ASCANIO IN ALBA
Festa teatrale.
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Libretto di Giuseppe PARINI.
Musica di Wolfgang Amadeus MOZART.
Prima esecuzione: 17 ottobre 1771, Milano.
Personaggi:
VENERE |
soprano |
ASCANIO |
soprano |
SILVIA ninfa del sangue d'Ercole |
soprano |
ACESTE sacerdote |
tenore |
FAUNO uno de' principali pastori |
soprano |
Geni, Pastori, Pastorelle.
L'azione segue in una parte della campagna, dove poi fu Alba.
Ai lettori
È noto, che Ascanio celebre figliuolo d'Enea andò, per ragioni di stato, ad abitare in una deliziosa contrada dell'antico Lazio; vi edificò una città, a cui diede nome Alba; vi prese moglie; vi governò un popolo, e diede origine agli Albani. È pur noto, che Ercole viaggiò, e dimorò per alcun tempo in quelle vicinanze.
Su questi e simili fondamenti storici, e poetici si dà luogo alla favola allegorica della seguente rappresentazione.
[Ouverture]
Allegro assai (re maggiore)
Archi, 2 flauti, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.
Area spaziosa destinata alle solenni adunanze pastorali, limitata da una corona d'altissime e fronzute querce che vagamente distribuite all'intorno conciliano un'ombra freschissima e sacra. Veggonsi lungo la serie degli alberi verdi rialzamenti di terreno presentati dalla natura e in varia forma inclinati dall'arte per uso di sedervi con graziosa irregolarità i pastori. Nel mezzo sorge un altare agreste, in cui vedesi scolpito l'animal prodigioso da cui si dice che pigliasse il nome la città d'Alba. Dagl'intervalli che s'aprono fra un albero e l'altro si domina una deliziosa e ridente campagna, sparsa di qualche capanna e cinta in mediocre distanza d'amene colline onde scendono copiosi e limpidi rivi. L'orizzonte va a terminare in azzurrissime montagne, le cui cime si perdono in un cielo purissimo e sereno.
[N. 1 - Balletto]
Andante grazioso (sol maggiore)
Archi, 2 flauti, 2 oboe, 2 corni.
Venere in atto di scender dal suo carro. Ascanio a lato di esso. Le Grazie e quantità di Geni che cantano e danzano accompagnando la dèa. Scesa questa, il carro velato da una legger nuvoletta si dilegua per l'aria.
[N. 2 - Coro di Geni e Grazie]
Allegro (re maggiore)
Archi, 2 flauti/oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.
CORO DI GENI
Di te più amabile,
né dèa maggiore,
celeste Venere,
no, non si dà.
PARTE DEL CORO
I
Tu sei degli uomini,
o dèa, l'amore:
di te sua gloria
il ciel si fa.
PARTE DEL CORO
II
Se gode un popolo
del tuo favore,
più dolce imperio
cercar non sa.
CORO
Con fren sì placido
reggi ogni core,
che più non bramasi
la libertà.
Recitativo
(al suo séguito che si ritira nell'indietro della scena disponendosi vagamente)
VENERE
Geni, Grazie ed Amori,
fermate il piè, tacete;
frenate, sospendete,
fide colombe, il volo:
questo è il sacro al mio nume amico suolo.
Ecco, Ascanio, mia speme, ecco le piagge
che visitammo insieme
il tuo gran padre ed io. Quel tempo ancora
con piacer mi rammento. Anco i presagi
parvero disegnar che un giorno fora
del mio favore oggetto
questo popolo eletto.
(accennando l'altare)
In quell'altare
vedi la belva incisa
che, d'insolite lane ornata il tergo,
a noi comparve. Il grand'Enea lo pose
per memoria del fatto: e quindi 'l nome
prenderà la città ch'oggi da noi
avrà illustre principio. Io fin d'allora
qui delle grazie mie prodiga sono
al popolo felice, e qui 'l mio core
fa sovente ritorno
dalla beata sfera ove soggiorno.
Ma qui presente ognora
con la mia deità regnar non posso:
tu qui regna in mia vece. Il grande, il pio,
il tuo buon genitor, che d'Ilio venne
a le sponde latine, or vive in cielo
altro dio fra gli dèi:
e soave mia cura ora tu sei.
ASCANIO
Madre, che tal ti piace
esser da me chiamata anzi che dèa,
quanto ti deggio mai!
VENERE
Già quattro volte, il sai,
condusse il sol su questi verdi colli
il pomifero autunno,
dacché al popolo amico il don promisi
de la cara mia stirpe. Ognuno attende,
ognun brama vederti: all'are intorno
ognun supplice cade, e il bel momento
affretta ognun con cento voti e cento.
[N. 3 - Aria]
Allegro (sol maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
L'ombra de' rami tuoi
l'amico suolo aspetta.
Vivi, mia pianta eletta:
degna sarai di me.
Già questo cor comprende
quel che sarai di poi,
già di sue cure intende
l'opra lodarsi in te.
Recitativo
ASCANIO
Ma la ninfa gentil che il seme onora
d'Ercole invitto?... Ah di'... la sposa mia,
Silvia, Silvia dov'è? Tanto di lei
tu parlasti al mio cor, tanto la fama
n'empie sua tromba, e tanto bene aspetta
da le mie nozze il mondo...
VENERE
Amata prole,
pria che s'asconda il sole
sposo sarai de la più saggia ninfa
che di sangue divin nascesse mai.
Già sui raggi dell'alba in sonno apparvi
ad Aceste custode
de la vergine illustre. Egli già scende
dal sacro albergo e, al popolo felice
e a la ninfa tuo bene
del fausto annuncio apportator, qui viene.
ASCANIO
Ah, cara madre... dimmi...
dunque vicina è l'ora?...
Ma chi sa s'ella m'ami?
VENERE
Ella ti adora.
ASCANIO
Se mai più non mi vide!
VENERE
A lei son note
le tue sembianze.
