LE NOZZE
Dramma giocoso.
Versione sintetica a cura di www.librettidopera.it.
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Libretto di Carlo GOLDONI.
Musica di Baldassarre GALUPPI.
Prima esecuzione: 14 settembre 1755, Bologna.
Personaggi:
Il CONTE di Belfiore |
soprano |
La CONTESSA sua moglie |
soprano |
DORINA cameriera |
soprano |
MASOTTO fattore |
basso |
LIVIETTA serva |
soprano |
TITTA servitore |
tenore |
MINGONE giardiniero |
tenore |
La scena si figura in casa del Conte di Belfiore.
Il vestiario sarà proprio e decoroso.
Nobilissime dame e cavalieri
Volendo io ricercare soggetto, per natali non meno che per virtù ragguardevole, che degnisi di accettar benignamente la dedica anche di quest'altro giocoso dramma, che pur or su le scene apparisce, ed avendo sperimentato con quanta clemenza, nobilissime dame e cavalieri, compiaciuti vi siete dell'altra già pur dedicatavi, inutile sarebbe e vano il ricercarlo fuori di voi. A voi medesimi dunque la consacro, reputandola degna non men dell'altra di portare in fronte li chiarissimi nomi vostri, sotto l'auspicio de' quali onore singolarissimo e non ordinarie fortune avrà ragion di sperare. A voi dunque, dame e cavalieri gentilissimi, tocca a render veraci le sue speranze, mentre io con profondo ossequio passo a protestarmi delle signorie vostre umilissimo, devotissimo ed obbligatissimo servitore.
Bortolo Ganassetti impresario.
Bologna, li 13 settembre 1755.
Sala.
Il Conte, la Contessa e poi Masotto.
CONTE
La voglio così.
CONTESSA
Così non sarà.
CONTE
Prevale il mio sì.
CONTESSA
Sta volta non già.
CONTESSA E CONTE
Lo giuro, il protesto,
che a cedere in questo
nessun mi vedrà.
MASOTTO
Che c'è, padroni miei?
Han bisogno di niente?
Ho sentito gridare, e son venuto
della parte più debole in aiuto.
CONTE
Uditemi, fattore...
CONTESSA
Udite me.
CONTE
Quest'è la mia ragion...
CONTESSA
Ragion non c'è...
No, per la parte sua, non c'è ragione.
Ho promesso a Mingone
Dorina cameriera, e a lui vuò darla.
Vorrebbe maritarla,
(con ironia)
l'adorabile mio signor consorte,
con Titta suo staffiere
per mirarla vicina a suo piacere.
MASOTTO
(al Conte)
Se la cosa è così...
CONTE
No, non è vero.
Vuò darla al mio staffiero
perché meglio con lui starà Dorina;
affé, la poverina,
sposandosi a Mingone,
prenderebbe in marito un bel birbone.
MASOTTO
(alla Contessa)
Se la cosa è così...
CONTESSA
Non è per questo;
ma perché è innamorato,
pensa render lo stato
della donzella mia ricco e felice.
MASOTTO
(al Conte)
Se la cosa è così...
CONTE
Mente chi il dice.
CONTESSA
Una mentita a me?
MASOTTO
(La guerra è accesa.)
CONTESSA
Una mentita a me? Non son chi sono
se non so vendicarmi.
CONTE
Meno caldo, signora.
MASOTTO
(All'armi, all'armi.)
CONTESSA
O che Dorina sposerà Mingone,
o io, ve lo prometto,
dividerò, signor consorte, il letto.
MASOTTO
Eh no, signora...
CONTE
O che si sposi a Titta,
o dividasi il letto e il matrimonio.
MASOTTO
(Questa volta davver v'entrò il demonio.)
CONTE
Son marito, alla fine, e son padrone;
e tollerar non voglio
in casa mia sì forsennato orgoglio.
Vuò soffrire a un certo segno
per amore e per rispetto;
ma chi abusa dell'affetto,
no, non merita onestà.
La natura all'uom concede
di regnar sul debil sesso;
ma il dominio perde anch'esso,
quando eccede la viltà.
(parte)
La Contessa e Masotto.
CONTESSA
Udiste?
MASOTTO
Io l'ho sentito.
CONTESSA
Può parlar un marito
peggio di quel che parla?
MASOTTO
Non mi pare
che ci sia tanto mal.
CONTESSA
Nella questione
chi vi par di noi due ch'abbia ragione?
MASOTTO
Dirò, se mi permette,
con tutto il mio rispetto...
CONTESSA
Dite il vostro parer, ve lo permetto.
MASOTTO
Io direi che alla fine
il marito è marito, e che conviene...
CONTESSA
Cedere a lui, volete dire, è vero?
MASOTTO
Dirò, signora mia...
CONTESSA
Vi manca poco
ch'io non sfoghi con voi dell'ira il foco.
MASOTTO
Ma io...
CONTESSA
Siete un ribaldo.
MASOTTO
E perché tanto caldo?
CONTESSA
Darmi torto così sugli occhi miei?
MASOTTO
Ma no, signora, io do ragione a lei.
CONTESSA
Dunque ho ragion.
MASOTTO
Certo, signora sì.
(Per quel ch'io vedo, è meglio dir così.)
CONTESSA
Ma il marito, dicevi, è alfin marito,
e convien... Che conviene?
MASOTTO
Io dir volea,
quando la moglie è dama,
il marito dée far quel ch'ella brama.
CONTESSA
E voi, per compiacermi,
dovete far in modo
che conchiudasi presto un simil nodo.
MASOTTO
Io non ci ho molta grazia;
onde davver non so...
CONTESSA
Voglio che lo facciate.
MASOTTO
Io lo farò.
CONTESSA
Alfine io son chi sono;
son noti i miei natali,
le parentele mie non sono ignote,
e si sa che una dote
portata ho in questa casa signorile,
e quel ch'io voglio, io voglio,
ed è questa giustizia e non orgoglio.
MASOTTO
Anzi è cosa giustissima,
e vedrà che in effetto
tutti le porteran maggior rispetto.
(Adularla convien.)
CONTESSA
Per una serva
il marito di me fa poca stima?
Ah dove, dove andò l'amor di prima?
Ah, dove è andato
quel primo affetto?
Ah, che l'ingrato
mio sposo, in petto
cangiato ha il cor.
Duran pur poco
quei primi istanti;
si spegne il foco,
cessa l'ardor.
(parte)
Masotto solo.
È bella la questione
fra Titta e fra Mingone,
ma un'altra cosa c'è,
che Dorina davver piace anche a me.
La padrona vuol darla al giardiniere,
il padrone vuol darla al servitore;
io, che sono il fattore,
vuò procurar, s'è ver quel che dir s'ode,
che fra due litiganti il terzo gode.
Come si potrà far? Ci penserò.
Potrei dir, per esempio... oh, questo no.
Eh! potrei far così...
e se poi... e se lei... eh, signor sì.
Con Dorina, per esempio,
posso fare il damerino,
parlar posso al contadino,
per esempio, da fattor.
