Atto primo

 

Scena prima

Camera terrena in casa di messer Fabrizio.
Fabrizio che dorme sopra una poltrona in veste da camera, e Foresto.

 Q 

Fabrizio, Foresto

 

FORESTO

Oh, questa sì, ch'è bella!  

Il padrone di casa

a tutti i forestieri dà ricetto,

e gli convien dormir fuori del letto.

Con questa bell'arcadia

ei si va rovinando, ed io che sono

da questo sciocco economo creato,

or che manca il denar, son imbrogliato.

Orsù lo vuò svegliar. Già s'alza il sole;

oggi almeno ci vuole

fra quei che siamo, e quelli che verranno,

mezza l'entrata sua di tutto l'anno.

Signor Fabrizio... Ehi, signor Fabrizio.

Svegliatevi, ch'è tardi.

Su via che s'alza il sole;

v'ho da dir due parole.

FABRIZIO

(svegliandosi un poco)

Che!

FORESTO

Svegliatevi.

FABRIZIO

Sì.

FORESTO

V'ho da parlare.

FABRIZIO

Par... la... te.

FORESTO

Egli si torna a addormentare.

Su via, messer Fabrizio.

FABRIZIO

(si risveglia)

Seguitate.

FORESTO

Se voi non m'ascoltate

non vuò parlar da stolto.

FABRIZIO

Tengo gli occhi serrati, ma v'ascolto.

(dorme)

FORESTO

Ben: sappiate che io

ho il denar terminato,

che voi mi avete dato;

che per tante persone

convien fare una buona provigione.

Che rispondete? Sì! dorme di gusto.

Signor Fabrizio...

FABRIZIO

Già.

FORESTO

M'avete inteso?

FABRIZIO

Ho inteso tutto.

FORESTO

E ben, che rispondete?

FABRIZIO

Fate quel che volete.

FORESTO

Ma il denar?

FABRIZIO

Che denar?

FORESTO

M'avete inteso?

FABRIZIO

Tutto non ho compreso.

Tornate a dir.

FORESTO

Alzatevi di grazia.

FABRIZIO

Voi avete timor ch'io m'addormenti;

pericolo non v'è; ma per gradirvi

m'alzerò; via parlate.

(s'alza, e si accosta bel bello al poggio della poltrona)

 

FORESTO

Ora, signor, sappiate,

che non v'è più denaro...

FABRIZIO

Bene.

FORESTO

Che io

non so più come far; che oggi s'aspetta

nuova foresteria...

(Fabrizio s'addormenta)

FORESTO

E buona notte di vossignoria.

Signor Fabrizio... ehi, signor Fabrizio...

(più forte)

Signor Fabrizio!

FABRIZIO

Che! come!

FORESTO

Voi siete

impastato di sonno.

FABRIZIO

Io? Che dite?

Dormo io? Signor no. Eccomi lesto.

FORESTO

Venite qua.

(lo prende per una mano, e lo tien forte)

FABRIZIO

Son qua.

FORESTO

Vi torno a dire;

signor Fabrizio caro,

che ci vuol del denaro.

FABRIZIO

Ed io risponderò:

signor Foresto caro, non ne ho.

FORESTO

Ma che fare dovrò

per supplire l'impegno in cui voi siete?

FABRIZIO

Fate quel che volete.

FORESTO

Non v'è denaro?

FABRIZIO

Oibò.

FORESTO

Grano?

FABRIZIO

È venduto.

FORESTO

Quei cavalli indiscreti,

che mangian tanto fieno,

si potrian esitar.

FABRIZIO

Sì.

(s'appoggia alle spalle di Foresto)

FORESTO

La carrozza?

FABRIZIO

La carroz... za...

(s'addormenta)

FORESTO

Eh ch'io non sono sì pazzo

da volervi servir di matarazzo.

FABRIZIO

Sì, la carrozza...

FORESTO

O la carrozza, o il carro,

vi dico in due parole,

che se non v'è denar, l'arcadia vostra

è presto terminata,

e tutta la brigata,

provvista d'appetito,

grazie vi renderà del dolce invito.

