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Libretti d'opera
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Citazioni riguardanti l'opera
Opera in tre atti.
Libretto di Giacomo ROSSI, Aaron HILL.
Musica di Georg Friedrich HÄNDEL.
Opus: HWV 7a.
Prima esecuzione: 24 febbraio 1711, Londra.
⚫ Nel Rinaldo (1711), prima opera scritta a Londra, Händel ritrova il basso Boschi (che a Londra divenne proverbiale per le arie di furore da lui cantate) e Francesca Vanini-Boschi. Per il primo, che sostiene la parte del violento Argante, l'aria «Sibilar gli angui d'Aletto» porta il substrato virtuosistico a limiti fino allora raramente raggiunti da una voce di basso, concretandosi in un passaggio che, fra sestine di semicrome e note legate, occupa, senza pause, ventitré misure. La Vanini-Boschi, da parte sua, esegue la parte maschile di Goffredo, in cui la tessitura appare lievemente più alta di quella di Ottone dell'Agrippina. È poi notevole l'aria «Sovra balze scoscese e pungenti» il cui carattere imitativo è rapportato, all'inizio, alle capacità tecniche degli esecutori del periodo belcantistico. La parte di Rinaldo fu scritta per il contraltista Nicolò Grimaldi, uno dei cantanti più famosi del tardo Seicento e primo Settecento. Le esperienze interpretative del Grimaldi abbracciarono lavori dei due Bononcini, di Carlo Francesco Pollarolo, di Albinoni, Caldara, Lotti, fino a Porpora, Leo, Vinci. Particolare importanza ebbe poi il Grimaldi come interprete di Alessandro Scarlatti. […] Stando ai testi, né Scarlatti né Händel chiamano Grimaldi a virtuosismi trascendentali. Händel sembra però impegnarlo maggiormente, sotto il profilo della perizia tecnica […]. In realtà il Grimaldi era un cantante prevalentemente espressivo - ottimo attore, per giunta - e forse i suoi modi più tipici vanno ricercati in certi adagi o larghi, come il «Cara sposa» del Rinaldo […].
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume III Aspetti e problemi nell'opera, Torino, 1977, UTET
⚫ Appena giunto nella capitale inglese, con quest’opera Händel colse la sua prima e notevole affermazione: il titolo sbaragliò, nell’arco di sette stagioni, tutte le altre opere in cartellone, sia per numero di repliche sia per numero di riprese dello spettacolo; il compositore mise nuovamente in scena il dramma nel 1731. Già presso i primi biografi händeliani, del resto, Rinaldo venne recepito come un’opera fondamentale per il successo personale dell’autore e per i destini dell’opera italiana a Londra. Lo spettacolo fu costosissimo e curato fin nei minimi dettagli: ci si procurò anche dei passeri vivi, destinati a entrare in scena alla fine del primo atto; particolare che suscitò l’ironia dei commentatori, con inevitabile effetto pubblicitario, già a pochi giorni dalla prima rappresentazione.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Il drammaturgo e impresario Aaron Hill affidò la realizzazione pratica del suo scenario intitolato Rinaldo al poeta italiano Giacomo Rossi e a Händel, giunto da un paio di mesi in Inghilterra. A causa del poco tempo disponibile per l’allestimento dello spettacolo, i due professionisti si misero all’opera per confezionare testo e musica in soli quindici giorni, se si crede alla prefazione del libretto a stampa.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Per quanto riguarda la partitura, Händel utilizzò in misura larghissima quanto aveva scritto nel suo ancora recente viaggio di formazione italiano (1707-’10), tanto più che nessuno dei brani riutilizzati nel Rinaldo sarebbe risultato noto al pubblico inglese nella sua veste originaria. I prestiti avvennero, ad esempio, dalla serenata Aci, Galatea e Polifemo, scritta a Napoli nel 1708 (l’aria di Argante «Sibilar gli angui d’Aletto»); dall’oratorio Il trionfo del tempo e del disinganno del 1707 (l’aria di Almirena «Lascia ch’io pianga», seppure con modifiche e testo diverso, e il coro finale dell’opera «Vinto è sol dalla virtù»); dall’opera Agrippina, rappresentata con successo a Venezia nel carnevale del 1710 (il duetto Armida-Rinaldo «Basta che sol»); da una cantata del 1707 (lo splendido duetto