ASCANIO
E come?
VENERE
Amor, per cenno mio,
ordì nobile inganno.
ASCANIO
E che mai fece?
VENERE
Volge il quart'anno omai
che de la ninfa a lato
Amor veglia in tua vece. Ei le tue forme
veste appunto qual te. Tali le gote,
tai le labbra e le luci e tai le chiome,
tale il suon de le voci. Appunto come
l'un'all'altra colomba
del mio carro somiglia,
tale Amor ti somiglia.
ASCANIO
E quale, o dèa,
presso all'amata ninfa
è l'ufficio d'Amore?
VENERE
In sonno a lei
misto tra' lievi sogni appare ognora.
Te stesso a lei dipinge; e tal ne ingombra
la giovinetta mente,
che te, vegliando ancora,
la vaga fantasia sempre ha presente.
ASCANIO
Che leggiadro prodigio
tu mi sveli, o gran dèa! Ma che più tardo?
Voliam dunque a la ninfa. A' piedi suoi
giurar vo' la mia fé...
VENERE
Solo tu devi
ire in traccia di lei;
me chiaman altre cure:
non è solo un mortal caro agli dèi.
ASCANIO
Sì, le dirò ch'io sono
Ascanio tuo, che questo cor l'adora,
che di celeste diva
stirpe son io...
VENERE
No, non scoprirti ancora.
ASCANIO
Oh ciel! Perché?
VENERE
Ti fida.
Vedila pur; ma taci
chi tu sei, donde vieni e chi ti guida.
ASCANIO
Che silenzio crudel!
VENERE
Dimmi, non brami
veder con gli occhi tuoi fino a qual segno
Silvia t'adori? A qual sublime arrivi
la sua virtù? Quanto sia degno oggetto
d'amor, di meraviglia e di rispetto?
Questa dunque è la via.
ASCANIO
Dunque s'adempia,
o madre, il tuo voler. Giuro celarmi
fin che a te piace. Oggi mostrar ti voglio
sin dove anch'io son d'ubbidir capace.
VENERE
Vieni al mio seno. A quella docil mente,
a quel tenero core, a quel rispetto
che nutri per gli dèi ti riconosco
prole più degna ognora
e del padre e di me. Qui fra momenti
mi rivedrai. De la tua sposa intanto
cauto ricerca: ammira
come di bei costumi
a te per tempo ordisce
la tua felicità, come con lei
nella mirabil opra
e l'arte e la natura e il ciel s'adopra.
(in atto di partire)
[N. 4 - Coro di Geni e Grazie]
Allegro (re maggiore)
Archi, 2 flauti/oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.
CORO
Di te più amabile,
né dèa maggiore,
celeste Venere,
no, non si dà.
(parte Venere seguita dal coro che canta e le danza intorno)
Con fren sì placido
reggi ogni core,
che più non bramasi
la libertà.
Ascanio solo.
Recitativo
Archi.
Perché tacer degg'io?
Perché ignoto volermi all'idol mio?
Che dura legge, o dèa!
Mi desti in seno
tu le fiamme innocenti; i giusti affetti
solleciti, fomenti; e, a lei vicino,
nel più lucido corso il mio destino
improvvisa sospendi?...
Ah dal mio cor qual sagrifizio attendi?...
Perché tacer degg'io?
Perché ignoto volermi all'idol mio?
Folle! Che mai vaneggio!
So che m'ama la dèa: mi fido a lei.
Deh perdonami, o madre, i dubbi miei.
Ma la ninfa dov'è? Tra queste rive
chi m'addita il mio bene? Ah sì, cor mio,
lo scoprirem ben noi. Dove in un volto
tutti apparir de la virtù vedrai
i più limpidi rai, dove congiunte
facile maestà, grave dolcezza,
ingenua sicurezza
e celeste pudore, ove in due lumi
tu vedrai sfolgorar d'un'alta mente
le grazie delicate e il genio ardente,
là vedrai la mia sposa. A te il diranno
i palpiti soavi, i moti tuoi:
ah sì, cor mio, la scoprirem ben noi.
[N. 5 - Aria]
Allegro (si bemolle maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
Cara, lontano ancora
la tua virtù m'accese:
al tuo bel nome allora
appresi a sospirar.
Invan ti celi, o cara:
quella virtù sì rara
nella modestia istessa
più luminosa appar.
Ascanio, Fauno, coro di Pastori.
[N. 6 - Coro di Pastori]
Allegro (sol maggiore)
2 flauti, 2 oboe, 2 fagotti/violoncelli, 2 corni, basso.
CORO
Venga de' sommi eroi,
venga il crescente onor.
Più non s'involi a noi:
qui lo incateni Amor.
Recitativo
ASCANIO
(ritirandosi in disparte)
Ma qual canto risona?
Qual turba di pastor mi veggio intorno?
FAUNO
(non badando ad Ascanio)
Qui dove il loco e l'arte
apre comodo spazio
ai solenni concili, al sacro rito,
qui venite, o pastori. Il giorno è questo
sacro a la nostra diva. Al suo bel nome,
non a Bacco e a Vertunno,
render grazie sogliamo
presso al cader del fortunato autunno.
Il ministro del cielo, il saggio Aceste,
sembra che tardi. In gran pensieri avvolto
pur dianzi il vidi. A lui splendea ridente
d'un'insolita gioia il sacro volto.
Forse il dono promesso è a noi vicino:
forse la dèa pietosa
del fido popol suo compie il destino.
[N. 7 - Coro di Pastori (ripresa del n. 6)
CORO
Venga de' sommi eroi,
venga il crescente onor.
Più non s'involi a noi:
qui lo incateni Amor.
(il coro siede lungo la serie degli alberi disponendosi vagamente)
Recitativo
FAUNO
(volgendosi ad Ascanio)
Ma tu chi sei, che ignoto
qui t'aggiri fra noi? Quel tuo sembiante
pur mi fa sovvenir quando alcun dio
fra i mortali discende. E qual desio
ti conduce fra noi?