Posso dire al servitor:
«No... perché... figliuol... pensate...»
E al padrone? E alla padrona?
Posso dir così e così,
per esempio, no e sì.
(parte)
Dorina, Mingone e Titta.
DORINA
Via, lasciatemi stare,
non mi state per ora a tormentare.
Già m'ho da maritar con un di voi,
ma chi mi toccherà, non so dir poi.
TITTA
Il padrone comanda,
Dorina sarà mia.
MINGONE
Sciocco, scioccone.
Come c'entra il padrone
della consorte colla cameriera?
Sarà mia quella gioia innanzi sera.
DORINA
Già la padrona, non so dir perché,
non mi vuol più con sé.
Non ho padre né madre,
casa pronta non ho per ricovrarmi:
necessario è ch'io pensi a maritarmi.
S'è accesa la gran lite fra i padroni
per voi, bei soggettoni,
onde deciderà presto la sorte
a chi debba Dorina esser consorte.
TITTA
Dite la verità, Dorina cara,
sareste più contenta
maritandovi a me?
DORINA
Non so.
MINGONE
Parlate,
il vostro cor spiegate;
vi piace il volto mio?
DORINA
Eh, signor sì.
TITTA
Ehi, mi volete ben?
DORINA
Così e così.
MINGONE
Ho delle terre al sole;
ho delle bestie ancora al mio comando;
e poi per lavorar, quando bisogna,
non la cedo a nessun.
DORINA
Me ne consolo.
TITTA
Ho casa ed ho bottega;
servo per mio diletto,
ma fra denari e roba
tengo un buon capital.
DORINA
Me ne rallegro.
MINGONE
Voi decider potete,
basta che voi volete.
DORINA
Si vedrà.
TITTA
Mi esibisco di cor.
DORINA
Per sua bontà.
MINGONE
Sentite una parola.
(piano a Dorina)
Di lui non vi fidate;
miserabile voi, se vi sposasse!
È un barone colui di prima classe.
DORINA
Davver?
TITTA
Ehi! favorisca;
le ho da dir una cosa.
(piano a Dorina)
Se foste mai la sposa di Mingone,
v'avviso, egli è una schiuma di briccone.
DORINA
Oh capperi!
MINGONE
Che occorre
parlarle nell'orecchio?
Ella dée dirlo chiaramente e forte
di chi vuol, di chi brama esser consorte.
TITTA
Lo dica pur, già so ch'io son l'eletto.
MINGONE
Preferire da lei sentirmi aspetto.
DORINA
Tutti due meritate,
ma tutti due mi fate
un poco di timore;
ah, sceglierei se vi vedessi il core.
(a Titta)
Voi avete un bel visetto
rotondetto, ~ vezzosetto.
(a Mingone)
Voi avete un occhio bello
bricconcello, ~ ladroncello.
Ma quel core come sta?
Come stiamo a fedeltà?
Ah, furbetto, ~ graziosetto,
mi vorresti corbellar.
Non ancora, ~ no per ora,
non mi vuò di voi fidar.
(parte)
Titta e Mingone.
TITTA
Puoi dir quello che vuoi, per te è finita.
MINGONE
Sciocco, tu ti potrai leccar le dita.
TITTA
E poi la protezione
del mio signor padrone
bastami in mio favore.
MINGONE
Questa volta non basta il protettore.
La padrona lo sa,
ch'ei tanta carità per te non usa;
sa che questa è una scusa
sol per aver vicina
d'un dipendente suo sposa Dorina.
TITTA
S'inganna, se lo crede;
quando sarò sposato,
addio, signor padron bello e garbato.
MINGONE
Ma sarà mia Dorina:
la padrona l'ha detto, e lo farà,
e anche il marito suo rivolterà.
TITTA
Chi sa? Quando il padrone
abbia quell'intenzione
sopra Dorina, che dicesti tu,
da te forte potria sperar di più.
MINGONE
Basta che ciò non sia.
TITTA
Mi vuol bene Dorina, e sarà mia.
MINGONE
Misero, già m'aspetto
vederti svergognato
dirmi: «buon pro ti faccia»;
ed io allora potrò riderti in faccia.
Come un agnello
che va al macello,
belando andrai
per la città.
Io con la bella
mia rondinella
andrò rondando
di qua e di là.
(parte)
Titta e Livietta.
TITTA
Io mostro aver bravura,
ma costui, per dir ver, mi fa paura.
Non vorrei, non vorrei... Livietta è qui.
Se mai un qualche dì
Dorina m'intimasse la licenza,
questa buona saria per non star senza.
LIVIETTA
Il padrone vi chiama,
e voi qui cosa fate?
TITTA
Ora vado, carina.
LIVIETTA
Animo, andate.
TITTA
Perché così stizzosa?
LIVIETTA
Sono in collera
co' la padrona mia,
e senz'altro da lei voglio andar via.
TITTA
Perché? Cosa v'ha fatto?
LIVIETTA
Vuol far un'ingiustizia;
ma non la soffrirò, no certamente:
vuol dar sposo a Dorina, ed a me niente.
TITTA
Ebben, non dubitate,
l'averete anche voi.
Ne potrete pigliare uno per una.
LIVIETTA
Io non voglio gli avanzi di nessuna.
E poi per maritarmi
non vuò che fra i padron si contrasti;
e mi pare di aver merto che basti.
TITTA
Ditemi, Liviettina,
caso mai che Dorina
si sposasse a Mingone,
cosa potrei sperar dal vostro amore?
LIVIETTA
Che vi mandassi al diavolo di core.
TITTA
Ma perché?
LIVIETTA
Torno a dirvi,
caro il mio babbuino,
ch'io non voglio servir di comodino.
TITTA
Dunque, per quel ch'io sento,
son bello e licenziato.
LIVIETTA
Che volete da me? Siete impegnato.
TITTA
Se vo a disimpegnarmi,
promettete d'amarmi?
LIVIETTA
Non lo so.
Siate libero, e poi risponderò.
TITTA
Brava, così mi piace;
ammiro la prudenza.
Or vado di presenza
dal padron, da Dorina... e so ben io...
basta, basta, chi sa? Livietta, addio.
Quel che mi bolle in testa,
certo nessuno il sa.
(Chiama il padron.) Carina!
Oh, siete pur bellina!
(Vengo.) Non so partire.
Tutto vorrei pur dire.
(Eccomi.) Vado, e torno.
Presto verrà quel giorno
che il mio segreto amor...
(Lustrissimo. La servo.)
Cara, vi lascio il cor.
(parte)
Livietta sola.
Alle belle parole io già non credo.
Lo so che i giovanotti
ne vogliono più d'una
per potere, se occor, cambiar fortuna.
Ma io che li conosco,
non mi fido di loro;
e se ho da maritarmi,
vuò prima assicurarmi
che colui che mi giura amore e fé,
sia, come si suol dir, tutto per me.
Mi contento di un sol cuore,
ma dividerlo non voglio;
serberò costante amore,
ma pretendo eguale amor.
All'usanza non ci sto:
il marito perché si?
E la moglie perché no?
