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Scena prima |
Galleria negli appartamenti d'Adriano corrispondente a diversi gabinetti. Emirena ed Aquilio. |
Q
<- Emirena, Aquilio
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AQUILIO |
Più oltre, o principessa,
non è permesso il penetrar. Fra poco
verrà cesare a te. Sa che l'attendi.
Non tarderà.
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EMIRENA |
Ti raccomando, Aquilio,
il povero Farnaspe. Egli è innocente.
Soccorrilo, procura
che cesare si plachi.
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AQUILIO |
E chi placarlo
potrà meglio di te? Tu del suo core
regoli i moti a tuo talento. Ogn'altra
miglior uso farebbe
dell'amor d'un monarca.
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EMIRENA |
A me non giova,
perché non l'amo.
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AQUILIO |
È necessario amarlo
perch'ei lo creda?
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EMIRENA |
| |
AQUILIO |
Né pure.
È la menzogna ormai
grossolano artificio e mal sicuro.
La destrezza più scaltra è oprar di modo
ch'altri sé stesso inganni. Un tuo sospiro
interrotto con arte, un tronco accento
ch'abbia sensi diversi, un dolce sguardo
che sembri a tuo malgrado
nel suo furto sorpreso, un moto, un riso,
un silenzio, un rossor quel che non dici
farà capir. Son facili gli amanti
a lusingarsi. Ei giurerà che l'ami.
E tu quando vorrai
sempre gli potrai dir: «no 'l dissi mai».
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EMIRENA |
Aiuto e non consiglio io ti richiedo.
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AQUILIO |
Ed io sempre ho creduto
che un salubre consiglio è grande aiuto.
Credimi, principessa...
Addio. Gente s'appressa.
Adriano sarà che s'avvicina.
(parte)
| Aquilio ->
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Scena seconda |
Sabina ed Emirena. |
<- Sabina
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SABINA |
(Stelle! È qui la rival!)
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EMIRENA |
| |
SABINA |
Veramente tu sei
più di quel che credei
sollecita ed attenta. Estinto appena
è l'incendio notturno e già ti trovo
nelle stanze d'augusto.
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EMIRENA |
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SABINA |
Lo so, lo so. De' superati guai
il tuo signor felicitar vorrai.
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EMIRENA |
| |
SABINA |
Supplice anch'io
a cesare vorrei
esporre i sensi miei. Ma non pretendo
ch'egli mi preferisca
in concorso con te. Non sarà poco
se pur m'ascolta e nel secondo loco.
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EMIRENA |
Non più Sabina; oh dio
che ingiustizia è la tua! L'amor d'augusto
non è mia colpa; è pena mia. M'affanno
di Farnaspe al periglio; ecco qual cura
mi guida a queste soglie. Ho da vederlo
perir così senza parlarne? Alfine
Farnaspe è l'idol mio. Gli diedi il core
e ha remoti principi il nostro amore.
| |
SABINA |
| |
EMIRENA |
Io fingerei
se così non parlassi.
| |
SABINA |
E non t'avvedi
che parlando per lui cesare irriti?
| |
EMIRENA |
| |
SABINA |
Quando tu voglia
una miglior ve n'è. Da questa regia
fuggi col tuo Farnaspe. È suo custode
Lentulo il duce; a' miei maggiori ei deve
quantunque egli è. Se ne rammenta e posso
promettermi da lui d'un grato core
anche prove più grandi.
| |
EMIRENA |
Ah se potesse
riuscire il pensier.
| |
SABINA |
Vanne. È sicuro.
A partir ti prepara. Al maggior fonte
de' cesarei giardini
col tuo sposo verrò. Colà m'attendi
prima che ascenda a mezzo corso il sole.
| |
EMIRENA |
Ma verrai? Del destino
son tanto usata a tollerar lo sdegno...
| |
SABINA |
Ecco la destra mia. Prendila in pegno.
| |
EMIRENA |
Ah, che a sì gran contento
è quest'anima angusta.
Oh me felice! Oh generosa augusta!
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| |
|
Per te d'eterni allori
germogli il suol romano;
de' numi il mondo adori
il più bel dono in te.
E quell'augusta mano,
che porgermi non sdegni,
regga il destin de' regni,
la libertà de' re.