ASCANIO
(accostandosi a Fauno)
Stranier son io.
Qua vaghezza mi guida
di visitare i vostri colli ameni,
i puri stagni e per il verde piano
queste vostre feconde acque correnti.
Tra voi, beate genti,
fama è nel Lazio che natura amica
tutti raccolga i beni
che coll'altre divide.
FAUNO
Ah più deggiamo
al favor d'una diva: e non già quale
irriverente il volgo
talor sogna gli dèi, ma qual è in cielo
alma figlia di Giove. Il suo sorriso
dall'amoroso cerchio, onde ne guarda,
questo suol rasserena. Ella que' beni,
che natura ne diè, cura, difende,
gli addolcisce, gli aumenta. In questi campi
semina l'agio e seco
l'alma fecondità. Ne le capanne
guida l'industria e in libertà modesta
la trattien, la fomenta. Il suo favore
è la nostra rugiada, e i lumi suoi
pari all'occhio del sol sono per noi.
[N. 8 - Aria]
Tempo grazioso (la maggiore)
Archi.
Se il labbro più non dice,
non giudicarlo ingrato.
Chi a tanto bene è nato
sa ben quanto è felice,
ma poi spiegar no 'l sa.
Quando agli amici tuoi
torni sul patrio lido,
vivi e racconta poi:
«ho visto il dolce nido
de la primiera età».
Recitativo
ASCANIO
(Quanto soavi al core
de la tua stirpe, o dèa,
sonan mai queste lodi!)
FAUNO
Ecco, pastori,
(guardando da un lato nell'interno della scena; il coro si alza e si avanza)
ecco lento dal colle
il venerando Aceste; al par con lui
ecco scende la ninfa...
ASCANIO
Oh ciel, qual ninfa?
Parla, dimmi, o pastor...
FAUNO
Silvia, d'Alcide
chiara stirpe divina.
ASCANIO
(Ahimè, cor mio,
frena gl'impeti tuoi:
l'adorata mia sposa ecco vicina.)
(accennando ad Ascanio, il quale pure sta attentamente guardando dallo stesso lato)
FAUNO
Mira, o stranier, come il bel passo move
maestosa e gentile: a le seguaci
come umana sorride,
come tra lor divide
i guardi e le parole. In que' begli atti
non par che scolta sia
l'altezza del pensiero, e di quell'alma
la soave armonia?
ASCANIO
(È vero, è vero.
Più resister non so. Se qui l'attendo
scopro l'arcano e al giuramento io manco.
Partasi omai.)
FAUNO
Garzone, a te non lice
qui rimaner, ché la modesta Silvia
non vorria testimon de' suoi pensieri
un ignoto straniere. E se desio
d'ammirarla vicino e al patrio suolo
fama portar de' pregi suoi t'accese,
là confuso ti cela.
(accennando il coro de' pastori)
ASCANIO
S'adempia il tuo voler, pastor cortese.
(si ritira e si suppone confuso fra il coro. Il coro s'avanza da un lato alla volta di Aceste e di Silvia)
Ascanio, Fauno, Coro, Aceste, Silvia con sèguito di Pastorelle.
[N. 9 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe]
Allegro comodo (fa maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
CORO
Hai di Diana il core,
di Pallade la mente.
Sei dell'erculea gente,
saggia donzella, il fior.
PARTE DEL CORO
I vaghi studi e l'arti
son tuo diletto e vanto,
e de le muse al canto
presti l'orecchio ancor.
CORO
Sei dell'erculea gente,
saggia donzella, il fior.
PARTE DEL CORO
Ha nel tuo core il nido
ogni virtù più bella,
ma la modestia è quella
che vi risplende ognor.
CORO
Hai di Diana il core,
di Pallade la mente.
Sei dell'erculea gente,
saggia donzella, il fior.
Recitativo
ACESTE
Oh generosa diva,
oh delizia degli uomini, oh del cielo
ornamento e splendor! Che più potea
questo suol fortunato
aspettarsi da te? Qual più ti resta,
fido popol devoto,
per la sua deità preghiera o voto?
Ogni cosa è compiuta.
Dell'indigete Enea
la sospirata prole
vostra sarà pria che tramonti il sole.
[N. 10 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)]
CORO
Venga de' sommi eroi,
venga il crescente onor.
Più non s'involi a noi:
qui lo incateni Amor.
Recitativo
ACESTE
Di propria man la dèa
a voi la donerà. Né basta ancora:
qui novella città sorger vedrete,
de la diva e del figlio opra sublime.
Questi poveri alberghi,
queste capanne anguste
fieno eccelsi palagi e moli auguste.
Altre dell'ampie moli
saran sacre a le ninfe, altre custodi
de le prische memorie ai dì venturi,
altre ai miseri asilo,
altre freno agli audaci, altre tormento
a la progenie rea del mostro orrendo
che già infamia e spavento
fu dei boschi aventini
e periglio funesto a noi vicini.
[N. 11 - Coro di Pastori (ripresa del n.6)]
CORO
Venga de' sommi eroi,
venga il crescente onor.
Più non s'involi a noi:
qui lo incateni Amor.
Recitativo
ACESTE
(rivolto a Silvia)
Oh mia gloria, oh mia cura, oh amato pegno
de la stirpe d'Alcide, oh Silvia mia,
oggi sposa sarai. Oggi d'Ascanio
il conforto sarai, l'amor, la speme:
ambi di questo suolo
la delizia e il piacer sarete insieme.
[N. 12 - Aria]
Allegro aperto (si bemolle maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
Per la gioia in questo seno
l'alma, oh dio! balzar mi sento.
All'eccesso del contento,
no, resistere non sa.
Silvia cara, amici miei,
se con me felici siete,
ah venite e dividete
il piacer che in cor mi sta.
