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Libretti d'opera
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Citazioni riguardanti l'opera
Melodramma in quattro atti.
Libretto di Carlo D'ORMEVILLE, Antonio SCALVINI.
Musica di Antonio Carlos GOMES.
Prima esecuzione: 19 marzo 1870, Milano.
⚫ Benché brasiliano, Gomes si inserisce pienamente nella storia dell’opera italiana del secondo Ottocento, per formazione e produzione; con Il Guarany il compositore emerse sulla scena internazionale ottenendo, fra gli altri, il plauso di Verdi.
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⚫ L’opera, come Don Carlos e La forza del Destino. si configura quale tentativo di mediazione tra il melodramma italiano e il grand-opéra alla Meyerbeer. L’argomento, che rimanda invece all’esotismo di L’Africaine e Aida, è condotto con singolare energia e rapidità drammaturgica.
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⚫ Il compositore, attento alle esigenze dell’azione, opera senza schematismi, pur articolando la partitura per numeri chiusi; adotta una scrittura colorita, un melodismo forse un po’ ingenuo ma efficace, una condotta orchestrale raffinata, di ispirazione francese. Al grand-opéra guardano soprattutto i finali d’atto, di impianto colossale e di grande effettismo scenografico (si pensi alla scena conclusiva con l’esplosione del castello, che ricorda quella de Le Prophète di Meyerbeer), le grandi descrizione d’ambiente (notevole quella del terzo atto: ‘Ballabile, Baccanale, Invocazione’), il ricorso alla couleur locale ‘autentica’ (ritmi di danze popolari brasiliane e pezzi caratteristici) […]-
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⚫ L’ouverture dell’ultima versione (1871), divenuta una sorta di secondo inno nazionale brasiliano, ha un primo tema energico, che funge da Leitmotiv e conferisce il suo carattere epico all’intera opera, configurandosi come ideale e romantica stilizzazione della musica indigena. Il soggetto, che celebra grandiosamente l’identità nazionale, contribuì certamente al successo dell’opera in patria (fu dedicata a Pedro II ed eseguita per il suo genetliaco a Rio de Janeiro il 2 dicembre 1870); il lavoro ebbe fortuna anche nelle principali capitali europee.
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⚫ La novella di Alencar (1829-1877), da cui è tratto, è considerata il capolavoro della letteratura indianista romantica. Il finale, che vede Peri e Cecilia approdare in un luogo paradisiaco, esalta simbolicamente il moderno Brasile, luogo d’incontro di tutte le razze; il fiume Paquequer, attraverso il quale i due innamorati fuggono, è assurto a simbolo della libertà nazionale. Rispetto all’originale, la versione operistica radicalizza la contrapposizione di bene e male, estendendola a più livelli: se Peri incarna il mito del buon selvaggio, Cacico rappresenta il lato oscuro della cultura indigena (cannibalismo); se Don Antonio esprime l’ideale del sacrificio, Gonzales gli si contrappone con l’esercizio dell’inganno e della sopraffazione; l’unione di Peri e Cecilia, resa possibile dalla conversione di lui al cristianesimo, sintetizza idealmente la vittoria del bene.
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