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Dramma per musica.
Libretto di Vincenzo GRIMANI.
Musica di Georg Friedrich HÄNDEL.
Opus: HWV 6.
Prima esecuzione: 26 dicembre 1709, Venezia.
⚫ Ci sono buone ragioni per considerare Agrippina un’opera irripetibile, unica nel suo genere: ragioni storiche, biografiche, drammaturgiche, squisitamente musicali. Anzitutto Agrippina è la prima opera di Händel pervenuta integra […]. Conclusione e culmine del lungo soggiorno in Italia, il successo di Agrippina segna un primo punto fermo nell’ascesa del giovane Händel: l’opera inaugurò la stagione di carnevale (sei settimane di repliche) nel più prestigioso teatro veneziano, accolta da un entusiasmo delirante, con le grida - divenute poi proverbiali - di ‘Viva il caro Sassone!’. Per questo suo debutto in laguna Händel si misurò con una tradizione - letteraria, ideologica, prima ancora che operistica - schiettamente locale; una tradizione che risaliva almeno agli anni Quaranta del Seicento, all’attività degli Accademici Incogniti (si pensi solo al libretto dell’Incoronazione di Poppea), e che aveva dominato a più riprese la scena veneziana (un altro esempio, affine per situazioni e ambiente: la Messalina di Piccioli-Pallavicino, carnevale 1680): l’occhio scettico, disincantato con cui la Serenissima guarda alla Città eterna. La storia romana non è - come in Zeno, come poi in Metastasio - un campo di virtù morali e sentimentali; è il campo aperto all’ambizione, alle astuzie, agli intrighi di chi persegue unicamente, cinicamente i propri scopi immediati.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Un [..] libretto agile, brillante, tutto ispirato a una sorta di ‘moralità capovolta’, o lucida amoralità (non si contano, in divertiti a parte, le lodi dell’impostura e della finzione); malgrado momenti di accentuazione ‘tragica’ (il disegno omicida di Agrippina, lo sconforto di Ottone), i personaggi si muovono, si lasciano vivere - Claudio e Poppea in primis - con naturalezza: domina un tono lieve di commedia, così lontano dalla gravità a senso unico dei drammi zeniani, che proprio intorno al 1710 cominciavano a monopolizzare il repertorio.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ […] come si comporta Händel? Con la stessa disinvoltura, si direbbe, con cui Grimani ricorre a fatti e personaggi storici; la vivacità, la scioltezza narrativa del testo si riflette nella struttura generale dell’opera, molto più fluida, mobile, imprevedibile dei successivi esempi londinesi. L’aria col da capo non è ancora la regola, e frequenti sono le arie accompagnate solo dal basso continuo (gli archi intervengono in chiusa di ritornello); troviamo inoltre - senza gerarchie o dinamiche preordinate - ariosi, ariette (splendida quella di Claudio, I, 21: “Vieni, o cara”), un terzetto e un breve, folgorante quartetto; […] ed è sorprendente notare che arie perfettamente aderenti al personaggio (ad esempio Poppea, I, 17: “È un foco quel d’amore”; Ottone, II, 5: “Voi che udite il mio lamento”) provengono in realtà da cantate romane o napoletane.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Il Teatro La Fenice, particolarmente negli anni Ottanta del secolo scorso, ha svolto un ruolo di eccellenza nell’ambito del recupero del teatro del Settecento e del primo Ottocento, proponendo in particolare alcuni fra i più importanti drammi per musica di Händel con interpreti stellari come Marilyn Horne e direttori specialisti come Hogwood e Mackerras […] Merita almeno un cenno il primo titolo teatrale del «caro Sassone» offerto nel 1960, un’Alcina di lusso in prima italiana. Al centro del cast, anch’essa al debutto italiano, Joan Sutherland […]: Dame Joan era la seconda diva del Belcanto messasi in mostra sulle nostre scene dopo Maria Callas, divenuta belcantista d’eccellenza proprio alla Fenice nei Puritani del 1949 dopo un ciclo di recite come Brünnhilde, e grazie alla complicità di Tullio Serafin.