Recitativo
SILVIA
(Misera! Che farò?) Narrami, Aceste:
onde sai tutto ciò?
ACESTE
La dèa me 'l disse.
SILVIA
Quando?
ACESTE
Non bene ancora
si tingevan le rose
de la passata aurora.
SILVIA
E che t'impose?
ACESTE
D'avvertirne te stessa,
d'avvertirne i pastori; e poi disparve
versando dal bel crin divini odori.
SILVIA
(Ah che più far non so. Taccio?... Mi scopro?...)
ACESTE
(Ma la ninfa si turba?...
Numi! Che sarà mai?...)
SILVIA
(No, che non lice
in simil uopo all'anime innocenti
celar gli affetti loro.) Odimi, Aceste...
ACESTE
Cieli! Che dir mi vuoi?
Qual duol ti opprime in sì felice istante?
SILVIA
Padre... Oh numi!... Che pena!... Io sono amante.
ACESTE
(Ahimè, respiro alfine.)
E ti affanni perciò? Non è d'amore
degno il tuo sposo? O credi
colpa l'amarlo?
SILVIA
Anzi, qual nume, o padre,
lo rispetto e l'onoro. I pregi suoi
tutti ho fissi nell'alma. Ognun favella
di sue virtù. Chi caro a Marte il chiama,
chi diletto d'Urania, e chi l'appella
de le muse sostegno;
chi n'esalta la mano, e chi l'ingegno.
Del suo gran padre in lui
il magnanimo cor chi dice impresso,
chi de la dèa celeste
l'immensa carità trasfusa in esso.
[N. 13 - Cavatina]
Andante (mi bemolle maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
Sì, ma d'un altro amore
sento la fiamma in petto:
e l'innocente affetto
solo a regnar non è.
Recitativo
ACESTE
Ah no, Silvia, t'inganni,
innocente che sei. Già per lung'uso
io più di te la tua virtù conosco.
Spiega il tuo core, o figlia.
E al tuo fido custode or ti consiglia.
SILVIA
Odi, Aceste, e stupisci. Il dì volgea
che la mia fé donai
d'esser sposa d'Ascanio all'alma dèa.
Mille imagini liete,
che avean color da quel felice giorno,
venian volando a la mia mente intorno,
ed ella in dolce sonno
s'obliava innocente preda a loro;
quand'ecco, oh cielo! a me, non so se desta,
comparve un giovanetto. Il biondo crine
sul tergo gli volava, e mista al giglio
ne la guancia vezzosa
gli fioriva la rosa: il vago ciglio...
Padre, non più, perdona.
L'indiscreto pensier, parlando ancora,
va dietro a le lusinghe
dell'imagin gentil che lo innamora.
ACESTE
(Che amabile candor!) Segui, che avvenne?
SILVIA
Ah da quel giorno il lusinghier sembiante
regnò nel petto mio, di sé m'accese,
i miei pensieri ei solo
tutti occupar pretese, i sonni miei
di sé solo ingombrò. Da un lato Ascanio,
la cui sembianza ignota,
ma la virtù m'è nota,
meraviglia e rispetto al cor m'ispira;
dall'altro poi l'imaginato oggetto
tenerezza ed amor mi desta in petto.
ACESTE
No, figlia, non temer. Senti la mano
de la pietosa dèa. Questa bell'opra
opra è di lei.
SILVIA
Che dici?
Come? Parla, che fia?
ACESTE
Piacque a la diva
di stringere il bel nodo: in ogni guisa
vi dispone il tuo core e in sen ti pinge
la sembianza d'Ascanio.
SILVIA
E come il sai?
ACESTE
Sento che in cor mi parla
un sentimento ignoto,
la tua virtù me 'l dice, e m'assicura
il favor de la dèa.
SILVIA
Numi! Chi fia
più di me fortunata? Oh Ascanio, oh sposo!
Dunque per te, mio bene,
l'amoroso desio
si raddoppia così dentro al cor mio?
Amo adunque il mio sposo
quando un bel volto adoro? Amo lui stesso
quando mille virtù pregio ed onoro?
[N. 14 - Aria]
Allegro (do maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.
Come è felice stato
quello d'un'alma fida,
ove innocenza annida,
e non condanna amor!
Del viver suo beato
sempre contenta è l'alma:
e sempre in dolce calma
va palpitando il cor.
Recitativo
ACESTE
Silvia, mira che il sole omai s'avanza
oltre il meriggio. È tempo
che si prepari ognuno
ad accoglier la dèa. Su via, pastori,
a coronarci andiam di frondi e fiori.
Tu con altri pastor, Fauno, raccogli
vaghi rami e ghirlande e qui le reca,
onde sia il loco adorno
quanto si può per noi. Tu ancor prepara
parte de' cari frutti, onde sull'ara
con le odorate gemme ardan votivo
sagrifizio a la dèa che a noi li dona.
Se questo dì è festivo
ogni anno al suo gran nome, or che si deve
quando sì fausta a noi
reca il maggior de' benefici suoi?
[N. 15 - Coro di pastori (ripresa del n.6)]
CORO
Venga de' sommi eroi,
venga il crescente onor.
Più non s'involi a noi:
qui lo incateni Amor.
(partono tutti fuorché Ascanio)
Ascanio e poi Venere e coro di Geni.
Recitativo
ASCANIO
Cielo! Che vidi mai? Quale innocenza,
quale amor, qual virtù! Come non corsi
al piè di Silvia, a palesarmi a lei?
Ah questa volta, o dèa, quanto penoso
l'ubbidirti mi fu! Vieni e disciogli
questo freno crudele...
Venere sopraggiunge col coro de' Geni.
VENERE
Eccomi, o figlio.
ASCANIO
Lascia, lascia ch'io voli
ove il ridente fato
mi rapisce, mi vuol. Quel dolce aspetto,
quel candor, quella fé, quanto rispetto
m'ispirano nell'alma e quanti, oh dio,
quanti mantici sono al mio desio!
