(♦) | ||
[Ouverture] | ||
Allegro assai (re maggiore) | ||
Archi, 2 flauti, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani. | ||
Scena prima |
Area spaziosa destinata alle solenni adunanze pastorali, limitata da una corona d'altissime e fronzute querce che vagamente distribuite all'intorno conciliano un'ombra freschissima e sacra. Veggonsi lungo la serie degli alberi verdi rialzamenti di terreno presentati dalla natura e in varia forma inclinati dall'arte per uso di sedervi con graziosa irregolarità i pastori. Nel mezzo sorge un altare agreste, in cui vedesi scolpito l'animal prodigioso da cui si dice che pigliasse il nome la città d'Alba. Dagl'intervalli che s'aprono fra un albero e l'altro si domina una deliziosa e ridente campagna, sparsa di qualche capanna e cinta in mediocre distanza d'amene colline onde scendono copiosi e limpidi rivi. L'orizzonte va a terminare in azzurrissime montagne, le cui cime si perdono in un cielo purissimo e sereno. |
grazie, geni |
[N. 1 - Balletto] | ||
Andante grazioso (sol maggiore) | ||
Archi, 2 flauti, 2 oboe, 2 corni. | ||
Venere in atto di scender dal suo carro. Ascanio a lato di esso. Le Grazie e quantità di Geni che cantano e danzano accompagnando la dèa. Scesa questa, il carro velato da una legger nuvoletta si dilegua per l'aria. | <- Venere, Ascanio | |
[N. 2 - Coro di Geni e Grazie] | ||
Allegro (re maggiore) | ||
Archi, 2 flauti/oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani. | ||
CORO DI GENI |
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PARTE DEL CORO |
Tu sei degli uomini, o dèa, l'amore: di te sua gloria il ciel si fa. | |
PARTE DEL CORO |
Se gode un popolo del tuo favore, più dolce imperio cercar non sa. | |
CORO |
Con fren sì placido reggi ogni core, che più non bramasi la libertà. | |
Recitativo | ||
(al suo séguito che si ritira nell'indietro della scena disponendosi vagamente) | ||
VENERE |
fermate il piè, tacete; frenate, sospendete, fide colombe, il volo: questo è il sacro al mio nume amico suolo. Ecco, Ascanio, mia speme, ecco le piagge che visitammo insieme il tuo gran padre ed io. Quel tempo ancora con piacer mi rammento. Anco i presagi parvero disegnar che un giorno fora del mio favore oggetto questo popolo eletto. (accennando l'altare) In quell'altare vedi la belva incisa che, d'insolite lane ornata il tergo, a noi comparve. Il grand'Enea lo pose per memoria del fatto: e quindi 'l nome prenderà la città ch'oggi da noi avrà illustre principio. Io fin d'allora qui delle grazie mie prodiga sono al popolo felice, e qui 'l mio core fa sovente ritorno dalla beata sfera ove soggiorno. Ma qui presente ognora con la mia deità regnar non posso: tu qui regna in mia vece. Il grande, il pio, il tuo buon genitor, che d'Ilio venne a le sponde latine, or vive in cielo altro dio fra gli dèi: e soave mia cura ora tu sei. | |
ASCANIO |
Madre, che tal ti piace esser da me chiamata anzi che dèa, quanto ti deggio mai! | |
VENERE |
Già quattro volte, il sai, condusse il sol su questi verdi colli il pomifero autunno, dacché al popolo amico il don promisi de la cara mia stirpe. Ognuno attende, ognun brama vederti: all'are intorno ognun supplice cade, e il bel momento affretta ognun con cento voti e cento. | |
[N. 3 - Aria] | ||
Allegro (sol maggiore) | ||
Archi, 2 oboe, 2 corni. | ||
Recitativo | ||
ASCANIO |
||
VENERE |
