Ehi, via, buffone,  

non mi seccar!

Sentimi, amico...

Ma che ti ho fatto, che vuoi lasciarmi?

Va', che sei matto:

fu per burlar.

Leporello!  

Vien qui, facciamo pace. Prendi...

(gli dà del danaro)

Quattro doppie.

Non parliam più di ciò! Ti basta l'animo

di far quel ch'io ti dico?

Lasciar le donne! Pazzo!

Lasciar le donne? Sai ch'elle per me

son necessarie più del pan che mangio,

più dell'aria che spiro!

È tutto amore:

chi a una sola è fedele

verso l'altre è crudele.

Io, che in me sento

sì esteso sentimento,

vo' bene a tutte quante.

Le donne, poi che calcolar non sanno

il mio buon natural chiamano inganno.

Odi: vedesti tu la cameriera

di Donn'Elvira?

Non hai veduto

qualche cosa di bello,

caro il mio Leporello! Ora io con lei

vo' tentar la mia sorte; ed ho pensato,

giacché siam verso sera,

per aguzzarle meglio l'appetito,

di presentarmi a lei col tuo vestito.

Han poco credito

con gente di tal rango

gli abiti signorili.

(si cava il proprio abito)

Sbrìgati, via!

Finiscila! Non soffro opposizioni.

Cogliere io vo' il momento.

Tu férmati un po' là.

(si mette dietro Leporello e parla a Donn'Elvira)

Elvira, idolo mio!...

Sì, vita mia, son io;

e chieggo carità.

Discendi, o gioia bella!

Vedrai che tu sei quella

che adora l'alma mia:

pentito io sono già.

Ah, credimi, o m'uccido!

Idolo mio, vien qua.

Amico, che ti par?  

Va' là, che se' il gran gonzo! Ascolta bene:

quando costei qui viene,

tu corri ad abbracciarla:

falle quattro carezze,

fingi la voce mia; poi con bell'arte

cerca teco condurla in altra parte.

(mette presso il naso una pistola a Leporello)

Non più repliche!

Non ti conoscerà, se tu non vuoi.

Zitto: ell'apre. Ehi, giudizio!

(va in disparte)

(si ritira nel fondo)

(Veggiamo che farà.)

(Il birbo si riscalda.)

(finge di uccider qualcheduno con la spada alla mano etc.)

Ih! eh! eh! ih! Sei morto!

(ride)

Ih, eh, ih, eh, ah, ih! Par che la sorte  

mi secondi. Veggiamo:

le finestre son queste. Ora cantiamo.

V'è gente alla finestra: forse è dessa.  

Zi, zi.

(Qualcuno parla.)

(Se non fallo è Masetto.)

(Non è solo:

ci vuol giudizio.)

(cerca d'imitar la voce di Leporello)

Amici...

(Non mi voglio scoprir.)

(come sopra)

Sei tu, Masetto?

Non mi conosci? Il servo

son io di Don Giovanni.

(Bagattelle!)

(ad alta voce)

Bravissimo, Masetto!

Anch'io con voi m'unisco,

per fargliela, a quel birbo di padrone.

Ma udite un po' qual è la mia intenzione.

(ritorna in scena, conducendo seco per la mano Masetto)

Zitto... Lascia ch'io senta... Ottimamente.  

Dunque, dobbiam ucciderlo.

E non ti basteria rompergli l'ossa,

fracassargli le spalle...

Hai buone armi?

E poi?

Eh, basta, certo! Or prendi:

(batte col rovescio della spada Masetto)

questo per la pistola...

questo per il moschetto...

(minacciandolo con le armi alla mano)

Taci, o t'uccido!

Questa per l'ammazzarlo,

questa per farlo in brani.

Villano, mascalzon, ceffo da cani!

(parte)

(entra scavalcando il muro. Ridendo)

Ah! ah! ah! ah! questa è buona!  

Or lasciala cercar. Che bella notte!

È più chiara del giorno: sembra fatta

per gir a zonzo a caccia di ragazze.

È tardi?