[N. 16 - Aria]
Adagio (re maggiore) / Allegro / Andante grazioso, Adagio / Allegro
Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe.
Ah di sì nobil alma
quanto parlar vorrei!
Se le virtù di lei
tutte saper pretendi,
chiedile a questo cor.
Solo un momento in calma
lasciami, o diva, e poi
di tanti pregi suoi
potrò parlarti allor.
Recitativo
VENERE
Un'altra prova a te mirar conviene
della virtù di Silvia. Ancor per poco
soffri, mia speme. Appena
qui fia la pastoral turba raccolta,
che di mia gloria avvolta
comparir mi vedrà. Restano, o figlio,
restano ancor pochi momenti, e poi...
ASCANIO
Che non pretendi, o dèa,
da un impaziente cor! Ma sia che vuoi.
VENERE
(accennando da un lato)
Là dove sale il colle,
finché torni quaggiù Silvia il tuo bene,
ricovrianci per ora. In questo piano
de la nova città le prime moli
sorgano intanto, e de' ministri miei
l'opra vi sudi. Auspici noi dall'alto
dominerem su l'opra, e qua tornando
la pastoral famiglia
n'avrà insieme conforto e meraviglia.
Olà, Geni miei fidi,
de le celesti forze
raccogliete il valor. Qui del mio sangue
sorga il felice nido, e d'Alba il nome
suoni famoso poi di lido in lido.
E tu, mio germe, intanto
a mirar t'apparecchia in quel bel core
di virtude il trionfo e quel d'amore.
[N. 17 - Aria]
Allegro (la maggiore)
Archi.
Al chiaror di que' bei rai,
se l'amor fomenta l'ali,
ad amar tutti i mortali
il tuo cor solleverà.
Così poi famoso andrai
degli dèi tra' chiari figli,
così fia che tu somigli
alla mia divinità.
[N. 18 - Coro di Geni e Grazie (ripresa del n. 2)]
CORO
Di te più amabile,
né dèa maggiore,
celeste Venere,
no, non si dà.
Con fren sì placido
reggi ogni core,
che più non bramasi
la libertà.
Molti Pastori e Pastorelle, secondo l'antecedente comando d'Aceste, vengono per ornar solennemente il luogo di ghirlande e di fiori. Ma, mentre questi si accingono all'opera, ecco che compariscono le Grazie accompagnate da una quantità di Geni e di Ninfe celesti in atto di meditare qualche grande intrapresa. I Pastori rimangono a tale veduta estremamente sorpresi; se non che, incoraggiati dalla gentilezza di quelle persone celesti, tornano all'incominciato lavoro. Ma assai più grande rinasce in essi la meraviglia, quando ad un cenno delle Grazie e de' Geni veggono improvvisamente cambiarsi i tronchi degli alberi, che stanno adornando di ghirlande, in altrettante colonne, le quali formano di mano in mano un sodo, vago e ricco ordine d'architettura, con cui dassi principio all'edificazione d'Alba e si promette un felice cambiamento al paese. Questi accidenti congiunti con gli atti d'ammirazione, di riconoscenza, di tenerezza, di concordia fra le celesti e le umane persone, fanno la base del breve ballo che lega l'anteriore con la seguente parte della rappresentazione.
Silvia, coro di Pastorelle.
Recitativo
SILVIA
Star lontana non so, compagne ninfe,
da questo amico loco.
Ah qui vedrò fra poco
l'adorato mio sposo e l'alma dèa
che di sua luce pura
questi lidi beati orna e ricrea.
Ma ciel! Che veggio mai! Mirate, amiche,
come risplende intorno
di scolti marmi e di colonne eccelse
il sacro loco adorno. Ah senza fallo
questo è divin lavoro. Il tempo e l'opra
de' mortali non basta a tanta impresa.
Sento, sento la mano
de la propizia dèa. L'origin questa
è dell'alma città che a noi promise:
questa è mirabil prova
della venuta sua. Fra pochi istanti
de le felici amanti
la più lieta sarò. Già dall'occaso
il sol mi guarda e pare
più lucido che mai scender nel mare.
[N. 19 - Aria]
Allegro (sol maggiore) / Andante grazioso / Allegro
Archi, 2 oboe, 4 corni.
Spiega il desio le piume,
vola il mio core e geme,
ma solo con la speme
poi mi ritorna al sen.
Vieni col mio bel nume
alfine, o mio desio:
dimmi una volta, oh dio!
«ecco l'amato ben».
(siede da un lato co' le pastorelle intorno)
[N. 20 - Coro di Pastorelle]
Un poco allegro (do maggiore)
Archi.
CORO
Già l'ore se n' volano,
già viene il tuo bene.
Fra dolci catene
quell'alma vivrà.
(il coro siede)
Silvia, coro di Pastorelle, Ascanio.
Recitativo
ASCANIO
(non vedendo Silvia, da sé)
Cerco di loco in loco
la mia Silvia fedele; e pur non lice
questo amante cor mio svelare a lei,
ché me 'l vieta la diva.
Adorata mia sposa, ah dove sei?
Lascia, lascia che possa
questo mio cor, che de' tuoi merti è pieno,
celato ammirator vederti almeno.
(vedendo Silvia, da sé)
Ma non è Silvia quella
che là si posa su quel verde seggio
con le sue ninfe a lato?... Io non m'inganno:
certo è il mio bene, è desso.
Recitativo
Archi, 2 oboe, 2 fagotti, 2 corni.
ASCANIO
Numi! Che fo?... M'appresso?...
SILVIA
(vedendo Ascanio, da sé)
Oh ciel! Che miro?...
Quegli è il garzon di cui scolpita ho in seno
l'immagin viva...
ASCANIO
Ah se potessi almeno
scoprirmi a lei...
SILVIA
Così m'appare in sogno...
Così l'ha ognor presente
nel dolce immaginar questa mia mente.
