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Libretti d'opera
Libretti d'opera (altre lingue)
Citazioni riguardanti l'opera
Dramma giocoso in due atti.
Libretto di Jacopo FERRETTI.
Musica di Gioachino ROSSINI.
Prima esecuzione: 25 gennaio 1817, Roma.
⚫ «Stanco dal proporre e mezzo cascante dal sonno, sibilai in mezzo a uno sbadiglio: ‘Cendrillon’. Rossini che, per esser meglio concentrato, si era posto a letto, rizzatosi su come il Farinata dell’Alighieri: ‘Avresti tu core scrivermi Cendrillon?’, mi disse: ed io a lui di rimando: ‘E tu di metterla in musica?’, ed egli: ‘Quando il programma?’, ed io ‘…a dispetto del sonno, domani mattina’, e Rossini: ‘Buona notte!’». Così Jacopo Ferretti, nelle sue Memorie, ricorda la notte in cui Rossini decise di porre in musica la favola di Cenerentola.
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⚫ Le trasformazioni e il riscatto sociale dell’innocente fanciulla sono […] argomento, pur sotto forme e varianti diverse, anche di racconti greci, egizi e cinesi, nonché dell’altrettanto celebre versione dei fratelli Grimm. È noto come Rossini e Ferretti abbiano eliminato dal racconto qualsiasi implicazione magica e fiabesca: forse la dimensione del meraviglioso non piaceva al pubblico romano dell’epoca, o forse Rossini non la sentiva, in quel momento, congeniale alla sua ispirazione. Di fatto nel libretto del Ferretti non appare il fondamentale personaggio della fata, né l’incantesimo che permette a Cenerentola di presentarsi al ballo magnificamente vestita.
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⚫ Ciò che più colpisce in Cenerentola è la cura di Rossini, inusitata per un’opera buffa, nel tratteggiare il carattere della protagonista. Fin dalle prime battute dell’opera Cenerentola mostra il suo distacco e la sua ‘alterità’ nei confronti dei personaggi che la circondano. Dalla malinconica canzone iniziale “Una volta c’era un re”, alla scena e rondò finali “Nacqui all’affanno, al pianto”, è evidente l’intenzione di dipingere una figura pateticamente sospesa fra sogno e realtà. Quasi un’eroina da opera seria, insomma, forse più vicina ai languori di Elena, la protagonista della Donna del lago, che non alle funamboliche esplosioni di vitalità di un’Isabella dell’Italiana in Algeri o di una Rosina nel Barbiere di Siviglia. Anche l’ornamentazione vocale, fittissima per il suo ruolo, ha lo stesso fine.
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⚫ Il personaggio meno delineato è in fondo Don Ramiro, che solo a fatica si differenzia dal tradizionale ruolo di amoroso. La sua aria del secondo atto, “Sì, ritrovarla io giuro”, è piuttosto convenzionale e tutto sommato appare molto più significativo, per la caratterizzazione del personaggio, il bellissimo recitativo accompagnato “Tutto è deserto”, con il quale il principe si presenta, in bilico fra stupore e incantamento. È questo il punto in cui l’opera sembra adeguarsi all’atmosfera della fiaba. Non a caso il seguente duetto fra Cenerentola e il principe è forse il più bel duetto d’amore che Rossini abbia mai composto. Veramente sbalorditiva, in quella pagina, è la capacità di tradurre in poche battute tutti i trasalimenti e il turbamento dei due giovani, con una fulminante pittura musicale del più classico coup de foudre.
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⚫ Don Magnifico, Clorinda e Tisbe appartengono invece al più tradizionale mondo dell’opera buffa, con tutto l’armamentario di sillabati ed effetti onomatopeici che ne consegue. Relegato alla funzione di semplice riempitivo, il coro non ha modo di farsi valere quale protagonista attivo dell’azione. Il ‘vuoto’ che si crea di conseguenza attorno ai protagonisti è forse all’origine di quel senso di straniamento e irrealtà che a tratti pervade il racconto.
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⚫ Nonostante le connotazioni buffe e realistiche del libretto, Cenerentola rimane quindi un capolavoro di stilizzazione e di drammaturgia antinaturalistica.