Almirena-Rinaldo «Scherzano sul tuo volto») e da un’altra cantata del 1708 (il tempo lento dell’ouverture). Oltre agli imprestiti integrali appena segnalati, numerosissimi sono gli spunti tematici che l’opera deriva da lavori precedenti e rielabora in senso nuovo, mentre Händel non si scompone nemmeno di fronte all’utilizzo di testi tratti da composizioni altrui. Nonostante questa sua natura di pasticcio, ossia di opera formata da pezzi di origine disparata, Rinaldo fu – ed è ancora – opera di straordinario successo, nato già dall’idea di Hill come un meccanismo teatrale di sicura efficacia sulle scene inglesi, sia per l’abbondanza di trovate spettacolari (draghi, sirene e quant’altro), sia per il moralistico incitamento a una virtù perseverante, che è in grado di sconfiggere ogni tentazione, per quanto temibile e insidiosa.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Il poliedrico Hill, ben conscio della tradizione operistica barocca inglese, introdusse un personaggio nuovo rispetto alla vicenda tratta da Tasso (vicenda celeberrima nel Settecento, a teatro come in pittura): Almirena, figlia di Goffredo e fidanzata di Rinaldo, cui spettano i vertici della partitura, le arie «Lascia ch’io pianga» e «Augelletti che cantate». Rinaldo non si trova più a dibattersi nel dilemma tra il fascino della maga seduttrice e il richiamo virtuoso del dovere militare: l’obiettivo dell’eroe qui è differente (la vittoria militare legata alla mano della promessa Almirena) e viene differito dall’intervento di Armida, finché un agente esterno, Goffredo, forte dell’aiuto del mago buono, non libera Rinaldo dalla sua esperienza di vita irresponsabile e lo riconsegna alla lotta per la conquista di Gerusalemme. Rinaldo si presenta dunque in una versione molto meno eroica, mentre anche il coinvolgimento emotivo di Armida ha ben poco a che vedere con la passione distruttiva di un’Alcina (protagonista del futuro e omonimo capolavoro händeliano).
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ La maga compare quasi esclusivamente per ostentare i suoi spettacolari poteri e, tra una trappola e l’altra contro l’imprudente Rinaldo, trova l’occasione per cantare arie energiche, quasi sempre di furore, come «Furie terribili» (segnata Furioso in partitura) e «Molto voglio, molto spero» nel primo atto, la complessa «Ah! crudel», cantata sotto le finte spoglie di Almirena e «Vo’ far guerra» nel secondo atto, e il duetto con Argante «Al trionfo del nostro furore» nel terzo. Anche il re saraceno condivide la caratterizzazione terribile della maga, come dimostra già la sua aria del primo atto, «Sibilar gli angui d’Aletto».
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Gli interventi di Almirena sono improntati ora all’incitamento dell’amante alla gloria e all’onore (aria «Combatti da forte», primo atto), ora al registro idilliaco che condivide con Rinaldo, nel locus amoenus del giardino delle delizie che chiude il primo atto (aria, in Adagio, «Augelletti che cantate» e duetto tripartito «Scherzano sul tuo volto»), ora invece all’elegia intensa della disperazione (l’aria celeberrima «Lascia ch’io pianga»), per concludere col registro medio di un’aria spensieratamente gaia come «Bel piacere», sua ultima fatica, nel terzo atto. Prevedibilmente improntate alla gloria guerriera o comunque alla metafora del combattimento (anche amoroso) sono le arie di Rinaldo, sempre in un tempo Allegro franco e deciso, da «Ogni indugio d’un amante» e «Venti, turbini, prestate» nel primo atto, ad «Abbruggio, avvampo, e fremo» nel secondo, a «Or la tromba in suon festante» nell’ultimo. Non mancano tuttavia le eccezioni di rilievo, come le complesse «Cor ingrato, ti rammembri» nel primo atto, il duetto con Armida «Fermati!» e l’aria «Cara sposa, amante cara» nel secondo.
► Dizionario del teatro, Vedi
1a | Londra, Queen's Theatre in the Haymarket | 24 febbraio 1711 | |
2a | Londra, King's Theatre in the Haymarket | 6 aprile 1731 | |
3a | Napoli, Palazzo reale | 1 ottobre 1718 | Scene buffe aggiunte da Leonardo Leo |
► DEUMM, AA. VV. (UTET, 1999)
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