Che fia?... Sogno... o son desta?...
ASCANIO
Oh madre, oh diva!
Qual via crudel di tormentarmi è questa?
SILVIA
No, più sogno non è: quello è il sembiante
che da gran tempo adoro...
Ascanio è dunque?... O pur son d'altri amante?...
Dubito ancor...
ASCANIO
La ninfa
agitata mi par... Mi riconosce,
ma scoprirsi non osa.
SILVIA
(alzandosi e facendo qualche passo verso Ascanio)
Ah sì, il mio bene,
il mio sposo tu sei.
ASCANIO
Cieli! S'accosta:
come potrò non palesarmi a lei!
SILVIA
(s'arresta)
Imprudente, che fo? Spontanea e sola
appressarmi vogl'io? Seco non veggio
la dèa che il guida...
Egli di me non chiede...
Meco Aceste non è... Dove t'avanzi
trasportato dal core, incauto piede?
Ingannarmi potrei...
Silvia, coro di Pastorelle, Ascanio, Fauno.
Recitativo
FAUNO
Silvia, Silvia, ove sei?
SILVIA
(accostandosi a Fauno)
Fauno, che brami?
FAUNO
(a Silvia)
Io di te cerco, o ninfa,
(ad Ascanio che si accosta dall'altro lato)
e a te pur vengo
giovanetto straniere.
SILVIA
(Egli è stranier qual sembra: ah certo è desso,
certo è lo sposo mio.)
(a Fauno)
Pastor, favella.
FAUNO
(a Silvia, scostandosi Ascanio)
A te Aceste m'invia: di te chiedea,
qui condurti ei volea. Di già si sente
la gran diva presente. In ogni loco
sparge la sua virtù. Vedi quell'opra
che mirabil s'innalza? I geni suoi
la crearon pur dianzi. Io e i pastori
ne vedemmo il lavoro
mentre qua recavam ghirlande e fiori.
Ciò narrammo ad Aceste, ed egli a noi
meraviglie novelle
ne mostrò d'ogni parte. Oh se vedessi!
Silvia, sul sacro albergo,
ove seco dimori, una gran luce
piove e sfavilla intorno, e par che rieda
pria di morir verso l'aurora il giorno.
Tutto il pendio del colle,
onde quaggiù si scende,
di fior vernali e di novelli germi
tutto si copre. Per la via risplende
un ignoto elemento
di rutile vivissime scintille,
onde aperto si vede
che volò su quel suolo il divin piede.
Ma troppo tardo omai.
SILVIA
(Quanto ti deggio,
amorosa deità!)
FAUNO
(a Silvia accennando di partire)
Volo ad Aceste:
dirò che più di lui
fu sollecito amore...
ASCANIO
(accostandosi a Fauno)
Ed a me ancora
non volevi parlar, gentil pastore?
FAUNO
(ad Ascanio)
Ah quasi l'obliai. Garzon, mi scusa.
In dì così ridente
l'eccesso del piacer turba la mente.
Ad Aceste narrai
come qui ti conobbi e ti lasciai.
ASCANIO
E che perciò?
FAUNO
Sorrise
lampeggiando di gioia il sacro veglio,
levò le mani al cielo e, palpitando:
«sento», mi disse, «un non inteso affetto
tutto agitarmi il petto»...
SILVIA
(Ah caro sposo!
Non ne dubito più.)
FAUNO
«Vanne», soggiunse,
«cerca dello straniere».
SILVIA
(Il saggio Aceste
nell'indovina mente
tutto sa, tutto vede e tutto sente!)
ASCANIO
Che vuol dunque da me?
FAUNO
Per me ti prega
che rimanghi tra noi finché si sveli
a noi la nostra dèa. Vuol che tu sia
de' favori di lei,
de' felici imenei, del nostro bene
nunzio fedele a le rimote arene.
SILVIA
(Oh me infelice! Aceste
dunque Ascanio no 'l crede!)
ASCANIO
(Ahimè, che dico?
Oh dura legge!)
FAUNO
(ad Ascanio)
E che rispondi alfine?
ASCANIO
Che ubbidirò... che del felice sposo
ammirerò il destin...
SILVIA
(Misera! Oh numi!
Dunque Ascanio non è. Che fiero colpo!
Che fulmine improvviso!)
(si ritira e si siede abbattuta fra le ninfe verso il fondo della scena)
ASCANIO
Alfin, pastore,
di' che l'attendo.
FAUNO
Ed io
tosto me n' volo ad affrettarlo. Addio.
[N. 21 - Aria]
Allegro moderato (si bemolle maggiore) / Andante ma adagio (mi bemolle maggiore) / Allegro moderato (si bemolle maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
Dal tuo gentil sembiante
risplende un'alma grande;
e quel chiaror, che spande,
quasi adorar ti fa.
Se mai divieni amante,
felice la donzella
che a fiamma così bella
allor s'accenderà.
(parte)
Silvia, coro di Pastorelle, Ascanio.
Recitativo
ASCANIO
(guardando a Silvia)
Ahimè! Che veggio mai?
Silvia colà si giace
pallida, semiviva
a le sue ninfe in braccio. Intendo, oh dio!
Arde del volto mio, e non mi crede
il suo promesso Ascanio.
La virtude e l'amore
fanno atroce battaglia in quel bel core.
E dal penoso inganno
liberarla non posso... Agli occhi suoi
s'involi almen questo affannoso oggetto
finché venga la dèa. Colà mi celo:
e non lontan da lei
udrò le sue parole,
pascerò nel suo volto i guardi miei.
[N. 22 - Aria]
Un poco adagio (mi maggiore) / Allegro / Adagio / Allegro
Archi.
Al mio ben mi veggio avanti,
del suo cor sento la pena,
e la legge ancor mi frena.
Ah si rompa il crudo laccio:
abbastanza il cor soffrì.
Se pietà dell'alme amanti,
bella diva, il sen ti move,
non voler fra tante prove
agitarle ognor così.