Se fedele vuol la sposa,
sia fedel lo sposo ancor.
(parte)
Dorina, poi Masotto, poi Titta e Mingone.
DORINA
Gran disgrazia è nascer donna:
esser deve ognor soggetta.
O la madre le comanda,
o comanda la padrona,
o il marito la bastona,
e la donna, poveretta,
viver deve ognor soggetta.
MASOTTO
(Ecco Dorina; or voglio
la mia sorte tentar.)
DORINA
Signor fattore,
vi riverisco.
MASOTTO
Addio, Dorina bella.
DORINA
Voi sbagliate, signor, non sarò quella.
MASOTTO
Non siete voi Dorina?
L'occhio non m'ingannò.
DORINA
Son Dorina, egli è ver, ma bella no.
MASOTTO
Della vostra modestia
l'amabile virtù
v'accresce adesso una beltà di più.
DORINA
Voi mi mortificate.
MASOTTO
E voi m'innamorate.
E voi, Dorina mia...
voi mi fareste far qualche pazzia.
DORINA
Signor, io non capisco...
MASOTTO
Dite un poco:
è ver che in questo dì
vi voglion maritare?
DORINA
Signor sì.
MASOTTO
È ver che al giardiniero
o al servitor vi voglion dare?
DORINA
È vero.
MASOTTO
Se un partito miglior vi proporrò,
l'accetterete voi?
DORINA
E perché no?
MASOTTO
Per esempio, se io,
che alfin sono un fattore,
mi esibissi per voi?
DORINA
Oh, mio signore!
MASOTTO
Schietto convien parlar, Dorina mia.
DORINA
Io non ho dote per vossignoria.
MASOTTO
Di dote non m'importa;
son degli anni ch'io servo da fattore,
ed un fattor che ha un po' di cognizione
presto divien più ricco del padrone.
Ditemi, se vi piace,
Dorina, il mio partito;
dite se mi volete per marito.
DORINA
Direi... signor...
MASOTTO
Franco parlar bisogna.
DORINA
Ho un pochin di vergogna.
MASOTTO
Siamo fra voi e me; nessun ci sente.
DORINA
Basta... se la padrona...
si contenta che io...
MASOTTO
Di farla contentar l'impegno è mio.
Non lo dite a nessun s'io non lo dico;
lasciate a me l'intrico;
e fra i due pretendenti al vostro core
quel che trionferà sarà il fattore.
DORINA
Ma... non vorrei...
MASOTTO
Conviene
star zitti, e condur bene
la macchina presente;
far le cose fra noi senza dir niente.
DORINA
Ma se Titta e Mingone
mi vedono con voi, cosa diranno?
MASOTTO
Che parli crederanno
per loro; e la padrona ed il padrone
entrambi me l'han detto.
Impegnato mi crede ognun per sé;
ma io voglio operar solo per me.
DORINA
Basta... non so che dire...
MASOTTO
Cara, è pure mal fatto
che un boccon prelibato come il vostro
vada in mano d'un mostro,
d'uno sciocco, d'un vil, d'un servitore:
un boccon veramente da fattore.
DORINA
Mi vorrete poi ben?
MASOTTO
Tanto e poi tanto.
DORINA
Siete pure gentil!
MASOTTO
Siete un incanto.
MASOTTO
Ah Dorina, mie viscere, amabile,
voi avete ferito il mio cor.
DORINA
Ah Masotto, gentile, adorabile,
per voi sento nel seno l'ardor.
DORINA E MASOTTO
E crescendo mi va poco a poco
una smania, una gioia ed un foco,
che son figli d'un tenero amor.
MASOTTO
Zitto, che vengono
Titta e Mingone.
Qualche finzione
convien pensar.
TITTA
(a Masotto)
Mi manda il padrone
a dirti così...
MINGONE
(a Masotto)
Io dalla padrona
mandato son qui...
TITTA
Per dirvi che a quella...
MINGONE
Per dirvi che a lei...
TITTA E MINGONE
Parlate per me.
MASOTTO
Sì, cari, aspettate,
parlar mi lasciate,
saprete com'è.
(s'accosta a Dorina)
DORINA
(a Masotto)
V'è qualche novità?
MASOTTO
(piano a Dorina)
La novitade è questa,
che voi sarete mia.
DORINA
(piano a Masotto)
Sarà la cosa presta?
MASOTTO
(piano a Dorina)
Stasera si farà.
TITTA
(Per me la persuade.)
MINGONE
(Per me la disporrà.)
MASOTTO
(piano a Dorina)
Guardate il servitore,
che faccia da buffone!
TITTA
(piano a Mingone)
Or parla in mio favor.
MASOTTO
(piano a Dorina)
Guardate il giardiniero,
che faccia da babbione!
MINGONE
(piano a Titta)
Per me parla il fattor.
MASOTTO
(piano a Dorina)
Questo bel cor è mio.
DORINA
(piano a Masotto)
Vostra, mio ben, son io.
DORINA E MASOTTO
(fra loro)
Siete il mio dolce amor.
TITTA E MINGONE
(fra loro)
Sì sarà mia Dorina;
sento brillarmi il cor.
MASOTTO
Ho parlato.
TITTA
Ebben?
MINGONE
Che dice?
MASOTTO
Qualchedun sarà felice,
ma chi sia, non voglio dir.
TITTA
Sarò io.
MINGONE
Sarò io quello.
DORINA
Il più caro ed il più bello
già m'ha fatto innamorar.
TUTTI
Oh che gioia, oh che contento!
S'avvicina il bel momento,
già mi sento giubilar.
(partono)
Camera.
Masotto e Livietta.
LIVIETTA
Dica, signor fattor, con sua licenza:
le vorrei dire una parola.
MASOTTO
Due
ancor ne ascolterò.
LIVIETTA
Scusi.
MASOTTO
Fa grazia.
LIVIETTA
Non vorrei...
MASOTTO
Che serve?
LIVIETTA
Se la sturbo, la prego perdonare.
MASOTTO
Voi mi fate penare. (Son curioso
di saper cosa vuole.)
LIVIETTA
Dorina si marita.
MASOTTO
E che per questo?
LIVIETTA
Ed io fanciulla ed a servire io resto.
MASOTTO
Anche per voi verrà...
LIVIETTA
Da marito ancor io sono in età.
Dorina non ha niente più di me;
se si marita lei, io no? Perché?
MASOTTO
Quando si vuol marito,
un qualche buon partito
che capiti s'aspetta.
LIVIETTA
Se fossi una civetta
come Dorina, l'averei trovato.
Signor fattor garbato,
so tutto e so che lei
s'è dichiarato amante di colei.
MASOTTO
Io? (Come l'ha saputo?)
LIVIETTA
In disparte ho sentito ed ho veduto:
ma sono una ragazza che ha prudenza.
Non lo dirò a nessun, ma con un patto,
che mi facciate aver, perché stia zitta,
in isposo colui che ha nome Titta.
MASOTTO
Vi prometto di farlo.
LIVIETTA
Ma non basta;
vuò che mi fate poi la sigurtà
che sarà tutto mio con fedeltà.
