Atto secondo

 

Scena prima

Cortile segreto.
Fengone, e Siffrido.

 Q 

Fengone, Siffrido

 

FENGONE

Tanto seguì. L'arti deluse e i vezzi  

di beltà lusinghiera.

SIFFRIDO

Pazzia già certa un fier rival ti toglie.

FENGONE

Eppur vive, Siffrido, il mio timore.

SIFFRIDO

Se ragion no 'l sostiene, è un timor lieve.

FENGONE

Basta che sia di re, perché sia grande.

SIFFRIDO

Deh! Lascia...

FENGONE

No: la madre

all'amante succeda.

Fingerò con Gerilda,

che ribelli al mio scettro abbiano i Cimbri

scosso il lor giogo. Io duce

uscirò al campo, e me lontano, ad essa

qui 'l supremo comando

concesso sia.

SIFFRIDO

Qual n'è il tuo fin.

FENGONE

La madre

vaga di dare al figlio i dolci amplessi,

farà condurlo alle sue stanze. Iroldo

della reggia custode, e a me fedele

starà ivi occulto ad osservarne i detti.

SIFFRIDO

E 'l vero intenderà de' tuoi sospetti.

FENGONE

Tu taci, e scorta il prence,

quando fia d'uopo, alla regina.

SIFFRIDO

Intesi.

(Ma delle trame avvertirò chi deggio.)

Siffrido ->

 

Scena seconda

Fengone, ed Ildegarde.

<- Ildegarde

 

FENGONE

Venga Gerilda.  

ILDEGARDE

In tale indugio, o sire,

la gloria d'inchinarti abbia Ildegarde.

FENGONE

Grata del nobil dono a me te n' vieni.

È Valdemaro il primo

duce dell'armi nostre.

ILDEGARDE

Il più forte guerrier, che stringa acciaro.

FENGONE

Ornamento del regno, amor del soglio.

ILDEGARDE

Sì: ma perdona, o sire...

FENGONE

Che?

ILDEGARDE

Con tutti i suoi fregi io non lo voglio.

FENGONE

Ildegarde, rifletti

che non son più tuo amante. Il tuo re sono.

ILDEGARDE

E ad un re che fu amante, io rendo il dono.

FENGONE

Se nuovo amor non ti avvampasse in seno,

non saresti sì audace.

ILDEGARDE

I tuoi spergiuri in libertà mi han posta.

FENGONE

Scuopri l'oggetto, e l'imeneo ne approvo.

ILDEGARDE

A chi già mi schernì, poss'io dar fede?

FENGONE

Scettro ancor non stringea chi a te la diede.

ILDEGARDE

Il crederti or mi giova. Adoro Ambleto.

FENGONE

Stravagante desio!

ILDEGARDE

Consola l'amor mio,

e lo lascia regnar sovra il mio core.

FENGONE

Compiacerti non posso, incauta amante.

ILDEGARDE

E la real tua fede?

FENGONE

Un re l'oblia, s'ella gli torna in danno.

ILDEGARDE

Dovea farmi più accorta il primo inganno.

 

Prestar fede a chi non l'ha,  

alma mia,

tu lo vedi, è frenesia,

tu lo provi, è vanità.

Quando crede a un falso core,

è l'amore una follia,

è la speme una viltà.

Prestar fede a chi non l'ha,

alma mia,

tu lo vedi, è frenesia,

tu lo provi, è vanità.

Ildegarde ->

 

Scena terza

Gerilda, e Fengone.

<- Gerilda

 

FENGONE

(Si lusinghi costei.) Teco, o Gerilda,  

cospirano a' miei danni anche i vassalli.

Già la Cimbria rubella

m'obbliga all'armi. Io partirò. Tu sola

serba l'arcano. Oh folle

al par di quegl'infidi

mia facile conquista anche il tuo core!

GERILDA

Troppo fosti crudel per non averlo.

FENGONE

Regina, odiami pur: le insidie occulta,

né più strugga la man del core i voti.

 

Pur luci amorose,  

benché disdegnose,

sì godo in mirarvi,

che ad onta di vostr'ire io voglio amarvi.

 

GERILDA

(Non s'irriti un amor che salva il figlio.)  