 

Se vi mancano i contanti,  

fate quel che fanno tanti,

impegnate, e poi vendete,

e se roba non avete,

già si sa l'usanza vaga,

che si compra, e non si paga,

e si gode all'altrui spalle,

ed aspetta il creditor.

Questa regola è diffusa

dappertutto già si usa

ed è segno che ha del credito

quando un uomo è creditor.

(parte)

Sfondo schermo () ()

Foresto ->

 

Scena seconda

Fabrizio solo.

 

 

Per dirla, quasi, quasi  

or or me n'andrei,

e l'arcadia, e i pastori impianterei,

ma se l'anno passato

son già stato graziato, il dover mio

vuol che st'anno lo stesso faccia anch'io.

E poi? e poi vi son quelle ragazze,

che mi piacciono tanto,

e spero aver d'innamorarle il vanto.

Ma diavolo! si spende

troppo a rotta di collo. Voglio un po' far il conto

quanto ho speso finora,

e quanto doverò spender ancora.

(tira fuori un foglio, ed una penna da lapis)

 

Quattro cento bei ducati...  

poverini sono andati,

sessantotto bei zecchini...

sono andati poverini.

Trenta doppie... oh che animale!

Cento scudi... oh bestiale!

Quanto fanno? Io non lo so.

I zecchini sessantotto

co' ducati quattrocento

fanno... fanno... oh che tormento!

Basta, il conto è bello e fatto,

perché un soldo più non ho.

(parte)

Sfondo schermo () ()

Fabrizio ->

 
 

Scena terza

Giardino che termina al fiume Brenta.
Rosanna, Laura, Giacinto, Foresto sopra sedili erbosi, poi Fabrizio.

Bozzetti

 Q 

Rosanna, Laura, Giacinto, Foresto

 
a quattro

ROSANNA, LAURA, GIACINTO E FORESTO

Che amabile contento  

fra questi ameni fiori,

godere il bel concerto

degli augellin canori!

Che bell'udir quest'aure,

quell'onde a mormorar.

 

<- Fabrizio

FABRIZIO

Che bella compagnia!

Fa proprio innamorar.

 
a quattro

ROSANNA, LAURA, GIACINTO E FORESTO

Che bell'udir quest'aure,

quell'onde a sussurrar.

 

GIACINTO

Bellissima Rosanna,  

nell'arcadia novella

bramo che siate voi mia pastorella.

ROSANNA

Anzi mi fate onore,

e vi accetto, signor, per mio pastore.

FORESTO

E voi, Lauretta cara,

seguendo dell'arcadia il paragone,

la pecora sarete...

LAURA

E voi il caprone.

 

FABRIZIO

Bravi! così mi piace.

Voi quattro in buona pace

state qui allegramente,

ed il pover Fabrizio niente, niente.

GIACINTO

Via, sedete, o signor.

FABRIZIO

Io sederei

qui volentieri un poco,

s'uno di lor signor mi dasse loco.

FORESTO

Intesi a dir fra l'altre cose vere,

che non manca mai sedia a chi ha sedere.

FABRIZIO

(Cappari! Il caso è brutto.

Io niente, e loro tutto? Aspetta, aspetta.)

(a Foresto)

Amico, una parola.

FORESTO

E che volete?

FABRIZIO

Parlar di quel negozio.

FORESTO

Di che?

FABRIZIO

Non m'intendete? Uh capo storno!

FORESTO

Dell'arsan?

FABRIZIO

Iò!

FORESTO

Lauretta, adesso torno.

(s'alza)

Eccomi; ov'è il denaro?

FABRIZIO

Aspettate un momento.

Passeggiate un tantino, ed io mi sento.

(siede nel loco di Foresto)

Ah, ah, te l'ho ficcata.

Oh questa sì ch'è bella!

Io non voglio star senza pastorella.

FORESTO

Pazienza! me l'hai fatta;

ma mi vendicherò.

