Alla cristianissima Maria Medici regina di Francia, e di Navarra

È stata opinione di molti cristianiss. regina, che gl'antichi Greci, e Romani cantassero su le scene le tragedie intere, ma sì nobil maniera di recitare non che rinnovata, ma né pur che io sappia fin qui era stata tentata da alcuno, e ciò mi credev'io per difetto della musica moderna di gran lunga all'antica inferiore, ma pensiero sì fatto mi tolse interamente dell'animo m. Iacopo Peri, quando udito l'intenzione del sig. Jacopo Corsi, e mia mise con tanta grazia sotto le note la favola di Dafne composta da me solo per far una semplice prova di quello, che potesse il canto dell'età nostra che incredibilmente piacque a que pochi, che l'udirono, onde preso animo, e dato miglior forma alla stessa favola, e di nuovo rappresentandola in casa il sig. Jacopo, fu ella non solo dalla nobiltà di tutta questa patria favorita, ma dalla serenissima gran duchessa, e gl'illustrissimi cardinali Dal Monte, e Montalto udita, e commendata, ma molto maggior favore, e fortuna ha sortito l'Euridice messa in musica dal medesimo Peri, con arte mirabile, e da altri non più usata avendo meritato dalla benignità, e magnificenza del sereniss. gran duca d'essere rappresentata in nobilissima scena alla presenza di v. m. del cardinale Legato, e di tanti principi, e signori d'Italia, e di Francia, la onde cominciando io a conoscere, quanto simili rappresentazioni in musica siano gradite, ho voluto recar in luce queste due, perché altri di me più intendenti si ingegnino di accrescere, e migliorare siffatte poesie, di maniera, che non abbiano invidia a quelle antiche tanto celebrate da i nobili scrittori. Potrà parere ad alcuno, che troppo ardire sia stato il mio in alterare il fine della favola d'Orfeo, ma così mi è parso convenevole in tempo di tanta allegrezza, avendo per mia giustificazione esempio di poeti greci, in altre favole, e il nostro Dante ardì di affermare essersi sommerso nella sua navigazione, tutto che Omero, e gl'altri poeti avessero cantato il contrario. Così parimente ho seguito l'autorità di Sofocle nel l'Aiace in far rivolgere la scena non potendosi rappresentar altrimenti le preghiere, e i lamenti d'Orfeo. Riconosca v. m. in queste mie ben che piccole fatiche l'umil devozione dell'animo verso di lei, e viva lungamente felice per ricever da iddio ogni giorno maggior grazie, e maggior favori.

Di Firenze il dì d'ottobre 1600

Di v. m. umiliss. servitore

Ottavio Rinuccini

Prologo Atto unico

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