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Libretti d'opera
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Citazioni riguardanti l'opera
Dramma per musica.
Libretto di Mattia VERAZI.
Musica di Niccolò JOMMELLI.
Prima esecuzione: 11 febbraio 1768, Ludwigsburg.
⚫ L’opera che Jommelli scrisse per il nuovo teatro di Ludwigsburg, residenza estiva di Karl Eugen, principe elettore e duca di Württemberg, presenta tutti i caratteri dell’eccezionalità. Anzitutto per la nuova sala, attrezzata per i più moderni e spettacolari effetti scenografici […]. L’‘esperimento’ consistette nel coniugare i due modelli drammaturgici antitetici della tragédie lyrique francese e dell’opera seria italiana, combinando l’apparato spettacolare barocco della prima (cori, danze e meraviglie scenografiche) con il repertorio tematico classicistico della seconda (il soggetto mitologico ovidiano arricchito da divagazioni erotico/politiche), nonché le forme musicali di entrambe. Corresponsabile del progetto fu Mattia Verazi, già autore di testi importanti e originali per Traetta (Sofonisba, 1762) e per Jommelli stesso, decisamente orientati a forzare i limiti del canonico dramma per musica guardando con attenzione a Parigi.
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⚫ Principalmente a causa della grandiosità dello spettacolo ideato dalla coppia Jommelli-Verazi, Fetonte non poté diventare un modello facilmente riproducibile e capace di influenzare l’evoluzione dell’opera seria, ma la musica di Jommelli fu ugualmente prodiga di suggestioni per l’intensità emotiva della sua invenzione (sulla sua linea si sarebbe mosso, ad esempio, il Mozart dell’Idomeneo).
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⚫ L’opera denuncia il suo carattere fuori del comune già dalla sinfonia d’apertura, che abbandona il convenzionale ruolo di siparietto introduttivo per lasciare irrompere l’azione scenica. L’Allegro iniziale di prammatica è infatti seguito da un secondo movimento (Larghetto) che commenta la prima scena dell’opera: Climene e il coro di sacerdoti che invocano Teti dalla grotta sacra. Il successivo terzo tempo della sinfonia (Allegro di molto) segnala l’accoglimento della preghiera da parte di Teti, con la spettacolare apparizione del suo palazzo sottomarino abitato da nereidi danzanti. L’originalità dell’impianto musicale generale, così palesemente e programmaticamente dichiarato in questo inizio d’opera, viene confermata in chiusura, con quel finale del terzo atto che inscena l’apocalittica rovina del protagonista: un finale d’azione, che attinge a un livello di coinvolgimento dinamico dei personaggi sino ad allora inedito nell’opera seria.
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⚫ Oltre che nella sinfonia e nel finale, dramma, mutazioni di scene, solisti, coro e corpo di ballo vengono impegnati in continua interazione per tutta la durata dello spettacolo, negando di fatto la centralità drammaturgica della forma principe del teatro tragico per musica: l’aria. Il senso dell’azione drammatica cessa in Fetonte di depositarsi in questa concisa sintesi dei diversi affetti, a vantaggio di azioni vere e proprie (agìte per davvero, non condensate in ‘affetti’, stilizzate e interiorizzate nel canto), che si susseguono spettacolari da un capo all’altro dell’opera.
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⚫ Se ancora numerose sono le arie nel primo atto, il secondo ne bilancia il peso drammatico con un duetto e due complessi concertati, affini come struttura a quelli adottati nell’opera buffa, conducendo direttamente, senza discesa di sipario, all’ultimo atto, aperto da un balletto. Discostandosi dalla tradizione, Jommelli e Verazi integrano i balletti nella vicenda, non solo legandoli al soggetto del dramma, ma anche collocandoli in posizioni strategiche, dove rappresentano occasioni di grandeur coreografica (si pensi che per le evoluzioni militari previste al termine del primo atto vennero impiegati 341 soldati, 86 cavalli e 95 comparse) in corrispondenza di alcune svolte drammatiche fondamentali della vicenda (l’apparizione del palazzo di Teti o l’ingresso nella reggia del Sole). Non a caso fu infatti Verazi in persona a stendere il soggetto dei balletti […].
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⚫ L’intensità emotiva dello spettacolo risiede soprattutto nelle grandi scene corali, come quella, senza precedenti per imponenza, che conclude l’opera: l’orrore collettivo è veicolato dall’esclamazione “Che spiagge, che lidi funesti” con cui il coro assiste attonito e annientato alla rovina di madre e figlio. Si tratta di momenti in cui il sentimento del tremendum viene espresso in forma fortemente incisiva, formulazione efficace e memorabile di quel ‘sublime eroico’ comune anche ai drammi di un Traetta, spendibile in una serie di situazioni analoghe nell’opera seria dei decenni successivi.
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⚫ Oltre ad arie e cori, un ruolo fondamentale spetta a pantomima e recitativo accompagnato, responsabili di una sapiente alternanza di strumenti formali differenziati e sofisticati, capaci di restituire nel dettaglio l’evoluzione psicologica della vicenda. Anche nei particolari compositivi la musica di Jommelli presenta una serie di caratteristiche dal sapore tragico: la propensione per la declamazione, l’irregolarità nella costruzione delle frasi, la continua attrazione dell’aria verso la labilità del recitativo accompagnato.
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