(parte)
| Emirena ->
|
|
|
Scena terza |
Sabina, poi Adriano, indi Aquilio. |
|
| |
SABINA |
Chi sa, quando lontana
Emirena sarà, forse ritorno
farà 'l mio sposo al primo amor. Non dura
senz'esca il fuoco; e inaridisce il fiume
separato dal fonte onde partissi.
| |
| <- Adriano
|
ADRIANO |
Emirena mio ben... (Numi che dissi!)
(vuol partire)
| |
SABINA |
Perché fuggi Adriano? Un sol momento
non mi negar la tua presenza; e poi
torna al tuo ben se vuoi.
| |
ADRIANO |
Come! Supponi...
Qual è dunque il mio ben?
| |
SABINA |
Conosco ancora
del mio caro Adriano
in quei detti confusi il cor sincero.
Ingannarmi non sai. No, non celarmi
quell'onesto rossor. Tu non sai quanto
grato mi sia. Non arrossisce in volto
chi non vede il suo fallo. E chi lo vede
è vicino all'emenda.
| |
ADRIANO |
| |
SABINA |
Sospiri!
Lascia me sospirar. Numi del cielo,
chi creduto l'avria! L'onor di Roma,
l'esempio degli eroi, la mia speranza,
Adriano incostante!
È possibile? È ver? Chi ti sedusse?
Parla. Di'. Come fu?
| |
ADRIANO |
Che vuoi ch'io dica,
se tutto mi confonde? Ah lascia queste
moderate querele.
Dimmi pure infedele,
chiamami traditor, sfogati. Io veggo
ch'hai ragion d'insultarmi. I merti tuoi,
gli scambievoli affetti,
le cento volte e cento
replicate promesse io mi rammento.
Ma che pro? Non son mio. Conosco, ammiro
la tua virtù, la tua bellezza e pure
non ho cor per amarti. Odio me stesso
per l'ingiustizia mia. So ch'è dovuta
una vendetta a te. Vuoi la mia morte?
Svenami. È giusto. Io non m'oppongo. Aspiri
a svellermi dal crin l'augusto alloro?
Lo depongo in tua man. Saria felice
suddito a sì gran donna il mondo intero.
| |
SABINA |
Ah domando il tuo core e non l'impero.
| |
ADRIANO |
Era tuo questo cor. S'io lo difesi,
se a te volli serbarlo
il ciel lo sa. Ne chiamo
tutti, o Sabina, in testimonio i numi.
Le bellezze dell'Asia
eran vili per me. Freddo ogni sguardo
a paragon de' tuoi
lunga stagion credei che fosse.
| |
SABINA |
| |
ADRIANO |
E poi... Non so. Di mia virtù sicuro
trascurai le difese
ed amor mi sorprese. Ero nel campo,
pieno d'una vittoria
e caldo ancor de' bellicosi sdegni,
quando condotta innanzi
mi fu Emirena. Ad un diverso affetto
è facile il passaggio
quando è l'alma in tumulto. Io la mirai
carica di catene
domandarmi pietà, bagnar di pianto
questa man che stringea, fissarmi in volto
le supplici pupille
in atto così dolce... Ah se in quell'atto
rimirata l'avessi a me vicina,
parrei degno di scusa anche a Sabina.
| |
SABINA |
Ah questo è troppo. Abbandonar mi vuoi;
hai coraggio di dirlo; in faccia mia
ostenti la beltà che mi contrasta
del tuo core il possesso; e non ti basta.
Pretenderesti ancora
per non vederti afflitto
ch'io facessi la scusa al tuo delitto.
E dove mai s'intese
tirannia più crudele? Il premio è questo
che ho da te meritato?
Barbaro! Mancator! Spergiuro! Ingrato!
| |
ADRIANO |
| |
SABINA |
(Che dissi!) Ah no, perdona
l'oltraggiose querele. Ire son queste
che nascono d'amor. Come a te piace
di me disponi. Instabile o costante
sarai sempre il mio ben. Chi sa? Lo spero.
Verrà, verrà quel giorno
che ripensando a chi fedel t'adora
forse dirai... Ma sarò morta allora.
(siede)
| |
| <- Aquilio
|
AQUILIO |
(in disparte)
(Qui Sabina!)
| |
ADRIANO |
(Io non posso
più vederla penar. Cedo a quel pianto,
mi sento intenerir.) Sabina hai vinto.
A' tuoi lacci felici
tornerò, sarò tuo.
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AQUILIO |
| |
SABINA |
| |
ADRIANO |
Che son vinto, che cedo,
che ti rendo il mio core.