Signor, meno di affetto io ti richiedo.

Lasciami l'odio mio con più innocenza.

FENGONE

Io parto. A te frattanto

tutto resti in balia l'alto comando.

Addio, diletta. È questo

l'ultimo forse. Io se cadrò fra l'armi,

tu sarai sola il mio pensiero estremo.

Felice me, se mi perdoni estinto,

e se di qualche fior questa, ch'io bacio,

candida mano, il freddo sasso adorna.

GERILDA

Va', pugna, vinci, e vincitor ritorna.

 

FENGONE

Sulla fronte giù cingo gli allori,  

e felici ne prendo gli auspici,

luci care, dal vostro piacer.

Quegli sguardi che armate di amori,

per ferire dan l'armi, e l'ardire,

e per vincer l'esempio, e 'l poter.

Sulla fronte giù cingo gli allori,

e felici ne prendo gli auspici,

luci care, dal vostro piacer.

Fengone ->

 

Scena quarta

Veremonda, e Gerilda.

<- Veremonda

 

VEREMONDA

Son comuni i miei torti anche a Gerilda.  

Arde di me il tuo sposo.

GERILDA

Arde di te?

VEREMONDA

Nel vicin bosco ei stesso

scoprì l'ardor. Con quale orror, tu 'l pensa.

GERILDA

Tanto egli osò? Tu orror ne avesti?

VEREMONDA

Come

favellar può di amore un re marito

a vergine real senza oltraggiarla?

GERILDA

E tu la grave offesa a me confidi?

VEREMONDA

A te che sei consorte: a te che in lui

non ritrovi, lo so, che il tuo tiranno.

GERILDA

Non mi affligge il suo amor; piango il tuo inganno.

VEREMONDA

L'inganno mio?

GERILDA

Gerilda

non mai gli fu più cara.

VEREMONDA

E appunto un core

quando cerca tradir, finge più amore.

GERILDA

Eh! Veremonda, è l'uso,

sia senso, o bizzarria, d'alma regnante

questa mostrar sovranità d'affetto,

col parere incostante:

cercar più d'un diletto:

voler piacere a molte:

molte ancor lusingarne,

e poi sol una amarne.

VEREMONDA

Credi meno ad un empio, io ti consiglio.

GERILDA

Tu meno al tuo bel ciglio.

 

Hai bel vezzo, hai bel sembiante;  

ma non sempre a labbro amante

déi dar fede, e lusingarti.

Facil cede alma che crede;

e più vinci in men fidarti

di chi giura di adorarti.

Hai bel vezzo, hai bel sembiante;

ma non sempre a labbro amante

déi dar fede, e lusingarti.

Gerilda ->

 

Scena quinta

Veremonda, e Valdemaro.

<- Valdemaro

 

VEREMONDA

Troppo, troppo semplice Gerilda!  

VALDEMARO

Veremonda, permetti

che teco l'amor mio...

VEREMONDA

Non mi offende il tuo amor: che non vi è donna,

credilo, sì, donna non vi è che irata

oda giammai d'onesto amante i voti,

ma 'l tuo col mio destino

vogliono ch'io sia crudele, e tu infelice.

Amo Ambleto. Sì, l'amo. Hai per rivale

un che nacque tuo re. Tu nel mio core

onora il di lui grado. Ha la tua fede,

ed ha la tua virtù questo dovere.

VALDEMARO

Ambleto?

VEREMONDA

Sì. Né basta

che tu sveni al suo nome i tuoi desiri;

convien che tu 'l difenda

in questo sen. Qui lo minaccia, o ardire!

E qui l'insidia il re con empia brama.

VALDEMARO

Il re?

VEREMONDA

Dillo tiranno, e tale ei mi ama.

 

Scena sesta

Ambleto, e li suddetti.

<- Ambleto

 

AMBLETO

(Che ascolto?)  

VEREMONDA

Sì: l'iniquo mi ama, e questo

degli acerbi miei mali è 'l più funesto.

AMBLETO
(a Veremonda)

Flora, dimmi, sai tu l'aspra sventura

di quel bel giglio?

VEREMONDA

(O ciel, quanto è vezzoso!)

