Atto terzo

 

Scena prima

Terme imperiali.
Giulia, Alessandro, Sallustia.

 Q 

Giulia, Alessandro, Sallustia

 

GIULIA

Con quest'alma ostinata  

sono preghi, e minacce arme impotenti.

ALESSANDRO

A me lascia il pensiero

di combattere quel core.

SALLUSTIA

Augusta, ah! Non partir.

ALESSANDRO

Teme il mio amore.

(piano a Giulia)

SALLUSTIA

O fa', ch'io pur ti segua

invisa compagna al regio fianco.

GIULIA

Qual novella pietà?

ALESSANDRO

Dilla timore.

(a Giulia)

Meco sola rimanga.

GIULIA

(ad Alessandro)

E seco allor favellerai d'amore.

ALESSANDRO

A lei parlerà il figlio, e non lo sposo.

GIULIA

(Mio sospetto geloso

cedi a terror più forte.)

Della proterva donna

questo diasi al silenzio ultimo assalto.

Dall'amor tuo: ma se non cede a questo,

tema tutto dall'ire

di un'augusta oltraggiata.

Non la difenderà l'amor del figlio;

né il più fier de' suoi mali

troverà nel ripudio, e nell'esilio.

 

So, che dono al vostro affetto  

un momento di diletto

col lasciarvi in libertà.

Ma più fier sarà il mio sdegno

se quel cor tornerà indegno

e di grazia, e di pietà.

So, che dono al vostro affetto

un momento di diletto

col lasciarvi in libertà.

 

Giulia ->

 

Scena seconda

Alessandro, Sallustia.

 

ALESSANDRO

Sallustia.  

SALLUSTIA

Ah! Mio Alessandro,

forz'è ch'io segua augusta, e ch'io ti lasci.

ALESSANDRO

Con un solo tuo accento

puoi me far lieto, e te felice, e 'l neghi?

SALLUSTIA

Di te indegna sarei, se ti ubbidissi.

ALESSANDRO

Sì poco ami Alessandro?

SALLUSTIA

L'amo più di me stessa;

ma più del mio dover non posso amarlo.

ALESSANDRO

Val sì poco il mio trono?

SALLUSTIA

Con disonor no 'l curo.

ALESSANDRO

Sì poco il letto mio?

SALLUSTIA

Fin nel tuo seno

ne avrei pena, e rimorso.

ALESSANDRO

Tanto ti è caro il traditor, che taci?

SALLUSTIA

Dissi quanto dovea. Lascia ch'io parta.

ALESSANDRO

Se per lui temi, agli alti numi il giuro,

sua difesa sarò, sarò suo scudo.

SALLUSTIA

Tutto lo tradiria, s'io lo tradissi.

ALESSANDRO

Prega Alessandro, e ancor Sallustia tace?

SALLUSTIA

Tacer deggio, e penar. Soffrilo in pace.

ALESSANDRO

Deh! Senti, o cara...

SALLUSTIA

Ah! Sì infelice io sono,

che il più dolce mio voto è mia sventura.

L'esser teco è mia pena,

e può farsi tua colpa: o vanne, o parto.

ALESSANDRO

Crudel! Se mi sei tolta, e s'io ti perdo,

non accusar la madre. O dèi! Tu sei

cagion de' mali tuoi, cagion de' miei.

 

Da te tu mi dividi:  

ti perdo, e tu m'uccidi:

crudel! Tu vuoi così, ma non t'intendo.

Tu vibri nel mio cor,

il dardo feritor;

e ne mostri pietà, né la comprendo.

Da te tu mi dividi:

ti perdo, e tu m'uccidi:

crudel! Tu vuoi così, ma non t'intendo.

 

Alessandro ->

 

Scena terza

Sallustia, Albina.

<- Albina

 

SALLUSTIA

(Padre quanto mi costi!) Ah cara Albina,  

è favore del ciel, ch'io qui t'incontri.