Amata prole, pria che s'asconda il sole sposo sarai de la più saggia ninfa che di sangue divin nascesse mai. Già sui raggi dell'alba in sonno apparvi ad Aceste custode de la vergine illustre. Egli già scende dal sacro albergo e, al popolo felice e a la ninfa tuo bene del fausto annuncio apportator, qui viene. | |
ASCANIO |
Ah, cara madre... dimmi... dunque vicina è l'ora?... Ma chi sa s'ella m'ami? | |
VENERE |
Ella ti adora. | |
ASCANIO |
Se mai più non mi vide! | |
VENERE |
A lei son note le tue sembianze. | |
ASCANIO |
E come? | |
VENERE |
Amor, per cenno mio, ordì nobile inganno. | |
ASCANIO |
E che mai fece? | |
VENERE |
Volge il quart'anno omai che de la ninfa a lato Amor veglia in tua vece. Ei le tue forme veste appunto qual te. Tali le gote, tai le labbra e le luci e tai le chiome, tale il suon de le voci. Appunto come l'un'all'altra colomba del mio carro somiglia, tale Amor ti somiglia. | |
ASCANIO |
E quale, o dèa, presso all'amata ninfa è l'ufficio d'Amore? | |
VENERE |
In sonno a lei misto tra' lievi sogni appare ognora. Te stesso a lei dipinge; e tal ne ingombra la giovinetta mente, che te, vegliando ancora, la vaga fantasia sempre ha presente. | |
ASCANIO |
Che leggiadro prodigio tu mi sveli, o gran dèa! Ma che più tardo? Voliam dunque a la ninfa. A' piedi suoi giurar vo' la mia fé... | |
VENERE |
Solo tu devi ire in traccia di lei; me chiaman altre cure: non è solo un mortal caro agli dèi. | |
ASCANIO |
Sì, le dirò ch'io sono Ascanio tuo, che questo cor l'adora, che di celeste diva stirpe son io... | |
VENERE |
No, non scoprirti ancora. | |
ASCANIO |
Oh ciel! Perché? | |
VENERE |
Ti fida. Vedila pur; ma taci chi tu sei, donde vieni e chi ti guida. | |
ASCANIO |
Che silenzio crudel! | |
VENERE |
Dimmi, non brami veder con gli occhi tuoi fino a qual segno Silvia t'adori? A qual sublime arrivi la sua virtù? Quanto sia degno oggetto d'amor, di meraviglia e di rispetto? Questa dunque è la via. | |
ASCANIO |
Dunque s'adempia, o madre, il tuo voler. Giuro celarmi fin che a te piace. Oggi mostrar ti voglio sin dove anch'io son d'ubbidir capace. | |
VENERE |
Vieni al mio seno. A quella docil mente, a quel tenero core, a quel rispetto che nutri per gli dèi ti riconosco prole più degna ognora e del padre e di me. Qui fra momenti mi rivedrai. De la tua sposa intanto cauto ricerca: ammira come di bei costumi a te per tempo ordisce la tua felicità, come con lei nella mirabil opra e l'arte e la natura e il ciel s'adopra. (in atto di partire) | |
[N. 4 - Coro di Geni e Grazie] | ||
Allegro (re maggiore) | ||
Archi, 2 flauti/oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani. | ||
CORO |
||
(parte Venere seguita dal coro che canta e le danza intorno) | ||
|
Con fren sì placido reggi ogni core, che più non bramasi la libertà. | |
Venere, grazie, geni -> | ||
Scena seconda |
Ascanio solo. |
|
Recitativo | ||
Archi. | ||
|
Perché ignoto volermi all'idol mio? Che dura legge, o dèa! Mi desti in seno tu le fiamme innocenti; i giusti affetti solleciti, fomenti; e, a lei vicino, nel più lucido corso il mio destino improvvisa sospendi?... Ah dal mio cor qual sagrifizio attendi?... Perché tacer degg'io? Perché ignoto volermi all'idol mio? Folle! Che mai vaneggio! So che m'ama la dèa: mi fido a lei. Deh perdonami, o madre, i dubbi miei. Ma la ninfa dov'è? Tra queste rive chi m'addita il mio bene? Ah sì, cor mio, lo scoprirem ben noi. Dove in un volto tutti apparir de la virtù vedrai i più limpidi rai, dove congiunte facile maestà, grave dolcezza, ingenua sicurezza e celeste pudore, ove in due lumi tu vedrai sfolgorar d'un'alta mente le grazie delicate e il genio ardente, là vedrai la mia sposa. A te il diranno i palpiti soavi, i moti tuoi: ah sì, cor mio, la scoprirem ben noi. | |