MASOTTO
La cosa è un po' difficile, per altro
è Titta un buon ragazzo;
credo sarà fedel, ma in ogni caso,
se fosse di cambiar volonteroso,
non sarà poi con voi sì rigoroso.
LIVIETTA
Almen che siano i patti
reciprochi e discreti.
A voi mi raccomando;
m'impegno di tacer quello che so
e, se bisogno ancor, v'aiuterò.
MASOTTO
Chi sa che non mi valga
di voi, Livietta mia?
LIVIETTA
Dice il proverbio,
«una man lava l'altra e tutte due
lavano il signorsì».
Onde ancora fra noi farem così.
Son una ragazzina
sì docile e bonina;
di me più servizievole
al mondo non si dà.
Ma vuol ragione poi
che facciasi da voi
quel che da me si fa.
(parte)
Masotto e poi il Conte.
MASOTTO
Questo è un pochin d'imbroglio:
regolarsi conviene con prudenza;
non avrei mai creduto
che Livietta sapesse i fatti miei.
Nascosta si sarà fra queste porte:
oh, queste donne sono pure accorte!
CONTE
Ebben, Masotto, ebbene,
che risposta mi date?
MASOTTO
Signor, non dubitate;
vi prometto e vi giuro,
Mingone non l'avrà, state sicuro.
CONTE
Sarà dunque di Titta.
MASOTTO
Il suo rivale
non l'avrà certo: a voi
lascio tirar la conseguenza poi.
CONTE
Che dirà la Contessa?
MASOTTO
Questa volta
non la supera al certo.
Non fo per darmi merto,
ma forse Titta l'averia sposata,
s'io Dorina non avessi sconsigliata.
CONTE
Masotto un dì vedrà
quanto grato io gli sia.
MASOTTO
Vostra bontà.
La Contessa e detti.
CONTESSA
Masotto.
MASOTTO
Mia signora.
CONTE
Ben; si è deciso ancora?
MASOTTO
(al Conte)
Dirò... con sua licenza.
MASOTTO
(piano alla Contessa)
Per questa parte non stia più dubbiosa,
che Titta certo non l'avrà in isposa.
CONTESSA
(a Masotto)
Dunque l'avrà Mingone.
MASOTTO
(alla Contessa)
Non saprei:
lascio tirar la conseguenza a lei.
CONTESSA
(a Masotto)
Come andò la faccenda?
MASOTTO
(alla Contessa)
In due parole Dorina ho persuaso,
ed è per Titta disperato il caso.
CONTESSA
(a Masotto)
Bravo davver!
MASOTTO
(alla Contessa)
Al certo
uomini come me ve ne son pochi.
(Ma la testa davver convien che giochi.)
CONTE
(a Masotto)
Che dice?
MASOTTO
(al Conte)
È disperata.
CONTE
(a Masotto)
Ho piacer ch'ella sia mortificata.
MASOTTO
(al Conte)
Ora non parla più.
CONTESSA
(a Masotto)
Come l'intende?
MASOTTO
(alla Contessa)
Fra sé stesso delira.
CONTESSA
(a Masotto)
Gli si vede negli occhi il foco e l'ira.
CONTE
Fattor.
MASOTTO
La mi comandi.
CONTE
Come dissi,
d'ogni effetto dotale
che portò la Contessa in questa casa,
preparatemi i conti.
MASOTTO
Quando comanderà, saranno pronti.
CONTESSA
Badate: nel contratto
vi ha da essere un patto
per cui, nel caso di restituzione,
s'han da considerare i frutti ancora.
MASOTTO
Baderò, sì signora.
CONTE
Poi penseremo a sciorre il matrimonio.
CONTESSA
Liberata sarò da un tal demonio.
MASOTTO
Perdonino, di grazia,
perché tanta rovina?
CONTESSA
Non mi può più veder.
CONTE
M'odia alla morte.
CONTESSA
Che marito gentil!
CONTE
Bella consorte!
MASOTTO
E pur parmi vedere
che lontani non son dal far la pace.
CONTE
Con me sempre è sdegnosa.
CONTESSA
Compatibile io son se son gelosa.
MASOTTO
Via, s'accostino un poco.
CONTESSA
Oh questo no;
la prima non sarò.
MASOTTO
Da bravo, padron mio.
CONTE
Non voglio essere il primo nemmen io.
MASOTTO
Un pochin alla volta;
un pochino per uno.
Vi è un po' di ritrosia;
con licenza, signori, anderò via.
Servo umilissimo,
ossequiosissimo;
quando mi chiamino
sarò prontissimo,
verrò a servir.
(all'uno)
Faccia un passino in là;
(all'altro)
volti quel viso in qua.
Ah, che contento amabile,
quando due sposi s'amano,
il cuor che d'ira è torbido,
in pace ritornar.
(parte)
Il Conte e la Contessa.
CONTESSA
Se stesse a me, per certo,
la quiete ci saria.
CONTE
Non sono il primo
a promover le liti.
CONTESSA
Queste liti
han da esser eterne?
CONTE
Dal mio canto,
sono finite adesso.
CONTESSA
E per me sono pronta a far lo stesso.
CONTE
Dunque pace, consorte, e non più guerra.
CONTESSA
Pace, marito mio.
CONTE
Contento io sono.
CONTESSA
E son contenta anch'io.
Dorina e detti.
DORINA
Signori, se comandano,
il desinare è lesto.
CONTESSA
Dite al cuoco che aspetti.
CONTE
È ancora presto.
CONTESSA
Ma se comanda il Conte...
CONTE
Ah no, Contessa mia.
CONTESSA
Quel che volete voi...
CONTE
Quel che a voi piace.
DORINA
(Oh che prodigio! Son tornati in pace.)
CONTESSA
(a Dorina)
Sentite, da qui innanzi,
non istate a turbar la nostra quiete.
CONTE
La cagione voi siete
che si grida fra noi; ma in avvenire
non si griderà più, certo, sicuro.
DORINA
Io le risse, signore, io non procuro.
CONTESSA
Preparatevi dunque,
senza addurre altra scusa, altra ragione,
la man di sposa a porgere a Mingone.
CONTE
Oh no, cara consorte;
la cosa non va bene;
che sposi il giardiniero non conviene.
DORINA
(Affé, tornan da capo.)
CONTESSA
Il vostro Titta
certo non sposerà.
CONTE
Né anche il vostro Mingone in verità.
CONTESSA
Chi può star saldo, stia;
sì, la ragione mia dée prevalere.
CONTE
Con questa bestia chi si può tenere?
DORINA
(al Conte)
Signore.
CONTE
M'hai capito.
DORINA
(alla Contessa)
La prego.
CONTESSA
M'ho spiegato.
CONTE
Titta dovrai sposar. Non vuò schiamazzi.
CONTESSA
Hai da sposar Mingon.
DORINA
(Oh che bei pazzi!)
CONTE
Ecco, signora sposa,
dove il piacer, dove l'amore è ito!
CONTESSA
Dove il mandò l'indocile marito.