ALBINA

Oltre l'uso i bei lumi

foschi veggio...

SALLUSTIA

Se m'ami,

porgimi un ferro.

ALBINA

Un ferro?

Neghisi al tuo dolor.

SALLUSTIA

No. A mia difesa

te 'l chiedo, e tosto il porgi.

ALBINA

Ah! Non far che a dolermi

abbia di mia pietà.

SALLUSTIA

Scaccia ogni tema.

Dolente sì, non disperata il chiedo.

Non me 'l ritardi più la tua amistade.

ALBINA

Prendilo; o ciel, che sia!

(le dà uno stilo)

SALLUSTIA

Con più pace ti lascio, o dolce amica.

 

Langue al cocente raggio  

la pallida viola;

ma stilla rugiadosa

spiegar le fa più vaghi i suoi colori.

Di fronte al fiero oltraggio

langue anche l'alma mia;

ma un raggio di speranza

conforta, e racconsola

i miei languori.

Langue al cocente raggio

la pallida viola;

ma stilla rugiadosa

spiegar le fa più vaghi i suoi colori.

 

Sallustia ->

 

Scena quarta

Albina, Claudio.

<- Claudio

 

CLAUDIO

Ben sollecita fosti. Eccomi Albina.  

ALBINA

Hai teco l'ire tue?

CLAUDIO

Vaghe di sangue

avide di vendetta.

ALBINA

Qui il traditore alla sua pena io trassi.

CLAUDIO

Altri, che te non veggio.

(dà di mano alla spada)

Ov'è l'iniquo?

ALBINA

Tremerai nel vederlo.

CLAUDIO

Abbia anche ceffo

di Medusa, e di furia, io no 'l pavento.

Non vi sarà per lui scampo, o perdono.

Ov'è?

ALBINA

L'hai già presente, e quello io sono.

CLAUDIO

Tu quello sei?

ALBINA

Spietato in questo seno

cerchi, se 'l può, quel ferro, il grande arcano

dell'atroce congiura.

Che fai? Queste di Giulia

non son le stanze. Ivi ti attende il duce.

Ivi i custodi tuoi. L'ora è vicina.

Premono l'ombre. Claudio

che tardi più? Giulia dal tosco illesa

or, or per te cadrà vittima al ferro.

CLAUDIO

(Tutto sa: tutto intese.)

ALBINA

Dimmi sleal. Da te tradita, e offesa

vendicarmi potea? Trar la tua colpa

al tribunal della feroce augusta

poteano l'ire mie? Tacqui, o infedele,

non per pietà di te, che non la merti:

tacqui sol per vederti

dall'amor mio punito, e dal tuo fallo,

spergiuro amante, e perfido vassallo.

CLAUDIO

(Qual tumulto d'affetti

mi si desta nel cor!)

ALBINA

Mirarti estinto

sotto un'infame scure

non era gloria mia, non mio riposo.

(snuda la spada)

A questo ferro, a questo

la tua morte serbai.

Offeso amor la chiede, e se negletta.

Difenditi, se puoi. Voglio vendetta.

CLAUDIO

Vendichi pure Albina i torti suoi.

La vita mi serbasti;

ripigliala, se vuoi.

ALBINA

Nulla mi devi. Io te ne assolvo. Stringi,

su stringi il ferro; o il petto

piagherò benché inerme.

CLAUDIO

Ferisci, io no 'l difendo;

e a chi vita mi diede,

morte non rendo.

ALBINA

È questo il tuo valor? Tal la tua gloria?

CLAUDIO

Prima della tua mano

mi dà morte il dolor di averti offesa.

ALBINA

Ah! parlassi davvero, ingrato core.

Ma non merta più fede un traditore.

CLAUDIO

O bella, e 'l dirò ancora, o cara Albina,

viver non seppi tuo: tuo saprò almeno

morir: piaga: trafiggi: eccoti il seno.

