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Libretti d'opera
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Citazioni riguardanti l'opera
Dramma musicale.
Libretto di Ottavio RINUCCINI.
Musica di Jacopo PERI.
Prima esecuzione: 6 ottobre 1600, Firenze.
⚫ È la prima opera di cui sopravvivono complete le musiche. […] Da anni nei circoli intellettuali italiani, e fiorentini in particolare, si era discusso del rapporto parola-musica e del potere di questa, sperimentato nelle nuove composizioni monodiche e nello stile rappresentativo di alcuni intermedi teatrali. […] i primi drammi musicati da cima a fondo trattano temi mitologici: dopo l’esperimento della Dafne, rappresentata in forma privata qualche anno prima, il poeta Ottavio Rinuccini verseggia la storia di Orfeo, che un secolo e mezzo prima era stata recitata e cantata in forma di spettacolo conviviale nella versione di Angelo Poliziano a Mantova.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ A differenza della Fabula di Poliziano, per non turbare la gioia del matrimonio reale festeggiato a Firenze, la vicenda volge a un lieto fine antitetico alla versione del mito greco, nella quale, perduta per sempre Euridice, Orfeo ripudia l’amore e le donne, inferocite, si vendicano e lo fanno letteralmente a pezzi. Rinuccini fa dichiarare programmaticamente alla Tragedia in persona, nel prologo, che è meglio deporre «i mesti coturni e i foschi panni» e destare nei cuori «più dolci affetti». Inizia così un «novo cammin», un nuovo genere di rappresentazione teatrale: nel personaggio di Euridice che rinascerà in virtù del canto di Orfeo si può leggere una figura della nuova arte che col ‘recitar cantando’ fa rinascere i fasti della tragedia classica.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Rinuccini adottò qui forme e temi propri del genere pastorale, sul quale si era acceso di recente il dibattito, grazie alla fortuna dell’ Aminta di Tasso e al Pastor fido di Guarini. Scegliendo come protagonista un cantore e calando l’azione nel clima irreale del mondo pastorale, dove la musicalità era dote naturale degli abitanti dell’Arcadia, intese giustificare il canto continuo in scena. Nella serie di versi sciolti, settenari e endecasillabi, inserì però anche momenti in cui una più marcata organizzazione formale e la metrica differente determinano uno scarto espressivo rispetto al flusso dell’azione.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Jacopo Peri infrange il tessuto del ‘recitar cantando’, ossia del declamato ritmicamente libero e strettamente legato al significato delle parole, a metà strada tra il canto vero e la recitazione, e inserisce momenti musicali a carattere chiuso. L’imitazione polifonica è impiegata nel ritornello corale “Al canto, al ballo” del coro conclusivo della prima scena, nel terzetto incastonato all’interno del coro della seconda scena, nel frammento corale “Alziam le voci e ‘l cor” che chiude la terza scena dopo il coro strofico vero e proprio, e nel coro danzato finale.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Nella prefazione alla partitura, il compositore cita alcuni strumentisti che parteciparono all’esecuzione suonando il clavicembalo, la tiorba, un lirone a più corde e un liuto grande; ma nella partitura sono segnate solo le linee del canto, dell’accompagnamento del basso continuo e, in rarissimi casi, le parti di strumenti melodici non precisati.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ [Nel prologo] la Tragedia proclamava […] di ripudiare mestizia, orrore, lagrime e sospiri («alti», cioè suscitati da soggetti gravi), in favore di un più «sereno aspetto» e di «corde più liete»: suoi scopi divenivano i «dolci affetti» ed il «dolce diletto». È proprio questa gradita metamorfosi, da contemplare con «alto stupore», l'oggetto principale di quel prologo, che non per nulla insiste particolarmente sul tema della mutazione e del rinnovamento: «i mesti coturni e i foschi panni | cangio», «le cangiate forme», «novo cammin», «Tal per voi torno». Ciò che nel passato aveva rappresentato la più elevata forma di connubio tra musica e dramma -la tragedia classica- veniva ora chiamato a presiedere a questa rinascita del teatro cantato che però si compiva in un genere assai dissimile, con modi ed intenti altrettanto mutati.
► Il secolo cantante, Paolo Fabbri (Bulzoni, 2003)
⚫ Fatta salva la preliminare scelta di campo pastorale, la struttura dell’Euridice ambiva […] ad una severità d’impianto capace di evocare un’aura tragica. Quest'ultima si effonde anche nell'attitudine eminentemente ragionativa, incline più al disputare dialogico ed al monologo narrativo (si vedano i racconti di Dafne, di Arcetro e di Aminta) che all’intreccio agìto e sciolto sul palco, alla vista degli spettatori. Ne è riprova, in un certo senso, la condotta della parte infernale -senza dubbio il culmine drammatico della vicenda- interamente risolta elevando l’eloquio fino a toccare i livelli di un'oratoria alta e rotonda (si veda ad esempio l’allocuzione di Orfeo a Plutone «O degl’orridi e neri campi d’inferno…» che si contrappone alla flebile cantabilità del “lamento” di Orfeo «Funeste piagge, ombrosi orridi campi», col suo verso-refrain «Lagrirnate al mio pianto, ombre d’inferno». Ben altrimenti, pochi anni dopo, Alessandro Striggio jr forzerà lo stesso soggetto in una direzione che privilegerà piuttosto il gusto per la parola unita all'azione, per una teatralità concretamente svolta sotto gli occhi degli spettatori, e non solo detta in loro presenza.
