Prologo

 

Prologo

Iride.

Iride

 

 

Scesa dal ciel del folgorante Giove  

eterna messaggiera a voi ne vegno,

di Teti poi nel fluttuoso seno

ratta mi ascondo e 'l piè rivolgo altrove.

Tra queste, ch'or mirate, onde spumanti

vedrete Galatea pianger d'amore,

e dell'egro suo cor l'aspro dolore

volto (pietà del cielo) in dolci canti.

[vedi variante dell'edizione 1617]

Dunque, mentre io vi lascio, irati venti

non conturbino 'l sen del mare infido,

onda non franga e non percota 'l lido,

ferminsi i pesci alle sue note intenti.

 

Iride ->

 

Variante al prologo del 1617

Fra la seconda e la terza strofa.

 

 

Tu, Caterina, a le tirrene sponde

sol che t'involi, e fai dolente or l'Arno,

ond'ei la tua beltà piangendo indarno

volte all'irato mar torbide l'onde.

Co 'l sereno splendor de' raggi tuoi

fa lieta Manto e di Benaco il figlio,

onde tosto in mirar gioisca il ciglio,

nati del sangue suo novelli eroi.

 

Fine (Prologo)

Prologo Atto unico
Iride
 

Scesa dal ciel del folgorante Giove

Iride ->
 
Prologo Variante al prologo del 1617
Atto unico

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