Atto primo

 

Scena prima

Sala.
Il Conte, la Contessa e poi Masotto.

 Q 

Conte, Contessa

 

CONTE

La voglio così.  

CONTESSA

Così non sarà.

CONTE

Prevale il mio sì.

CONTESSA

Sta volta non già.

 

CONTESSA E CONTE

Lo giuro, il protesto,

che a cedere in questo

nessun mi vedrà.

 

<- Masotto

MASOTTO

Che c'è, padroni miei?  

Han bisogno di niente?

Ho sentito gridare, e son venuto

della parte più debole in aiuto.

CONTE

Uditemi, fattore...

CONTESSA

Udite me.

CONTE

Quest'è la mia ragion...

CONTESSA

Ragion non c'è...

No, per la parte sua, non c'è ragione.

Ho promesso a Mingone

Dorina cameriera, e a lui vuò darla.

Vorrebbe maritarla,

(con ironia)

l'adorabile mio signor consorte,

con Titta suo staffiere

per mirarla vicina a suo piacere.

MASOTTO
(al Conte)

Se la cosa è così...

CONTE

No, non è vero.

Vuò darla al mio staffiero

perché meglio con lui starà Dorina;

affé, la poverina,

sposandosi a Mingone,

prenderebbe in marito un bel birbone.

MASOTTO
(alla Contessa)

Se la cosa è così...

CONTESSA

Non è per questo;

ma perché è innamorato,

pensa render lo stato

della donzella mia ricco e felice.

MASOTTO
(al Conte)

Se la cosa è così...

CONTE

Mente chi il dice.

CONTESSA

Una mentita a me?

MASOTTO

(La guerra è accesa.)

CONTESSA

Una mentita a me? Non son chi sono

se non so vendicarmi.

CONTE

Meno caldo, signora.

MASOTTO

(All'armi, all'armi.)

CONTESSA

O che Dorina sposerà Mingone,

o io, ve lo prometto,

dividerò, signor consorte, il letto.

MASOTTO

Eh no, signora...

CONTE

O che si sposi a Titta,

o dividasi il letto e il matrimonio.

MASOTTO

(Questa volta davver v'entrò il demonio.)

CONTE

Son marito, alla fine, e son padrone;

e tollerar non voglio

in casa mia sì forsennato orgoglio.

 

Vuò soffrire a un certo segno  

per amore e per rispetto;

ma chi abusa dell'affetto,

no, non merita onestà.

La natura all'uom concede

di regnar sul debil sesso;

ma il dominio perde anch'esso,

quando eccede la viltà.

(parte)

Conte ->

 

Scena seconda

La Contessa e Masotto.

 

CONTESSA

Udiste?  

MASOTTO

Io l'ho sentito.

CONTESSA

Può parlar un marito

peggio di quel che parla?

MASOTTO

Non mi pare

che ci sia tanto mal.

CONTESSA

Nella questione

chi vi par di noi due ch'abbia ragione?

MASOTTO

Dirò, se mi permette,

con tutto il mio rispetto...

CONTESSA

Dite il vostro parer, ve lo permetto.

MASOTTO

Io direi che alla fine

il marito è marito, e che conviene...

CONTESSA

Cedere a lui, volete dire, è vero?

MASOTTO

Dirò, signora mia...

CONTESSA

Vi manca poco

ch'io non sfoghi con voi dell'ira il foco.

MASOTTO

Ma io...

CONTESSA

Siete un ribaldo.

MASOTTO

E perché tanto caldo?

CONTESSA

Darmi torto così sugli occhi miei?

MASOTTO

Ma no, signora, io do ragione a lei.

CONTESSA

Dunque ho ragion.

MASOTTO

Certo, signora sì.

(Per quel ch'io vedo, è meglio dir così.)

CONTESSA

Ma il marito, dicevi, è alfin marito,

e convien... Che conviene?

MASOTTO

Io dir volea,

quando la moglie è dama,

il marito dée far quel ch'ella brama.

