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Scena prima |
Camera accomodata per la prova d'un'opera. Petronilla, Luigino, Angiolina, Rosina, Claudio, tutti a sedere con carta di musica in mano; Tolomeo in disparte sedendo. |
Q
Petronilla, Luigino, Angiolina, Rosina, Claudio, Tolomeo
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I cinque Personaggi suddetti cantano l'ultimo coro | |
del libro intitolato «Le nozze». | |
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CORO
Amore discenda
co' prosperi auspici,
e renda felici
gli sposi così,
che mai non li turbi
geloso veleno,
che mai nel lor seno
non si spezzi lo stral che li ferì.
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TOLOMEO |
Bravi, bravi davvero, e viva, e viva.
Questo coro mi piace e mi ravviva.
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CLAUDIO |
Voglia il ciel che quest'opera
piaccia più di quell'altra.
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TOLOMEO |
Il ciel lo voglia,
n'ho bisogno davvero.
Maledetto mestiere
che è quel dell'impresario!
S'hanno mille pensieri e mille guai:
si perde sempre, e non si lascia mai.
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LUIGINO |
Quest'opera altre volte
in Bologna ha incontrato.
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TOLOMEO |
Un libro fortunato
certo è stato per me. Monsieur Lorano
me 'l fece in quattro dì, ma benedetto
sia il danaro ch'io spesi in tal libretto.
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ROSINA |
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TOLOMEO |
Così e così.
Mi fu d'un grande aiuto;
poco, è ver, ci perdei, ma ci ho perduto.
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ANGIOLINA |
Non vorrei questa volta
ci perdeste assai più.
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TOLOMEO |
Perché mi fate
un sì pessimo augurio?
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ANGIOLINA |
Vi dirò:
so che allora avevate
una buffa assai brava, e non vorrei
che ora per causa mia...
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TOLOMEO |
Zitto, signora;
non andate più avanti. Il vostro merito
tutto il mondo lo sa. Siete una giovane
che sa, che intende, che diletta e piace.
No 'l dico perch'io sia
di ciò molto intendente:
dico quel che dagli altri a dir si sente.
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PETRONILLA |
Ma, signor impresario,
dopo quest'operetta
che si fa per ripiego, ha destinato
il libro nuovo che ha di dar promesso?
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TOLOMEO |
Cospetto! ve 'l confesso,
questo è quel che m'imbroglia e mi molesta:
non so dove ch'i' abbia a dar la testa.
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LUIGINO |
Non vi è tempo da perdere.
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ROSINA |
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CLAUDIO |
Se l'abbiam da imparare,
il suo tempo vi vuole.
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ANGIOLINA |
E non è giusto,
come adesso si fa, che s'abbia sempre
da studiar con tal fretta e con tal pena,
e s'abbia a andar con precipizio in scena.
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TOLOMEO |
Io non so che mi fare. Oh, se qui fosse
quel galantuom che questo libro ha fatto
chi sa ch'egli ad un tratto
uno non ne facesse a' prieghi miei!
Oh, quanto pagherei... ma il dirlo è vano.
Egli forse da noi troppo è lontano.
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ANGIOLINA (con forza) |
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CLAUDIO (con sdegno) |
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TOLOMEO |
Maledetto mestier! non so che fare.
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Convien dir che il mio destino
mi costringa a delirar.
Il mestiere è malandrino,
ma no 'l posso abbandonar.
Fra sartori ~ e fra pittori,
fra cantanti e ballerini,
se ne vanno i miei zecchini,
e mi fanno disperar.
(parte)
| Tolomeo ->
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Scena seconda |
Petronilla, Luigino, Angiolina, Rosina e Claudio. |
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CLAUDIO |
Ei dice e dice, e tocca a noi frattanto
la fatica maggior.
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ANGIOLINA |
Qual colpa abbiamo,
se il libro o se la musica non piace?
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ROSINA |
Anzi è nostra disgrazia:
se la parte cattiva è per natura,
noi non possiamo far buona figura.