(guarda sull'orologio)

Oh, ancor non sono

due della notte. Avrei

voglia un po' di saper come è finito

l'affar tra Leporello e Donn'Elvira:

s'egli ha avuto giudizio...

È desso. Oh, Leporello!

Non conosci il padron?

Come? Birbo!

Cosa è stato?

Ebben, non era questo

un onore, per te?

Via, via, vien qua: che belle

cose ti deggio dir!

Vien dentro, e lo saprai.

Diverse istorielle,  

che accadute mi son da che partisti,

ti dirò un'altra volta; or la più bella

ti vo' solo narrar.

C'è dubbio? Una fanciulla

bella, giovin, galante,

per la strada incontrai. Le vado appresso,

la prendo per la man: fuggir mi vuole.

Dico poche parole: ella mi piglia

sai per chi?

Per Leporello.

Per te.

Per la mano

ella allora mi prende.

M'accarezza, mi abbraccia:

«Caro il mio Leporello...

Leporello mio caro...». Allor m'accorsi

ch'era qualche tua bella.

Dell'inganno approfitto. Non so come

mi riconosce: grida. Sento gente,

a fuggir mi metto, e, pronto pronto,

per quel muretto in questo loco io monto.

Perché no?

Meglio ancora!

(ride molto forte)

Chi ha parlato?

Taci, sciocco!

Chi va là? chi va là?

(mette mano alla spada, e cerca qua e là pe 'l sepolcro dando diverse percosse alle statue ecc.)

(con indifferenza e sprezzo)

Sarà qualcun di fuori

che si burla di noi...

Ehi! Del Commendatore

non è questa la statua? Leggi un poco

quella iscrizion.

Leggi, dico!

O vecchio buffonissimo!

Digli che questa sera

l'attendo a cena meco.

Orsù, va' là,

o qui t'ammazzo e poi ti seppellisco.

Finiscila, o nel petto

ti metto quest'acciar!

Mori!

Va' là, che se' un buffone...

E che deggio guardare?

Colla marmorea testa

ei fa così... così...

(alla statua)

Parlate! Se potete,

verrete a cena?

Già la mensa è preparata.  

(ai suonatori)

Voi suonate, amici cari:

giacché spendo i miei danari,

io mi voglio divertir.

(siede a mensa)

Leporello, presto in tavola!

Che ti par del bel concerto?

Ah, che piatto saporito!

Piatto!

Versa il vino.

(Leporello versa il vino nel bicchiere)

Eccellente marzimino!

(lo chiama senza guardarlo)

Leporello!

Parla schietto, mascalzone!

Mentre io mangio, fischia un poco.

(lo guarda, e s'accorge che sta mangiando)

Cos'è?

Mi meraviglio!

Cosa volete?

Se non sorgete

non resto in piè.

(sempre con affettata tenerezza)

Che vuoi, mio bene?

Brava!

Lascia ch'io mangi.

E, se ti piace,

mangia con me.

(torna a sedere, a mangiare ecc.)

Va' a veder che cosa è stato.

Che grido indiavolato!

Leporello che cos'è?

Non capisco niente affatto.

Tu sei matto in verità.

Qualcun batte:

apri!

Apri, ti dico!

Apri!

Matto! Per togliermi d'intrico,

ad aprir io stesso andrò.

(piglia il lume e va ad aprire)

Non l'avrei giammai creduto,

ma farò quel che potrò.

(a Leporello)

Leporello, un'altra cena

fa' che subito si porti!

Vanne, dico...

Parla, dunque: che chiedi? che vuoi?

A torto di viltate

tacciato mai sarò!

Ho già risolto!

Ho fermo il core in petto,

non ho timor: verrò!

Eccola!

(grida forte)

Ohimè!

Che gelo è questo mai!

(vuol sciogliersi, ma invano)

No, no, ch'io non mi pento:

vanne lontan da me!

No, vecchio infatuato!

No.

No.

Da qual tremore insolito...

sento... assalir... gli spiriti...

Donde escono quei vortici

di fuoco pien d'orror?...