Non v'è amor, non v'è più pace,
dove regna il fiero orgoglio;
tollerar, no, più non voglio
tanti affanni nel mio cuor.
A voler non sono audace
quel ch'è giusto, quel che giova;
e il negarmelo è una prova
di viltà, di poco amor.
(parte)
Dorina ed il Conte.
CONTE
Ecco, per cagion vostra...
DORINA
Se si grida, signor, per cagion mia,
datemi la licenza, anderò via.
CONTE
Per me v'ho licenziata:
andatevene pur, però sposata.
DORINA
Ma perché mi volete
obbligare a sposarmi? Se volessi
vivere sempre sola?
CONTE
Ho data la parola;
voi avete promesso di accordarla;
è disposta la cosa, e convien farla.
DORINA
Ma io... signor mio caro...
vi dico... ad ogni patto...
un di no tanto fatto.
CONTE
Impertinente!
Così meco si parla?
Ora son nell'impegno e vuò spuntarla.
(chiama)
Titta, ehi Titta.
Titta e detti.
TITTA
Signor.
CONTE
Sei tu disposto
ora qui a maritarti?
TITTA
Sì, signore.
DORINA
Ma io non vuò sposarti.
TITTA
Pronte ha sempre il mio cor le voglie sue,
ma questa cosa s'ha da fare in due.
CONTE
Dorina, in mia presenza
porgi a Titta la man.
DORINA
Con sua licenza.
(vuol partire)
CONTE
Di qui non partirai se non lo sposi.
DORINA
(a Titta)
Senti, se ti pigliassi
a forza per marito,
vorrei dopo tre dì farti pentito.
TITTA
Davver?
CONTE
Non la badare.
TITTA
Non vorrei che m'avesse a spennacchiare.
La Contessa, Mingone e detti.
CONTESSA
(a Mingone)
Su, presto; in mia presenza
dà la mano a colei.
DORINA
Orsù, padroni miei,
sapete cosa c'è?
La festa non si fa senza di me.
Vi dico apertamente
che per or non ne voglio saper niente.
CONTE
(alla Contessa)
Come c'entrate voi?
CONTESSA
Voi, chi v'insegna
a violentar le figlie in tal maniera?
CONTE
Quel briccon di Mingone invan la spera.
MINGONE
Io non parlo, signore.
TITTA
Anch'io sto zitto.
DORINA
Così foste uno lesso e l'altro fritto.
L'ho detto, lo ridico, e lo dirò
fino che fiato avrò:
con alcun di costor non vuò legarmi;
e se di maritarmi avrò desio,
voglio farlo, signori, a modo mio.
Oh questa è bella!
Se son zitella,
m'hanno per questo
da comandar?
Io di nessuno
ci penso un cavolo,
nemmeno il diavolo
mi fa tremar.
Io non li voglio,
quest'è finita,
ciascun le dita
si può leccar.
(parte)
Il Conte, la Contessa, Titta e Mingone.
CONTESSA
S'io non giungeva in tempo,
la povera Dorina
era sacrificata.
CONTE
Voi l'avreste per poco assassinata.
CONTESSA
Vedo quel che sperare,
quel che temer conviene:
questa faccenda non finirà bene.
(parte)
Il Conte, Titta e Mingone.
TITTA
Signor, per quel ch'io vedo,
non ne faremo niente.
CONTE
Sta pur sodo,
e di sposarla troverassi il modo.
MINGONE
(piano a Titta)
Senti: se tu la sposi,
io ti voglio scannar.
TITTA
(al Conte)
Mi vuol scannare
costui, quand'io la sposi.
CONTE
Temerario! tant'osi, me presente?
Se ardirai di parlar...
MINGONE
Non dico niente.
CONTE
Ascoltami, può darsi
che l'interesse vaglia
a vincere Dorina.
(a Titta)
Le darò cento doppie.
TITTA
Buono, buono!
CONTE
E dopo saran tue.
TITTA
Contento io sono.
MINGONE
(piano a Titta)
Se vedessi la forca,
ti vuò ammazzar.
TITTA
(al Conte)
Mi vuol mazzar, mi dice.
CONTE
Temerario,
sotto un baston, se parli,
morirai prima tu.
MINGONE
Non temete, signor, non parlo più.
TITTA
Chi sa? le cento doppie
potrebbero allettarla;
io son pronto a sposarla
ognor che il comandiate.
MINGONE
(Giuro a Bacco, saranno schioppettate.)
TITTA
(verso Mingone)
Schioppettate?
CONTE
(a Mingone)
Che dici?
MINGONE
Io non parlai.
TITTA
Maledetto costui: non tace mai.
(al Conte)
La sposerò, signore,
la prenderò di core,
se voi la date a me.
(a Mingone)
E ben, che cosa c'è?
(al Conte, accennando Mingone)
Le cento doppie care...
ei dice mi vuol dare.
Saranno roba mia;
e in pace e in allegria...
(a Mingone)
Sta zitto, maledetto.
Me le potrò goder...
costui non vuol tacer.
(parte)
Il Conte e Mingone.
CONTE
Briccon, vattene tosto
da casa mia. Ma no,
licenziar non ti vuò.
Restane a me soggetto,
e fremi ed obbedisci a tuo dispetto.
Sposa sarà di Titta
Dorina cameriera;
e tu, se di fiatar solo ardirai,
tutto lo sdegno mio tu proverai.
Anche il leon sdegnato
confonde i suoi nemici;
vibra le zanne ultrici
all'agna ed al pastor.
All'ira provocato
io pur da vari oggetti,
uno per tutti aspetti
provare il mio rigor.
(parte)
Mingone solo.
Ed io dovrò esser quello
che proverà il leon, benché un agnello?
E per chi? Per colui ch'è mio rivale?
Sarebbe manco male
dunque levar di vita quel birbone,
e finita sarebbe la tenzone.
Cospetto, cospettaccio!
Lo voglio sbudellare
se fosse in mezzo alle più forti squadre,
se fosse ancora in braccio di sua madre.
Mi par di ridere
con quel ragazzo,
lo voglio uccidere
co' le mie man.
Poi per il mondo
da pellegrino
miglior destino
cercando andrò:
monsieur, donè
la charitè.
E se ritrovo
la pellegrina
che sia bellina,
non può mancarmi
la carità.
Monsieur, donè
monsieur, gardè
ce famme là.
(parte)
Giardino in tempo di notte.
Masotto e Dorina, poi Livietta.
MASOTTO
Dorina mia, s'imbrogliano le cose
e per voi e per me. Sarebbe meglio,
per terminare ogni difficoltà,
che tutti due fuggissimo di qua.
DORINA
Fuggir? non mi par cosa
onesta e prudenziale.
MASOTTO
L'affare, se stiam qui, finirà male.
LIVIETTA
(in disparte)
(Sento gente. Al mio solito
voglio un poco ascoltar.)
DORINA
Dove pensate
di volermi condurre?
MASOTTO
A casa mia.
Troverete una zia,
sorella di mio padre,
che bisognando vi farà da madre.
DORINA
Quand'è così... Son quasi
risolta di venire.