AMBLETO
(a Valdemaro)

E tu sai l'ardimento

di quella serpe?

VALDEMARO

O sfortunato prence!

AMBLETO

A me poc'anzi, a me

ne raccontò Zeffiro amico il caso.

Cinto di amiche rose un dì crescea,

bianco figlio dell'alba, un giglio ameno:

ed un'ape innocente in esso avea

riposo al volo, ed alimento al seno.

Quando una serpe, insidiosa, e rea

se gli accostò col suo crudel veleno,

e allor si udì fra 'l danno, e fra 'l periglio

pianger quell'ape, e sospirar quel giglio.

VEREMONDA

(Par che per me favelli.)

AMBLETO

Deh! Accorrete in difesa a fior sì vago.

VALDEMARO

(Seguir conviene i suoi deliri.) Taci,

che già fuggì l'infida serpe altrove.

AMBLETO

Ma torneravvi.

(a Veremonda)

Tu di acute spine

arma quel fiore, e 'l custodisci illeso.

VEREMONDA

Non temer.

AMBLETO
(a Valdemaro)

E se torna

il suo nemico, e tu col piè lo premi.

(M'intendesser così.)

VEREMONDA

(Quanto il compiango!)

VALDEMARO

Accheta il duol. Me in tua difesa avrai.

Ma concedi...

AMBLETO
(a Valdemaro)

Rimira,

qual s'erge al ciel denso vapor che oscura

di Febo i rai... (La gelosia mi uccide.)

VEREMONDA

(Tormentosi deliri!) Valdemaro,

alla tua gloria affido

l'onor mio, la mia pace, e mentre in essa

la mia salvezza bramo,

la tua virtude in mio soccorso io chiamo.

 

Non è sì fido al nido  

dell'usignuolo il volo,

com'io son fida a te: ma non m'intendi.

Non è sì chiara, e bella

d'amore in ciel la stella,

com'è la fé, ch'è in me: ma no 'l comprendi.

Non è sì fido al nido

dell'usignuolo il volo,

com'io son fida a te: ma non m'intendi.

Veremonda ->

 

Scena settima

Ambleto, e Valdemaro.

 

VALDEMARO

In me che speri, amore?  

AMBLETO

Amor nel petto

chiuso trattieni? Io vo' che spieghi i vanni

prima a' bei rai della mia diva, e poscia

meco venga a posar.

VALDEMARO

Dove?

AMBLETO

Sul trono.

VALDEMARO

Come?

AMBLETO

Non sai che il re de' cori io sono?

VALDEMARO

(Mi fa dolor benché rivale.) Io parto.

AMBLETO

Ferma. Dov'è il valore

della tua man? Vediamlo.

Di': non sei tu di questo ciel l'Atlante?

Così lo reggi? Di'. Così 'l difendi?

Ma questo che sospendi al nobil fianco

illustre arnese a te che serve?

VALDEMARO

È 'l brando,

strumento a' miei trionfi.

AMBLETO

Sì: lo veggio,

e di pianto, e di sangue

che sparse l'innocenza ancor fumante.

Vanne: e ad uso miglior da te s'impieghi.

Segui l'esempio mio.

Venga la clava, e si apparecchi intanto

de' mostri il sangue, e de' tiranni il pianto.

 

Vieni, e mira, come gira  

dalla cima sino al fondo

sconcertato tutto il mondo.

Non lo voglio più così.

Di' a quel monte che si abbassi,

perché i passi m'impedì.

Non lo voglio più così.

Sfondo schermo () ()

Ambleto ->

 

Scena ottava

Valdemaro.

 

 

Valdemaro, che pensi?  

Sei reo con Veremonda, allor che l'ami;

e più sei reo, se brami

da un risoluto ardir la sua difesa,

ma il lasciarla in periglio

non è della tua gloria,

non è dell'amor tuo saggio consiglio.

 

Sì, ti sente l'alma mia,  

amorosa gelosia,

sì, t'ascolta questo cor.

E l'affetto,

che nel petto ancor si asconde,

ti risponde

con le voci dell'onor.

Sì, t'ascolta questo cor.

Valdemaro ->

 
 

Scena nona

Sala negli appartamenti di Gerilda.
Gerilda, e poi Ambleto da guerriero.