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PETRONILLA |
Quando nel primo libro
mi è toccato di far quella partaccia,
credetemi, signori,
mi veniano i sudori. I studi miei
non li ho fatti pe 'l buffo. Io non presumo
d'essere virtuosa;
poco, è vero, ne so, son principiante,
ma quando una cantante
dal carattere suo si vede fuora,
tutto il poco che sa, si scorda ancora.
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LUIGINO |
È ver: perché un attore
comparisca un po' meglio, è necessario
che gli venga assegnata
una parte al suo stil bene adattata.
Io non dico di fare
da Cesare o Adriano,
ma non è il mio mestier far da villano.
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La provida natura
comparte i doni suoi;
ma devonsi da noi
coll'arte coltivar.
Né mai sarà un pastore
un abile nocchiero,
né condurrà un guerriero
gli armenti a pascolar.
(parte)
| Luigino ->
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Scena terza |
Petronilla, Angiolina, Rosina e Claudio. |
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ROSINA |
Io poi, per dir il vero,
non mi prendo di ciò verun pensiero.
Non so bene qual sia
l'abilitade mia; non so s'io riesca
nel serio o nel faceto,
ma senza aver di pretension l'inganno,
io faccio volentier quel che mi danno.
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Fatemi fare
la vezzosetta,
qualche grazietta
forse averò.
E se ho da dare
nel sostenuto,
non lo rifiuto,
m'ingegnerò.
Farò di tutto
passabilmente,
onestamente
tutto farò.
(parte)
| Rosina ->
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Scena quarta |
Petronilla, Angiolina e Claudio. |
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PETRONILLA |
Eh, si fa presto a dire:
«farò di tutto». Sulla scena poi,
il tutto che si sa passabilmente,
per soggezione si riduce al niente.
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ANGIOLINA |
Io certo a recitare
principiai di buon'ora,
sono avvezza al mestier, ma tremo ancora.
Specialmente in Bologna ho più che altrove
soggezione e timor. Qui si distingue
chi sa da chi non sa. Quivi non basta
un po' di cantucciar; ma è necessario
recitare a dover. Non v'è nel mondo
chi conosca il teatro,
e sappia quel che a' buoni attor bisogna,
più della dotta mia cara Bologna.
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CLAUDIO |
Sì, ma non v'è nel mondo
chi meglio sappia compatir di lei.
Anche i difetti miei
so che son tollerati
da questi illustri cittadin bennati.
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PETRONILLA |
Dunque anch'io mi lusingo
della stessa bontà. Si sa ch'io sono
debole principiante, e se cortesi
degneran compatirmi,
valerà il loro dono a incoraggirmi.
Ma vorrei, se potessi,
provar quest'aria mia, né c'è nessuno
che mi accompagni.
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CLAUDIO |
Che bisogno avete
d'essere accompagnata?
Non sapete suonar passabilmente?
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PETRONILLA |
Ne so poco o niente,
pure m'ingegnerò.
Bene o male, farò quel ch'io potrò.
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(si mette al cembalo, e si accompagna da sé, e canta)
Fra le tempeste ancora
tenta il nocchiero ardito
di ritrovare il lito,
di superare il mar.
E del nemico fato...
ma il cembalo è scordato:
(s'alza)
la mano ~ tocca invano
i tasti ~ che son guasti,
e non si può sonar.
(parte)
| Petronilla ->
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Scena quinta |
Angiolina e Claudio. |
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CLAUDIO |
Per dir la verità, l'accompagnarsi,
in donna specialmente,
non è cosa comune.
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ANGIOLINA |
È ver, per camera
è un nobile ornamento.
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CLAUDIO |
È una prova d'ingegno e di talento.
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ANGIOLINA |
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CLAUDIO |
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ANGIOLINA |
Sì, così lieto in volto
anch'io, per dirla, non l'ho mai veduto.
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CLAUDIO |
Dei palchi e delle sedie avrà venduto.
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Scena sesta |
Tolomeo e detti. |
<- Tolomeo
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TOLOMEO |
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ANGIOLINA |
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TOLOMEO |
Sentite un'avventura,
un caso, un accidente,
che pare propriamente
di quei che i commedianti
fan nascere per via de' negromanti:
quello scrittor mio amico,
monsieur Loran, che tanto
era da me bramato,
di passaggio a Bologna è capitato.
