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Rappresentazione per recitar cantando.
Libretto di Agostino MANNI.
Musica di Emilio DE' CAVALIERI.
Prima esecuzione: febbraio 1600, Roma.
⚫ La musica ebbe sempre una funzione di primo piano all’interno delle attività devozionali dell’Oratorio di San Filippo, a Roma, ma del tutto eccezionale sembra essere stata la messa in scena della Rappresentatione di anima, et di corpo di Emilio de’ Cavalieri, il primo dramma interamente musicato che ci sia pervenuto, grazie alla stampa curata da Alessandro Guidotti per i caratteri di Nicolò Mutij, datata 3 settembre 1600.
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⚫ «Danzatore leggiadrissimo», coreografo, regista, organizzatore di spettacoli, perfetto «cortegiano» rinascimentale, Cavalieri era stato da tempo chiamato a Firenze da Ferdinando de’ Medici, in qualità di sovrintendente degli artisti che lavoravano a corte. Per ragioni politiche non era più gradito Giovanni Maria Bardi conte di Vernio, l’artefice degli sfarzosi intermedi del 1589, e la nomina di Cavalieri aveva segnato un nuovo indirizzo culturale nella Firenze dell’ultimo decennio del Cinquecento; indirizzo confermato dalle rappresentazioni di due pastorali interamente in musica, il Satiro e la Disperazione di Fileno, seguite dal Gioco della cieca, tutti lavori su testo di Laura Guidiccioni. In questi, Cavalieri fu il primo a dimostrare che la musica del suo tempo poteva essere impiegata a fini drammatici: non solo in funzione ornamentale e favolistica, come accadeva negli intermedi, ma anche per accompagnare le azioni e interpretare i sentimenti dei personaggi. Nonostante gli esempi fossero simili più a balletti o pantomime che a drammi veri e propri, e lo stile della musica fosse vicino a quello delle canzonette strofiche e da ballo («melodie», scriverà Giovan Battista Doni nel 1635, «molto differenti delle odierne che si fanno in istile comunemente detto recitativo, non essendo quelle altro che ariette con molti artifizi di ripetizioni, echi e simili, che non hanno che fare niente con la buona e vera musica teatrale»), Cavalieri rivendicò la paternità del nuovo genere, concedendo in stampa la sua Rappresentatione proprio nel momento in cui a Firenze avevano luogo le prove per gli spettacoli previsti in onore delle nozze reali dell’ottobre 1600 […].
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⚫ In una lettera […] Cavalieri si rammaricò del fatto che Rinuccini, il librettista dell’Euridice, nella dedica che precede il libretto a stampa si dichiarasse inventore «di questo modo di rappresentare in musica», che invece «è inventato da me, che ciascheduno lo sa, et io mi trovo haverlo publicato. Hora chi vede la stampa del Ranocchino mi terrà per un bugiardo». Il punto è che Caccini e Peri, nelle loro Euridici, furono i primi a impiegare a fini drammatici uno stile che a Cavalieri era del tutto estraneo, mentre questi fu senz’altro il primo a scrivere e a mettere in scena rappresentazioni svolte completamente in musica, nelle quali suoni, danze, canti costituivano il fulcro dell’interesse drammatico. Anche l’espressione «recitar cantando» fu probabilmente coniata dal Cavalieri stesso[: ma] per l’autore della Rappresentatione tale espressione indicava un’azione eseguita in musica, senza un significato più profondo e nuovo circa lo stile musicale impiegato: nell’importante prefazione alla partitura della sua opera, gli «Avvertimenti per la presente Rappresentatione» sono indirizzati «a chi volesse farla recitar cantando». L’espressione sembra quindi indicare solamente l’eventuale recitazione cantata e la messa in scena, in cui danze e gestualità erano elementi che al compositore stavano particolarmente a cuore.
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⚫ Il libretto della Rappresentatione è molto diverso da quelli delle pastorali di Rinuccini. Una grande varietà metrica (quinari e ottonari, oltre ai soliti endecasillabi e settenari, e in varie combinazioni) caratterizza i versi, spesso articolati stroficamente non solo per i cori ma anche per i dialoghi a più personaggi. Nella prefazione, Cavalieri indicava come poema più adatto alla musica quello «facile et pieno di versetti», con frequenza di rima, dialoghi brevi e monologhi «più brevi che possano»: principi disattesi dai primi melodrammi fiorentini o mantovani.
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⚫ Agilità metrica e struttura formale sempre ben marcata consentono un andamento orecchiabile, a mo’ di canzonetta, nelle melodie dei solisti: non si può parlare […] di vero recitativo. Parole e frasi sono musicate in modo libero, a volte senza attenzione agli accenti, con pause a effetto. Forse per mostrarsi aggiornato, Cavalieri si dichiara però preoccupato dei valori drammatici della sua musica, il cui fine è muovere «a diversi affetti». A tal fine, la dimensione scenica e la gestualità sono elementi importantissimi: i cantanti devono non solo saper cantare «con affetto, piano e forte, senza passaggi», cioè senza troppi abbellimenti, ma anche esprimere bene le parole, accompagnarle «con gesti e motivi non solo di mani, ma di passi ancora, che sono aiuti molto efficaci a muovere l’affetto». I balli e le moresche (le danze «fuori dell’uso comune») sono componenti indispensabili per un buon spettacolo.
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⚫ Il coro «dovrà stare nel Palco parte a sedere, e parte in piedi, procurando sentir quello che si rappresenta, e tra di loro allo cambiar luoghi, e far motivi; e quando avranno da cantare, si levino in piedi per puoter fare li loro gesti, e poi ritornare a luoghi loro».
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⚫ Ricca la compagine strumentale impiegata: lira doppia, clavicembalo, chitarrone o tiorba, oppure organo insieme a chitarrone. Il Piacere e i suoi compagni «sarà bene che abbiano stromenti in mano suonando mentre loro cantano, e si suonino i loro ritornelli. Uno potrà avere un Chitarrone, l’altro una Chitarina alla Spagnuola, e l’altro un cimbaletto con sonagline alla Spagnuola». Nelle sinfonie, un violino potrà suonare la voce più acuta, ma sarà bene «sonare con gran quantità di stromenti». Inoltre, «il Signor Emilio lauderebbe mutare strumenti conforme all’affetto del recitante». Tutti i consigli contenuti nella prefazione hanno carattere di avvertimenti e non di prescrizioni perentorie, e spesso viene lasciata aperta un’alternativa esecutiva: questo rientra nel carattere aristocratico del Cavalieri (che parla in terza persona), ma anche nella prassi di un’epoca, per la quale la stampa della partitura aveva un significato celebrativo e non si poneva come modello in vista di altre esecuzioni.
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⚫ Quest'opera su testo del Padre Agostino Manni, probabile ampliamento d'una lauda filippina e rappresentata alla Congregazione dell'Oratorio, è tra i più antichi tentativi di applicazione dei princìpi della monodia in una composizione spirituale. Il testo, con le sue figure moralizzanti e allegoriche (Anima, Corpo, Tempo, Consiglio, Piacere, Intelletto) rivela rapporti con i drammi sacri e le «moralità» del XVI secolo, per quanto essi si esplichino attraverso il più recente recitativo monodico.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
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