 Q 

Gerilda

 

GERILDA

Caro, adorato figlio,  

non giungi ancor? Dacché mi trasse all'are

vittima più che sposa il fier regnante,

svelto dal sen mi fosti; e più non vidi

quel volto, o dio! sol mia delizia e gioia.

Vieni, diletto figlio...

 

<- Ambleto

AMBLETO

Su: qui tutto si accampi  

l'esercito fatal dell'ire mie,

e giustizia, e ragion ne sieno i duci.

GERILDA

Viscere mie, mio sangue.

AMBLETO

E sangue io voglio.

(entra in una stanza)

GERILDA

Deh! Ferma, Ambleto. E non distrugge amore

que' fantasmi, quell'ombre

che gli offuscan la mente?

AMBLETO

Ov'è il nemico? Parla.

GERILDA

Nemico qui? Me non ravvisi, o figlio,

tua madre?

AMBLETO

A chi sei madre?

GERILDA

A te.

AMBLETO

Sei mia tiranna, e mia nemica.

(entra in un'altra stanza)

Ambleto ->

 

GERILDA

O deluse speranze!  

O tradito conforto!

Empio destin!

AMBLETO
(di dentro)

Son morto.

GERILDA

Cieli! Che sarà mai?

(entra in una stanza)

Gerilda ->

<- Ambleto, Gerilda

 

AMBLETO

Fu verace Siffrido. Or vada, vada  

quell'ombra scellerata

al tiranno crudel nunzia di morte.

GERILDA

Ahimè! Che fece? Iotemo...

l'ira del re. So che l'ucciso Iroldo

de' suoi fidi è 'l più caro.

AMBLETO

Seguasi la vendetta.

GERILDA

Mio caro figlio, in questo pianto almeno

non ravvisi il mio core?

La madre non ravvisi?

AMBLETO

Non ti ravviso no. Madre ad Ambleto,

consorte ad Orvendillo era Gerilda.

Era in lei fede, era onestà, e virtude.

Ma ti d'allor che al fianco

dell'empio usurpatore

macchiasti il regio letto, e di Orvendillo

la memoria tradisti, altro non sei

che adultera per lui, per me matrigna.

Smarrite or son le tue sembianze, e teco

sul trono ancor di regia morte intriso

regna il vizio, e l'orror. Non ti ravviso.

GERILDA

O me infelice! È vero,

è vero pur che non sia stolto il figlio?

AMBLETO

O dèi! Così lo fossi:

che mi torria questa sciagura almeno

al senso de' miei mali, e de' tuoi scorni.

GERILDA

Vieni, o viscere care, al sen materno...

AMBLETO

Addietro, o donna. Amplessi

comuni ad un fellone a me tu porgi?

A me stendi quel labbro

che già stancar di un parricida i baci?

Va', misera, e li serba a chi già infama

il tuo soglio, il tuo letto, e la tua fama.

GERILDA

M'avea il piacer finora

a' rimproveri tuoi chiuso l'udito.

Ma già 'l silenzio è stupidezza. Ascolta.

AMBLETO

Che dir porrai, che te più rea non mostri?

GERILDA

Dirò. Che quant'io debbi,

diedi al tuo genitor...

AMBLETO

L'urna reale

a' novelli imenei cangiando in ara?

GERILDA

Ah! che vi andai costretta. Io donna, e sola

che far potea col regnator lascivo?

AMBLETO

Pria che ceder, morir.

GERILDA

Ma con qual ferro?

AMBLETO

Può mancar mai la morte a un generoso?

GERILDA

Manca anche questa, o figlio,

in corte di un tiranno, allor ch'è dono.

AMBLETO

E chi potea sforzarti ad abbracciarlo?

GERILDA

Pria che sua moglie, esser dovea sua preda

e lui drudo soffrir pria che marito?

AMBLETO

Dovevi almen fra primi sonni immerso

nel talamo real lasciarlo esangue.

GERILDA

Ahimè! Gerilda allora era sua moglie.

AMBLETO

Anzi più che sua moglie era sua amante.

GERILDA

Giuro agli dèi...