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SABINA |
| |
AQUILIO |
| |
SABINA |
S'Emirena una volta
torni a veder...
| |
ADRIANO |
| |
SABINA |
| |
ADRIANO |
Ho risoluto e tutto
si può quando si vuole.
| |
| |
AQUILIO (ad Adriano) |
A' piedi tuoi
l'afflitta prigioniera
inchinarsi desia. Non ti ritrova
e lung'ora ti cerca.
| |
SABINA |
| |
ADRIANO |
No, Aquilio, io più non deggio
Emirena veder. Tempo una volta
è pur ch'io mi rammenti
la mia fida Sabina.
| |
SABINA |
| |
AQUILIO |
È giustizia e dover. Ma che domanda
la povera Emirena? A lei si niega
quel che a tutti è concesso! È serva, è vero,
ma pur nacque regina.
| |
ADRIANO |
Veramente, Sabina,
par crudeltà non ascoltarla.
| |
SABINA |
| |
ADRIANO |
No. Se non vuoi non mi vedrà. Ma... temo...
Tu che faresti in un egual periglio,
nel caso mio?
| |
SABINA |
| |
ADRIANO |
E ben parta Emirena
senza vedermi. Aquilio
gliene rechi il comando.
| |
AQUILIO |
(facendosi artificiosamente sentire)
Ah che dirai
povera principessa!
| |
ADRIANO |
| |
AQUILIO |
Nulla, signor. Volo a ubbidirti.
| |
ADRIANO |
Aspetta.
(pensa)
Meglio è che il suo destino
sappia dalla mia voce.
L'ascoltarla un momento alfin che nuoce?
| |
| |
|
SABINA
(s'alza)
Ah ingrato, m'inganni
nel darmi speranza;
giurando costanza
mi torni a tradir.
La fiamma novella
scordarti non sai.
T'aggiri, sospiri,
cercando la vai.
Lontano da quella
ti senti morir.
(parte)
| Sabina ->
|
|
|
Scena quarta |
Adriano ed Aquilio. |
|
| |
ADRIANO |
Udisti Aquilio? E si dirà che tanto
sia debole Adriano?
| |
AQUILIO |
Ognuno è reo,
se l'amore è delitto.
| |
ADRIANO |
E con qual fronte
le colpe altrui correggerò, se lascio
tutto il freno alle mie? No no, si plachi
la sdegnata Sabina;
non si vegga Emirena; al primo laccio
torni quest'alma e scosso
il giogo vergognoso... Oh dio, non posso.
| |
| |
|
La ragion, gli affetti ascolta
dubbia l'alma; e poi confusa
non vorrebbe esser disciolta
né restare in servitù.
Contro i rei se vi sdegnate
giusti dèi perché non fate
o più forte il nostro core,
o men aspra la virtù?
(parte)
| (♦)
(♦)
Adriano ->
|
|
|
Scena quinta |
Aquilio solo. |
|
| |
|
Tolleranza, o mio cor. La tua vittoria
benché non sia lontana
matura ancor non è. L'amor d'augusto,
gli sdegni di Sabina
combattono per noi. La pugna è accesa;
ma non convien precipitar l'impresa.
| |
| |
|
Saggio guerriero antico
mai non ferisce in fretta.
Esamina il nemico;
il suo vantaggio aspetta;
né dal calor dell'ira
mai trasportar si fa.
Muove la destra, il piede,
finge, s'avanza e cede,
fin che il momento arriva
che vincitor lo fa.
(parte)
| Aquilio ->
|
| |
| | |
|
|
Scena sesta |
Deliziosa per cui si passa a' serragli di fiere. Emirena e poi Sabina e Farnaspe. |
Q
Emirena
|
| |
|
EMIRENA
Che fa il mio bene?
Perché non viene?
Veder mi vuole
languir così?
Oggi è pur lento
nel corso il sole!
Ogni momento
mi sembra un dì.
| |
| <- Sabina, Farnaspe
|
SABINA (a Farnaspe) |
| |
FARNASPE |
| |
EMIRENA |
Sei pur tu caro prence? Il credo a pena.
| |
FARNASPE |
| |
SABINA |
Di tenerezze adesso
tempo non è. Convien salvarsi. È quella
l'opportuna alla fuga,
non frequentata, oscura via. Non molto
lunge dal primo ingresso
si parte in due. Guida la destra al fiume,
la sinistra alla reggia. A voi conviene
evitar la seconda. Andate amici.