ALBINA

Pena, che basta, è il tuo dolor. Sol questa,

questa era la vendetta,

ch'io vole dal tuo core:

la morte no, ma pentimento, e amore.

CLAUDIO

Rendimi l'amor tuo dopo il perdono.

ALBINA

L'amor? Risolverò. L'alma sì tosto

i tuoi sdegni non cede.

 

Voglio prova maggior della tua fede.  

Voglio dal tuo dolore

prove di forte amore,

e poi risolverò.

A nuovo tradimento

fa invito, e dà fomento,

chi facile dà fede

a un cor che l'ingannò.

Voglio prova maggior della tua fede.

Voglio dal tuo dolore

prove di forte amore,

e poi risolverò.

 

Albina ->

 

Scena quinta

Claudio.

 

 

Qual amor, qual costanza, e qual beltade  

tradiste, affetti miei! Rinascer sento

più forte il foco estinto. Ah! Per mia parte

andiam. Plachisi Albina.

Facil sarà. Due sole

lagrime da me chiede; e vinta è l'ira.

La prima nel suo core

svegliò pietà; sveglierà l'altra amore.

 

Ira in cor di donna amante  

è qual nembo in tempo estivo:

assai freme, e dura poco.

A una lagrima, a un sospiro

si dilegua in un istante,

nebbia al sole, e cera al foco.

Ira in cor di donna amante

è qual nembo in tempo estivo:

assai freme, e dura poco.

 

Claudio ->

 

Scena sesta

Camera con letto.
Giulia.

 Q 

Giulia

 

 

Quanto invidio a' tuoi riposi  

in angusta, e nuda cella,

fortunata pastorella!

Che giova a me d'armati

custodita mirar la regal soglia,

se v'entrano a turbarmi ombre e terrori?

Un incognito affanno,

una smania segreta

mi straccia, e mi divora.

Parmi veder d'intorno, e tosco, e ferro.

Trovo chiuso ogni scampo.

Mi adiro. Mi contristo.

Pavento. Mi fo cor. M'agito. Fremo;

e in un sol traditor mille ne temo.

Piume, voi foste almeno... Ecco Sallustia.

(siede sul letto)

Fingerò le pupille

da grave sonno oppresse; e forse l'alma

da un bugiardo riposo avrà la calma.

(finge dormire)

 

Scena settima

Sallustia, Giulia.

<- Sallustia

 

SALLUSTIA

Sollecita qui trassi il piè tremante,  

né tarda giungo. O numi,

consolaste i miei voti.

Augusta... In cheto sonno

tien chiusi i lumi, e dorme. Ah! Come puoi,

regal donna del Tebro,

pace goder col tradimento al fianco?

Mille spade a momenti... O padre, o padre,

a una misera figlia

perché sacrificar sì nobil vita?

GIULIA

Il padre. Ah! Scellerata.

(levandosi con impeto)

SALLUSTIA

(Ahimè! Labbro infedel tu m'hai tradita.)

GIULIA

Più non giova tacer. Sei rea col padre.

Tacerlo era tuo voto, e tua vendetta.

Ma pria, che l'empio vibri

la sacrilega spada,

sia trafitta la figlia, e al piè mi cada.

SALLUSTIA

Io rea col padre? Augusta...

GIULIA

Olà, servi, custodi...

SALLUSTIA

Dal tosco io ti difesi.

GIULIA

Sì; per farmi perir con più fierezza,

ma con quel tosco ancora...

VOCI
(di dentro)

Mora Giulia, mora, mora.

 

Scena ottava

Marziano con Séguito, e le suddette.

<- Marziano, seguito

 

GIULIA

Ahimè! Quai voci!  

MARZIANO

(sulla porta con la spada in mano)

A tutti,

ed a cesare istesso

si divieti l'ingresso.

GIULIA

Chiuso è ogni scampo. Ah, perfida, trionfa.