AMBLETO

Spergiura,

siati pur caro il tuo novel consorte.

Soffri che ombra dolente, e invendicata

sulle sponde di Stige erri Orvendillo,

e che gema la patria

sotto il duro comando; e se non basta

che vittima di stato a piè ti cada

quel che chiami tuo figlio iniqua madre.

Dopo tutto anche soffri,

che regina ti esigli,

che moglie ti ripudi il re spietato.

Questo forse n'è 'l giorno, e 'l favor solo

che dal tiranno attendo,

del tuo ripudio è 'l disonore, e 'l duolo.

 

Della vendetta il fulmine  

sovra di te cadrà.

Regina senza regno,

consorte senza sposo,

non so se a riso, o a sdegno

ognun ti additerà.

 

Scena decima

Siffrido, e li suddetti.

<- Siffrido

 

SIFFRIDO

Ah! Regina.  

GERILDA

Che fia?

SIFFRIDO

Veremonda è rapita, e Valdemaro

audace la rapì.

AMBLETO

Cieli.

GERILDA

(Che sento?)

SIFFRIDO

Già son fuor della reggia,

ed ei la tragge al vicin campo.

AMBLETO

(Iniquo!)

SIFFRIDO

Non lasciar che impunito...

AMBLETO

Non più, non più. (L'orme ne seguo.) Udite.

 

(Ho nel cuor la gelosia.)  

(a Siffrido)

Tu nel sen la fedeltà.

(a Gerilda)

Della vendetta il fulmine

sovra di te cadrà.

Ambleto ->

 

Scena undicesima

Gerilda, e Siffrido.

 

GERILDA

Siffrido, io son perduta. Ambleto uccise  

poc'anzi Iroldo. Ei colà giace.

SIFFRIDO

Il vidi.

GERILDA

E nelle piaghe sue teme la madre.

SIFFRIDO

Al difetto del senno

il perdono real facile io spero.

Non paventar. Avrai per la sua vita

da' prieghi tuoi, dalla mia fede aita.

 

GERILDA

Farò, che sul ciglio  

favelli il mio pianto,

sintanto che il figlio

si renda al mio cor.

E tenero oggetto

farò del rigor

di sposa l'affetto,

di madre l'amor.

Farò, che sul ciglio

favelli il mio pianto,

sintanto che il figlio

si renda al mio cor.

Gerilda ->

 

Scena dodicesima

Siffrido.

 

 

M'intese il prence. Egli d'Iroldo in petto  

del senno, e del valor scolpì le prove.

Per servir al mio sdegno a lui si serva.

Così quest'alma aspetta

dalla sua fedeltà la sua vendetta.

 

Allo scettro, al regno, al soglio  

l'innocenza tornerà.

E cadrà

sotto il peso del suo orgoglio

atterrata l'impietà.

Allo scettro, al regno, al soglio

l'innocenza tornerà.

Siffrido ->

 
 

Scena tredicesima

Sobborghi con tende in lontano.
Veremonda, e Valdemaro con Séguito.

 Q 

<- Veremonda, Valdemaro, seguito

 

VEREMONDA

Qual, duce, è 'l tuo pensier? Dove mi guidi?  

Già comincio a temer qualche tua colpa.

VALDEMARO

Altra colpa non ho che l'amor mio.

VEREMONDA

Fuor delle mura, e cinta

da' tuoi soldati? Intendo. Valdemaro

il tuo credei soccorso, ed è rapina.

VALDEMARO

Anche questa rapina è tuo soccorso.

VEREMONDA

Ambo ci guida al disonore un ratto.

VALDEMARO

Questa è la via che sola

ti salva da un tiranno.

VEREMONDA

Espormi a un mal peggior quest'è salvarmi?

VALDEMARO

Con fronte più serena

riedi alla libertà, riedi al tuo soglio.

Quel che lasci è prigion. Quel dove vieni

è campo amico. Io duce

lo moverò, riparator dei mali,

le tue province a liberar dal giogo.

VEREMONDA

(Che resti Ambleto? E ch'io

segua altro amante? Esser non può, cor mio.)

Valdemaro, vo' farti

questa giustizia. In te stimar che un ratto

sia pietà, non amor: virtù, non senso.