Sicuri a' vostri lidi
la fortuna vi scorga, amor vi guidi.
| |
EMIRENA |
| |
FARNASPE |
Eccelsa donna, e come
render mercé...
| |
SABINA |
Poco desio. Pensate
qualche volta a Sabina e fra le vostre
felicità, se pur vi torno in mente,
esiga il mio martiro
dalla vostra pietà qualche sospiro.
| |
| |
|
Volga il ciel felici amanti
sempre a voi benigni rai;
né provar vi faccia mai
il destin della mia fé.
Non invidio il vostro affetto
ma vorrei che in qualche petto
la pietà, ch'io mostro a voi,
si trovasse ancor per me.
(parte)
| Sabina ->
|
|
|
Scena settima |
Emirena e Farnaspe. |
|
| |
FARNASPE |
Ed è ver che sei mia? Ne temo e quasi
parmi ancor di sognar.
| |
EMIRENA |
Non manca o sposo
per esser lieti appieno
che ritrovare il padre. Oh qual contento
nel rivedermi avria! Sapessi almeno
in qual clima s'aggiri.
| |
FARNASPE |
Saran paghi, mia vita, i tuoi desiri.
| |
EMIRENA |
| |
FARNASPE |
Sì, ma per ora
non pensar che a seguire i passi miei.
| |
EMIRENA |
Quante gioie in un punto amici dèi!
| |
| (s'incamminano verso la strada disegnata da Sabina) | |
FARNASPE (ad Emirena arrestandola) |
| |
EMIRENA |
| |
FARNASPE |
Non odi
qualche strepito d'armi?
| |
EMIRENA |
Odo. Ma donde
non saprei dir.
| |
FARNASPE |
Da quel cammino istesso
che tener noi dobbiamo.
| |
EMIRENA |
| |
FARNASPE |
Non giova
l'avvilirsi ben mio. Celati intanto
che l'armi io scopro e la cagion di quelle.
| |
EMIRENA |
Che sarà mai! Non mi tradite, o stelle.
(si nasconde molto indietro vicino a' cancelli del serraglio)
| |
|
|
Scena ottava |
Osroa in abito romano, con spada nuda, che esce dalla strada disegnata da Sabina. Farnaspe ed in disparte Emirena. |
<- Osroa
|
| |
OSROA |
Fra l'ombre adesso a raccontar l'altero
vada i trofei della sua Roma.
| |
FARNASPE |
E dove
corri signor con queste spoglie?
| |
OSROA |
Amico,
siam vendicati. È libera la terra
dal suo tiranno. Ecco il felice acciaro
che Adriano svenò.
| |
FARNASPE |
| |
OSROA |
Solea
l'aborrito romano
per questa oscura via passare occulto
d'Emirena a' soggiorni. Un suo seguace
complice del segreto
me 'l palesò. Fra questi eroi del Tebro
l'oro ha trovato un traditore. Al varco
travestito in tal guisa io l'aspettai
finché passò col servo e lo svenai.
| |
FARNASPE |
Ma del nemico invece
potevi fra quell'ombre
l'altro ferir.
| |
OSROA |
No. Fu previsto il caso.
Finse cader, quando mi fu vicino
il servo reo. Con questo segno espresso
cesare espose, assicurò sé stesso.
| |
EMIRENA |
(Chi sarà quel roman? Stringe un acciaro
e sanguigno mi par. Potessi in volto
mirarlo almeno.)
| |
FARNASPE |
Or che farem? Fuggendo
per la via che facesti, incontro andiamo
a mille che concorsi
al tumulto saran. Sugli altri ingressi
veglian servi e custodi.
| |
OSROA |
Ebben col ferro
ci apriremo la strada.
| |
FARNASPE |
Al caso estremo
serbiam questo rimedio. Io voglio prima
ricercar se vi fosse
altra via di fuggir.
| |
EMIRENA |
(Parlan sommesso.
Intenderli non so.)
| |
FARNASPE |
Fra quelle piante
nascoso attendi. Io tornerò di volo.
| |
OSROA |
Sollecito ritorna o parto solo.
