Proemio

 

Scena unica

Avveduto, e Prudenzio giovanetti.

Avveduto, Prudenzio

 

AVVEDUTO

Voi che all'aspetto mi parete sensato e prudente giovanetto, ditemi di grazia, che vi pare di questa vita mortale, che gli uomini pregiano tanto? In che concetto la tenete voi? Desidero il parer vostro: percioché anch'io vorrei viver in modo, che giungendo al termine di essa, non mi trovassi, come a molti interviene, da falsa speranza ingannato.  

PRUDENZIO

Io non posso soddisfare a pieno al vostro desiderio, perché gli anni miei acerbi non comportano, ch'io in questo soggetto abbi veduto molto: pure per quanto ho possuto odorare di lontano, e per quello che ho imparato dagli uomini savii, che l'hanno con occhio accorto trapassata; mi pare, ch'ella sia una mostra, ed apparenza di vanità; una bella veste, che ricopre le deformità del corpo infermo: ed un erboso prato, che con le verdi gramegne nasconde il velenoso serpe. E voi, che diresti che ella fusse?

AVVEDUTO

Io ancorché inesperto, direi, ch'ella fusse un campo angusto, ma pieno di dure pietre: un bosco folto, ma pieno d'acute spine: un monte ombroso, ma pieno d'altissime rupi, ed in somma una gran selva, ma piena di selvatiche fiere.

PRUDENZIO

Io la chiamarei una valle oscura di pianto: un fonte sterile di pensieri: un fiume torbido di lagrime: ed un mare procelloso di miserie.

AVVEDUTO

Io ancora, se bene mi sono accorto, truovo che questa nostra vita è come la bolla nell'acqua, che subito manca: come il vapore nell'aria, che presto si consuma: e come il fiore, che su la siepe in un tratto languisce.

PRUDENZIO

Io l'assomiglio ad una casa vecchia, che minaccia ruina: ad una torre alta fondata su l'arena: ad un arbore pieno di rami, ma senza radici.

AVVEDUTO

A me pare una navicella senza governo: una vecchiezza senza bastone: un cavallo senza freno: ed un cieco senza guida.

PRUDENZIO

Io la paragono ad un ordine confuso: ad una quiete travagliata: ad una fatica inefficace: ad una sanità inferma: ed ad una ricchezza povera.

AVVEDUTO

Dite pure ch'ella è una bellezza deforme: un onore infame: un'ambizione sollecita: un'altezza precipitosa: ed una nobiltà oscura.

PRUDENZIO

Aggiungete ch'ella è un sacco forato: un vaso intronato: uno specchio macchiato: ed un vetro rotto.

AVVEDUTO

Non lasciate di dire, ch'ella è un amo d'oro con l'esca: un tribolo acuto, che fora: un pomo acerbo, che disgusta: ed un calice di vino, che inebria.

PRUDENZIO

Anzi un viaggio pieno d'insidie: una città piena di discordie: un regno diviso: un principato tirannico: ed un peregrinaggio molesto.

AVVEDUTO

Soggiungete ch'ella è un castello in aria: una nave in mezz'al mare: una nebbia inanzi al sole: ed un vento, che passa, e non torna.

PRUDENZIO

Affermate di lei, e dite pure ch'ella è un gorgo cupo, dove molti si sommergono: un pelago stretto, dove molti pericolano: una mare senza porto, dove a gran rischio si passa.

AVVEDUTO

Stimatela pure ch'ella sia una caverna di serpenti: una spelonca di ladri: una grotta d'assassini: ed un rifugio di malfattori.

PRUDENZIO

Non vedete voi ch'ella è una piazza piena di rumori: una strada torta piena d'errori: ed un muro vecchio pieno di fessure.

AVVEDUTO

Nominatela pure un giogo non soave: un peso non leggiero: ed una catena forte.

PRUDENZIO

O come è vero ch'ella è una pece, ch'imbratta: un fango, che tiene: ed una polvere, che accieca.

AVVEDUTO

Assicuratevi ch'ella è un deserto arenoso: una solitudine orrida: un paese inabitabile.

PRUDENZIO

Non considerate voi, ch'ella si muta come la luna? che trapassa come un corriero? che va in giro come una ruota?

AVVEDUTO

È purtroppo chiaro, ch'ella è una città di sangue: una concupiscenza di carne: un compiacimento d'occhi: ed una superbia di cuore.

