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Libretti d'opera
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Citazioni riguardanti l'opera
Tragedia lirica.
Libretto di Gabriele D'ANNUNZIO.
Musica di Pietro MASCAGNI.
Prima esecuzione: 15 gennaio 1913, Milano.
⚫ Parisina (Milano, Scala, 15 dicembre 1913) rappresenta il più ambizioso tentativo d'approccio di Mascagni alla cultura ufficiale. Nei confronti di questa il suo atteggiamento fu sempre contraddittorio. Da una parte c'era l'intuizione della superiorità della cultura viva, radicata nell'humus popolare, del melodramma sulla cultura degli «arcadi». Nel 1899 scrisse a Illica: «Mi ha scritto Terrabugio, ma abbiamo sbagliato a rivolgerci a lui, come si sbaglierebbe sempre rivolgendosi alle persone colte.» Che cosa era successo? Il Terrabugio, interpellato per avere esempi di gighe, gavotte, ecc., popolari da inserire, o imitare, nelle Maschere, non aveva saputo fare di meglio che consigliare le edizioni Peters dell'opera di Bach, cosa, oltre che inutile, anche offensiva per un musicista. Però lo sfogo di Mascagni va al di là del caso personale, perché vi si parla di sbagliare «sempre» rivolgendosi non al Terrabugio in particolare, ma «alle persone colte» in generale. Assai più tardi il musicista si lamentava del concerto di «ragli» che doveva ascoltare nelle sedute dell'Accademia d'Italia, e si stupiva, o fingeva di stupirsi, che spettasse proprio a lui, povero musicista, capire la vanità dello sforzo di fare a tutti i costi dell'italiano una lingua morta cristallizzandone una volta per tutte il vocabolario.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ Accanto a questa posizione conviveva un malcelato complesso d'inferiorità nei confronti delle «persone colte». Basti pensare che egli considerava Illica un maestro, e che non osò mai, pur avendo la penna facile, misurarsi con l'impegno di farsi il libretto da sé nonostante che, al contrario di tutti gli altri membri della Giovane Scuola (con la solita eccezione di Leoncavallo), sapesse chiamare quinari ed endecasillabi per nome, sapesse quando un verso è sdrucciolo o piano, e non avesse perciò nessun bisogno di scrivere poesie-guida per informare i librettisti delle sue esigenze. A Mascagni per lo meno non sarebbe mai venuto in mente di scrivere «imparadisa il cor»: sola a una «persona colta» come il Daspuro poteva venire in mente un'oscenità del genere.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ Il complesso d'inferiorità fece sì che Mascagni, facile al perdono con le persone semplici ma orgoglioso, passasse sopra l'antico affronto fatto al «Capobanda» (a proposito, è bastato un titolo d'articolo a radicare una credenza che fu accettata da tutti senza controlli: Mascagni non ha mai diretto una banda in vita sua; va detto non perché la cosa sia disonorevole, data l'enorme funzione positiva esercitata dalle bande nella diffusione della cultura e della pratica musicale, ma per amore di verità) e tentasse l'approccio alla cultura proprio attraverso D'Annunzio, tra i poeti il più disponibile ad esperienze teatrali anche musicali (aveva già consentito a Franchetti di mettere in musica La figlia di Iorio e a Pizzetti di comporre musiche di scena per La nave, mentre con Debussy aveva collaborato per il «mistero» Le martyre de Saint Sébastien).
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ Parisina è, dal punto di vista musicale, figlia di Isabeau, e legittima discendente di Cavalleria rusticana: stesso peso determinante dell'ambiente sulle vicende individuali, stessa sensibilità per l'aspetto fisico delle situazioni (sole od oscurità, caldo o freddo, serenità o tensione), stessa propensione alla caratterizzazione mediante archetipi musicali (lo stornello di Lola o il canto gregoriano dei pellegrini). Parisina è una tappa dello sviluppo di Mascagni; certo, anche la collaborazione con D'Annunzio ha un suo peso, ma essa è frutto di una scelta. Non è vero che i meriti musicali di Parisina vadano attribuiti a D'Annunzio; prova ne sia che, tra tutte le opere su libretto dannunziano (escluso quindi Le martyre che non è un'opera), solo Parisina può vantare tanta quantità e qualità d'invenzione musicale. È vero piuttosto il contrario: a qualunque pagina si apra, a caso, lo spartito, ci si imbatte in una grande musica, eppure l'opera nel complesso non regge, e ha bisogno di drastici tagli se si vuole restituirla alle scene per evitare che tanti tesori musicali vadano perduti.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ Parisina fu scritta nel 1902, subito dopo Francesca da Rimini, di cui ripropone meno felicemente motivi e situazioni, come secondo episodio del ciclo dei Malatesta. Il soggetto, ideato specificamente per il teatro in musica, venne dapprima rifiutato da Franchetti e da Puccini e venne in seguito preso in considerazione dall’editore Lorenzo Sonzogno nel 1911, dopo la prima rappresentazione del Martyre de Saint Sebastien a Parigi. Questi, sfumata l’eventualità di rinnovare la collaborazione con Debussy, propose a D’Annunzio di sottoporre il testo a Mascagni, verso il quale il poeta non aveva in passato risparmiato critiche anche feroci. D’Annunzio acconsentì a condizione che nulla fosse mutato senza la sua approvazione. Mascagni, pur consapevole delle difficoltà, rimase affascinato dal soggetto, lo accettò e si incontrò con D’Annunzio il 2 maggio 1912.