(si nasconde molto innanzi fra le piante del boschetto)
| |
| |
FARNASPE |
Questo... No. Quel sentier... Ma s'io tentassi
il cammin che prescritto
da Sabina mi fu? D'augusto il caso
forse ancor non è noto. E forse prima
ch'altri il sappia e v'accorra
noi fuggiti sarem. Sì, questo eleggo.
| |
|
|
Scena nona |
Farnaspe, Adriano con spada nuda e séguito di Guardie dalla strada suddetta. Osroa ed Emirena in disparte. |
<- Adriano, guardie 1, guardie 2, guardie 3
|
| |
ADRIANO |
(incontrandosi in Farnaspe)
Fermati traditor.
| |
FARNASPE |
Numi, che veggo!
(si ferma stupido)
| |
ADRIANO (alle guardie) |
Impedite ogni passo
alla fuga o custodi.
| |
FARNASPE |
| |
EMIRENA |
| |
ADRIANO |
Istupidisci ingrato
perché vivo mi vedi. A me credesti
di trafiggere il sen. L'empio disegno
con voci ingiuriose
nel ferir palesasti.
| |
EMIRENA |
(Ecco l'errore.
Colui che si nascose è il traditore.)
| |
ADRIANO |
Perfido non rispondi? A che venisti?
Qual disegno t'ha mosso?
Chi sciolse i lacci tuoi? Parla.
| |
FARNASPE |
| |
ADRIANO |
| |
FARNASPE |
Signor non sempre è reo chi non si scusa.
| |
EMIRENA |
| |
ADRIANO (alle guardie) |
Olà si tragga
nel carcere più nero il delinquente.
| |
| |
EMIRENA (ad Adriano) |
Fermatevi, sentite. Egli è innocente.
| |
FARNASPE |
| |
ADRIANO |
Stelle! Tu ancora
qui con Farnaspe? E il traditor difendi?
| |
EMIRENA |
Ei non è traditor. Fra quelle fronde...
| |
FARNASPE (ad Emirena) |
| |
EMIRENA |
L'empio s'asconde
che spinse a' danni tuoi l'acciar rubello.
| |
FARNASPE |
(Oh dio non sa che il genitore è quello.)
| |
ADRIANO |
Se credulo mi brami, a questo segno
di Farnaspe al periglio
non mostrarti agitata.
Come t'affanni ingrata!
Come tremi per lui! Sei sì confusa
che non sa il tuo pensiero
menzogna ordir che rassomigli al vero.
| |
FARNASPE |
| |
EMIRENA (ad Adriano) |
| |
FARNASPE |
E che ti giova, o cara,
sol per pochi momenti
differirmi la pena? Il mio delitto
più celar non si può. Tu mi condanni
nel volermi scusar. Con farmi re
non mi offendi però. Cari a tal segno
mi sono i falli miei
che tornarne innocente io non vorrei.
| |
ADRIANO |
| |
EMIRENA |
| |
FARNASPE |
(Che bel morir se 'l mio signor difendo!)
| |
EMIRENA |
Prence, sposo, ben mio perché congiuri
tu ancor contro te stesso? Empio non sei
e vuoi parerlo? Ah qual follia novella...
| |
FARNASPE |
Lasciami la mia colpa, è troppo bella.
| |
ADRIANO |
Questo è pur quel Farnaspe
che tu non conoscevi. Or come è mai
divenuto il tuo ben? Dove lasciasti
la freddezza primiera?
Anima ingannatrice e menzognera.
| |
EMIRENA |
| |
ADRIANO (alle guardie) |
Costui mi pagherà la pena
di più colpe in un punto. Olà!
| |
EMIRENA |
Ma guarda
l'insidiator qual sia.
| |
FARNASPE |
Taci una volta
Emirena se m'ami.
| |
EMIRENA |
Io t'odierei
se t'ubbidissi. I passi miei seguite.
Qui, qui s'asconde il traditore.
(corre verso Osroa)
| |
FARNASPE |
| |
EMIRENA |
| |
| (Osroa si scopre) | |
OSROA |
| |
EMIRENA |
(resta immobile)
Ah padre!
| |
ADRIANO |
Il re de' Parti
in abito romano! E quanti siete
scellerati a tradirmi?
| |
OSROA |
Io solo, io solo
ho sete del tuo sangue. Il colpo errai;
ma se mi lasci in vita
il fallo emenderò.
| |
ADRIANO |
Così fra l'ombre
assalirmi infedel? Coglier l'istante
che inciampo e cado al suol?
| |
OSROA |
Barbara sorte!
