Dunque vi guarderò.

SEMPLICINA

Non mi guardate.

 

ARCIFANFANO

Che cosa ho da far?  

Andare o restar?

Toccar, non toccar?

Voltarmi o guardar?

SEMPLICINA

Restar, non toccar.

Voltar, non guardar.

ARCIFANFANO

Io son re de' pazzi,

non posso più star.

(l'incalza)

SEMPLICINA

Andate, partite,

lasciatemi star.

(va fuggendo)

(esce madama Garbata)

<- Garbata

GARBATA

(Pigliamoci spasso.)

Cos'è questo chiasso?

ARCIFANFANO

Non vuol che la miri.

SEMPLICINA

Mi guarda, mi tocca.

GARBATA

Che pazza, che gnocca!

Lasciatelo far.

ARCIFANFANO

Io son re de' pazzi,

non posso più star.

SEMPLICINA

Andate, partite,

lasciatemi star.

(parte)

Semplicina ->

 

GARBATA

Lasciate che vada,

godiamo fra noi.

ARCIFANFANO

Almeno con voi

si puole scherzar.

GARBATA E ARCIFANFANO

Evviva per sempre

la bella allegria.

La bella pazzia

ci fa giubilar.

 

SEMPLICINA

(torna)

(Oh che gelosia

mi fanno provar!)

<- Semplicina

GARBATA E ARCIFANFANO

Per pura allegria

vi voglio abbracciar.

SEMPLICINA

E a me, poverina?

Mi fate penar.

GARBATA E ARCIFANFANO

Venite ancor voi

potete con noi

giuliva restar.

SEMPLICINA

Mi sento nel petto

il core balzar.

SEMPLICINA, GARBATA E ARCIFANFANO

Che bella allegria,

che bella pazzia

che fa giubilar!

 
Ritorna la prima scena con collina, su cui stanno sedendo i Ballerini e le Ballerine, rappresentanti altri pazzi e pazze che vengono per aver l'ingresso nella città, e dopo esser stati per ordine del Re de' pazzi accettati, scendono dal colle, e intrecciano le loro danze.

 Q 

ballerini (pazzi e pazze)

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Campagna deliziosa con collina amena in prospetto, adornata di alberetti; veduta della città.

Arcifanfano, due pazzi ministri, pazzi serventi, Gloriosa, Furibondo, Sordidone, Semplicina, Garbata, Malgoverno
 

Dunque sono sei pazzi

(Furibondo va al trono)

Olà: chi siete voi?

Arcifanfano, due pazzi ministri, pazzi serventi, Gloriosa, Sordidone, Semplicina, Garbata, Malgoverno
Furibondo ->

(Gloriosa va al trono)

Siete voi l'Arcifanfano?

Arcifanfano, due pazzi ministri, pazzi serventi, Sordidone, Semplicina, Garbata, Malgoverno
Gloriosa ->

(Sordidone va al trono)

Andate, andate via

Arcifanfano, due pazzi ministri, pazzi serventi, Semplicina, Garbata, Malgoverno
Sordidone ->

(Malgoverno va al trono)

Arcifanfano, io sono

Arcifanfano, due pazzi ministri, pazzi serventi, Semplicina, Garbata
Malgoverno ->

(Semplicina va al trono)

Che vaga pazzarella!

Arcifanfano, due pazzi ministri, pazzi serventi, Garbata
Semplicina ->

(Garbata va al trono)

Animo, buona gente

Arcifanfano, due pazzi ministri, pazzi serventi
Garbata ->

Or sì posso chiamarmi

Arcifanfano
Il pazzo furioso
due pazzi ministri, pazzi serventi
Arcifanfano ->

Camera.

Gloriosa, Malgoverno
 

Olà, che ardir è il vostro?

Malgoverno
Gloriosa ->

Fermate: se non basta

Malgoverno ->
<- Sordidone

Oh fortuna, oh fortuna, oh me beato!

Sordidone ->
<- Furibondo, alcuni pazzi
Furibondo, alcuni pazzi
<- Arcifanfano

Furibondo, Arcifanfano
alcuni pazzi ->

Grazie a vostra maestà

Arcifanfano
Furibondo ->

Arcifanfano
<- Semplicina

Signor, posso venir?

Arcifanfano, Semplicina e Garbata
Che cosa ho da far?
Arcifanfano, Semplicina
<- Garbata
 
Arcifanfano, Garbata
Semplicina ->
 
Arcifanfano, Garbata
<- Semplicina
 

Ritorna la prima scena con collina.

ballerini (pazzi e pazze)
 

(danze)

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta
Campagna deliziosa con collina amena in prospetto, adornata di alberetti; veduta della città. Camera. Ritorna la prima scena con collina. Camera. Salone stravagante, o altra scena capricciosa, con cinque gabbie di ferro. Campagna corta. Camera con trono e tre sedie. Sala.
Atto secondo Atto terzo

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