► Il secolo cantante, Paolo Fabbri (Bulzoni, 2003)
⚫ Le formulazioni vocali elaborate per intonare anche replicatamente [le] entità strofiche […] vengono designate con quel termine di «aria» già valido genericamente per brevi e semplici melodie tanto strumentali, destinate alla danza, quanto soprattutto vocali […] che servivano per cantare testi poetici di più stanze applicando loro sempre la stessa musica. La seconda parte dell'imeneo di Tirsi[, «Nel puro ardor della più bella stella»,] «si replica sopra la medesima aria», prescrive Peri nella relativa partitura, invitando poi a cantare altre parole su «arie» già udite anche per i cori «Cruda morte, ahi pur potesti» e «Poi che gli eterni imperi».
► Il secolo cantante, Paolo Fabbri (Bulzoni, 2003)
⚫ L’argomento dell’Euridice è […] l’opera stessa, che si autocelebra nel momento in cui viene creata e rappresentata. Per questo motivo non può che concludersi con un lieto fine che mostra il trionfo dell’arte moderna (poesia, teatro e musica) rinata dal mondo antico, a coronamento di tutto quel percorso di recupero della civiltà classica che va sotto il nome di Umanesimo e Rinascimento. Orfeo ed Euridice non sono solo una favola, ma rappresentano la potenza dell’arte. Verso la fine dell’opera infatti, sia Orfeo sia la sua sposa pronunciano alcune battute che risulterebbero fuori luogo se i due personaggi non rappresentassero allegoricamente qualcos’altro. Sarebbe senza dubbio un atteggiamento di forte superbia se lui celebrasse le proprie capacità canore e di suonatore, e lei –contrariamente al canone poetico che richiede che la donna cantata sia «d’umiltà vestuta»– si inorgoglisse della propria bellezza […]
► Orfeo e la potenza dell’arte. La rinascita del teatro e della musica tra Poliziano, Rinuccini e Striggio-Monteverdi, Paolo Divizia, Rhesis International Journal of Linguistics, Philology and Literature
⚫ […] mi pare evidente che la ricorrente scelta del tema di Orfeo ed Euridice nelle opere di cui ci siamo occupati non sia una scelta casuale, ma rifletta invece la piena consapevolezza che il mondo artistico tra Poliziano e gli sgoccioli del Rinascimento aveva di ciò che stava facendo: con il recupero del teatro prima e con l’unione di parola e musica poi […] il Rinascimento poteva liberarsi di quel senso di inferiorità nei confronti dell’arte e del mondo classico che sempre lo aveva contraddistinto. Quale altro mito antico avrebbe potuto servire allo scopo di celebrare le ritrovate capacità artistiche e i risultati concretamente raggiunti, se non quello di Orfeo che attraverso l’arte era riuscito a commuovere l’intera natura e persino le divinità infernali?
► Orfeo e la potenza dell’arte. La rinascita del teatro e della musica tra Poliziano, Rinuccini e Striggio-Monteverdi, Paolo Divizia, Rhesis International Journal of Linguistics, Philology and Literature
⚫ Visto che il recitativo melodrammatico, secondo la testimonianza più tarda di Marco da Gagliano, «non solo non recava tedio, ma diletto incredibile», il Rinuccini audacemente concepì e offrì al Peri un dramma per musica di più ampie proporzioni, che fu l'Euridice. Affiancando nella sua ispirazione la vicenda di Orfeo ed Euridice (che veniva, però, condotta a lieto fine) a quella di Apollo e Dafne, il Rinuccini risaliva così, forse inconsciamente, alle sorgenti della favola pastorale, che era stata tenuta a battesimo a Mantova […] proprio con questi due miti.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ Anche il Peri ha qualche episodio in forma chiusa, ma questi si inseriscono bene nell'insieme del recitativo «aperto», notevole per il suo lirismo emotivo, per la sua varia e appassionata ispirazione, per la sua intensa, commossa flessibilità melodica, spiegata a volte su armonie inattese, improvvisi cambi di direzione tonale, tortuose svolte vocali: tutti elementi oggi pienamente rivalutati dopo le incomprensioni di ieri, che facevano frettolosamente di questo lavoro un arido e scolorito precedente storico dell'Orfeo monteverdiano.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
Giulio Caccini | Firenze, Palazzo Pitti | 5 dicembre 1602 | libretto modificato |
► DEUMM, AA. VV. (UTET, 1999)
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