Ecco l'inganno. Il tuo seguace ad arte
cader doveva e tu cadesti a caso.
Onde confuso il segno
l'un per l'altro svenai.
| |
FARNASPE |
Rimase oppresso
il traditor nel tradimento istesso.
| |
ADRIANO |
Troppo ingrata mercede
barbaro tu mi rendi. Oppresso e vinto
t'invito, t'offerisco
di Roma l'amistà...
| |
OSROA |
Sì, questo è il nome,
empi, con cui la tirannia chiamate.
Ma poi servon gli amici e voi regnate.
| |
ADRIANO |
Siam del giusto custodi. Al giusto serve
chi compagni ci vuol, non serve a noi.
Ma la giustizia è tirannia per voi.
| |
OSROA |
E chi di lei vi fece
interpreti e custodi? Avete forse
ne' celesti congressi
parte co' numi? O siete i numi istessi?
| |
ADRIANO |
Se non siam numi, almeno
procuriam d'imitargli; e il suo costume
chi co' numi conforma agli altri è nume.
| |
OSROA |
Numi però voi siete
avidi dell'altrui; rapite i regni;
vaneggiate d'amor; volete oppressi
gl'innocenti rivali,
tradite le consorti...
| |
ADRIANO |
Ah troppo abusi
della mia sofferenza. Olà ministri
in carcere distinto alla lor pena
questi rei custodite.
| |
FARNASPE |
| |
ADRIANO |
| |
FARNASPE |
Ah che ingiustizia è questa?
Qual delitto a punir ritrovi in lei?
| |
| |
|
ADRIANO
Tutti nemici e rei,
tutti tremar dovete.
Perfidi, lo sapete
e m'insultate ancor!
Che barbaro governo
fanno dell'alma mia
sdegno, rimorso interno,
amore e gelosia!
Non ha più furie Averno
per lacerarmi il cor.
(parte)
| Adriano ->
|
|
|
Scena decima |
Osroa. Farnaspe, Emirena e Guardie. |
|
| |
EMIRENA |
Padre... Oh dio, con qual fronte
posso padre chiamarti io che t'uccido?
Deh se per me t'avanza...
| |
OSROA |
Parti, non assalir la mia costanza.
| |
EMIRENA |
Ah mi scacci a ragion. Perdono, o padre,
eccomi a' piedi tuoi.
(s'inginocchia)
| |
OSROA |
Lasciami, o figlia.
No, sdegnato non sono,
t'abbraccio, ti perdono.
Addio dell'alma mia parte più cara.
| |
EMIRENA |
| |
FARNASPE |
| |
| |
|
EMIRENA
Quell'amplesso e quel perdono,
quello sguardo e quel sospiro
fa più giusto il mio martiro,
più colpevole mi fa.
Qual mi fosti e qual ti sono
chiaro intende il core afflitto,
che misura il suo delitto
dall'istessa tua pietà.
(parte)
| Emirena, guardie 1 ->
|
|
|
Scena undicesima |
Osroa e Farnaspe. |
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| |
FARNASPE |
Almen tutto il mio sangue
a conservar bastasse
il mio re, la mia sposa.
| |
OSROA |
Amico, assai
debole io fui. Non congiurar tu ancora
contro la mia fortezza. Abbia il nemico
il rossor di vedermi
maggior dell'ire sue. Nell'ultim'ora
cader mi vegga e mi paventi ancora.
| |
| |
|
Leon piagato a morte
sente mancar la vita,
guarda la sua ferita
né s'avvilisce ancor.
Così fra l'ire estreme
rugge, minaccia e freme
che fa tremar morendo
talvolta il cacciator.
(parte)
| Osroa, guardie 2 ->
|
|
|
Scena dodicesima |
Farnaspe solo. |
|
| |
|
Con quai nodi tenaci avvinta a questa
miserabile spoglia è l'alma mia!
Come resiste a tanti
insoffribili affanni!
Ah toglietemi il giorno astri tiranni.
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|
È falso il dir che uccida,
se dura un gran dolore,
e che, se non si muore,
sia facile a soffrir.
Questa ch'io provo è pena
che avanza ogni costanza,
che il viver m'avvelena,
e non mi fa morir.
(parte)
| Farnaspe, guardie 3 ->
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| |
Segue il ballo di Custodi del serraglio rappresentante una caccia di fiere. | <- custodi del serraglio
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