LAURA

(Vuò divertirmi.)

Bella creanza al certo!

Dove apprendeste mai

cotanta inciviltà?

FABRIZIO

Ma finalmente...

LAURA

Finalmente, vi dico,

non si tratta così.

FABRIZIO

Son io...

LAURA

Voi siete

un bell'ignorantaccio.

Dirò meglio; voi siete un villanaccio.

FABRIZIO

Al padrone di casa?

LAURA

Che padrone!

Questa casa, ch'è qui, non è più vostra.

Questa è l'arcadia nostra.

Noi siamo pastorelle, e voi pastore;

e non serve che fate il bell'umore.

FABRIZIO

Dice ben.

FORESTO

La capite?

LAURA

Non occorre che dite

voglio, non voglio.

FABRIZIO

Oibò.

FORESTO

Vogliamo fare

tutto quel che ci pare.

FABRIZIO

Signor sì.

LAURA

E non è poca

la nostra cortesia,

che non v'abbiam sinor cacciato via.

FABRIZIO

Padroni.

FORESTO

Avete inteso?

FABRIZIO

Se non son sordo.

LAURA

Acciò ben lo capisca

la vostra mente stolta,

ve lo tornerò a dir un'altra volta.

 

Vogliamo fare  

quel che ci pare.

Vogliam cantare,

vogliam ballare,

e voi tacete,

poiché voi siete

senza giudizio,

signor Fabrizio.

Siete arrabbiato?

Via, che ho burlato

no 'l dirò più.

L'arcadia nostra

tutto permette

due parolette

non fanno male;

un animale

di voi più docile

giammai non fu.

(parte)

Laura ->

 

Scena quarta

Rosanna, Giacinto, Fabrizio, e Foresto.

 

FABRIZIO

Io rimango incantato.  

FORESTO

Signor, che cosa è stato?

Se comanda seder, si serva pure,

oh questa sì ch'è bella:

(contraffacendo Fabrizio)

io non voglio star senza pastorella.

FABRIZIO

Ancor voi mi burlate?

FORESTO

Io burlarvi? pensate!

Siete l'amico mio più fido, e caro;

ma se manca il denaro,

vi giuro in fede mia,

che tutti ce n'andiamo in compagnia.

(parte)

Foresto ->

 

FABRIZIO

Andate col malan, che il ciel vi dia.  

Ma, signora Rosanna,

che dite voi? che dite voi, Giacinto,

del parlar di Lauretta?

GIACINTO

E non vedete,

ch'ella si prende spasso?

FABRIZIO

Corpo di satanasso!

Cospettone di Bacco!

Se me n'ha dette un sacco!

ROSANNA

Eppure il di lei sdegno

parmi d'amore un segno.

La femmina talora

scaltra finge odiar quel che più adora.

FABRIZIO

Possibile, che m'ami,

e così mi strappazzi?

ROSANNA

Io ve lo giuro;

statene pur sicuro.

Più volte l'amor suo m'ha confidato;

arde per voi.

FABRIZIO

Che amor indiavolato!

GIACINTO
(piano a Rosanna)

È ver?

ROSANNA

(a Giacinto)

Mi prendo spasso.

(a Fabrizio)

Sapete la cagione,

ch'or la rese furiosa?

Perch'è di me gelosa.

FABRIZIO

Or la capisco.

Ma che motivo ha mai

d'ingelosir di voi?

ROSANNA

Gli affetti miei

ho confidati a lei.

FABRIZIO

Dunque voi pur mi amate?

ROSANNA

Pur troppo è ver!

FABRIZIO

(toccandosi il viso)

Bellezze fortunate!

Giacinto, che ne dite?

Forse v'ingelosisco?

GIACINTO

Niente affatto,

io non sono sì matto.

S'ella v'ama, signor; io vado via,

che non voglio impazzir per gelosia.

 

D'un amante è gran follia  

impazzir per gelosia.

S'una donna è di me stanca

non mi manca ~ altra beltà.