MARZIANO

Augusta, il tempo è questo

di vendetta, e di morte. E che? Pensavi,

che stupido io potessi

i miei torti soffrir? Tale è il mio sangue,

che se all'onor del trono

tu l'innalzasti, ei n'era degno, e appena

n'era un grado lontano. Or che l'ascese,

non è più in tuo poter far che ne cada

senza gravi ruine.

Cinta una volta la real corona

rende sacra la fronte, ove ella splende.

Era augusta la figlia

al par di te, da che ne ottenne il fregio:

augusta l'onorò, Roma, il Senato,

e cesare, e tu stessa.

Pari a te in grado, a te anche pari in sorte:

ella e figlio, e ripudio; e tu avrai morte.

GIULIA

Venga questa, e m'incontri

più di quello, che pensi, ardita, e forte.

La temei, non lo nego,

pria di vederla. Or che la miro in volto

a iniquo genitor d'indegna figlia,

ella in me non risveglia altro dolore,

che quel di aver sì tardi

trovato, e conosciuto il traditore.

Ben fui cieca a cercarlo

fuor del tuo sangue, e fuor di te. La mia

colpa è sol questa, e questa

fa la mia pena, ed arma il tuo delitto.

Compiscilo, ma sappi,

che una madre svenata

chiamerà alle vendette un figlio augusto.

E se col mio morir render tu pensi

alla figlia lo sposo, ed il comando,

orgoglio, e fellonia mal ti consiglia.

Per cesare qui giuro

morte a te, morte a' tuoi, morte alla figlia.

MARZIANO

Marziano, Sallustia, e Roma, e 'l mondo,

tutto tutto perisca;

ma Giulia ci preceda, ombra non vile.

Né più si tardi. Amici,

a me l'onor del primo colpo.

SALLUSTIA

Ah! Padre?

Chi più offesa di me? Chi più oltraggiata?

Stanca di tante ingiurie

è la mia sofferenza. Anche a me un ferro,

perché teco compagna io venga all'opra.

MARZIANO

Figlia, abbastanza rea sei del mio sdegno.

La salvasti dal tosco.

SALLUSTIA

E la salvai,

per aver parte anch'io nella vendetta.

A me le offese mie punir si aspetta.

GIULIA

Tanto si dura a dar la morte a un solo?

SALLUSTIA

Padre, un acciar. Te 'l chiede

l'ira insieme, e l'amor.

(dà la spada a Sallustia, e ne prende un'altra di mano dalle guardie)

MARZIANO

Prenditi il mio,

o magnanima figlia. A me non manca

di che armar questo braccio. Altro ne impugno;

su via, figlia, ti affretta.

Il nostro sdegno è impaziente.

SALLUSTIA

(a Giulia)

Aspetta.

E tu or vedrai qual sia Sallustia. Quella

condannata al ripudio,

riservata all'esilio,

quella già imperatrice, e poi vil serva,

derisa, minacciata

alla mensa, all'aspetto

di Roma tutta: ora vedrai qual sia.

GIULIA

Qual sempre fu, sempre nemica mia.

MARZIANO

Mori, o donna superba. Alcun non veggio

riparo al tuo destin.

SALLUSTIA

Ben lo vegg'io;

ed al seno di augusta è scudo il mio.

(si volta improvvisamente verso Marziano col ferro in atto di voler difender Giulia)

MARZIANO

Figlia, che fai?

SALLUSTIA

Difendo

ciò, che virtù m'impone.

MARZIANO

Quel seno, che difendi

bolle d'odio per te.

SALLUSTIA

Ma quello è il seno,

che diè vita al mio sposo.

MARZIANO

Lo sposo ella ti toglie.

SALLUSTIA

Ella me 'l diede.

MARZIANO

E con esso ti priva,

e di patria, e d'impero.

SALLUSTIA

Mi faccia anche morir. Tutte le offese

non uguagliano il prezzo

del suo gran dono.