(si ritira dalla scena)
Recitativo
Archi.
SILVIA
(accorrendo ad Ascanio e poi trattenendosi)
Ferma, aspetta, ove vai? Dove t'involi?
Perché fuggi così? Numi! Che fo?...
Dove trascorro, ahimè!... Come s'obblia
la mia virtù!... Sì, si risolva alfine.
Rompasi alfin questo fallace incanto.
Perché, perché mi vanto
prole de' numi, e una sognata imago
travia quel core che al sol dovere è sacro
e sacro alla virtù?... Ma non vid'io
le sembianze adorate
pur or cogli occhi miei?... Ma non importa.
Sol d'Ascanio son io. Da lor si fugga.
Se il ciel così mi prova,
miri la mia vittoria... E se il mio sposo
fosse quel ch'or vid'io?... Ah mi lusingo.
Perché in sì dolce istante
non palesarsi a me? Perché mentirsi
e straziarmi così?... No, mi seduce
l'ingannato mio core... E s'anco ei fosse,
vegga che so lui stesso
sacrificare a lui
e l'amato sembiante ai merti sui.
Ah si corra ad Aceste:
involiamci di qui. Grande qual sono
stirpe de' numi al comun ben mi deggio.
Fuorché l'alma d'Ascanio altro non veggio.
[N. 23 - Aria]
Un poco adagio (mi bemolle maggiore) / Allegro / Un poco adagio
Archi, 2 oboe, 2 fagotti, 2 corni.
Infelici affetti miei,
sol per voi sospiro e peno.
Innocente è questo seno:
no 'l venite a tormentar.
Ah quest'alma, eterni dèi,
mi rendete alfin qual era.
Più l'imagin lusinghiera
non mi torni ad agitar.
Recitativo
ASCANIO
(accorrendo a Silvia)
Anima grande, ah lascia,
lascia, oh dio! che al tuo piè...
SILVIA
(partendo risoluta)
Vanne. A' miei lumi
ti nascondi per sempre. Io son d'Ascanio.
(parte)
[N. 24 - Coro di Pastorelle]
Allegro (si bemolle maggiore)
Archi.
CORO
Che strano evento
turba la vergine
in questo dì!
No, non lasciamola
dove sì celere
fugge così.
(partono)
Ascanio solo.
Recitativo
Ahi, la crudel come scoccato dardo
s'involò dal mio sguardo! Incauto, ed io
quasi di fé mancai.
Chi a tante prove, o dèa,
d'amore e di virtù regger potea?
Di sì gran dono, o madre,
ricco mi fai, che più non può mortale
desiar dagli dèi; e vuoi ch'io senta
tutto il valor del dono. Ah sì, mia Silvia,
troppo, troppo maggiore
sei de la fama. Ora i tuoi pregi intendo:
or la ricchezza mia tutta comprendo.
[N. 25 - Aria]
Andante grazioso (fa maggiore)
Archi, 2 flauti, 2 serpentoni/corni inglesi, 2 fagotti, 2 corni.
Torna, mio bene, ascolta:
il tuo fedel son io.
Amami pur, ben mio:
no, non t'inganna Amor.
Quella che in seno accolta
serbi virtù sì rara,
a gareggiar prepara
coll'innocente cor.
(si ritira in disparte)
Ascanio, Silvia, Aceste, Fauno, coro di Pastori e di Pastorelle, poi Venere e coro di Geni.
[N. 26 - Coro di Pastori (ripresa del n. 6)]
CORO
Venga de' sommi eroi,
venga il crescente onor.
Più non s'involi a noi:
qui lo incateni Amor.
Recitativo
ACESTE
(a Silvia che tiene graziosamente per la mano)
Che strana meraviglia
del tuo cor mi narrasti, amata figlia!
Ma pur non so temer. Serba i costumi
che serbasti finora. Il ciel di noi
spesso fa prova e dai contrasti illustri,
onde agitata sei,
quella virtù ne desta
che i mortali trasforma in semidèi.
[N. 27 - Aria]
Allegro (la maggiore)
Archi.
Sento che il cor mi dice
che paventar non déi,
ma penetrar non lice
dentro all'ascoso vel.
Sai che innocente sei,
sai che dal ciel dipendi.
Lieta la sorte attendi
che ti prescrive il ciel.
Recitativo
SILVIA
Sì, padre, alfin mi taccia
ogn'altro affetto in seno.
Segua che vuol, purché il dover si faccia.
ACESTE
(ai pastori che raccolti intorno all'ara v'ardono gl'incensi)
Su, felici pastori, ai riti vostri
date principio e la pietosa dèa
invocate con gl'inni.
[N. 28 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe]
Andante (do maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
CORO
Scendi, celeste Venere,
e del tuo amore in segno
lasciane il dolce pegno
che sospirammo ognor.
Recitativo
SILVIA
(accennando Ascanio)
Ma s'allontani almen dagli occhi miei
quel periglioso oggetto. Il vedi?
ACESTE
(guardando Ascanio)
Il veggio.
Parmi simile a un dio.
ASCANIO
(Silvia mi guarda:
che contrasto crudel!)
ACESTE
No, cara figlia,
no, non temer. Segui la grande impresa,
vedi che il fumo ascende e l'ara è accesa.
Osservate, o pastori.
Ecco scende la dèa.
(cominciano a scender delle nuvole sopra l'ara)
Tra quelle nubi
si nasconde la dèa. Oh Silvia mia,
meco all'ara ti volgi; e voi pastori
de le preghiere ardenti
rinnovate i clamori.
[N. 29 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe]
Andante (do maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
CORO
No, non possiamo vivere
in più felice regno,
ma senza il dolce pegno
non siam contenti ancor.
Recitativo
(le nubi si spandono innanzi all'ara)
ACESTE
Ecco ingombran l'altare
le fauste nubi intorno.