CONTESSA

E voi, per compiacermi,

dovete far in modo

che conchiudasi presto un simil nodo.

MASOTTO

Io non ci ho molta grazia;

onde davver non so...

CONTESSA

Voglio che lo facciate.

MASOTTO

Io lo farò.

CONTESSA

Alfine io son chi sono;

son noti i miei natali,

le parentele mie non sono ignote,

e si sa che una dote

portata ho in questa casa signorile,

e quel ch'io voglio, io voglio,

ed è questa giustizia e non orgoglio.

MASOTTO

Anzi è cosa giustissima,

e vedrà che in effetto

tutti le porteran maggior rispetto.

(Adularla convien.)

CONTESSA

Per una serva

il marito di me fa poca stima?

Ah dove, dove andò l'amor di prima?

 

Ah, dove è andato    

quel primo affetto?

Ah, che l'ingrato

mio sposo, in petto

cangiato ha il cor.

Duran pur poco

quei primi istanti;

si spegne il foco,

cessa l'ardor.

(parte)

S

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Contessa ->

 

Scena terza

Masotto solo.

 

 

È bella la questione  

fra Titta e fra Mingone,

ma un'altra cosa c'è,

che Dorina davver piace anche a me.

La padrona vuol darla al giardiniere,

il padrone vuol darla al servitore;

io, che sono il fattore,

vuò procurar, s'è ver quel che dir s'ode,

che fra due litiganti il terzo gode.

Come si potrà far? Ci penserò.

Potrei dir, per esempio... oh, questo no.

Eh! potrei far così...

e se poi... e se lei... eh, signor sì.

 

Con Dorina, per esempio,  

posso fare il damerino,

parlar posso al contadino,

per esempio, da fattor.

Posso dire al servitor:

«No... perché... figliuol... pensate...»

E al padrone? E alla padrona?

Posso dir così e così,

per esempio, no e sì.

(parte)

Masotto ->

 

Scena quarta

Dorina, Mingone e Titta.

<- Dorina, Mingone, Titta

 

DORINA

Via, lasciatemi stare,  

non mi state per ora a tormentare.

Già m'ho da maritar con un di voi,

ma chi mi toccherà, non so dir poi.

TITTA

Il padrone comanda,

Dorina sarà mia.

MINGONE

Sciocco, scioccone.

Come c'entra il padrone

della consorte colla cameriera?

Sarà mia quella gioia innanzi sera.

DORINA

Già la padrona, non so dir perché,

non mi vuol più con sé.

Non ho padre né madre,

casa pronta non ho per ricovrarmi:

necessario è ch'io pensi a maritarmi.

S'è accesa la gran lite fra i padroni

per voi, bei soggettoni,

onde deciderà presto la sorte

a chi debba Dorina esser consorte.

TITTA

Dite la verità, Dorina cara,

sareste più contenta

maritandovi a me?

DORINA

Non so.

MINGONE

Parlate,

il vostro cor spiegate;

vi piace il volto mio?

DORINA

Eh, signor sì.

TITTA

Ehi, mi volete ben?

DORINA

Così e così.

MINGONE

Ho delle terre al sole;

ho delle bestie ancora al mio comando;

e poi per lavorar, quando bisogna,

non la cedo a nessun.

DORINA

Me ne consolo.

TITTA

Ho casa ed ho bottega;

servo per mio diletto,

ma fra denari e roba

tengo un buon capital.

DORINA

Me ne rallegro.

MINGONE

Voi decider potete,

basta che voi volete.

DORINA

Si vedrà.

TITTA

Mi esibisco di cor.

DORINA

Per sua bontà.

MINGONE

Sentite una parola.

(piano a Dorina)

Di lui non vi fidate;

miserabile voi, se vi sposasse!

È un barone colui di prima classe.

DORINA

Davver?

TITTA

Ehi! favorisca;

le ho da dir una cosa.

(piano a Dorina)

Se foste mai la sposa di Mingone,

v'avviso, egli è una schiuma di briccone.

DORINA

Oh capperi!