[N. 5 - Aria] | ||
Allegro (si bemolle maggiore) | ||
Archi, 2 oboe, 2 corni. | ||
Scena terza |
Ascanio, Fauno, coro di Pastori. |
<- Fauno, pastori |
[N. 6 - Coro di Pastori] | ||
Allegro (sol maggiore) | ||
2 flauti, 2 oboe, 2 fagotti/violoncelli, 2 corni, basso. | ||
CORO |
||
Recitativo | ||
ASCANIO |
||
FAUNO |
(non badando ad Ascanio) Qui dove il loco e l'arte apre comodo spazio ai solenni concili, al sacro rito, qui venite, o pastori. Il giorno è questo sacro a la nostra diva. Al suo bel nome, non a Bacco e a Vertunno, render grazie sogliamo presso al cader del fortunato autunno. Il ministro del cielo, il saggio Aceste, sembra che tardi. In gran pensieri avvolto pur dianzi il vidi. A lui splendea ridente d'un'insolita gioia il sacro volto. Forse il dono promesso è a noi vicino: forse la dèa pietosa del fido popol suo compie il destino. | |
[N. 7 - Coro di Pastori (ripresa del n. 6) | ||
CORO |
Venga de' sommi eroi, venga il crescente onor. Più non s'involi a noi: qui lo incateni Amor. | |
(il coro siede lungo la serie degli alberi disponendosi vagamente) | ||
Recitativo | ||
FAUNO |
||
ASCANIO |
(accostandosi a Fauno) Stranier son io. Qua vaghezza mi guida di visitare i vostri colli ameni, i puri stagni e per il verde piano queste vostre feconde acque correnti. Tra voi, beate genti, fama è nel Lazio che natura amica tutti raccolga i beni che coll'altre divide. | |
FAUNO |
Ah più deggiamo al favor d'una diva: e non già quale irriverente il volgo talor sogna gli dèi, ma qual è in cielo alma figlia di Giove. Il suo sorriso dall'amoroso cerchio, onde ne guarda, questo suol rasserena. Ella que' beni, che natura ne diè, cura, difende, gli addolcisce, gli aumenta. In questi campi semina l'agio e seco l'alma fecondità. Ne le capanne guida l'industria e in libertà modesta la trattien, la fomenta. Il suo favore è la nostra rugiada, e i lumi suoi pari all'occhio del sol sono per noi. | |
[N. 8 - Aria] | ||
Tempo grazioso (la maggiore) | ||
Archi. | ||
Recitativo | ||
ASCANIO |
||
FAUNO |
Ecco, pastori, | |
(guardando da un lato nell'interno della scena; il coro si alza e si avanza) | ||
|
ecco lento dal colle il venerando Aceste; al par con lui ecco scende la ninfa... | |
ASCANIO |
Oh ciel, qual ninfa? Parla, dimmi, o pastor... | |
FAUNO |
Silvia, d'Alcide chiara stirpe divina. | |
ASCANIO |
(Ahimè, cor mio, frena gl'impeti tuoi: l'adorata mia sposa ecco vicina.) | |
(accennando ad Ascanio, il quale pure sta attentamente guardando dallo stesso lato) | ||
FAUNO |
Mira, o stranier, come il bel passo move maestosa e gentile: a le seguaci come umana sorride, come tra lor divide i guardi e le parole. In que' begli atti non par che scolta sia l'altezza del pensiero, e di quell'alma la soave armonia? | |
ASCANIO |
(È vero, è vero. Più resister non so. Se qui l'attendo scopro l'arcano e al giuramento io manco. Partasi omai.) | |
FAUNO |
Garzone, a te non lice qui rimaner, ché la modesta Silvia non vorria testimon de' suoi pensieri un ignoto straniere. E se desio d'ammirarla vicino e al patrio suolo fama portar de' pregi suoi t'accese, là confuso ti cela. (accennando il coro de' pastori) | |
ASCANIO |
S'adempia il tuo voler, pastor cortese. | |