(si veggono uscir raggi di luce dalle nuvole)
Ecco la luce
de la diva presente, ecco traspare.
[N. 30 - Coro di Pastori, Pastorelle e Ninfe]
Andante (do maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni.
CORO
Scendi, celeste Venere,
e del tuo amore in segno
lasciane il dolce pegno
che sospirammo ognor.
Recitativo
ACESTE
Invoca, o figlia, invoca
il favor della diva:
chiedi lo sposo tuo.
SILVIA
Svelati, o dèa,
scopri alla fin quell'adorato aspetto
al tuo popol diletto. Omai contento
rendi questo cor mio.
Si squarciano le nuvole. Si vede Venere assisa sul suo carro. Nello stesso tempo escono di dietro alle nuvole le Grazie e i Geni, che con vaga disposizione si spargono per la scena.
ASCANIO
(si va avvicinando a Silvia)
(Or felice son io. Questo è il momento.)
SILVIA
Oh diva!
ASCANIO
(si accosta di più)
Oh sorte!
ACESTE
Oh giorno!
SILVIA
(ad Ascanio che si accosta)
Ah mi persegui,
immagine crudele, insino all'ara?
(risolutamente guardando Venere e colla mano facendosi velo agli occhi per non veder Ascanio)
Qual è il mio sposo, o diva?
VENERE
(accennando e pigliando per una mano Ascanio il presenta a Silvia)
Eccolo, o cara.
SILVIA
(volgendosi ad Ascanio)
Oh cielo! Perché mai
nasconderti così?
ASCANIO
(a Silvia)
Tutto saprai.
[N. 31 - Terzetto]
Andante (si bemolle maggiore) / Allegro
Archi, 2 oboe, 2 corni.
SILVIA
(accorrendo ad Ascanio)
Ah caro sposo, oh dio!
ASCANIO
(accorrendo a Silvia)
Vieni al mio sen, ben mio.
SILVIA
(ad Aceste)
Ah ch'io lo credo a pena.
Forse m'inganno ancora?
ACESTE
(a Silvia)
Frena il timor, deh frena;
e la gran diva adora.
ASCANIO
Che bel piacere io sento
in sì beato dì!
ACESTE
(a Silvia e ad Ascanio)
De la virtù il cimento
premian gli dèi così.
SILVIA
Numi! Che bel momento!
Come in sì bel contento
il mio timor finì!
ACESTE
De la virtù il cimento
premian gli dèi così.
(abbracciandosi rispettosamente)
ASCANIO
Ah cara sposa, oh dio!
SILVIA
Oh caro sposo, oh dio!
ASCANIO, SILVIA, ACESTE
Più sacro nodo in terra,
più dolce amor non è.
Quanto, pietosa dèa,
quanto dobbiamo a te.
Recitativo
VENERE
Eccovi al fin di vostre pene, o figli.
Or godete beati
l'uno nel cor dell'altro ampia mercede
de la vostra virtù.
(a Silvia)
Mi piacque, o cara,
prevenire il tuo core. Indi la fama,
quindi Amore operò. Volli ad Ascanio
così de la sua sposa
la fortezza, il candor, l'amor, la fede
mostrar sugli occhi suoi. Scossi un momento
quel tuo bel core, e ne volar scintille
di celeste virtude a mille a mille.
Ma voi soli felici
esser già non dovete.
La stirpe degli dèi, più ch'al suo bene,
pensa all'altrui.
(ad Ascanio)
Apprendi, o figlio, apprendi,
quanto è beata sorte
far beati i mortali. In questo piano
tu l'edificio illustre
stendi de la città. La gente d'Alba
sia famosa per te. De le mie leggi
tempra il soave freno:
ministra il giusto, il popol mio proteggi.
In avvenir due numi
abbia invece d'un sol: te qui presente;
me che, lontana ancora,
qua col pensier ritornerò sovente.
[N. 32 - Terzetto (ripresa del n. 31)]
ASCANIO
Che bel piacer io sento
in sì beato dì!
SILVIA
Numi! Che bel momento!
Come in sì bel contento
il mio timor finì!
ASCANIO, SILVIA, ACESTE
Più sacro nodo in terra,
più dolce amor non è.
Quanto, pietosa dèa,
quanto dobbiamo a te.
Recitativo
VENERE
Ah chi nodi più forti
ha del mio core in questi amati lidi?
I figli, le consorti, il popol mio...
SILVIA
Oh diva!
ASCANIO
Oh madre!
VENERE
Addio, miei figli, addio.
ACESTE
Ferma, pietosa dèa, fermati. Almeno
lascia che rompa il freno
al cor riconoscente un popol fido.
Io son, pietosa dèa,
interprete di lui.
(accennando Ascanio e abbracciandolo rispettosamente)
Questo tuo pegno
fidalo pure a noi. Vieni; tu sei
nostro amor, nostro ben, nostro sostegno.
(a Venere, la quale sparisce, chiudendosi ed alzandosi le nuvole)
ACESTE
Adoreremo in lui
l'immagine di te: di te che spargi
sui felici mortali
puro amor, pura gioia; di te che leghi
con amorosi nodi
i popoli tra lor; che in sen d'amore
dai fomento alla pace e di questo orbe
stabilisci le sorti, e l'ampio mare
tranquillizzi e la terra. Ah nel tuo sangue,
d'eroi, di semidèi sempre fecondo,
si propaghi il tuo core:
e la stirpe d'Enea occupi il mondo.
[N. 33 - Coro ultimo di Geni, Grazie, Pastori e Ninfe]
Molto allegro (re maggiore)
Archi, 2 oboe, 2 corni, 2 trombe, timpani.
CORO
Alma dèa tutto il mondo governa;
che felice la terra sarà.
La tua stirpe propaghisi eterna;
che felici saranno l'età.
Fine del libretto.
Generazione pagina: 19/06/2016
Pagina: ridotto, rid
Versione H: 3.00.40
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