MINGONE

Che occorre

parlarle nell'orecchio?

Ella dée dirlo chiaramente e forte

di chi vuol, di chi brama esser consorte.

TITTA

Lo dica pur, già so ch'io son l'eletto.

MINGONE

Preferire da lei sentirmi aspetto.

DORINA

Tutti due meritate,

ma tutti due mi fate

un poco di timore;

ah, sceglierei se vi vedessi il core.

 

(a Titta)

Voi avete un bel visetto  

rotondetto, ~ vezzosetto.

(a Mingone)

Voi avete un occhio bello

bricconcello, ~ ladroncello.

Ma quel core come sta?

Come stiamo a fedeltà?

Ah, furbetto, ~ graziosetto,

mi vorresti corbellar.

Non ancora, ~ no per ora,

non mi vuò di voi fidar.

(parte)

Dorina ->

 

Scena quinta

Titta e Mingone.

 

TITTA

Puoi dir quello che vuoi, per te è finita.  

MINGONE

Sciocco, tu ti potrai leccar le dita.

TITTA

E poi la protezione

del mio signor padrone

bastami in mio favore.

MINGONE

Questa volta non basta il protettore.

La padrona lo sa,

ch'ei tanta carità per te non usa;

sa che questa è una scusa

sol per aver vicina

d'un dipendente suo sposa Dorina.

TITTA

S'inganna, se lo crede;

quando sarò sposato,

addio, signor padron bello e garbato.

MINGONE

Ma sarà mia Dorina:

la padrona l'ha detto, e lo farà,

e anche il marito suo rivolterà.

TITTA

Chi sa? Quando il padrone

abbia quell'intenzione

sopra Dorina, che dicesti tu,

da te forte potria sperar di più.

MINGONE

Basta che ciò non sia.

TITTA

Mi vuol bene Dorina, e sarà mia.

MINGONE

Misero, già m'aspetto

vederti svergognato

dirmi: «buon pro ti faccia»;

ed io allora potrò riderti in faccia.

 

Come un agnello  

che va al macello,

belando andrai

per la città.

Io con la bella

mia rondinella

andrò rondando

di qua e di là.

(parte)

Mingone ->

 

Scena sesta

Titta e Livietta.

 

TITTA

Io mostro aver bravura,  

ma costui, per dir ver, mi fa paura.

Non vorrei, non vorrei... Livietta è qui.

Se mai un qualche dì

Dorina m'intimasse la licenza,

questa buona saria per non star senza.

 

<- Livietta

LIVIETTA

Il padrone vi chiama,  

e voi qui cosa fate?

TITTA

Ora vado, carina.

LIVIETTA

Animo, andate.

TITTA

Perché così stizzosa?

LIVIETTA

Sono in collera

co' la padrona mia,

e senz'altro da lei voglio andar via.

TITTA

Perché? Cosa v'ha fatto?

LIVIETTA

Vuol far un'ingiustizia;

ma non la soffrirò, no certamente:

vuol dar sposo a Dorina, ed a me niente.

TITTA

Ebben, non dubitate,

l'averete anche voi.

Ne potrete pigliare uno per una.

LIVIETTA

Io non voglio gli avanzi di nessuna.

E poi per maritarmi

non vuò che fra i padron si contrasti;

e mi pare di aver merto che basti.

TITTA

Ditemi, Liviettina,

caso mai che Dorina

si sposasse a Mingone,

cosa potrei sperar dal vostro amore?

LIVIETTA

Che vi mandassi al diavolo di core.

TITTA

Ma perché?

LIVIETTA

Torno a dirvi,

caro il mio babbuino,

ch'io non voglio servir di comodino.

TITTA

Dunque, per quel ch'io sento,

son bello e licenziato.

LIVIETTA

Che volete da me? Siete impegnato.

TITTA

Se vo a disimpegnarmi,

promettete d'amarmi?

LIVIETTA

Non lo so.

Siate libero, e poi risponderò.

TITTA

Brava, così mi piace;

ammiro la prudenza.

