Scena prima |
Giunone, Mercurio. |
(♦) (♦) <- Aurora Aurora -> <- Giunone, Mercurio |
GIUNONE |
la mia bellezza vilipende, e scherne? La severa Giunone, la reina de' nembi, la consorte di Giove femina vile oltraggia? e vilipesa, e schernita rimango? Ah pria che Febo il piè nel mar ritiri vuò, che più d'un per me pianga, e sospiri. Poco animato fango con sue sozzure (o meraviglia) move alle celesti immagini contesa; volto cui marcir deve in sepoltura a bellezza immortal tomba procura. Punirò, punirò follia sì grande; Giunon detta non sia, se non so vendicar l'ingiuria mia. | |
MERCURIO |
Diva, qual ira accende il divin petto? Qual nebbia, di furore ombra 'l celeste aspetto? Chi cotanto presume, che la grande de' numi inclita diva oggi di pace, e di conforto priva? | |
GIUNONE |
E di pace mi priva, e di conforto Cassiope l'infame, che meco osando di beltà garrire, semina fasto in terra, in ciel martire. | |
MERCURIO |
Cassiope (t'intendo) d'Etiopia reina. O superbia mortale! Donna, ch'in beltà sale tosto al titolo aspira di divina. | |
GIUNONE |
Mira temeritate; non ben paga costei le maritime ninfe riaver deluse per simile cagione, a paragone con Giunon si pone; ma cieco, ch'il piè move senza guida tosto al piano disteso aita grida. | |
MERCURIO |
Debile pianta, che tropp'alto sale, al fin cade al soffiar d'aura boreale. | |
GIUNONE |
Tu de' numi sovrani alato messaggero, al gran rege, del mar or or n'andrai, e questo l'esporrai; che se l'onor le piace, de la diva, de' nembi, un mostro il più feroce, d'infernal possa, e di tartaree brame (senza frapor dimora) spinga dell'Etiopia al lito infame. Colà vomiti, e porti stragi, ruine, e morti. Mai non s'arresti, di turbar quel regno, finché assiso ad un scoglio il germe indegno (Andromeda la figlia, della nemica mia) del dente suo crudel preda non sia. | |
MERCURIO |
Diva; perdon ti chieggio, se col mio favellar t'arreco offese; se de la madre fu la colpa, e 'l fallo, la figlia non t'offese. Che diranno le genti, veduta l'innocenza per man del ciel svenata, e all'odio crudel sacrificata? | |
GIUNONE |
Che parli d'innocenza? L'error de la superba ogn'un de' suoi condanna. | |
MERCURIO |
Mira, ch'il vel dell'odio sovente a la ragion le luci appanna. | |
GIUNONE |
Il mio giusto disdegno il dritto scerne; Mercurio, ogni question se 'n porti il vento. | |
MERCURIO |
Cedo; sol ti rammento, ch'il proprio d'un celeste è la pietate. | |
GIUNONE |
Lasciar onta impunita è gran viltate. Non s'oppone lo scoglio sì pertinace al contrastar, dell'onda, com'ha pietà la mente mia severa. Vuò ch'Andromeda pera; vattene dunque, e 'l mio voler seconda. Io ti prometto (e 'l vero non ti celo) che, se la mia vendetta oggi non segue, sarò megera, e non Giunone in cielo. | |
MERCURIO |
Diva, t'accheta omai; e tregua del tuo core porgi all'aspre tenzoni, ch'io vado ad esequir quanto m'imponi. | |
GIUNONE |
Ora lieta, e festosa al ciel m'invio; la mia nemica intanto tutte le gioie sue rinunzi al pianto. Chi di superbia sale il giogo indegno, non incolpi la sorte, se poi trabocca nelle braccia ha morte. | Giunone, Mercurio -> |
Scena seconda |
Andromeda, coro di Ninfe arciere. |
Andromeda, ninfe |
ANDROMEDA |
Altra ne' vani abbigliamenti avvolta, con aurea chioma, e inanellato crine, ordisca rete ai cor, prigion all'alme; io coll'asta pungente, e 'l dardo acuto (ove la vita con onor s'inforsa) strazio tramo al cinghial, e strage all'orsa. Altra sue glorie vili si procacci col guardo; Andromeda le sue belle, e gentili vuol da la destra, e 'l dardo. Ninfe; ogn'una di voi ardita, e forte, oggi a pugnar s'appresti contro l'orrenda belva, ch'empie d'orror la selva. Cada dall'armi nostre, e svenato, e trafitto quel cinghial mostruoso, per cui mesto, e dubbioso guida gli armenti il pastorello ai paschi. Son glorie assai maggiori mostri atterrar, che trionfar de' cori. | |
UNA DEL CORO |
Sempre d'ogni tua voglia esecutrice fia questa schiera amica; o per erma pendice, o piaggia aprica, per boschi, e per campagne (ovunque andrai) ti seguirem compagne. | |
CORO |
Di ciascuna di noi, a ogni tuo invito, è pront'il dardo, ed è lo spirto ardito. | |
ANDROMEDA |