► «Viva il caro Sassone!», Michele Girardi, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ Nella «scena ultima» dell’Agrippina di Händel (Venezia, Teatro di San Giovanni Grisostomo, carnevale 1709-10) la dea Giunone discende fra i mortali […] per sancire in modo ancor più solenne il lieto fine già compiutosi nel precedente recitativo e coro. In apparenza, si tratta di un’appendice ridondante e artificiosa, di gusto ancora seicentesco e ‘pre-riformista’, superflua un po’ da tutti i punti di vista; forse anche per questo gli esegeti händeliani hanno teso finora a trascurarla, se non addirittura a escluderla dalle proprie letture. Eppure si tratta pur sempre delle battute conclusive di un’intera opera, e non di un’opera qualsiasi: l’ultima concepita dal «caro Sassone» prima di lasciare l’Italia, frutto dell’ingegnoso assemblaggio e riadattamento di materiale in larghissima parte già impiegato in composizioni precedenti. Di fatto, l’intonazione tutt’altro che inedita dei quattro versi finali costituisce non solo l’ultimo tassello di un complesso e articolato centone melodrammatico, ma anche l’ufficiale congedo di Händel dall’Italia, dai suoi teatri, dal suo pubblico, dai suoi mecenati.
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ In un dibattito che rimane a tutt’oggi aperto, i più autorevoli specialisti in materia hanno tentato di stabilire l’esatta cronologia dell’opera, in particolare i luoghi, tempi e circostanze della concezione del libretto, l’identità stessa del suo autore, e di conseguenza anche i rapporti di quest’ultimo – biografici e collaborativi – con il musicista. Gli stessi studiosi, ciascuno sulla base di argomentazioni perfettamente logiche, hanno proposto letture divergenti, talora diametralmente opposte, dalle quali l’Agrippina è emersa, via via, come opera eroicomica, se non addirittura buffa, satira anti-papale di marca filo-asburgica, mero pastiche di carattere umoristico, parodia dell’opera romana di tendenza arcadica, geometrica e perfettamente strutturata opera della ragione, melodramma serio improntato sui moderni meccanismi drammaturgici della tragedia francese.
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ Rispetto alla seicentesca opera di Busenello e Monteverdi, tuttavia, l’Agrippina händeliana pone un’ancor più radicale questione di fondo, che può essere così riassunta: è possibile riadattare un intero repertorio di musiche preesistenti ai versi e agli affetti, alle azioni e ai personaggi rappresentati in un nuovo libretto, riuscendo a ottenere un’opera dotata di un senso compiuto nonché di una sua efficacia poetico-musicale e drammaturgica?
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ Quel che emergerà da questa lettura dell’opera sarà però, soprattutto, la netta impressione che il giovane Händel non si sia affatto limitato a riciclare frettolosamente – in forma più o meno fedele o rielaborata, compiuta o frammentaria – alcune delle più belle arie da lui composte nei precedenti anni del soggiorno italiano, col semplice proposito di conquistare, come in effetti avvenne, il suo nuovo pubblico di melomani veneziani ed europei. Al contrario, l’assai ampia e varia proposta di autoimprestiti e citazioni sembra rispondere a un articolato quanto coerente progetto di riformulazione poetico-musicale e riorganizzazione drammatica, finalizzato non solo all’espressione dei nuovi contenuti del libretto, ma anche al loro arricchimento tramite allusioni, messaggi trasversali e riferimenti extratestuali, il cui senso può essere compreso, per l’appunto, solo risalendo alle originarie fonti compositive: 3 in particolare, ai due oratori romani, Il trionfo del Tempo e del Disinganno e La resurrezione, oltre che all’opera fiorentina Rodrigo e ad alcune cantate di ambito ottoboniano e ruspoliano.