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CLAUDIO |
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ANGIOLINA |
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TOLOMEO |
Non so. Tentar conviene.
Io so che mi vuol bene,
forse dirà di sì.
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ANGIOLINA |
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TOLOMEO |
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Scena settima |
Lorano e detti. |
<- Lorano
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LORANO |
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ANGIOLINA |
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CLAUDIO |
Che buon vento, signor, vi ha qui guidato?
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LORANO |
Altrove incamminato
son per un certo affar ch'ora non dico:
ma già che il fato amico
riveder mi ha concesso
questo per me sì amabile soggiorno,
vo' in Bologna restar per qualche giorno.
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TOLOMEO |
S'accomodi, la prego.
(ad un servitore)
Dategli da seder.
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LORANO |
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TOLOMEO |
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ANGIOLINA |
Oh bella sorte
di vederla da noi!
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CLAUDIO |
Miglior destino
non si potea bramar.
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LORANO |
(Oh via, ho capito:
han bisogno di me.)
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TOLOMEO |
Starà in Bologna
lungamente, o signor?
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LORANO |
Volesse il cielo
ch'io vi potessi star quanto desio,
ma a momenti è vicino il partir mio.
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TOLOMEO |
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LORANO |
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TOLOMEO |
Per dirla,
le cose vanno mal. Non ci son libri
al bisogno adattati.
Sa quanto delicati
sono in questo paese, e sa l'amore
che quivi hanno per lei;
e un suo libro, signore, io bramerei.
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LORANO |
Sa il ciel quanto mi duole
non poterla servir. Sì, lo conosco,
quanto onor, quante grazie
quest'illustre città mi ha compartite,
quanto l'opere mie son compatite.
Ma io deggio partir.
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CLAUDIO |
Se vuol, sappiamo
quanto presto sa far.
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LORANO |
No, caro amico.
Ogni anno passa un anno;
il troppo faticar stanca la mente,
né più scriver poss'io sì facilmente.
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TOLOMEO |
Via, signora Angiolina,
parli anch'ella. Chi sa! Monsieur Lorano
non sa dire di no, ma specialmente
co' le donne suol esser compiacente.
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ANGIOLINA |
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LORANO |
Oh, cosa dice!
Mi chiamerei felice
s'io servirla potessi. In altri incontri
sa ben se di servirla ho procurato.
Ma non posso restar: sono impegnato.
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ANGIOLINA |
Pazienza! Il lusingarmi
di ottener tal finezza è cosa vana.
S'io fossi una romana,
forse l'ottenerei.
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LORANO |
Tant' e tanto davvero io partirei.
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ANGIOLINA |
Basta, vi vuol pazienza.
Signor, con sua licenza:
giacché vano è il parlar, vano è il pregarla,
dell'incomodo ancor vo' sollevarla.
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Lo so ch'io non merito
sì grato favor:
non sono sì amabile
da vincerle il cor.
Se avessi un occhietto
languente, furbetto,
usar non saprebbe
cotanto rigor.
Perdoni, mi scusi;
(facendo qualche riverenza)
pazienza, signor.
(parte)
| Angiolina ->
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Scena ottava |
Lorano, Tolomeo e Claudio. |
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LORANO |
Cospetto! in verità
sono mortificato. Un certo effetto
nell'interno mi fa donna che prega,
che a resister patisco.
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TOLOMEO |
E bene, adunque,
si lasci persuader.
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LORANO |
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CLAUDIO |
Quand'è così, gli leverem l'attedio.
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TOLOMEO |
Ma non avrebbe almeno
qualche cosa di fatto?
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LORANO |
Oibò; non soglio
scriver giammai senz'essere spronato.
Anzi i' aveva fissato
di mai più voler fare un dramma buffo,
tant'io ne sono stomacato e stuffo.
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TOLOMEO |
Ma so pur che in Venezia
ogni anno di tai libri
vossignoria soleva
comporne due o tre per ordinario.
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LORANO |
È ver, ma l'impresario
andò in collera meco, ed ha ragione.
Io ho la presunzione
d'esser, da chi mi vuol, pagato bene,
e alla sua economia ciò non conviene.