MASOTTO
Andiamo subito,
prima che se n'accorgano.
LIVIETTA
(Bravissimi!
Senza dir nulla a me voglion fuggire?
Questo torto mi fan? S'han da pentire.)
(parte)
Masotto e Dorina, poi Mingone.
MASOTTO
Ho già messo da parte
tutto quel che bisogna.
DORINA
E la mia roba?
MASOTTO
Pazienza; l'averem, se si potrà.
Andiamo.
DORINA
Andiamo pure.
MINGONE
Chi va là?
(bravando con la spada)
DORINA
Ohimè!
MASOTTO
(a Dorina)
Niente paura.
(cambiando voce)
Lasciate andar la gente
per la sua strada.
MINGONE
Vuò saper chi siete.
MASOTTO
(piano a Dorina)
Questo è Mingone; non lo conoscete?
DORINA
(a Masotto)
Me ne anderò.
MASOTTO
(a Dorina)
Fermatevi.
(a Mingone)
Chi siete voi?
MINGONE
Un uomo disperato.
Ho Dorina cercato e non la trovo,
e vuò saper che cosa v'è di nuovo.
DORINA
(a Masotto)
Ah, lasciatemi andar.
MASOTTO
(piano a Dorina)
Zitto, vi dico.
DORINA
(a Masotto)
Noi siamo in un intrico.
MINGONE
(a Masotto)
Una donna mi par che là vi sia;
voglio sapere s'è la donna mia.
MASOTTO
(come sopra, a Mingone)
Di voi mi meraviglio,
e partir vi consiglio.
MINGONE
Non parto insino a dì.
Livietta, Titta e detti.
TITTA
(a Mingone)
Dove saranno andati?
LIVIETTA
(a Titta)
Eccoli qui.
DORINA
(a Masotto)
Sento dell'altra gente.
MASOTTO
(a Dorina)
State zitta.
TITTA
(a Dorina, prendendola per un braccio)
V'ho trovata sul fatto.
MASOTTO
(Questi è Titta.
Affé, mi vien in mente
di far un colpo bello da prudente.)
(parte)
Dorina, Titta, Mingone e Livietta.
DORINA
(Masotto m'abbandona.)
(tentando fuggire)
TITTA
Non mi fuggite, affé.
(trattenendola)
MINGONE
Non mi spaventa quanta gente c'è.
LIVIETTA
(Li ho bene imbarazzati:
così del loro ardir li ho castigati.)
Masotto con lume, il Conte, la Contessa e detti.
MASOTTO
Vengano i miei padroni,
e vedan due bricconi
che a gara, in questa sera,
volevano rapir la cameriera.
CONTE
(a Mingone)
Tu, scellerato, me la pagherai.
CONTESSA
(a Titta)
Tu esente dal castigo non andrai.
CONTE
(a Masotto)
Ne parlerem domani; e voi frattanto
fate che siano ben chiuse le porte.
MINGONE
(al Conte)
Io, signor, non so niente.
TITTA
(alla Contessa)
Per me sono innocente.
CONTE
(a Titta)
Che facevi tu qui?
CONTESSA
(a Mingone)
Tu, che facevi?
MINGONE
Per difender Dorina io son venuto.
TITTA
Ed io venni per te solo in aiuto.
MASOTTO
Son bricconi ambedue; lor non credete.
CONTE
Lo vedrete doman.
(parte)
CONTESSA
Doman vedrete.
(parte)
MINGONE
Son restato un insensato
che difendersi non sa.
TITTA
Per far bene ho fatto male;
non so dir cosa sarà.
LIVIETTA
Mi dà spasso, mi diletta
questa bella novità.
DORINA E MASOTTO
Il timore dal mio seno
a bel bello se ne va.
MINGONE
Cospetton, cospettonaccio!
MASOTTO E TITTA
Ehi non fate qui il bravaccio,
che risposto vi sarà.
DORINA E LIVIETTA
Deh, non fate, ~ non bravate,
che il bravar tremar mi fa.
MINGONE
Chi era quel che con Dorina?...
TITTA
Chi l'avea per la manina?...
MASOTTO
Un di voi.
MINGONE E TITTA
No, non è vero.
LIVIETTA
Io lo so, ma no 'l vuò dire.
DORINA
Non lo dite, in carità.
MINGONE
Se non si dice, ah cospettone!
TITTA
Se non si parla, ah sanguenone!
DORINA E LIVIETTA
Ah, mi vien male.
(tutte due mostrano di svenire. Mingone e Titta vogliono soccorrere le donne, e Masotto li scaccia)
MASOTTO
Animalacci,
brutti mostacci,
fatevi in là.
MINGONE
(a Masotto)
Tutto per voi?
TITTA
(a Masotto)
Niente per noi?
MASOTTO
Così si fa.
(le donne rinvengono)
DORINA E LIVIETTA
(a Masotto)
Il cielo vi rimeriti
la vostra carità.
MASOTTO
Con donne sono pratico
e so come si fa.
MINGONE E TITTA
Cospetto!
DORINA E LIVIETTA
Ahi!
MASOTTO
Villanacci,
andate via di qua.
DORINA, LIVIETTA E MASOTTO
Un certo non so che
mi par sentire in me,
che giubilar mi fa.
MINGONE E TITTA
Che rabbia, che dispetto
che sentomi nel petto,
che delirar mi fa.
(partono)
Camera.
La Contessa, il Conte e Masotto.
CONTESSA
Divorzio, divorzio.
CONTE
Non vuò più soffrir.
CONTESSA E CONTE
Lo sdegno m'accende,
mi sento morir.
MASOTTO
Signori miei, li prego,
una parola in grazia, ed ho finito.
CONTESSA E CONTE
Divorzio, divorzio.
MASOTTO
Troverò la maniera
forse ben io di dar piacere a tutti.
CONTESSA E CONTE
Non vuò più soffrir.
MASOTTO
È un peccato davvero
che sia per così poco
fra loro acceso un sì terribil foco.
CONTESSA E CONTE
Lo sdegno m'accende,
mi sento morir.
MASOTTO
Se non voglion ch'io parli, anderò via.
Servo di lor signori...
CONTESSA
Dove andate?
MASOTTO
Non mi vogliono udir?
CONTE
Su via, parlate.
MASOTTO
Tutta questa gran lite,
tutto questo gran sdegno,
proviene da un impegno...
CONTESSA
E la voglio così.
CONTE
Così sarà.
MASOTTO
Piano, per carità.
L'impegno, a quel ch'io vedo,
è che non l'abbia quello
che all'uno e all'altro per destin s'oppone.
CONTESSA
Non l'avrà Titta.
CONTE
E non l'avrà Mingone.
MASOTTO
Se Titta non l'avesse,
non l'avesse Mingone, e tant'è tanto
Dorina si accasasse?
S'ella si maritasse,
per esempio, con un fuor di coloro,
non resterebbe ognun col suo decoro?
CONTESSA
Vuò che Mingon se n' vada
fuori di casa mia,
e dato in mano alla giustizia sia.