Per la donna chi s'affanna,

chi s'adira, assai s'inganna,

già si sa, che invan si spera

una vera ~ fedeltà.

(parte)

Giacinto ->

 

Scena quinta

Rosanna, e Fabrizio.

 

FABRIZIO

Dunque, se voi mi amate,  

discutiamola un poco.

ROSANNA

Ma Laura sarà poi meno sdegnata.

FABRIZIO

Io non vuò una donna indiavolata.

ROSANNA

L'amicizia, il dover non lo permette.

FABRIZIO

Amor non vuol riguardi.

Aggiustiamo le cose infra di noi,

e lasciate, che poi Lauretta dica.

ROSANNA

V'amo, ma non vogl'io tradir l'amica.

FABRIZIO

Oh caro il mio tesoro,

già spasimo, già moro.

(ascolta)

ROSANNA

Olà, signor Fabrizio,

più rispetto vi dico, e più giudizio.

 

So che celar dovrei  

il mio novello amore,

ma tanto non credei

che ardito il vostro core

giungesse a delirar.

Nel seno uguale ardor

forse risento anch'io,

ma un nobile rigor

insegna al foco mio

le fiamme a moderar.

(parte)

Rosanna ->

 

Scena sesta

Fabrizio, poi un Servo che non parla.

 

 

Rosanna mi vuol bene, e mi discaccia.  

Laura mi porta affetto, e mi strapazza.

Io non so di che razza

siano codesti amori.

Se le ninfe, e i pastori

s'innamoran così son tutti matti,

questo sembra un amor tra cani, e gatti.

(viene un servo)

<- servo

 

Chi? madama Lindora?  

Dille che venga tosto, e non si penta;

che venga ad onorar l'Arcadia in Brenta.

(parte il servo)

servo ->

 

Caspita! questa dama  

di conoscermi brama!

Fosse di me invaghita! Allora sì,

che queste due ragazze

farei di gelosia diventar pazze!

 

Scena settima

Madama Lindora con due Braccieri, e detto.

<- Lindora, braccieri

 

LINDORA
(indietro)

Ohimè! non posso più.  

FABRIZIO

Che cosa è stato?

LINDORA

Ho tanto camminato

non posso più.

FABRIZIO

Vicino è il suo palazzo

men d'un tiro di schioppo.

LINDORA

Per le mie pianticine è troppo troppo.

FABRIZIO

Via, signora, s'avanzi, e sieda.

LINDORA

Guardate per pietà,

che non vi siano fiori.

Io non posso sentir cattivi odori.

FABRIZIO

L'odor non è cattivo. Faccia grazia.

LINDORA

Ahi, ahi.

FABRIZIO

Qualche disgrazia?

LINDORA

Maledetto giardino!

Ho sentito odor di gelsomino.

FABRIZIO

Vuol che lo butti via?

LINDORA

Sì, ve ne prego.

FABRIZIO

Vattene, o tristo vaso,

che di madama hai conturbato il naso.

Via, s'avanzi un tantino.

LINDORA

Adagio; pian, pianino.

Mi volete stroppiar? Voi lo sapete,

son delicata assai...

tre passi in una volta non fo mai.

FABRIZIO

Come dunque farà a salir le scale?

LINDORA

Tacete, mi vien male

solo in pensarlo.

FABRIZIO

Scusi, mi perdoni,

ella è forse stroppiata?

LINDORA

Anzi più ben tagliata

donna non v'è di me. Voi stupireste

nel vedermi ballar.

FABRIZIO

Quando si balla,

non si fan quattro passi in su un mattone.

LINDORA

Trovata ho un'invenzione

di far i minuetti

con piccoli passetti;

e perché il tempo veramente intendo,

quattro battute in ogni passo io spendo.

FABRIZIO

Dunque sopra una festa in tal maniera

un minuetto si farà per sera.

LINDORA

Ma dove son le belle

arcade pastorelle?

FABRIZIO

Or le farò venir.

(chiama il servitore)

Ehi.

LINDORA

State zitto.