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CLAUDIO |
Ehi, signor impresario,
sentite il gergo?
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TOLOMEO |
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CLAUDIO |
Se bramate
ch'egli scriva per voi, non risparmiate.
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TOLOMEO |
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LORANO |
Non sono in caso
in veruna maniera. Ho da partire.
E poi, per vero dire,
a un tal componimento
ho preso aborrimento. Il libro buffo
è una noia, è un imbroglio,
non si finisce mai;
è un seminario di fastidi e guai.
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Quando il libretto è fatto,
forse si è fatto il men:
s'ha da cambiare ogni atto
cinque o sei cose almen.
Vien via la canterina:
quest'aria non va bene.
E grida la mammina:
la parte non convien.
Son dieci che comandano;
comandano, e non pagano.
Io mando i libri al diavolo,
non me n'importa un cavolo.
No, no, non ne vo' far;
non voglio più impazzar.
(parte)
| S
(♦)
(♦)
Lorano ->
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Scena nona |
Tolomeo e Claudio. |
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CLAUDIO |
Se non vuol, lasci stare.
S'egli di non far libri ha stabilito,
né anche il mondo per ciò sarà finito.
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TOLOMEO |
E che sì, signor Claudio,
ch'egli il libro ci fa?
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CLAUDIO |
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TOLOMEO |
Aspettatemi qui. Vo' a ritrovare
un certo cavalier suo protettore,
di cui ho anch'io l'onore
d'essere servitor. So quanto egli ama
monsieur Loran. So qual Loran rispetta
quest'illustre signor. So qual potere
hanno del cavaliere
i comandi, i consigli e i detti usati
per far fare a suo modo i più ostinati.
Vo tosto, e se s'impegna
di parlare a Lorano
il cavalier che ha sì cortese il tratto,
Loran qui resta, ed il libretto è fatto.
(parte)
| Tolomeo ->
|
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Scena decima |
Claudio solo. |
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In fatti in questo mondo
più dell'autorità, più assai del grado,
val la dolce maniera. I più stimati
son sempre i più gentili, e chi buon uso
fa di sua nobiltade e del suo ingegno,
conoscer fa che di tal sorte è degno.
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| |
|
Un'anima altera
che impone severa,
esige rispetto,
ma sol per timor.
E un cor generoso,
cortese, amoroso,
con gioia ed affetto
rispettasi ancor.
(parte)
| Claudio ->
|
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Scena undicesima |
Angiolina sola. |
<- Angiolina
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|
Innocenti pastorelle,
quanto invidio il vostro stato!
Quanto a me saria più grato
l'umil greggia pascolar!
| S
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| |
|
Un dì di bene
non dan le scene;
sempre si teme,
talor si freme.
Cento pericoli
s'han da passar.
La sorte instabile
mi fa tremar.
| (♦)
(♦)
|
| |
|
Dice talun che il nostro
è il mestiere miglior che diasi al mondo:
non è ver, non è vero, io gli rispondo.
Pria di tutto non sanno
quanta pena ci costi
la musica imparar. Non san che sia
sostener a dovere
un carattere in scena, e qual fatica,
e di petto, e di mente,
costi un'aria cantar passabilmente.
E poi, se per disgrazia
non si viene a incontrar, non san qual sia
la smania ed il rossore
di chi sente gli stimoli d'onore.
Certo, di cuor lo dico,
cambierei volentier lo stato mio,
e andrei la greggia a pascolar anch'io.
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La mia pace, il mio riposo
sol godrei fra l'erbe e i fiori;
fra le ninfe e fra i pastori
potrei lieta respirar.
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Scena dodicesima |
Rosina, Claudio e la suddetta. |
<- Rosina, Claudio
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ROSINA |
Oh, signora Angiolina,
la sapete la nuova?
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ANGIOLINA |
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ROSINA |
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ANGIOLINA |
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CLAUDIO |
Fu obbligato a restar dal cavaliere.
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ANGIOLINA |
Dunque a fargli una visita
vo' andar col padre mio.
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ROSINA |
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CLAUDIO |
Non c'è bisogno.