CONTE
Vuò che lo sciagurato
di Titta per lo men sia bastonato.
MASOTTO
Va bene, io son contento
che un simil complimento a lor si faccia.
Ma Dorina però, la poveraccia,
per causa di color che hanno fallito
dovrà dunque restar senza marito?
CONTESSA
Che si mariti pur; che importa a me?
CONTE
Lo faccia, se Mingon quello non è.
MASOTTO
L'occasion ci sarebbe,
e presto si potrebbe stabilirla.
CONTE
(alla Contessa)
Che dite?
CONTESSA
(al Conte)
Che vi par?
CONTE
(alla Contessa)
Vogliam finirla?
CONTESSA
Il marito chi è?
Vuò ch'egli piaccia a me.
CONTE
Non vuò che sia
qualche birbon...
MASOTTO
S'ei fosse... per esempio...
CONTE
Via, per esempio chi?
CONTESSA
Ma non ci fate più penar così.
MASOTTO
Se chiamasse Dorina ai casti amori,
per esempio, il fattor di lor signori?
(inchinandosi con modestia)
CONTE
(a Masotto)
Voi?
MASOTTO
Perdoni.
(inchinandosi al Conte)
CONTESSA
Masotto?
MASOTTO
Servitore.
(inchinandosi alla Contessa)
CONTESSA
Che caro galantuom!
CONTE
Caro fattore!
CONTESSA
Non vi dico per or né sì, né no.
CONTE
Non vi risolvo ancor: ci penserò.
MASOTTO
Se, per esempio, avessero
da risolver prestissimo,
per me sarei prontissimo.
Questa sera potrebbesi...
le nozze sono all'ordine...
l'occasione è sì comoda...
che si potrebbe, per esempio, etcetera.
(inchinandosi parte)
Il Conte e la Contessa.
CONTE
Che facciam, moglie mia?
CONTESSA
Voi, che facciamo?
CONTE
Deh, in pace ritorniamo:
che si sposi Dorina con Masotto.
CONTESSA
Sì, ma di casa vadan via di botto.
CONTE
Perché?
CONTESSA
Perché, confesso
la debolezza mia.
V'amo, e figlia d'amore è gelosia.
Chi può nel nostro petto
l'affetto regolar?
Io non lo posso, no,
e sempre v'amerò
penando ognora.
E quando mi vedrete
a non temer così,
allora dir potrete:
«La sposa, come un dì,
più non m'adora.»
(parte)
Il Conte solo.
Per dir la verità,
la Contessa è amorosa:
compatirla convien s'ella è gelosa.
Finiscasi una volta
questa guerra fatal. Sposi Masotto
Dorina, se la vuol, poi vadan via:
non vuò più guerra con la sposa mia.
Dolce amor, che m'accendesti
delle nozze il dì primiero,
deh ritorna, o nume arciero,
questo core a consolar.
La discordia i dì funesti
più non renda fra due sposi,
e gli spasimi crucciosi
non ci tornino a turbar.
(parte)
Sala.
Livietta sola.
Si preparan le nozze,
e non si sa per chi.
Masotto s'affatica,
ordina suonatori,
invita ballerini,
lumi, dolci prepara, ed ogni cosa.
Già Dorina è la sposa,
me lo figuro nella mente mia;
ma ancor lo sposo non si sa chi sia.
Mingone e detta.
MINGONE
Livietta, allegramente.
LIVIETTA
Cos'è stato?
MINGONE
Il padrone ogni error mi ha perdonato.
Son in grazia rimesso;
veggo i padroni in pace,
si preparan le nozze,
preparasi la danza:
io d'essere lo sposo ho gran speranza.
LIVIETTA
Davver? Me ne rallegro
con voi sinceramente.
(Titta sarà per me più facilmente.)
MINGONE
La padrona l'ha vinta.
LIVIETTA
E come fu?
MINGONE
Oggi i mariti non comandan più.
Quel che la moglie vuole
si fa per ordinario nelle case,
ed usan questa frase
per farsi rispettar: «voglio così».
Guai al marito che non dice sì.
Se la femmina dice: «lo voglio»,
il marito non può replicar.
So che sono le donne un imbroglio,
e mi voglio ancor io maritar.
Fan tutti così,
ma pure perché?
La donna cos'è?
Che bene ci fa?
Che gioia ci dà?
Affé, non lo so.
Ma anch'io, poveraccio,
nel laccio cadrò.
(parte)
Livietta, poi Titta.
LIVIETTA
È ver, gli uomini tutti
fanno contro di noi tanti schiamazzi,
e ci corrono dietro come pazzi.
TITTA
Evviva, evviva; son contento affé.
LIVIETTA
Ebben, che cosa c'è?
TITTA
Ho veduto il padrone e la padrona;
m'han fatto cera buona,
m'han detto unitamente
che non tema più niente;
fra loro han nominato
certo sposo novello,
e senz'altro lo so che son io quello.
LIVIETTA
Dunque sarà l'eletto
vossignoria che sposerà Dorina?
TITTA
Quello sarà di me che il ciel destina.
LIVIETTA
E Livietta si lascia in abbandono?
TITTA
Me ne dispiace, ma impegnato io sono.
Se si potesse mai...
se non fosse per lei...
LIVIETTA
Per un milione non vi sposerei.
TITTA
Perché?
LIVIETTA
Perché non mancano
per me buoni partiti;
non mancano mariti a una mia pari.
TITTA
Ma gli uomin come me sono un po' rari.
LIVIETTA
Guardate bella gioia!
Ne ho di meglio di voi, ne ho più di sei.
Se mi voleste, non mi degnerei.
TITTA
Eh, voi dite così, perché, perché...
per altro... già lo so,
che averla se poteste,
di questa gioia voi vi degnereste.
È ver, non sono amabile,
non sono un parigin,
ma non son disprezzabile,
son anche galantin;
se si potesse... ma...
se vi dicessi... eh?
Voi non direste allora
di non volermi amar.
Chi sa? V'è tempo ancora,
potete ancor sperar.
(parte)
Livietta, poi Masotto.
LIVIETTA
Certo, per dir il vero,
non mi dispiacerebbe; ma se sposa
Dorina? E chi lo sa? Titta e Mingone
hanno egualmente le speranze sue,
e resterà burlato uno dei due.
E allor mi degnerei
di sposar un che fosse rifiutato?
Mi degnerei di soggettarmi ad esso?
Eh! perché no? Così venisse adesso.
MASOTTO
Acciò non ritorniate
a farmi un altro scherzo per vendetta,
vengo a dirvi, Livietta,
che Dorina si sposa immantinente.
LIVIETTA
E chi è lo sposo?
MASOTTO
Eccolo a voi presente.
LIVIETTA
Come? voi?
MASOTTO
Sì, son io
lo sposo fortunato
che fra i due litiganti ha guadagnato.
LIVIETTA
E i padroni?
MASOTTO
I padroni
m'hanno in questo momento
assicurato il lor consentimento.
Si faranno le nozze in questa sera.
LIVIETTA
Questa sera si fan?
MASOTTO
Così si spera.