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ La stesura dell’opera venne portata a termine a Castel Fleury, Bellevue, nei dintorni di Parigi, dove il poeta peraltro si recava spesso, nei primi di dicembre (Mascagni preciserà di averla compiuta in 134 giorni); la strumentazione, iniziata solo nel maggio 1913, venne conclusa in novembre. Nonostante l’eccessiva lunghezza, che Mascagni aveva cercato sin dall’inizio di contenere omettendo 330 dei 1400 versi complessivi del poema e tagliando il preludio al quarto atto, l’opera fu accolta favorevolmente alla ‘prima’. Tuttavia, poiché la prolissità della partitura era in ogni modo il dato più rilevante, e si temeva che potesse ostacolare la fortuna dell’opera, il musicista, d’accordo con D’Annunzio, accettò la soppressione dell’intero quarto atto, del postludio al secondo atto e del preludio al terzo. Intervenne ancora riducendo la scena di Ugo con la madre nel primo atto, lo sviluppo dei canti sacri e parte del dialogo di Parisina con la Verde nel secondo, la scena dell’usignolo nel terzo. Fin dalla seconda rappresentazione, l’opera fu presentata in questa versione.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Culmine di un’esperienza teatrale continuamente volta al nuovo e all’inconsueto, Parisina risponde all’esigenza di Mascagni di un’interpretazione più spiritualistica della vita. Dopo l’esperienza di Isabeau, ancora a metà tra realismo e simbolismo, il teatro di D’Annunzio apparve al musicista psicologicamente più complesso e con personaggi più vari e meno astratti. Mascagni affermò di aver voluto realizzare un’intesa totale con il testo poetico, «penetrandone lo spirito», ma non «imponendo ai cantanti un eterno recitativo, mentre tutto l’interesse musicale si concentra nel discorso sinfonico che l’orchestra va svolgendo per conto suo». Al contrario, riallacciandosi alla lezione del Wagner dei Meistersinger, il musicista conferì al canto «una linea musicale e possibilmente assai melodica, pur conservando alle parole del testo il loro carattere, la loro più alta potenza espressiva». In questo modo Mascagni si spinse fino a rinunciare alle tradizionali romanze, mantenendo alta la tensione del canto attraverso le continue modulazioni ed evitando la risoluzione degli accordi dissonanti.
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⚫ […] queste soluzioni non coinvolgono in genere la linea melodica, che resta elegante e cantabile. Analogamente a quelle di Iris e Guglielmo Ratcliff, l’orchestrazione è eccellente; particolarmente originale per importanza e varietà è l’impiego del coro (come nell’atto nella Santa casa di Loreto, nel quale si alternano cori sacri e di carattere marinaresco). Inconsueto e di grande suggestione è poi l’impiego di idiomi e stilemi musicali dalle origini più varie, come nella scena d’amore tra i protagonisti presso il santuario, avvolta in una cornice di canto gregoriano e di musica strumentale che richiama il modello di Giovanni Gabrieli. In genere, tuttavia, il modello linguistico prevalente si riallaccia a Debussy e soprattutto a Richard Strauss. A quest’ultimo, Mascagni ricorse probabilmente in modo deliberato per rappresentare l’indole di Ugo e Parisina, animati anch’essi da quelle «passioni stravolte o perverse raffigurate da Wilde e Hofmannsthal in Salome ed Elektra» (Orselli).
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⚫ I limiti principali di Parisina derivano soprattutto dall’atteggiamento passivo di Mascagni nei confronti del testo di D’Annunzio, e dalla sua incapacità di cogliere le concessioni fattegli dal poeta. Accettando passivamente il libretto, il musicista fu inizialmente portato a un’eccessiva uniformità di stile e a un’innegabile ampiezza della partitura, che cercò in un secondo momento di limitare, operando tagli ma con il solo risultato di snaturare e privare di efficacia il dramma. Infatti il libretto di Parisina, se offre poco dal punto di vista delle formule melodrammatiche tradizionali, è al contrario «un dramma di situazioni risolte e pertanto travolte e sublimate in un moto ondoso di musicalità che già si avverte alla lettura del testo letterario» (Baldacci). La presenza di numerose pagine sinfoniche era quindi necessaria, addirittura prevista, e venne accolta di buon grado da D’Annunzio. Eliminando il postludio del secondo atto e il preludio del terzo per ragioni di brevità, Mascagni mostrò più considerazione per il poeta che per se stesso, e finì per compromettere il risultato finale.
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