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⚫ Alla ‘prima’ di Roma l’opera non riscosse un immediato successo, forse per la carenza di prove e per il nervosismo degli interpreti. La fretta, del resto, era stata tale da costringere Rossini a riciclare la sinfonia composta l’anno prima per La Gazzetta e, quale gran finale, il rondò del conte d’Almaviva nel Barbiere di Siviglia, diventato in Cenerentola il celeberrimo “Non più mesta” della protagonista. Già nelle repliche il successo fu però assoluto e costante, al punto che negli anni seguenti giunse a oscurare quello del Barbiere.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Nell'apparente procedere alla cieca (e spesso non soltanto apparente) che distingue il catalogo delle opere dei nostri grandi operisti, talvolta non è difficile riscontrare il segno di un filo conduttore che, sul casuale incontro con librettisti e con soggetti scenici, portò l'artista a un graduale approfondimento di esperienze musicali in vista dei superamenti ultimi. Così La Cenerentola e la Gazza ladra, le due opere che appunto seguirono l'Otello, portarono Rossini a indagare musicalmente certi riflessi di umana malinconia o addirittura di venature semitragiche, che possono accompagnare il sorriso e l'ironia; e dunque a osservare in chiave di dramma anche i personaggi comici.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ La Cenerentola […] offrì a Rossini l'estro di meditare sulla favola bellissima alla quale però il frettoloso librettista era riuscito a togliere ogni richiamo al regno del favoloso. Che Rossini fosse l'operista meno portato al fiabesco è risaputo; quindi Cenerentola fu per lui semplicemente l'umile fanciulla invaghita di un re leggendario conteso da tre donne, e del quale ella insiste a cantare la storia («Una volta c'era un re») sul cullante 6/8 nella mestizia del re minore: e nel ripetere la canzone trova sollievo al suo piccolo dramma. […] Della mestizia di quel piccolo dramma grava l'ombra, anche quando Cenerentola si farà prima donna dalle lussureggianti fioriture vocalistiche; perché il suo volto e l'incanto della sua innocenza accompagnano e quasi sovrastano idealmente lo svolgimento della vicenda anche quand'ella è assente, e la scena è dominata dalle due sorellastre, […] o dalla caricaturale rudezza di don Magnifico, o dalla calibrata affettazione e dalla geniale ambiguità comica del cameriere Dandini. Unica figura che a quel piccolo dramma si accompagna è don Ramiro che fin dal primo incontro («Un soave non so che») stabilisce un rapporto di grazia, come il capitolo di un trascorso romanzo d'amore; e il ritmo del suo trepido canto è identico a quello di Cenerentola, quasi che l'incontro abbia di colpo unito i due spiriti.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ […] Rossini non volle rinunciare alle straordinarie esibizioni dello spavaldo suo «rossinismo», con il contrappunto incandescente del finale primo. Dove il duetto Ramiro-Dandini («Zitto, zitto: piano, piano») si allarga nel quartetto «Mi fa male», poi nel quintetto «Chi sarà?», finché il giungere di Cenerentola («Sprezzo quei don») conduce al sestetto e infine al concertato a sette voci «Mi par d'essere sognando» che travolge persone e cose nel vortice di quell'assolutismo formale al quale anche fisiologicamente è difficile resistere. E tale prodezza si ripete nell'atto II nello stupore del sestetto «Questo è un nodo avviluppato»: gioco esatto di una nuova arguzia contappuntistica rossiniana, dove l'umor comico è accentuato dal gracidante incontro polifonico delle consonanti gutturale e dentale («gruppo» «sgruppo»), nel marionettistico scandirsi dei secchi accenti vocali attraversati da guizzanti fasce liriche di Dandini e Cenerentola che «annodano» le altre voci. In ultimo Cenerentola getta la maschera e, nelle vesti della principessa, si esalta nelle rabescate variazioni del rondò di bravura «Non più mesta» che, però, nello sfavillante barocchismo delle acrobazie vocali ci fa quasi riandare con nostalgia alla ragazzina che, sporca di cenere, dolcemnete sognava il suo re; e attorno alla quale è stata costruita un'opera buffa.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ […] opera buffa alla quale non è mancato il pratico suo demiurgo nella figura del filosofo Alidoro che, sostituendosi alla bella fata della favola, conduce razionalmente le fila dell'azione, quasi riecheggiando il poeta del Turco in Italia. Durante la sua presenza attraverso l'opera fino alla didascalica conclusione, a questo Alidoro Rossini affidò un'aria da «opera seria» che di solito viene omessa nelle rappresentazioni, ma che forse il maestro compose con particolare convincimento sottoscrivendo le sentenziose parole della melodia: «Vasto teatro è il mondo / siam tutti commedianti».
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
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