Ohimè! Con quella voce così alta

voi mi fate stordir.

FABRIZIO

Ve', cosa sento!

Ella non può sentir alzar la voce.

LINDORA

Lo stranuto, e la tosse ancor mi nuoce.

FABRIZIO

Ma, gran delicatezza!

Credo provenga dalla gran bellezza.

LINDORA

Non dico, ma può darsi.

FABRIZIO

Certo, signora sì.

LINDORA

Quando lo dice lei, sarà così.

Andrò, se si contenta,

le amiche a ritrovar.

FABRIZIO

Ma non vorrei,

che troppo affaticasse;

prima che sia arrivata

per lei ci vuole almeno una giornata.

LINDORA

Andrò così bel bello,

se si contenta lei, signor Fabrizio.

FABRIZIO

Ah, vada, vada. (Che mi fa servizio.)

 

LINDORA

Riverente a lei m'inchino:  

ehi, braccieri; qua la mano

venga presto... andate piano.

Venga poi... non mi stroppiate.

Correr troppo voi mi fate;

mi vien mal, non posso più.

Via, bel bello, andiamo avanti;

le son serva, addio monsù.

(parte)

Lindora, braccieri ->

 

Scena ottava

Fabrizio, poi Servo.

 

 

Sia ringraziato il ciel, che se n'è andata.  

Ma cresce la brigata,

e il denar va mancando, e la carrozza

sarà venduta, ed i cavalli ancora.

Pazienza! almen ho il gusto

di veder due ragazze innamorate,

che per me tutte due son spasimate.

(al servo)

Oh diavolo! che dici?

Viene il Conte Bellezza? Venga, venga.

Giacché alla casa s'ha a veder il fondo,

venga pur tutto il mondo.

<- servo

 

Scena nona

Arriva un burchiello, da cui sbarca il Conte Bellezza.

 

FABRIZIO

Poh che gran signorone!  

Costui porre mi vuole in soggezione.

 

<- Conte Bellezza

CONTE BELLEZZA

Permetta, anzi conceda,

che prostrato si veda

al prototipo ver de' generosi

l'infimo de' suoi servi rispettosi.

FABRIZIO

Servitor obbligato.

CONTE BELLEZZA

La fama ha pubblicato

i pregi vostri con eroica tromba;

l'eco intorno rimbomba

il nome alto sovrano

di Fabrizio Fabroni da Fabriano.

FABRIZIO

Servitore di lei.

CONTE BELLEZZA

Ed io pur bramerei,

anzi sospirerei,

benché il merito mio sia circoscritto,

nel ruolo de' suoi servi essere descritto.

FABRIZIO

Anzi de' miei padroni.

CONTE BELLEZZA

Ah, mio signor, perdoni,

se tracotante, ardito,

prevenendo l'invito,

per far la mente mia sazia, e contenta,

son venuto a goder l'Arcadia in Brenta.

FABRIZIO

S'accomodi.

CONTE BELLEZZA

La fama

poco disse finor di voi parlando,

voi cantando, esaltando;

veggo più, veggo molto

in quell'amabil volto,

che con raggi di placido splendore

spiega l'idea del liberal suo cuore.

FABRIZIO

Signor, lei mi confonde.

Vorrei dir, ma non so;

per andar alla breve io tacerò.

CONTE BELLEZZA

Quel silenzio loquace

quanto, quanto mi piace! Ella tacendo

col muto favellar va rispondendo,

ed io che tutto intendo,

il genio suo comprendo.

Ella vuol favorirmi, ed io mi arrendo;

ed accetto le grazie, e grazie rendo.

FABRIZIO

Le renda, o non le renda,

è tutta una faccenda.

Se qui vuole restar, mi farà onore;

cerimonie non fo, son di buon cuore.

CONTE BELLEZZA

Viva il buon cor! Anch'io l'affettazione

odio nelle persone;

parlar mi piace naturale affatto.

Perciò da sen estratto

il più divoto, e caldo sentimento,

trabocca dalle labbra il mio contento.