(si ritira e si suppone confuso fra il coro. Il coro s'avanza da un lato alla volta di Aceste e di Silvia) | ||
Scena quarta |
Ascanio, Fauno, Coro, Aceste, Silvia con sèguito di Pastorelle. |
<- Aceste, Silvia, pastorelle |
[N. 9 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe] | ||
Allegro comodo (fa maggiore) | ||
Archi, 2 oboe, 2 corni. | ||
CORO |
||
PARTE DEL CORO |
I vaghi studi e l'arti son tuo diletto e vanto, e de le muse al canto presti l'orecchio ancor. | |
CORO |
Sei dell'erculea gente, saggia donzella, il fior. | |
PARTE DEL CORO |
Ha nel tuo core il nido ogni virtù più bella, ma la modestia è quella che vi risplende ognor. | |
CORO |
Hai di Diana il core, di Pallade la mente. Sei dell'erculea gente, saggia donzella, il fior. | |
Recitativo | ||
ACESTE |
oh delizia degli uomini, oh del cielo ornamento e splendor! Che più potea questo suol fortunato aspettarsi da te? Qual più ti resta, fido popol devoto, per la sua deità preghiera o voto? Ogni cosa è compiuta. Dell'indigete Enea la sospirata prole vostra sarà pria che tramonti il sole. | |
[N. 10 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)] | ||
CORO |
Venga de' sommi eroi, venga il crescente onor. Più non s'involi a noi: qui lo incateni Amor. | |
Recitativo | ||
ACESTE |
a voi la donerà. Né basta ancora: qui novella città sorger vedrete, de la diva e del figlio opra sublime. Questi poveri alberghi, queste capanne anguste fieno eccelsi palagi e moli auguste. Altre dell'ampie moli saran sacre a le ninfe, altre custodi de le prische memorie ai dì venturi, altre ai miseri asilo, altre freno agli audaci, altre tormento a la progenie rea del mostro orrendo che già infamia e spavento fu dei boschi aventini e periglio funesto a noi vicini. | |
[N. 11 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)] | ||
CORO |
Venga de' sommi eroi, venga il crescente onor. Più non s'involi a noi: qui lo incateni Amor. | |
Recitativo | ||
ACESTE |
(rivolto a Silvia) Oh mia gloria, oh mia cura, oh amato pegno de la stirpe d'Alcide, oh Silvia mia, oggi sposa sarai. Oggi d'Ascanio il conforto sarai, l'amor, la speme: ambi di questo suolo la delizia e il piacer sarete insieme. | |
[N. 12 - Aria] | ||
Allegro aperto (si bemolle maggiore) | ||
Archi, 2 oboe, 2 corni. | ||
Recitativo | ||
SILVIA |
||
ACESTE |
La dèa me 'l disse. | |
SILVIA |
Quando? | |
ACESTE |
Non bene ancora si tingevan le rose de la passata aurora. | |
SILVIA |
E che t'impose? | |
ACESTE |
D'avvertirne te stessa, d'avvertirne i pastori; e poi disparve versando dal bel crin divini odori. | |
SILVIA |
(Ah che più far non so. Taccio?... Mi scopro?...) | |
ACESTE |
(Ma la ninfa si turba?... Numi! Che sarà mai?...) | |
SILVIA |
(No, che non lice in simil uopo all'anime innocenti celar gli affetti loro.) Odimi, Aceste... | |
ACESTE |
Cieli! Che dir mi vuoi? Qual duol ti opprime in sì felice istante? | |
SILVIA |
Padre... Oh numi!... Che pena!... Io sono amante. | |
ACESTE |
(Ahimè, respiro alfine.) E ti affanni perciò? Non è d'amore degno il tuo sposo? O credi colpa l'amarlo? | |
SILVIA |
Anzi, qual nume, o padre, lo rispetto e l'onoro. I pregi suoi tutti ho fissi nell'alma. Ognun favella di sue virtù. Chi caro a Marte il chiama, chi diletto d'Urania, e chi l'appella de le muse sostegno; chi n'esalta la mano, e chi l'ingegno. Del suo gran padre in lui il magnanimo cor chi dice impresso, chi de la dèa celeste l'immensa carità trasfusa in esso. | |
[N. 13 - Cavatina] | ||
Andante (mi bemolle maggiore) | ||
