Che marea, che stordimento!

È una casa da impazzar!

(esaminando le note)

Vediamo: alla modista  

cento scudi. Obbligato! Al carrozziere

seicento. Poca roba!

Novecento e cinquanta al gioielliere.

Per cavalli...

(getta la nota con stizza e si alza)

Al demonio

i cavalli, i mercanti e il matrimonio!

(pensa)

Per poco che la duri in questo modo,

mio caro Don Pasquale,

a rivederci presto all'ospedale!

Che cosa vorrà dir questa gran gala!

Escir sola a quest'ora,

un primo dì di nozze

è un atto così fuor d'ogni ragione

ch'io marito e padrone

debbo oppormi a ogni modo ed impedirlo.

Ma... si fa presto a dirlo.

Colei ha certi occhiacci,

certo far da regina

che mi viene la pelle di gallina

solamente a pensarvi. Ah! Don Pasquale

chi te l'ha fatta far! Ad ogni modo

vo' provarmi. Se poi

fallisce il tentativo... Eccola; a noi.

Signorina, in tanta fretta,  

dove va, vorrebbe dirmi?

Ma il marito, con sua pace,

non voler potria talvolta.

A non mettermi al cimento,

signorina, la consiglio.

Vada in camera al momento.

Ella in casa resterà.

(interponendosi fra lei e la porta)

Non si sorte.

Sono stanco.

Non si sorte.

Sono stanco.

Civettella!

(Ah! è finita, Don Pasquale,

hai bel romperti la testa!

Altro affare non ti resta

che d'andarti ad annegar.)

Parta pure.

Ma non faccia più ritorno.

Porta chiusa troverà.

Divorzio! Divorzio!

Che letto, che sposa!

Peggiore consorzio

di questo non v'ha.

Ah! povero sciocco!

Se duri in cervello

con questo martello

miracol sarà.

Qualche nota di cuffie e di merletti  

che la signora semina per casa.

(la spiega e legge)

«Adorata Sofronia.»

(nella massima ansietà)

Ehi! Ehi! Che affare è questo!

(legge)

«Fra le nove e le dieci della sera

sarò dietro al giardino,

dalla parte che guarda a settentrione.

Per maggior precauzione

fa', se puoi, d'introdurmi

pe 'l piccolo cancello. A noi ricetto

daran securo l'ombre del boschetto.

Mi scordavo di dirti

che annunzierò cantando il giunger mio.

Mi raccomando. Il tuo fedele. Addio.»

(fuori di sé)

Questo è troppo; costei

mi vuol morto arrabbiato!

Ah! non ne posso più, perdo la testa!

(scampanellando)

Si chiami Malatesta.

Correte dal dottore,

ditegli che sto mal, che venga tosto.

(O crepare o finirla ad ogni costo.)

(esce)

(con tristezza solenne)

Cognato, in me vedete

un morto che cammina.

(senza badargli e come parlando a sé stesso)

Pensar che, per un misero puntiglio,

mi son ridotto a questo!

Mille Norine avessi dato a Ernesto!

Mezza l'entrata

d'un anno in cuffie e in nastri consumata!

Ma questo è nulla.

La signorina

vuol uscire a teatro.

M'oppongo colle buone,

non intende ragione, e son deriso.

Comando... e della man mi dà sul viso.

Uno schiaffo, sì, signore!

La guancia è testimonio: il tutto è detto.

È verissimo.

Ma se mi fate perder la pazienza!

Lo schiaffo è nulla, v'è di peggio ancora.

Leggete.

Sarà buona per voi, per me non certo.

Io son così sicuro del delitto,

che v'ho fatto chiamare espressamente

qual testimonio della mia vendetta.

Ho tutto preveduto... m'ascoltate.

Sediamo.

Cheti cheti immantinente    

nel giardino discendiamo;

prendo meco la mia gente,

il boschetto circondiamo;

e la coppia sciagurata,

a un mio cenno imprigionata,

senza perdere un momento

conduciam dal podestà.

(alzandosi)

È siffatto scioglimento  

poco pena al tradimento.

Vada fuor di casa mia.

Altri patti non vo' far.

Ponderate, esaminate,

ma in mia casa non la vo'.

Non importa... non importa.

(imitandolo)

Non sta bene, non conviene...

Ma lo schiaffo qui restò.

Oh! benedetto!

Dite presto.

Bravo, bravo, va benone!

Son contento, bravo, bravo.

(Aspetta, aspetta,  

cara sposina,

la mia vendetta

già s'avvicina;

già già ti preme,

già t'ha raggiunto,

tutte in un punto

l'hai da scontar.

Vedrai se giovino

raggiri e cabale,

sorrisi teneri,

sospiri e lagrime.

Or voglio prendere

la mia rivincita

sei nella trappola

v'hai da restar.)

Eccoli; attenti ben...  

Alto là!  

Zitta; ov'è il drudo?

Colui che stava

con voi qui amoreggiando.

Che mentir sfacciato!

Saprò ben io trovarlo.

Il fresco! Ah, donna indegna,

(con esplosione)

fuor di mia casa, o ch'io...

Escite, e presto.

Corpo di mille bombe!

(È inteso.)

Bravo, dottore!

(Ah! lo volesse il ciel!)

(Non mi par vero.)

Ed io consento.

(ad Ernesto)

Corri a prender Norina,

e d'unirvi io m'impegno in sul momento.

Come? Spiegatevi...

Quella?... Norina?... Che tradimento!

Dunque Sofronia?...

E il matrimonio?...

Ah bricconissimi... (Vero non parmi!

Ciel ti ringrazio!) Così ingannarmi!

Meritereste...

Tutto dimentico, siate felici;

com'io v'unisco, v'unisca il ciel!

La morale è molto bella

applicarla a me si sta.

Sei pur fina, o bricconcella,

m'hai servito come va.