Scena unica |
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(♦) La tragedia |
LA TRAGEDIA |
Io, che d'alti sospir vaga e di pianti spars'or di doglia, or di minacce il volto fei negl'ampi teatri al popol folto scolorir di pietà volti, e sembianti. Non sangue sparso d'innocenti vene non ciglia spente di tiranno insano, spettacolo infelice al guardo umano canto su meste, e lagrimose scene. Lungi via lungi pur da regi tetti simolacri funesti, ombre d'affanni, ecco i mesti coturni, e i foschi panni cangio, e desto nei cor più dolci affetti. Or s'avverrà, che le cangiate forme non senza alto stupor la terra ammiri, tal ch'ogni alma gentil ch'Apollo inspiri del mio novo cammin calpesti l'orme. Vostro regina sia cotanto alloro qual forse anco non colse Atene, o Roma, fregio non vil fu l'onorata chioma fronda febea fra due corone d'oro. Tal per voi torno, e con sereno aspetto ne' reali imenei, m'adorno anch'io, e su corde più liete il canto mio tempro al nobile cor dolce diletto. Mentre Senna real prepara intanto alto diadema, onde il bel crin si fregi, e i manti, e seggi degl'antichi regi del tracio Orfeo date l'orecchia al canto. | |