O quale gioia l'anima m'ingombra in rimirando queste tempestate di fior spiagge odorose, ma che vago embrion forma natura di verdeggiante massa? qui 'l terreno in pianura si stende, e poco lunge s'abbassa in valle, e là s'inalza in monte. Qui biancheggia un ligustro, colà verdeggia un tronco, là sorge un bosco, e quivi sgorga un fonte. Care selve beate potess'io far con voi sempre soggiorno. All'ombra d'un alloro più agiato assai si dorme, che sotto coltre d'oro; e i rustici tuguri son de' regi edifici più sicuri. | |
CORO |
com'in reggia, insidia, e frode; benché questo, e quegli rida, nel suo cor spesso non gode; clima rozzo, ciel silvestre spiran sempre aure più destre. Non ingombra pure menti vil desio, di gemme, e d'ori; vie più cala ne' contenti chi sormonta ne' tesori; nudità ciascun adopre, ch'una tomba ogn'uno copre. | |
ANDROMEDA |
||
CORO |
Andromeda, ninfe -> | |
Scena terza |
Mercurio, Nettuno. |
Mercurio, Nettuno |
MERCURIO |
||
NETTUNO |
Messaggero gentil, di quel bel regno, ch'ha per mura le stelle, e tetto il sole, Giunon che chiede, o vuole? Brama, ch'il mar in colma oggi gareggi co' i zaffiri, del cielo? O desia, che turbato con fremito temuto lavi 'l volto a le stelle, e 'l capo a Pluto? | |
MERCURIO |
Né placido, o turbato il mar desia. Chiede sol ella, ch'uno de' mostri il più feroce, il più tremendo, ch'il mar alloggi, indirizzi immantinente dell'Etiopia a gli arenosi liti. Vuol ch'ad un sasso avvinta Andromeda reina spenga col sangue suo sete ferina. | |
NETTUNO |
Non fia voto d'effetto il suo desire; disponga come vuole del salso rege, e dell'ondosa mole. Oggi de le mie belve la più cruda, la più feroce, ed empia chiuderà nelle viscere colei, ch'ella vivente aborre. Si fian de' corpi umani (per servir a la dèa de' sommi chiostri) feretri i scogli, e sepolture i mostri. | |
MERCURIO |
Al tuo pronto volere ben la diva del ciel debito deve. O qual di peste pullulante radica, di tua grazia l'effetto, del tuo core l'affetto, oggi dal regno, de le stelle sbarbica. | |
NETTUNO |
Godo, che medicina all'etra sia l'amaritudin mia; e che nel mio cruccioso instabil seno posa ritrovi l'immortal sereno. | |
MERCURIO |
Or tu imponi che tosto esca 'l mostro dall'umida magione, ch'io torno in cielo a consolar Giunone. | Mercurio -> |
Scena quarta |
Nettuno, Proteo. |
<- Proteo |
NETTUNO |
||
PROTEO |
Fu quasi sempre il mar dogliosa scena, anzi lugubre anello a chi tentò rappresentar in quello; e pur v'è chi fastoso, e non curante si fida all'onde avverse. Acciecato da l'oro suppon gli austri frementi zeffiretti benigni; stima un fragile pin sodo diamante, e le spume del mar crede macigni. | |
NETTUNO |
Non ben paga l'umana ambizione, di sviscerar i monti, osa 'l seno squarciar a la mia Teti; ma talor poco lieti segano i flutti i naviganti insani; o quanti, o quanti con lor danno amaro, ove in carne partiro, ombra tornaro. | |
PROTEO |
Or dimmi ciò, che vuoi; d'ogni altro algoso nume, ch'alloggi di Nereo le salse spume, eccomi più che pronto a cenni tuoi. | |
NETTUNO |
Per gradir ha la dèa, ch'in ciel impera (repentino, e veloce) ver l'Etiopia movi da le mie tane un mostro il più feroce. Colà ministro mio, servo a la diva (carnefice inumano) squarci regia donzella a brano a brano; e de' purpurei suoi laceri avori fabbrichi di Giunone mausoleo a i dolor, tomba a i furori. | |
PROTEO |
Farò quanto t'aggrada; sceglier un mostro i' voglio, di cui più proprio albergo fora 'l tartareo fondo, ch'il molle e salso mondo. Ha coda d'angue, e branche, di leone; sono le fauci sue fauci d'inferno, spira lo sguardo orror, tosco la bocca; tranne il folgor di Giove, in pezzi cade ogni arma, che lo tocca. Gira dovunque ei vuole le serpentine piante, e terrestre, e maritimo, e volante. Questi sol col terrore può le cittadi rivoltar in nulla, non ch'il corpo gentil, d'una fanciulla. | |
NETTUNO |
Or tu dunque n'andrai, e quanto promettesti eseguirai; ch'io penetrando i liquidi cristalli vado a posar tra perle, e tra coralli. | |
PROTEO |
Non sarò lento in ubbidirti, o padre. Or all'antro m'invio, che le squamose accoglie orride squadre. | |
Mare con scoglio.
(Aurora attraversa la scena su una nube d'argento)
Bosco
Altra ne' vani abbigliamenti avvolta
Mare con scogli
Padre, e signor, de' salsi regni, e cupi