PRUDENZIO

Chiamatela sicuramente un amor di pazzi: un desiderio di viziosi: un piacer d'appassionati.

AVVEDUTO

Nominatela una mensa povera: una cisterna fessurata: un letto duro: ed un'arca vacua.

PRUDENZIO

Assomigliatela ad una sirena che canta: ad una meretrice che lusinga: ad un mago ch'incanta.

AVVEDUTO

Tenetela in concetto d'un dolor, che ride: di un riso che piange: d'un contento che si lamenta.

PRUDENZIO

Ed io per dire il suo nome, dico ch'ella è una vita bugiarda: una vita morta: una morte, che spira: ed un inferno de' viventi.

AVVEDUTO

Ed io vi concludo che questa miserabil vita altro non è che una pompa funebre di corpi vivi: un velocissimo corso alla morte: ed un nobile apparato, che si fa a' vermi.

PRUDENZIO

Ed in effetto a questa mondana vita le si possano dare tutti li titoli, e nomi più indegni, che tutti se li convengono benissimo.

AVVEDUTO

Or ditemi, s'ella è così, onde nasce, che molti la tengono in tanta stima, e la gustano in modo tale, che non vorriano mai morire?

PRUDENZIO

Questo nasce, perché i peccati gli hanno offuscata la vista, e messo un velo innanzi a gli occhi, talché non possono comprendere la verità delle cose: e perciò pigliando il falso per vero, e 'l male per bene vaneggiano in mezo a gli errori: ed intanto li s'avventa la morte, e li porta colà dove si trovano non aver nelle mani altro che vento, anzi tormento, e pena.

AVVEDUTO

Certo, che sono infelicissimi gli uomini, che così vivono, poiché sicuri dormono in uno errore di tanto pericolo. O quanto farebbono bene, se una volta si svegliassero da così mortifero letargo!

PRUDENZIO

O quanta, o quanta salute sarebbe alle genti, se si ponessero a considerare oltre la scorza, le miserie, ed imperfezioni di questa ingannevol vita! percioché per troppo affezionarsi alle sue false bellezze, si scade (tremenda cosa), e non si vede, nei dolori dell'inferno, e nelle crude braccia della morte.

AVVEDUTO

O qual felicità saria di tutti, se da i sensi si alzassero dove è l'intelletto! e qui vedessero che non ricchezze, non piacere, non onore contenta il core in questa vita, ma solo il bene, ch'appresso a dio si trova: e scoprissero, ch'il tempo fugge a un batter d'occhi: e col vero consiglio apprendessero, che questa poca luce di vita in un momento tramonta: ch'il corpo co 'i sensi suoi sollecita ad ogn'ora l'anima all'amor del fango. Che il paradiso ne luce sopra il capo, Che l'inferno ne arde sotto i piedi, che il mondo vaneggiando ne inganna, e la vita lusingando n'occide. E che in effetto qualunque contra gl'insulti dell'inimiche tentazioni virilmente in terra combatte, eterne, e gloriose corone acquista nel cielo.

PRUDENZIO

È verissimo. E perché la scienza, e cognizione di quanto è stato da voi detto è importantissima, dipendendo da quella la somma di tutte le cose; da qui è, che alcuni s'hanno preso per carico di mettercela inanzi a gli occhi. Ed ecco che or ora in questo luoco ci verrà rappresentato un vivo, e stupendo esempio, che mostrerà esser vero, quanto abbiamo concluso. E si vedranno venire innanzi le cose istesse, le quali sotto figura di persone umane apparendo, mentre con le nuove e strane immagini dilettaranno, nell'istesso tempo serviranno per una idea, dove ciascuno mirando puotrà formarsene un ritratto nel core, nel quale riconosca chiaramente, che questa vita, questo mondo, queste terrene grandezze sono veramente polvere, fumo ed ombra: e finalmente poi che non ci è altro di fermo, né di grande che la virtù, la grazia di dio, e 'l regno eterno del cielo. Ma ecco ch'un vecchio per dar principio alla cosa, se ne vien fuori. Cediamo il luoco, ed appartiamoci.

AVVEDUTO

Così facciamo.

 

Fine (Proemio)

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Avveduto, Prudenzio
 

Voi che all'aspetto mi parete sensato

 
Scena unica
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