Avvertimento

Il duca Ernesto di Caldera, potentissimo signore siciliano, amava perdutamente la bella Imogene, e la desiderava in isposa; ma il cuore di lei era prevenuto per Gualtiero, conte di Montalto. Il duca di Caldera per vendicarsi del preferito rivale, che col vecchio padre d'Imogene seguiva le parti di Manfredi, si pose a favorire i disegni di Carlo d'Angiò e tanto fece, che, spento Manfredi, il partito angioino trionfò in Sicilia, e Gualtiero, vinto in battaglia, fu perseguitato e proscritto.

Fuggì questi in Aragona; il cui re, nemico degli angioini, pretendeva al dominio della Sicilia; ma non rinvenne in quel regno la protezione ch'egli sperava. Altro partito non gli rimase per danneggiare i suoi nemici, che quello di armare una squadra di pirati aragonesi, coi quali corseggiando per ben dieci anni, fece aspra guerra agli angioini, sperando sempre di poter vendicarsi, e di ricuperare l'amante. Ma questa era per esso perduta, poiché il duca di Caldora avea fatto prigioniero il vecchio padre d'Imogene, e costretta la misera a comprare la di lui vita col dono della sua mano.

L'ardimento dei Pirati giunse a tale, che Carlo d'Angiò spedir dovette contro di loro tutte le forze della Sicilia, affidandone il comando al duca di Caldora. Scontraronsi le due squadre sull'acque di Messina; e dopo un lungo combattimento, Gualtiero fu vinto, e obbligato a fuggire con un solo vascello. Sopraggiunto quindi da una burrasca, fu gittato sulle coste della Sicilia, non lungi da Caldora, ov'egra ed afflitta languiva l'infelice Imogene.

A questo punto comincia l'azione. Quel che poscia avvenisse, si vedrà nel melodramma. L'autore ha cercato di esser più chiaro che per lui si poteva; se non vi è riuscito, se ne incolpi la necessità di esser breve.

Atto primo Atto secondo

• • •

Testo PDF Ridotto