Lo conosco, lo so, de' complimenti
è pochissimo amante, e a far piacere
per natura è inclinato,
senz'esser da nessun sollecitato.
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ANGIOLINA |
Può esser, ma però
so ch'ei mi disse sulla faccia un no.
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CLAUDIO |
Lo disse, è ver, ma si vedea quai pene
gli costava il negar.
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ROSINA |
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Scena tredicesima |
Lorano, Tolomeo e detti. |
<- Lorano, Tolomeo
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TOLOMEO |
Ecco, signori miei,
ecco monsieur Lorano,
che al protettore ha resistito invano.
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LORANO |
Scusatemi, madama,
se quel che ho a voi negato, ho altrui concesso.
Venero il vostro sesso,
della vostra virtude ho vera stima,
ma, vi chiedo perdono,
da un incanto maggior convinto io sono.
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ANGIOLINA |
Sì, sì, già ve lo dissi:
s'io fossi quella tal che più vi preme...
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LORANO |
Tutte le donne assieme,
tutte le grazie e le bellezze unite,
a fronte di un sì amabil cavaliere
avrian forza minor sul mio volere.
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TOLOMEO |
Orsù, pensiamo un poco
a ciò che si ha da far.
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LORANO |
Cosa direbbe
il signor impresario?
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TOLOMEO |
Io mi rimetto.
Faccia vossignoria quel che le pare.
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LORANO |
Bramerei d'incontrare
il genio delle attrici e degli attori.
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TOLOMEO |
Via, dicano, signori,
il sentimento loro, e dopo anch'io
dirò senza riguardo il pensier mio.
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ANGIOLINA |
Io vorrei un'operetta
sul mio stile e sul mio far;
che vi fosse in qualche arietta
qualche poco da cantar.
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TOLOMEO |
Che vi fosse in qualche arietta
qualche poco da cantar.
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ROSINA |
Bramerei la parte mia
disinvolta e spiritosa;
e una scena vi vorria
da brillare e da scherzar.
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TOLOMEO |
E una scena vi vorria
da brillare e da scherzar.
| |
CLAUDIO |
Un carattere novello
piacerebbemi di far.
Quel ch'è nuovo, è sempre bello
per piacere ed incontrar.
| |
TOLOMEO |
Quel ch'è nuovo, è sempre bello
per piacere ed incontrar.
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LORANO |
Necessario è sopra tutto
i caratteri adattar;
anche il bel diventa brutto,
se si vede a strapazzar.
| |
TOLOMEO |
Anche il bel diventa brutto,
se si vede a strapazzar.
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TUTTI |
Ma l'ore passano:
convien riflettere,
convien risolvere
che s'ha da far.
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LORANO (ad Angiolina) |
Farà il carattere
d'un'affettata.
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ANGIOLINA |
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TOLOMEO |
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LORANO (a Rosina) |
Farà una femmina
di stil audace.
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ROSINA |
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TOLOMEO |
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LORANO (a Claudio) |
Di farvi io medito
un prepotente.
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CLAUDIO |
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TOLOMEO |
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LORANO |
Ma se si oppongono,
non so che far;
dev'esser libero
chi ha da inventar.
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TOLOMEO |
Dev'esser libero
chi ha da inventar.
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LORANO (ad Angiolina) |
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ANGIOLINA |
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LORANO (a Rosina) |
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ROSINA |
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LORANO (a Claudio) |
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CLAUDIO |
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LORANO |
Corpo del diavolo,
cos'ho da far?
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TUTTI |
Convien risolvere,
convien pensar.
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TOLOMEO (a Lorano) |
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LORANO |
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TOLOMEO |
Faccia un libretto,
in cui succedano
degli accidenti
con dei portenti
che non s'intendano;
acciò che il popolo,
per meglio intendere.
La sera prossima
debba tornar.
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ANGIOLINA, ROSINA E CLAUDIO |
Eh, far lasciamolo
quel che gli par.
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TOLOMEO |
Poi faccia all'ultimo
quel che gli par.
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TUTTI
Per ben comporre,
per riuscir bene,
l'estro che viene
s'ha d'abbracciar.
Allegramente,
concordemente,
s'ha per l'onore
da faticar.
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