GIULIA

(Io son di sasso.)

MARZIANO

Eh! Mora.

SALLUSTIA

Le ferite, e la morte

passeranno al mio sen, prima che al suo.

MARZIANO

Son padre.

SALLUSTIA

No 'l conosco

in chi di fellonia marche ha sul volto.

MARZIANO

Ingrata, or via, quel ferro

scaglia ancor nel mio petto.

SALLUSTIA

Quel d'augusta difendo,

e non minaccio il tuo.

MARZIANO

Ma che? D'inciampo

sarà fanciulla imbelle

al mio braccio guerrier? Questo sol colpo

il mal fidato acciar mi getti al piede.

(con un colpo getta la spada di mano a Sallustia)

E tu mori, o superba.

SALLUSTIA

Augusta, prendi,

e con la mia, la vita tua difendi.

(si cava uno stilo dal seno, e lo porge a Giulia)

MARZIANO

O dèi!

GIULIA

Perfido, indietro.

Odio d'esser crudel; ma se costretta

vi farò da quel cieco

furor, che qui ti trasse,

ti ucciderò sugli occhi

la figlia, e poi me stessa.

MARZIANO

Deh! Ferma. In questo seno...

GIULIA

Indietro, traditore, o qui la sveno.

Ho in mano la vendetta, e la difesa.

MARZIANO

Quella, e questa or mi manca.

Che risolver non so. Fermarmi è rischio.

Ritirarmi è viltade.

Augusta...

GIULIA

Al primo passo

tu più padre non sei. Già vedi il colpo.

MARZIANO

O voti mal perduti! O incauta figlia!

Da te stessa tradita,

togliesti a te ogni bene,

a me pace, vendetta, onore, e vita.

 

Non è degna di perdono  

sfortunata fellonia.

Quell'ardir, che offende il trono

o ne scenda

col trofeo d'una gran colpa,

o ne attenda

pena infame, e morte ria.

Non è degna di perdono

sfortunata fellonia.

 

Marziano, seguito ->

 

Scena nona

Giulia, Sallustia.

 

GIULIA

Dal venefico influsso  

pur liberò quest'aure.

SALLUSTIA

Augusta, or ch'ai miei voti arrise il cielo,

e che salva ti veggio, al mio destino

il tuo voler dia leggi.

Vuoi tu, ch'esule io vada?

Me le libiche avranno

nude foreste, ed infocate arene.

Vuoi, che del mio tacer soffra il castigo?

Prescrivilo: io l'attendo.

Vuoi d'un misero padre

punir la colpa? In queste vene, in queste

viscere ne ricerca il sangue, il core,

il ministro, e l'autore.

Alza quel ferro, ed egli,

che strumento per te fu di salvezza,

per me lo sia di pena.

GIULIA

(Il cor si spezza.)

Non più: che alfin né il latte

succhiai da tigre ircana,

né mi cingono il sen freddi macigni.

Con questo acciar poc'anzi

minacciai la tua vita;

ma in quell'atto crudel sentia, che il ferro

mi tremava sul braccio.

Detestava l'iniqua

necessità del colpo;

mi faceva più orrore

la difesa, che il rischio;

e innamorata allor di tua virtute,

a tal prezzo temea la mia salute.

SALLUSTIA

Magnanima pietate!

GIULIA

Vattene, or tu di morte

barbaro ordigno, a terra. E tu, vinte già l'ire,

dissipati i timori, o mia diletta,

vieni nelle mie braccia,

vieni al sen, vieni al cor, vieni, e m'abbraccia.

SALLUSTIA

O ben sofferte pene,

che mi rendono quel cor...

GIULIA

Più non si parli

di ripudio, e di esilio.

Ai contenti, alle glorie, al trono, al figlio.

Tutto tutto ti rendo.

SALLUSTIA

O me felice!