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ […] il fascino ancora intatto dell’Agrippina dipende non solo dagli efficaci meccanismi drammatici del suo libretto, e dall’alta qualità dei suoi già sperimentati numeri musicali, ma anche e soprattutto dalla raffinata e, oserei dire, altamente originale arte ricompositiva qui esibita da Händel. È anche grazie a quest’arte, […] che il giovane compositore ha persino potuto affrancarsi, nei termini di un’autentica «rivincita veneziana», ora da talune censure papali subite durante il soggiorno romano, ora dai non meno rigidi schemi morali impostigli, nella stessa cerchia, dal suo librettista e committente cardinale Benedetto Pamphili.
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ […] pur nell’osservanza – quasi perfetta – delle liaisons des scènes, tutto sommato in linea con le istanze razionalistiche e francofile della nascente «riforma arcadica», il carattere della fabula, dei suoi personaggi e delle rispettive azioni sembra avere davvero ben poco di «serio», e ancor meno di tragico, evidenziando semmai tutti i tratti più tipici di una, venezianissima e per certi versi ancora seicentesca, commedia d’intrigo a lieto fine. Ispirandosi assai liberamente alla vicenda storica, in effetti, il librettista ne ha sistematicamente diluito le tinte più fosche, tanto da omettere ogni evento, oltre che ogni elemento caratteriale, che possa dirsi realmente tragico, o anche solo vagamente perturbativo.
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ Si può certamente intendere l’atto primo dell’Agrippina, secondo la stimolante chiave di lettura proposta da Lorenzo Bianconi, come il primo round di un match anzitutto canoro; quello, cioè, che sin dalle prime rappresentazioni dell’opera vide fronteggiarsi due fra i soprani più acclamati dell’epoca: da un lato la primadonna «veneziana» Diamante Maria Scarabelli (nel ruolo di Poppea), dall’altro la debuttante «romana» Margherita Durastanti (Agrippina), futura regina dei palchi londinesi ma già assidua collaboratrice di Händel […]. Non interamente condivisibile mi sembra invece il verdetto parziale secondo cui tale round finirebbe, un po’ da tutti i punti di vista, con un buon pari e patta. Anche solo considerando, sul piano meramente quantitativo, l’attiva presenza in scena dei personaggi e la partecipazione canora dei relativi interpreti, il predominio di Agrippina/Durastanti su Poppea/Scarabelli risulta già abbastanza evidente: l’una è presente in tutti e tre i quadri dell’atto (per un totale di dodici scene attive e almeno una «in disparte»), impegnata a cantare quattro importanti arie d’entrata (di cui una a fine sequenza) e a partecipare a un quartetto (I.9); l’altra compare in un solo quadro, quello finale, presenziando a tutte le sue undici scene (se si include anche la brevissima e per lei passiva scena 20) con quattro arie di più varia tipologia (una di sortita, due di mezzo, una d’entrata a fine sequenza e atto) e una partecipazione al terzettino della scena 22.
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ Già nel libretto dell’Agrippina, evidentemente, tutto l’interesse è puntato su ciò che accade prima dello scioglimento, in un nodo interamente percorso d’intrighi e complotti, frodi e inganni, in gran parte inutili, anti-drammatici, fini a se stessi; quasi che l’ignoto autore, col pretesto di raccontare la sua versione dell’antica vicenda storica – così libera da costituire essa stessa un poetico inganno – abbia voluto più che altro divertirsi a rappresentare l’Inganno, un po’ in tutte le sue forme, mettendone sempre più in rilievo il carattere di per sé ludico e dilettevole. Nella stessa direzione sembra muoversi anche il compositore Händel, impegnato a sua volta a riutilizzare, più o meno ingannevolmente o ironicamente, un intero repertorio di musiche preesistenti in modo tale da amplificare a dismisura non solo il gioco d’inganni rappresentato nel libretto ma anche, e soprattutto, i suoi più dilettevoli effetti.