Or vado di presenza

dal padron, da Dorina... e so ben io...

basta, basta, chi sa? Livietta, addio.

 

Quel che mi bolle in testa,  

certo nessuno il sa.

(Chiama il padron.) Carina!

Oh, siete pur bellina!

(Vengo.) Non so partire.

Tutto vorrei pur dire.

(Eccomi.) Vado, e torno.

Presto verrà quel giorno

che il mio segreto amor...

(Lustrissimo. La servo.)

Cara, vi lascio il cor.

(parte)

Titta ->

 

Scena settima

Livietta sola.

 

 

Alle belle parole io già non credo.  

Lo so che i giovanotti

ne vogliono più d'una

per potere, se occor, cambiar fortuna.

Ma io che li conosco,

non mi fido di loro;

e se ho da maritarmi,

vuò prima assicurarmi

che colui che mi giura amore e fé,

sia, come si suol dir, tutto per me.

 

Mi contento di un sol cuore,  

ma dividerlo non voglio;

serberò costante amore,

ma pretendo eguale amor.

All'usanza non ci sto:

il marito perché si?

E la moglie perché no?

Se fedele vuol la sposa,

sia fedel lo sposo ancor.

(parte)

Livietta ->

 

Scena ottava

Dorina, poi Masotto, poi Titta e Mingone.

<- Dorina

 

DORINA

Gran disgrazia è nascer donna:  

esser deve ognor soggetta.

O la madre le comanda,

o comanda la padrona,

o il marito la bastona,

e la donna, poveretta,

viver deve ognor soggetta.

 

<- Masotto

MASOTTO

(Ecco Dorina; or voglio  

la mia sorte tentar.)

DORINA

Signor fattore,

vi riverisco.

MASOTTO

Addio, Dorina bella.

DORINA

Voi sbagliate, signor, non sarò quella.

MASOTTO

Non siete voi Dorina?

L'occhio non m'ingannò.

DORINA

Son Dorina, egli è ver, ma bella no.

MASOTTO

Della vostra modestia

l'amabile virtù

v'accresce adesso una beltà di più.

DORINA

Voi mi mortificate.

MASOTTO

E voi m'innamorate.

E voi, Dorina mia...

voi mi fareste far qualche pazzia.

DORINA

Signor, io non capisco...

MASOTTO

Dite un poco:

è ver che in questo dì

vi voglion maritare?

DORINA

Signor sì.

MASOTTO

È ver che al giardiniero

o al servitor vi voglion dare?

DORINA

È vero.

MASOTTO

Se un partito miglior vi proporrò,

l'accetterete voi?

DORINA

E perché no?

MASOTTO

Per esempio, se io,

che alfin sono un fattore,

mi esibissi per voi?

DORINA

Oh, mio signore!

MASOTTO

Schietto convien parlar, Dorina mia.

DORINA

Io non ho dote per vossignoria.

MASOTTO

Di dote non m'importa;

son degli anni ch'io servo da fattore,

ed un fattor che ha un po' di cognizione

presto divien più ricco del padrone.

Ditemi, se vi piace,

Dorina, il mio partito;

dite se mi volete per marito.

DORINA

Direi... signor...

MASOTTO

Franco parlar bisogna.

DORINA

Ho un pochin di vergogna.

MASOTTO

Siamo fra voi e me; nessun ci sente.

DORINA

Basta... se la padrona...

si contenta che io...

MASOTTO

Di farla contentar l'impegno è mio.

Non lo dite a nessun s'io non lo dico;

lasciate a me l'intrico;

e fra i due pretendenti al vostro core

quel che trionferà sarà il fattore.

DORINA

Ma... non vorrei...

MASOTTO

Conviene

star zitti, e condur bene

la macchina presente;

far le cose fra noi senza dir niente.

DORINA

Ma se Titta e Mingone

mi vedono con voi, cosa diranno?

MASOTTO

Che parli crederanno

per loro; e la padrona ed il padrone

entrambi me l'han detto.