LIVIETTA
E Titta?
MASOTTO
Sarà vostro se volete.
LIVIETTA
Vorrei... e non vorrei...
MASOTTO
Che dubitate?
LIVIETTA
Un rifiuto sposar...
MASOTTO
Non gli abbadate;
se vi piace, pigliatelo, figliuola.
LIVIETTA
Dunque lo piglierò per non star sola.
Ma Titta lo vorrà?
MASOTTO
Sì, certamente:
fidatevi di me; vostro Cupido
oggi Titta sarà.
LIVIETTA
Di voi mi fido.
Dorina che si fa vedere di lontano, poi si cela ascoltando, e i suddetti.
MASOTTO
Credetemi ch'io sono
un uomo di buon cor.
LIVIETTA
Così vi credo;
in effetto lo vedo
quanta bontà per favorirmi avete.
La mia consolazion solo voi siete.
Vi sarò grata
per fin ch'io viva,
per voi beata,
contenta ognor.
Disponga il fato
che a voi s'ascriva
il miglior stato
di questo cor.
(parte)
Masotto e Dorina.
MASOTTO
Son certo, son certissimo
ch'egli la sposerà. Mancami adesso
concludere con me
le nozze e con Dorina... Eccola, affé.
DORINA
Dica, signor fattore,
questo bell'apparecchio che ha ordinato,
per chi è mai preparato?
MASOTTO
Per voi, Dorina cara:
tutto, tutto per voi qui si prepara.
DORINA
Per me? Lo sposo mio
chi sarà poi? L'ho da sapere anch'io.
MASOTTO
Lo sapete, furbetta,
e ve 'l ridico ancora:
sposo sarà Masotto che v'adora.
DORINA
Risponde la furbetta
che sposata da lui sarà Livietta.
MASOTTO
Perché?
DORINA
Perché ho sentito
e ho veduto, signor, quanto mi basta.
MASOTTO
Oh, questo è un altro dimenar di pasta.
Livietta è ver che vuole
maritarsi, ma io...
DORINA
Non più parole;
sentite ho l'espressioni
tenere, delicate...
MASOTTO
Dorina, v'ingannate;
quelle espression non hanno
per me verun costrutto.
DORINA
Andate via di qua che già so tutto.
MASOTTO
Credetemi, Dorina...
DORINA
Razzaccia malandrina,
bella azione è cotesta?
Perché venirmi a rompere la testa?
MASOTTO
Ma non andate in collera;
sentite la ragione.
DORINA
Andate via di qua; siete un briccone.
MASOTTO
Bene, me n'anderò: la riverisco.
(in atto di partire)
DORINA
(Mi dispiace, per altro.)
MASOTTO
(Io vi patisco.)
DORINA
(Chi mai l'avrebbe detto?)
MASOTTO
(Chi creduto l'avria?)
DORINA
(Masotto traditor?)
MASOTTO
Signora mia,
eccomi; m'ha chiamato?
DORINA
Signor no.
MASOTTO
Dunque me n'anderò.
DORINA
Chi vi trattiene?
MASOTTO
(Ah, mi sento morir!)
DORINA
(Mi sento in pene.)
MASOTTO
Donne, donne, e poi donne.
DORINA
Uomini, e poi non più.
MASOTTO
Compassion non vi fu, ne vi sarà.
DORINA
Non occorre sperar più fedeltà.
MASOTTO
Ma io vi sono stato,
e vi sono fedel.
DORINA
Siete un ingrato.
Perché mai parlar d'amore
principiaste a questo core,
per doverlo abbandonar?
MASOTTO
Perché, o cara, in questo petto
dubitate che l'affetto
per voi possa mai cangiar?
DORINA
Traditor.
MASOTTO
No, non è vero.
DORINA
Menzogner.
MASOTTO
No, son sincero.
DORINA
Siete finto, signor sì.
L'ho sentita a dir così:
«Vi sarò grata
per fin ch'io viva,
per voi beata,
contenta ognor.»
MASOTTO
Non lo dicea per me.
DORINA
Ve lo dicea perché?
MASOTTO
È di Titta innamorata:
la vedrete a lui sposata,
ve lo giuro per mia fé.
DORINA
(con tenerezza)
Se fosse così...
MASOTTO
Credetelo, sì.
DORINA
Masotto è per me.
MASOTTO
Masotto è per te.
DORINA
Tu ~ tutto per me,
MASOTTO
Io ~ tutto per te.
DORINA E MASOTTO
Amore mi fa...
contento mi dà...
mie viscere, ah!
Andiamo, ~ che siamo
felici davver.
(partono)
Galleria illuminata per il ballo.
Il Conte, la Contessa, Livietta, Ballerini e Ballerine.
CONTE
(alle ballerine)
Grazie vi rendo, che venute siete
le nozze ad onorare
della mia cameriera.
CONTESSA
(ai ballerini)
Vi ringrazio,
che essendo i sposi a favorir venuti,
ora i nostri piacer sono accresciuti.
LIVIETTA
Signori, in cortesia,
un po' di caritade ancor per me.
CONTESSA
Tu pur cerchi marito?
LIVIETTA
Così è.
CONTESSA
Trovalo, e ti prometto
di contentar te ancora.
LIVIETTA
M'ingegnerò di ritrovarlo or ora.
Mingone, Titta e detti.
MINGONE
Signori, eccomi qui
a ricever le grazie che mi fanno.
La sposa di veder mi par mill'anni.
CONTE
Tu lo sposo non sei.
CONTESSA
Va', che t'inganni.
TITTA
L'ho detto, Mingon mio,
lo sposo tu non sei, ma lo son io.
CONTESSA
E tu t'inganni ancora.
CONTE
Ecco lo sposo; lo vedrai or ora.
Dorina, Masotto e detti.
DORINA E MASOTTO
Alle nozze, alle nozze, alle nozze,
che noi siamo gli sposi contenti;
e voi altri nettatevi i denti,
che per voi non c'è niente da far.
MINGONE
Come?
TITTA
Che novità?
CONTE
Così finite
son le cause fra noi della gran lite.
TITTA
Ed io?
MASOTTO
Se il matrimonio ti diletta,
potrai a tuo piacer sposar Livietta.
TITTA
Non mi vuol.
LIVIETTA
Non l'ho detto.
TITTA
Se Livietta m'accetta, io suo sarò.
LIVIETTA
Ho un natural che non sa dir di no.
CONTE
Dunque alle doppie nozze
serva quest'apparato.
MINGONE
Io solo a bocca asciutta son restato.
CONTESSA
Che a danzar si cominci,
e alla presenza poi
di nobili ed allegri testimoni,
celebrati saranno i matrimoni.
(i personaggi tutti siedono e si comincia il ballo, terminato il quale si rialzano i personaggi, gli sposi si danno le destre, e tutti cantano il seguente)
CORO
Amore discenda
con prosperi auspici,
e renda felici
gli sposi così,
che mai non li turbi
geloso veleno,
che mai nel lor seno
non si spezzi lo stral che li ferì.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 14/01/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
(W)