Ma basta ad offuscar limpido onore

un sospetto d'error, non che un errore.

VALDEMARO

E quell'onor, se resti, è in più periglio.

VEREMONDA

Sii tu meco in difesa, e no 'l pavento.

VALDEMARO

Che far posso, se resto?

VEREMONDA

Hai forze, hai core

per ripormi sul trono, e non l'avrai

per cacciarne un fellon?

VALDEMARO

Nella sua reggia

troppo è forte il tiranno, e 'l popol vile

avvezzo a tollerar, l'odia, ma 'l teme.

Combatterlo da lungi è più sicuro.

VEREMONDA

Va' dunque. Anch'io da lungi

applaudirò de' tuoi trionfi al grido.

VALDEMARO

Nulla temer da un generoso amore.

VEREMONDA

Meno amor ti richiedo, e più virtute.

VALDEMARO

Perder qui tempo è un trascurar salute.

VEREMONDA

Ah! Vile. Anche la forza? È questo, è questo

il generoso amor, di cui ti vanti?

VALDEMARO

Resisti invan.

VEREMONDA

Crudele,

vuoi pianti e prieghi? Eccoti prieghi, e pianti.

 

Tu miri le mie lagrime,  

e non le sente il cor? Crudel! Così?

In te dov'è la fé?

Che fa la tua pietà? Rispondi. Di'.

Tu ammiri le mie lagrime,

e non le sente il cor? Crudel! Così?

 

VALDEMARO

Quasi ah! Quasi mi vinse un sì bel pianto.  

Ma lasciarmi sedur saria fierezza.

Vieni.

VEREMONDA

Verrò, spietato,

ma non speri 'l tuo amor che odio, e disprezzo.

VALDEMARO

Di salvarti or desio, non di piacerti.

VEREMONDA

Usa il poter. Mi giova

che ogni mio passo un tuo delitto sia.

VALDEMARO

Salute e amore, e ogni riguardo oblia.

VEREMONDA

Valor troppo indiscreto!

Stelle, destin, chi mi soccorre?

 

Scena quattordicesima

Ambleto, e li suddetti.

<- Ambleto

 

AMBLETO

Ambleto.  

Fermati, Valdemaro.

Insultar Veremonda

senza oltraggiar me tuo signor non puoi.

VEREMONDA

O cieli! Ambleto, idolo mio, son questi

accenti di follia?

AMBLETO

Dove, o mia cara,

s'agita il viver mio, fingo i deliri;

dove il periglio tuo, perdo i riguardi.

VALDEMARO

(Credo appena all'udito appena ai guardi.)

AMBLETO

Duce, mi hai nella parte

miglior dell'alma offeso.

Te n' preferivo l'emenda, e a te con quanto

di autorità può darmi

l'esser principe tuo, parlo, e comando.

Ama la tua regina;

ma di un amor che sia di ossequio, e fede.

Essa campion ti chiede, e non amante:

io suddito ti voglio, e non rivale.

Né guardar ch'io sia solo:

difeso è un re dal suo destin. Costoro,

che ti stanno d'intorno,

pria che guerrieri tuoi, fur miei vassalli.

Rispetta il cenno, ed oggi

ch'io principio a regnar, mi è fausto e caro

che il primo ad ubbidir sia Valdemaro.

VALDEMARO

E Valdemaro il fia. Mio re già sei.

Cedo il mio amor. Perdona,

se il difficile assenso

non può darti il mio cor senza un sospiro.

AMBLETO

La tua virtù nel tuo dolor rimiro.

VEREMONDA

Compisci, o generoso,

la magnanima idea. Quell'armi istesse

che voleva l'amor, muova il tuo zelo.

VALDEMARO

Sì, né più qui si tardi: io vado al campo.

Là non dée tosto esporsi

la persona real. Prima il tuo nome

rispetto vi disponga, e amor vi desti.

Qui rimangan per poco

vostra difesa i miei guerrieri. Al piede

darà moto il periglio, al cor la fede.

 

Non dirò che ancora io v'ami,  

e che il cor più non vi brami,

occhi bei, non vi dirò.