GIULIA

Nella gran reggia accolto

ti rivegga il senato augusta, e sposa.

Là ti precorro; ed io

fabbra già de' tuoi mali, e de' tuoi pianti,

sarò tromba, e foriera

di tue beneficenze, e de' tuoi vanti.

 

Stringerai con più diletto  

mano a mano, e petto a petto,

rivedendo il caro sposo.

Sospiraste,

lagrimaste,

ma più caro dopo il pianto

sarà il giubilo, e il riposo.

Stringerai con più diletto

mano a mano, e petto a petto,

rivedendo il caro sposo.

(apre una porta segreta, ed esce per quella)

Giulia ->

 

Scena decima

Sallustia.

 

 

Affetti miei, così non vi trasporti  

l'impeto della gioia,

che vi faccia obliar quello di figlia,

se d'un padre infelice, e reo per voi

non s'impetra il perdono,

racquistar che mi giova e sposo, e trono?

Ma tutto vincerò, se Giulia ho vinta:

che il sommo è de' trionfi

in donna grande una grand'ira estinta.

 

Afflitta rondinella  

un mar dovea varcar

tutto in tempesta;

ma la stagion più bella

per me rinverde ancora,

e qui mi arresta.

Ristretta al caro nido

abbraccerò il mio fido;

e sarà dolce allora

potergli rammentar

l'onda funesta.

Afflitta rondinella

un mar dovea varcar

tutto in tempesta;

ma la stagion più bella

per me rinverde ancora,

e qui mi arresta.

Sfondo schermo () ()

 

Sallustia ->

 

Scena ultima

Salone imperiale, nel cui fondo si vede discesa la reggia della Felicità di Roma.
Precede gran sinfonia; e intanto scendono dalle scalinate superiori i Soldati, e Popoli romani, di poi Alessandro con Giulia, poi Sallustia, Marziano; poi Albina, e Claudio.

 Q 

(nessuno)

<- soldati, popoli romani, Alessandro, Giulia

 

ALESSANDRO

Salva, o madre, t'abbraccio, e appena il credo.  

GIULIA

Ma se Giulia peria, dov'era il figlio?

ALESSANDRO

Spinto da amor, da sdegno, al primo avviso

corsi, volai. Che pro? D'armati, e d'armi

era chiuso ogni passo:

e non mi valse autorità, né prego.

GIULIA

E Claudio a te sì fido?

ALESSANDRO

Invan nel denso

lo cercai de' soldati, e de' custodi.

Anche in lui temo e tradimenti, e frodi.

GIULIA

Così volle il destin, perché dell'opra

tutto ne avesse il merto

la virtù di Sallustia.

ALESSANDRO

O generosa!

GIULIA

Ecco la mia difesa, e la tua sposa.

 

<- Sallustia, Marziano

SALLUSTIA

Mio cesare, e signor...

ALESSANDRO

Che fai?

SALLUSTIA

Prostrata

starò al tuo piè, finché del padre ottenga

al colpevole amor grazia, e perdono.

ALESSANDRO

Il duce dov'è? La madre

tu mi salvasti: il 'l genitor ti dono.

SALLUSTIA

E augusta?

GIULIA

Il mio potere

tutto è per te dovere.

È assai maggiore

del suo fallo il tuo merto;

e d'un campion sì forte

non si privi l'impero.

MARZIANO

Andrò nel campo,

miei benefici augusti,

e per far, che sia eguale

alla vostra bontà la mia fortezza,

rammentando la colpa,

darò sprone alla fede,

e sul Tigri sconfitto

temeranno anche i Parti il mio delitto.

SALLUSTIA

Or nulla più manca al mio riposo.

ALESSANDRO

Mia vita.

SALLUSTIA

Anima mia.

ALESSANDRO

Mio ben.

SALLUSTIA

Mio sposo.

GIULIA

Più non mi turba un sì innocente amore.