Impegnato mi crede ognun per sé;

ma io voglio operar solo per me.

DORINA

Basta... non so che dire...

MASOTTO

Cara, è pure mal fatto

che un boccon prelibato come il vostro

vada in mano d'un mostro,

d'uno sciocco, d'un vil, d'un servitore:

un boccon veramente da fattore.

DORINA

Mi vorrete poi ben?

MASOTTO

Tanto e poi tanto.

DORINA

Siete pure gentil!

MASOTTO

Siete un incanto.

 

MASOTTO

Ah Dorina, mie viscere, amabile,  

voi avete ferito il mio cor.

DORINA

Ah Masotto, gentile, adorabile,

per voi sento nel seno l'ardor.

DORINA E MASOTTO

E crescendo mi va poco a poco

una smania, una gioia ed un foco,

che son figli d'un tenero amor.

 

MASOTTO

Zitto, che vengono  

Titta e Mingone.

Qualche finzione

convien pensar.

 

<- Titta, Mingone

TITTA
(a Masotto)

Mi manda il padrone

a dirti così...

MINGONE
(a Masotto)

Io dalla padrona

mandato son qui...

TITTA

Per dirvi che a quella...

MINGONE

Per dirvi che a lei...

TITTA E MINGONE

Parlate per me.

MASOTTO

Sì, cari, aspettate,

parlar mi lasciate,

saprete com'è.

(s'accosta a Dorina)

DORINA
(a Masotto)

V'è qualche novità?

MASOTTO
(piano a Dorina)

La novitade è questa,

che voi sarete mia.

DORINA
(piano a Masotto)

Sarà la cosa presta?

MASOTTO
(piano a Dorina)

Stasera si farà.

TITTA

(Per me la persuade.)

MINGONE

(Per me la disporrà.)

MASOTTO
(piano a Dorina)

Guardate il servitore,

che faccia da buffone!

TITTA
(piano a Mingone)

Or parla in mio favor.

MASOTTO
(piano a Dorina)

Guardate il giardiniero,

che faccia da babbione!

MINGONE
(piano a Titta)

Per me parla il fattor.

MASOTTO
(piano a Dorina)

Questo bel cor è mio.

DORINA
(piano a Masotto)

Vostra, mio ben, son io.

DORINA E MASOTTO
(fra loro)

Siete il mio dolce amor.

TITTA E MINGONE
(fra loro)

Sì sarà mia Dorina;

sento brillarmi il cor.

MASOTTO

Ho parlato.

TITTA

Ebben?

MINGONE

Che dice?

MASOTTO

Qualchedun sarà felice,

ma chi sia, non voglio dir.

TITTA

Sarò io.

MINGONE

Sarò io quello.

DORINA

Il più caro ed il più bello

già m'ha fatto innamorar.

TUTTI

Oh che gioia, oh che contento!

S'avvicina il bel momento,

già mi sento giubilar.

(partono)

Titta, Mingone, Dorina, Masotto ->

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Sala.

Conte, Contessa
 
Conte e Contessa
La voglio così
Conte, Contessa
<- Masotto

Che c'è, padroni miei?

Contessa, Masotto
Conte ->

Udiste? / Io l'ho sentito

Masotto
Contessa ->

È bella la questione

Masotto ->
<- Dorina, Mingone, Titta

Via, lasciatemi stare

Mingone, Titta
Dorina ->

Puoi dir quello che vuoi, per te è finita

Titta
Mingone ->

Io mostro aver bravura

Titta
<- Livietta

Il padrone vi chiama

Livietta
Titta ->

Alle belle parole io già non credo

Livietta ->
<- Dorina
Dorina
<- Masotto

Ecco Dorina; or voglio

Masotto, Titta, Mingone e Dorina
Zitto, che vengono
Dorina, Masotto
<- Titta, Mingone
 
Titta, Mingone, Dorina, Masotto ->
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava
Sala. Camera. Giardino in tempo di notte. Camera. Sala. Galleria illuminata per il ballo.
Atto secondo Atto terzo

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