Fra ragion che fa il dovere,

e beltà che fa il potere,

dir l'amore non si deve,

e negarlo non si può.

Non dirò che ancora io v'ami,

e che il cor più non vi brami,

occhi bei, non vi dirò.

Valdemaro, seguito ->

 

Scena quindicesima

Ambleto, e Veremonda.

 

AMBLETO

Diletta Veremonda, egli è pur tempo  

che a cor franco io ti parli, e ch'io ti abbracci.

VEREMONDA

Ambleto, anima mia, son così avvezza

al funesto mio duol, ch'esser mi sembra

misera nel contento.

AMBLETO

Quando è immenso il piacer, meno si gode.

VEREMONDA

Ah! Che questa impotenza

è un presagio di mali.

AMBLETO

Temer nel bene è un diffidar del cielo.

VEREMONDA

Goder nel rischio è un lusingar le pene.

AMBLETO

Qual rischio a te figuri?

VEREMONDA

Il poter di un tiranno, e l'altrui frode.

AMBLETO

Virtù ci affidi. Abbiam per noi, mia vita,

quella di Valdemaro, e più la nostra.

VEREMONDA

Dunque al gioir, felice.

AMBLETO

E un momento felice

non occupi timor di male incerto.

VEREMONDA

Piacer tranquillo è guiderdon del merto.

 

AMBLETO

Godi, o cara, ma di un diletto  

che misura sia dell'amor.

Quell'affetto, che ben non gode,

quand'è in braccio del dolce oggetto,

è un affetto di debol cor.

Godi, o cara, ma di un diletto

che misura sia dell'amor.

 

VEREMONDA

Godo, o caro, quanto so amarti,

e sin godo nel tuo goder.

L'alma amante che in me respira,

in te passa per abbracciarti,

e là s'empie del suo piacer.

Godo, o caro, quanto so amarti,

e sin godo nel tuo goder.

 

AMBLETO

Fugace godimento! Ecco il tiranno.  

VEREMONDA

E Valdemaro è seco.

VEREMONDA E AMBLETO

Ah! Siam traditi.

 

Scena sedicesima

Fengone con Séguito, Valdemaro, e li suddetti.

<- Fengone, guardie, Valdemaro

 

VALDEMARO

Funesto incontro!  

FENGONE

Ambleto, Veremonda,

fuor della reggia? Tu prigion? Tu stolto?

VEREMONDA

Sinché la tua vittoria

la libertà mi tolse, e le grandezze,

chinai la fronte al mio destin: ma quando

nel vincitor conobbi

il mio crudel tiranno...

FENGONE

È tirannia che amore

ti renda il ben che ti rapì fortuna?

VEREMONDA

La gloria, e non l'amore a me lo renda.

VALDEMARO

(O magnanimo ardir!)

AMBLETO

Che strani mostri!

Pluton tu sei. Cerbero è quegli, e questa

Proserpina rapita.

FENGONE

Vano è 'l pensier. Chi seppe

involar Veremonda al mio potere,

non è stolto, ma 'l finge.

VEREMONDA

Eppur t'inganni.

Nel volto di costoro

leggi qual sia della mia fuga il reo.

AMBLETO

Son questi tante fier. Io sono Orfeo.

FENGONE

Son questi, Valdemaro, i tuoi custodi.

VALDEMARO

Signor, della mia fede

perdona all'amor mio le colpe. Offeso

il tuo sen non credei dalle mie brame;

e quando alla rapina io mi disposi,

pensai dentro al mio core

non di torla al mio re, ma al tuo rigore.

VEREMONDA

(Reo si finge con l'empio.)

AMBLETO

(O traditore!)

FENGONE

(È poderoso il duce,

perché l'armi ha in balìa. Seco si finga,

ma si riserbi il colpo.)

Al valor del tuo braccio

tutta de' falli tuoi dono la pena.

Vanne alla reggia, e svena al mio piacere

l'ardir del tuo volere.

AMBLETO

(O scellerate frodi!)

VEREMONDA

(Segno del tradimento

è un sì facil perdono.)

VALDEMARO

(Sapesse almen quant'innocente io sono.)

(parte)

Valdemaro ->

 

Scena diciassettesima

Fengone, Ambleto, e Veremonda.