 

<- Albina, Claudio

ALBINA

Seguimi. Non temer, sire, al tuo aspetto

un colpevole io traggo, onde ne impetri

grazia, e non pena.

ALESSANDRO

E tu pur, Claudio, allora

che in te fede più avea, tu più tradirmi?

CLAUDIO

Signor... Che mai dirò?...

ALESSANDRO

Ma tu qual sei,

giovane, e a pro del soglio

che oprasti, onde con tanta

confidenza, ed orgoglio

favor pretendi?

SALLUSTIA

Ah! Sposo,

se augusta è salva, il merto

tutto a costei si ascriva. In lei ti addito

di Sulpicio la figlia. Ad altro tempo

suoi casi udrai. Ti basti

ora il saper, ch'ella il veleno, e il ferro

mi scoprì amica, e che la mercé ne chiede

del suo amante il perdono.

ALESSANDRO

Disponi a tuo piacer del suo destino.

SALLUSTIA

Claudio, sia pena tua l'amar Albina.

CLAUDIO

Pena più cara a me d'ogni mercede.

Se sposo mi gradisci, ecco la fede.

ALBINA

Ma sia fido marito

chi fu amante spergiuro.

CLAUDIO

Eterno amore al tuo bel volto io giuro.

GIULIA

Popoli, or qui raccolti

dell'impero del figlio

con liete pompe a celebrar gli auspici,

non men di lui, della sua augusta sposa

date lode alle glorie, applauso ai fasti.

Voi la vedeste invitta, e voi vedeste

ceder tutto ad un core,

ove con la virtù si unisca amore.

TUTTI

Tutto cede ad un core

ove con la virtù si unisca amore.

 

Bell'amor,  

che fai lega con virtù,

canti ogni alma il tuo poter.

Della sorte

tu disarmi anche il rigor;

e lo cangi invitto, e forte

in tua gloria, e in tuo piacer.

Bell'amor,

che fai lega con virtù,

canti ogni alma il tuo poter.

 

Fine (Atto terzo)

Atto primo Atto secondo Atto terzo

Terme imperiali.

Giulia, Alessandro, Sallustia
 

Con quest'alma ostinata

Alessandro, Sallustia
Giulia ->

Sallustia / Ah! Mio Alessandro

Sallustia
Alessandro ->
Sallustia
<- Albina

Padre quanto mi costi! Ah cara Albina

Albina
Sallustia ->
Albina
<- Claudio

Ben sollecita fosti. Eccomi Albina

Claudio
Albina ->

Qual amor, qual costanza, e qual beltade

Claudio ->

Camera con letto.

Giulia
 

Quanto invidio a' tuoi riposi

Giulia
<- Sallustia

Sollecita qui trassi il piè tremante

Giulia, Sallustia
<- Marziano, seguito

Ahimè! Quai voci! / A tutti

Giulia, Sallustia
Marziano, seguito ->

Dal venefico influsso

Sallustia
Giulia ->

Affetti miei, così non vi trasporti

Sallustia ->

Salone imperiale, nel cui fondo si vede discesa la reggia della Felicità di Roma.

(gran sinfonia)

 
<- soldati, popoli romani, Alessandro, Giulia

Salva, o madre, t'abbraccio, e appena il credo

soldati, popoli romani, Alessandro, Giulia
<- Sallustia, Marziano

soldati, popoli romani, Alessandro, Giulia, Sallustia, Marziano
<- Albina, Claudio

 
Scena prima Scena seconda Scena terza Scena quarta Scena quinta Scena sesta Scena settima Scena ottava Scena nona Scena decima Scena ultima
Luogo magnifico nel Campidoglio con Trono. Tesoreria imperiale. Giardini. Logge imperiali. Sala apparecchiata per convito. Terme imperiali. Camera con letto. Salone imperiale, nel cui fondo si vede discesa la reggia della Felicità di Roma.
Atto primo Atto secondo

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