Archi, 2 oboe, 2 corni. | ||
Recitativo | ||
ACESTE |
||
SILVIA |
Odi, Aceste, e stupisci. Il dì volgea che la mia fé donai d'esser sposa d'Ascanio all'alma dèa. Mille imagini liete, che avean color da quel felice giorno, venian volando a la mia mente intorno, ed ella in dolce sonno s'obliava innocente preda a loro; quand'ecco, oh cielo! a me, non so se desta, comparve un giovanetto. Il biondo crine sul tergo gli volava, e mista al giglio ne la guancia vezzosa gli fioriva la rosa: il vago ciglio... Padre, non più, perdona. L'indiscreto pensier, parlando ancora, va dietro a le lusinghe dell'imagin gentil che lo innamora. | |
ACESTE |
(Che amabile candor!) Segui, che avvenne? | |
SILVIA |
Ah da quel giorno il lusinghier sembiante regnò nel petto mio, di sé m'accese, i miei pensieri ei solo tutti occupar pretese, i sonni miei di sé solo ingombrò. Da un lato Ascanio, la cui sembianza ignota, ma la virtù m'è nota, meraviglia e rispetto al cor m'ispira; dall'altro poi l'imaginato oggetto tenerezza ed amor mi desta in petto. | |
ACESTE |
No, figlia, non temer. Senti la mano de la pietosa dèa. Questa bell'opra opra è di lei. | |
SILVIA |
Che dici? Come? Parla, che fia? | |
ACESTE |
Piacque a la diva di stringere il bel nodo: in ogni guisa vi dispone il tuo core e in sen ti pinge la sembianza d'Ascanio. | |
SILVIA |
E come il sai? | |
ACESTE |
Sento che in cor mi parla un sentimento ignoto, la tua virtù me 'l dice, e m'assicura il favor de la dèa. | |
SILVIA |
Numi! Chi fia più di me fortunata? Oh Ascanio, oh sposo! Dunque per te, mio bene, l'amoroso desio si raddoppia così dentro al cor mio? Amo adunque il mio sposo quando un bel volto adoro? Amo lui stesso quando mille virtù pregio ed onoro? | |
[N. 14 - Aria] | ||
Allegro (do maggiore) | ||
Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe. | ||
Recitativo | ||
ACESTE |
Silvia, mira che il sole omai s'avanza oltre il meriggio. È tempo che si prepari ognuno ad accoglier la dèa. Su via, pastori, a coronarci andiam di frondi e fiori. Tu con altri pastor, Fauno, raccogli vaghi rami e ghirlande e qui le reca, onde sia il loco adorno quanto si può per noi. Tu ancor prepara parte de' cari frutti, onde sull'ara con le odorate gemme ardan votivo sagrifizio a la dèa che a noi li dona. Se questo dì è festivo ogni anno al suo gran nome, or che si deve quando sì fausta a noi reca il maggior de' benefici suoi? | |
[N. 15 - Coro di pastori (ripresa del n.6)] | ||
CORO |
Venga de' sommi eroi, venga il crescente onor. Più non s'involi a noi: qui lo incateni Amor. | |
(partono tutti fuorché Ascanio) | pastori, pastorelle, Silvia, Aceste, Fauno -> | |
Scena quinta |
Ascanio e poi Venere e coro di Geni. |
|
Recitativo | ||
ASCANIO |
||
Venere sopraggiunge col coro de' Geni. | <- Venere, geni, grazie | |
VENERE |
Eccomi, o figlio. | |
ASCANIO |
Lascia, lascia ch'io voli ove il ridente fato mi rapisce, mi vuol. Quel dolce aspetto, quel candor, quella fé, quanto rispetto m'ispirano nell'alma e quanti, oh dio, quanti mantici sono al mio desio! | |
[N. 16 - Aria] | ||
Adagio (re maggiore) / Allegro / Andante grazioso, Adagio / Allegro | ||
Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe. | ||
Recitativo | ||
VENERE |
||
ASCANIO |
Che non pretendi, o dèa, da un impaziente cor! Ma sia che vuoi. | |
VENERE |