FABRIZIO

Se questo è naturale,

parla ben, non vi è male.

CONTE BELLEZZA

La provida natura

prese di me tal cura,

che mi rese il più vago, e il più giocondo

grazioso cavalier, che viva al mondo.

FABRIZIO

Me ne rallegro assai. S'ella bramasse

riposarsi, è padron.

CONTE BELLEZZA

Sì, mio signore;

accetterò l'onore,

che l'arcisopraffina sua bontà

gentilissimamente ora mi fa.

FABRIZIO
(al servo)

Vada pure, Pancrazio,

servi questo signor.

CONTE BELLEZZA

L'esuberanza,

anzi l'esorbitanza

delle grazie, onde lei m'ha incatenato...

FABRIZIO

Vada, basta così.

CONTE BELLEZZA

Lasci che almeno...

FABRIZIO

Vada per carità.

CONTE BELLEZZA

Non fia mai vero,

ch'io manchi al dover mio...

FABRIZIO

Vada lei, mio signore, o vado io.

 

CONTE BELLEZZA

Non s'adiri di grazia, ch'io taccio.  

Non vuò darli più noia, né impaccio.

Bramo solo... sto zitto, e non parlo,

più non ciarlo, credetelo a me.

Ma tal pena chi puol mai soffrire?

Io star cheto? Mi sento morire.

Signor caro... ho finito in mia fé.

(parte)

Conte Bellezza, servo ->

 

Scena decima

Fabrizio solo.

 

 

Con due pazzi in più nella brigata  

ora l'Arcadia in Brenta è terminata.

E viva l'allegria. Corpo del diavolo!

Quand'io mi divertisco

proprio ringiovenisco.

E quelle ragazzette,

quanto sono carette!

Per passare con esse i giorni miei,

cospetto!... non so dir cosa farei.

 

Per Lauretta vezzosetta  

la carrozza vada pure.

Per madama vada il resto.

Mi protesto,

che non vuò pensar a guai:

sempremai

voglio star in allegria,

e si spenda in compagnia

tutto, tutto quel che c'è.

(parte)

Fabrizio ->

 
 

Scena undicesima

Camera in casa di Fabrizio.
Madama Lindora, poi il Conte Bellezza.

 Q 

<- Lindora

 

LINDORA

Dove Laura, e Rosanna,  

dove mai sono? Ohimè! che nel cercarle

dalla sala alla stanza

ho tanto camminato,

che mi sento di già mancare il fiato.

Vorrei seder un poco.

Chi è di là? V'è nessuno?

 

<- Conte Bellezza

CONTE BELLEZZA

Madama, vi son io.

LINDORA

Da sedere... Oh perdoni;

non v'aveva veduto.

CONTE BELLEZZA

A tempo son venuto.

(le dà la sedia)

S'accomodi.

LINDORA

Mi scusi...

CONTE BELLEZZA

Anzi al provido ciel le grazie io mando,

perché degno mi fé di suo comando.

LINDORA

(Non mi dispiace, è tutto gentilezza.)

Ma chi è lei, mio signore?

CONTE BELLEZZA

Son il Conte Bellezza,

un vostro servitore,

obbligato, divoto, e profondissimo.

LINDORA

Anzi mio padronissimo.

CONTE BELLEZZA

Deh, mi conceda l'alto onor sovrano

di poterle baciar la bianca mano.

LINDORA

Ah!

CONTE BELLEZZA

Cos'è stato?

LINDORA

M'avete rovinato il mio ditino,

toccate pian pianino;

son tanto delicata,

che non posso sì forte esser toccata.

CONTE BELLEZZA

Leggerissimamente

alzo la lattea delicata mano,

e con l'avida bocca...

LINDORA

No, no, che se mi tocca

l'acuto pelo che vi spunta al mento,

mi vedrete cadere in svenimento.

CONTE BELLEZZA

Lo farò con tal arte,

che voi ne stupirete;

siate pietosa, oh dio! se bella siete.

LINDORA

(Mi commove.)