 

FENGONE

O sia stolto, o s'infinga,  

del mio furor costui sia oggetto. A voi

la custodia ne affido. E tu prepara

quell'alma contumace, e quel bel volto

alle delizie mie.

VEREMONDA E AMBLETO

(Cieli! Che ascolto?)

 

FENGONE

Preparati ad amar  

almen nel mio piacer

la tua felicità.

Perché il voler penar,

quando si può goder,

non è che crudeltà.

Preparati ad amar

almen nel mio piacer

la tua felicità.

Fengone ->

 

Scena diciottesima

Veremonda, e Ambleto fra Guardie.

 

AMBLETO

(Quel bel seno delizia ad un tiranno?)  

VEREMONDA

(Ch'io deggia amar ne' suoi piaceri i miei?)

AMBLETO

(E 'l permettete.)

VEREMONDA

(E lo soffrite.)

VEREMONDA E AMBLETO

(O dèi?)

 

VEREMONDA

Sempre in cielo avverso il fato  

non sarà

per te, mio bene.

Dal mio duolo, un dì placato,

sì, che avrà

qualche pietà

delle tue pene.

Insieme

AMBLETO

Sempre in cielo Giove irato

non sarà

per te, mio bene.

Dal mio pianto, un dì placato,

sì, che avrà

qualche pietà

delle tue pene.

 

Fine (Atto secondo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Cortile segreto.

Fengone, Siffrido
 

Tanto seguì. L'arti deluse e i vezzi

Fengone
Siffrido ->
Fengone
<- Ildegarde

Venga Gerilda / In tale indugio, o sire

Fengone
Ildegarde ->
Fengone
<- Gerilda

Si lusinghi costei. Teco, o Gerilda

Non s'irriti un amor che salva il figlio

Gerilda
Fengone ->
Gerilda
<- Veremonda

Son comuni i miei torti anche a Gerilda

Veremonda
Gerilda ->
Veremonda
<- Valdemaro

Troppo, troppo semplice Gerilda!

Veremonda, Valdemaro
<- Ambleto

Che ascolto? / Sì: l'iniquo mi ama, e questo

Valdemaro, Ambleto
Veremonda ->

In me che speri, amore?

Valdemaro
Ambleto ->

Valdemaro, che pensi?

Valdemaro ->

Sala negli appartamenti di Gerilda.

Gerilda
 

Caro, adorato figlio

Gerilda
<- Ambleto

Su: qui tutto si accampi

Gerilda
Ambleto ->

O deluse speranze!

Gerilda ->
<- Ambleto, Gerilda

Fu verace Siffrido. Or vada, vada

Ambleto, Gerilda
<- Siffrido

Ah! Regina / Che fia?

Gerilda, Siffrido
Ambleto ->

Siffrido, io son perduta. Ambleto uccise

Siffrido
Gerilda ->

M'intese il prence. Egli d'Iroldo in petto

Siffrido ->

Sobborghi con tende in lontano.

<- Veremonda, Valdemaro, seguito

Qual, duce, è 'l tuo pensier? Dove mi guidi?

Quasi ah! Quasi mi vinse un sì bel pianto

Veremonda, Valdemaro, seguito
<- Ambleto

Ambleto. Fermati, Valdemaro

Veremonda, Ambleto
Valdemaro, seguito ->

Diletta Veremonda, egli è pur tempo

Fugace godimento! Ecco il tiranno

Veremonda, Ambleto
<- Fengone, guardie, Valdemaro

Funesto incontro! / Ambleto, Veremonda

Veremonda, Ambleto, Fengone, guardie
Valdemaro ->

O sia stolto, o s'infinga

Veremonda, Ambleto, guardie
Fengone ->

Quel bel seno delizia ad un tiranno?

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima Scena tredicesima Scena quattordicesima Scena quindicesima Scena sedicesima Scena diciassettesima Scena diciottesima
Portici interni della reggia. Piazza per gli spettacoli. Parco reale. Cortile segreto. Sala negli appartamenti di Gerilda. Sobborghi con tende in lontano. Galleria d'idoli. Vigne consacrate a Bacco. Anfiteatro reale.
Atto primo Atto terzo

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