(accennando da un lato) Là dove sale il colle, finché torni quaggiù Silvia il tuo bene, ricovrianci per ora. In questo piano de la nova città le prime moli sorgano intanto, e de' ministri miei l'opra vi sudi. Auspici noi dall'alto dominerem su l'opra, e qua tornando la pastoral famiglia n'avrà insieme conforto e meraviglia. Olà, Geni miei fidi, de le celesti forze raccogliete il valor. Qui del mio sangue sorga il felice nido, e d'Alba il nome suoni famoso poi di lido in lido. E tu, mio germe, intanto a mirar t'apparecchia in quel bel core di virtude il trionfo e quel d'amore. | |
[N. 17 - Aria] | ||
Allegro (la maggiore) | ||
Archi. | ||
[N. 18 - Coro di Geni e Grazie (ripresa del n. 2)] | ||
CORO | ||
Molti Pastori e Pastorelle, secondo l'antecedente comando d'Aceste, vengono per ornar solennemente il luogo di ghirlande e di fiori. Ma, mentre questi si accingono all'opera, ecco che compariscono le Grazie accompagnate da una quantità di Geni e di Ninfe celesti in atto di meditare qualche grande intrapresa. I Pastori rimangono a tale veduta estremamente sorpresi; se non che, incoraggiati dalla gentilezza di quelle persone celesti, tornano all'incominciato lavoro. Ma assai più grande rinasce in essi la meraviglia, quando ad un cenno delle Grazie e de' Geni veggono improvvisamente cambiarsi i tronchi degli alberi, che stanno adornando di ghirlande, in altrettante colonne, le quali formano di mano in mano un sodo, vago e ricco ordine d'architettura, con cui dassi principio all'edificazione d'Alba e si promette un felice cambiamento al paese. Questi accidenti congiunti con gli atti d'ammirazione, di riconoscenza, di tenerezza, di concordia fra le celesti e le umane persone, fanno la base del breve ballo che lega l'anteriore con la seguente parte della rappresentazione. | Venere, grazie, geni -> <- pastori, pastorelle <- grazie, ninfe, geni | |
Area spaziosa destinata alle solenni adunanze pastorali, limitata da una corona d'altissime e fronzute querce che vagamente distribuite all'intorno conciliano un'ombra freschissima e sacra; veggonsi lungo la serie degli alberi verdi rialzamenti di terreno presentati dalla natura e in varia forma inclinati dall'arte per uso di sedervi con graziosa irregolarità i pastori; nel mezzo sorge un altare agreste, in cui vedesi scolpito l'animal prodigioso da cui si dice che pigliasse il nome la città d'Alba; dagl'intervalli che s'aprono fra un albero e l'altro si domina una deliziosa e ridente campagna, sparsa di qualche capanna e cinta in mediocre distanza d'amene colline onde scendono copiosi e limpidi rivi; l'orizzonte va a terminare in azzurrissime montagne, le cui cime si perdono in un cielo purissimo e sereno.
(Venere dal suo carro, con Ascanio a lato)
(il carro velato da una legger nuvoletta si dilegua per l'aria)
[N. 2 - Coro di Geni e Grazie]
Ma la ninfa gentil che il seme onora
[N. 4 - Coro di Geni e Grazie]
[N. 7 - Coro di Pastori (ripresa del n. 6)
[N. 9 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe]
[N. 10 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)]
[N. 11 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)]
Misera! Che farò? Narrami, Aceste
Silvia, mira che il sole omai s'avanza
[N. 15 - Coro di pastori (ripresa del n.6)]
Cielo! Che vidi mai? Quale innocenza
Un'altra prova a te mirar conviene
[N. 18 - Coro di Geni e Grazie (ripresa del n. 2)]
(improvvisamente si cambiano i tronchi degli alberi in altrettante colonne, le quali formano di mano in mano un sodo, vago e ricco ordine d'architettura, con cui dassi principio all'edificazione d'Alba)
(breve ballo)