CONTE BELLEZZA

Prostrato,

mia bella, al vostro piede,

vi dimando pietà, grazia, mercede.

LINDORA

Via, prendete la mano.

CONTE BELLEZZA

Cara man...

LINDORA

Piano, piano.

CONTE BELLEZZA

Ancor non l'ho toccata.

LINDORA

L'avete con il fiato un po' alterata.

CONTE BELLEZZA

Andrò cauto anche in questo.

Lasciate...

LINDORA

Non stringete.

CONTE BELLEZZA

Riposate la man sovra il mio braccio.

LINDORA

Che ruvido pannaccio!

CONTE BELLEZZA

Vi porrò il fazzoletto.

LINDORA

Non mi par molto netto.

CONTE BELLEZZA

Dunque che far dovrò?

LINDORA

Non saprei.

CONTE BELLEZZA

Ah madama, io morirò.

LINDORA

Vi vorrei compiacer, ma non vorrei,

che la mia compassione...

CONTE BELLEZZA

Trovata ho una invenzione,

che non vi spiacerà. La bella mano

alzate da voi stessa,

e mentr'ella s'appressa al labbro mio

il labbro inchino, e me l'accosto anch'io.

LINDORA

Mi contento.

CONTE BELLEZZA

Sian grazie al cielo, al fato;

generosa madama, io son beato;

eccomi, alzate un poco.

Ancora un poco più.

LINDORA

Non mi stancate.

CONTE BELLEZZA

Ma se non vi fermate

per un momento solo.

 

Scena dodicesima

Fabrizio, Foresto, e detti.

<- Fabrizio, Foresto

 

FABRIZIO

Signor Conte Bellezza, io mi consolo.  

FORESTO

Ancor io, ma di core.

CONTE BELLEZZA

(Indiscreta fortuna!) Ma di che?

FABRIZIO

Il principe lei è

per tutto questo dì d'arcadia nostra.

CONTE BELLEZZA

È gentilezza vostra,

non già merito mio.

FABRIZIO

Anzi i meriti vostri a noi son noti,

e creato v'abbiam con tutti i voti.

LINDORA

Anch'io l'arcadia lodo,

e d'esservi soggetta esulto, e godo.

CONTE BELLEZZA

Ah che più goderei

il bramato piacer de' labbri miei.

FORESTO

A voi, principe degno,

del suo rispetto in segno

manda l'arcadia nostra

questo serto di fiori.

LINDORA

Ahi, mi fate morir con questi odori.

FABRIZIO

Via; madama Lindora

non li può sopportar.

CONTE BELLEZZA

Deh riponete

questo serto fatale.

LINDORA

Mi sento venir male.

FABRIZIO

Presto, presto, tabacco.

LINDORA

Sì, tabacco.

FABRIZIO

Prenda.

LINDORA

È troppo granito;

se lo prendo, potria mancarmi un dito.

CONTE BELLEZZA

Questo è fino assai più.

LINDORA

Non mi piace, signor; va troppo in su.

FORESTO

(Ora l'aggiusto io.

Con questa stranutiglia

mi voglio divertir con chi ne piglia.)

Prenda, prenda di questo.

È foglia schietta, schietta, e leggerissima.

LINDORA

Questo, questo mi piace: obbligatissima.

(prende tabacco)

FORESTO
(al Conte)

Comanda?

CONTE BELLEZZA

Mi fa grazia.

(prende tabacco)

FORESTO
(a Fabrizio)

E voi?

FABRIZIO

Mi fate onore.

(lo prende anche lui)

FORESTO

(Voglio rider di core.

La stranutiglia vera

li farà stranutar fino alla sera.)

(parte)

Foresto ->

 

FABRIZIO

Vada, vada.  

CONTE BELLEZZA

Vada lei.

LINDORA

Anzi lei.

Vada. Eccì.

(stranuta)

FABRIZIO E CONTE BELLEZZA

Viva, viva.

CONTE BELLEZZA

Grazie. Eccì.

(stranuta forte)

Ahi! Eccì.

Ahi! Eccì.

(si getta a sedere)

FABRIZIO

Poverina!

CONTE BELLEZZA

Presto. Eccì.

(stranuta)

FABRIZIO

Che bel garbo!

Son qua io.

Forti. Eccì.

(stranuta)

CONTE BELLEZZA

Altro. Eccì.

(stranuta)

LINDORA

Aiutatemi. Eccì.

FABRIZIO

Che tabacco! Eccì, eccì.

Insieme

CONTE BELLEZZA

Maledetto! Eccì, eccì.

FABRIZIO

Che tormento

che mi sento!

Più non posso. Eccì, eccì.

CONTE BELLEZZA

Via, madama, non è niente.

FABRIZIO

Che tabacco impertinente!

LINDORA

Acqua fresca per pietà.

(s'alza)

CONTE BELLEZZA

Vado a prenderla. Eccì.

FABRIZIO

Ve la porto. Eccì, eccì.

LINDORA

Il mio naso, la mia testa,

il mio petto. Eccì, eccì.

CONTE BELLEZZA

V'è passato?

LINDORA

Signor sì.

FABRIZIO

State meglio?

LINDORA

Par di sì.

FABRIZIO

Che tormento

che mi sento!

Più non posso. Eccì, eccì.

LINDORA, FABRIZIO E CONTE BELLEZZA

Dunque andiamo in compagnia

a goder con allergia

dell'arcadia il primo dì.

LINDORA

Vada, vada. Eccì, eccì.

Maledetto tabaccaccio!

CONTE BELLEZZA

Oh che impaccio! Eccì, eccì.

FABRIZIO

Favorisca.

LINDORA

Signor sì.

LINDORA, FABRIZIO E CONTE BELLEZZA

Faccia grazia. Eccì, eccì.

 

Fine (Atto primo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Camera terrena in casa di Fabrizio.

Fabrizio, Foresto
 

Oh, questa sì, ch'è bella!

Fabrizio
Foresto ->

Per dirla, quasi, quasi

Fabrizio ->

Giardino che termina al fiume Brenta.

Rosanna, Laura, Giacinto, Foresto
 
Rosanna, Laura, Giacinto, Foresto e Fabrizio
Che amabile contento
Rosanna, Laura, Giacinto, Foresto
<- Fabrizio
 

Bellissima Rosanna

Rosanna, Giacinto, Foresto, Fabrizio
Laura ->

Io rimango incantato

Rosanna, Giacinto, Fabrizio
Foresto ->

Andate col malan, che il ciel vi dia

Rosanna, Fabrizio
Giacinto ->

Dunque, se voi mi amate

Fabrizio
Rosanna ->

Rosanna mi vuol bene, e mi discaccia

Fabrizio
<- servo

Chi? madama Lindora?

Fabrizio
servo ->

Caspita! questa dama

Fabrizio
<- Lindora, braccieri

Ohimè! non posso più

Fabrizio
Lindora, braccieri ->

Sia ringraziato il ciel, che se n'è andata

Fabrizio
<- servo

(arriva un burchiello)

Poh che gran signorone!

Fabrizio, servo
<- Conte Bellezza

Fabrizio
Conte Bellezza, servo ->

Con due pazzi in più nella brigata

Fabrizio ->

Camera in casa di Fabrizio.

<- Lindora

Dove Laura, e Rosanna

Lindora
<- Conte Bellezza

Lindora, Conte Bellezza
<- Fabrizio, Foresto

Signor Conte Bellezza, io mi consolo

Lindora, Conte Bellezza, Fabrizio
Foresto ->
Fabrizio, Conte Bellezza, Lindora
Vada, vada / Vada lei
 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena undicesima Scena dodicesima
Camera terrena in casa di Fabrizio. Giardino che termina al fiume Brenta. Camera in casa di Fabrizio. Deliziosa. Camera. Sala. Camera. Giardino che termina al fiume Brenta.
Atto secondo Atto terzo

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