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ In altre parole, mentre la dea Giunone scende dal cielo per benedire solennemente gli sposi, il compositore si congeda non solo con una delle musiche più lievi e gaiamente spiritose del suo repertorio italiano, ma anche, implicitamente, con un motto, «Ha l’inganno il suo diletto», che nel nuovo contesto potrebbe assumere ben più d’un significato allusivo. In ravvicinato e ironico riferimento ai versi di Giunone, naturalmente, Händel potrebbe aver voluto anche solo segnalare il carattere ‘ingannevole’, nel senso di illusorio ed effimero, di un matrimonio, quello di Ottone e Poppea, che sin dalle premesse dell’Argomento sappiamo essere destinato al fallimento (come ci insegnano Tacito e Busenello, Nerone farà allontanare il rivale per impalmare la cortigiana). Ben oltre una lettura così riduttiva, lo stesso motto è capace di riassumere nel modo più adeguato la vera ‘morale’ dell’opera, oltre che di confermarne più che mai il genere di appartenenza: quel che è ‘dilettevole’, in questa del tutto anti-tragica commedia d’intrigo, ancor più del suo lieto fine, è la rappresentazione di per sé ‘ingannevole’ – nel libretto e ancor più nella partitura – dell’Inganno in tutte le possibili accezioni del termine.
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ Non è certo solo nell’aria finale che Händel si diverte a reimpiegare musica del passato per dare ulteriore risalto alle «frodi» del libretto e al contempo arricchirle di nuovi significati, più o meno sottilmente ironici e allusivi. Le arie in tal senso più ingannevoli sono quelle che rappresentano, anzitutto nei versi, sentimenti e atteggiamenti completamente falsi e menzogneri, che a sua volta la partitura potrà sia rispecchiare fedelmente, sia tradire con più o meno palesi o velati riferimenti ironici. In altri termini, laddove il librettista rappresenta l’inganno di un dato personaggio con parole che vorrebbero sembrare autentiche […], il compositore reagisce via via in base a due criteri distinti: prendere alla lettera quelle stesse parole così da potenziarne a dismisura la falsità, come avviene in […] arie che, in tal senso, potremmo definire ‘doppiamente ingannevoli’; oppure svelare la frode dei versi raffigurando i reali sentimenti dei personaggi con musica più o meno ironica e contrastante, […] meglio definibili come ‘ironicamente ingannevoli’.
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ Vale la pena considerare un po’ più da vicino l’ipotesi, assai convincente, secondo cui il personaggio di Claudio, non solo in quest’aria ma nell’intera partitura, sarebbe da intendersi come la raffigurazione caricaturale e fortemente satirica di papa Clemente XI. Senza bisogno di sostenere che il librettista ‘filo-asburgico’ (a quanto pare sempre meno identificabile con Vincenzo Grimani, a un tempo viceré di Napoli e comproprietario del Teatro di San Giovanni Grisostomo) fosse animato da intenti satirico-politici ‘anti-francesi’, e dunque anche per questo anti-papali, senza dubbio il musicista, che a quanto mi risulta non ha mai realmente chiarito la propria posizione riguardo alle intricate vicende della guerra di successione spagnola, aveva accumulato più d’un personale conto in sospeso col pontefice, e soprattutto a causa dell’unico oratorio realmente sacro, e d’ispirazione cattolica, da lui composto durante il soggiorno romano: la già più volte citata Resurrezione (rappresentata a Palazzo Bonelli, residenza del marchese Ruspoli, la domenica di Pasqua del 1708, 8 aprile, e replicata il giorno successivo).
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ Fu papa Clemente XI, anzitutto, a imporre la sostituzione della primadonna Margherita Durastanti, che cantò il ruolo di Maddalena in occasione della prima, con il castrato Pippo della Regina, esibitosi nella replica; e ciò forse anche in base ai vari divieti già da tempo imposti a Roma alle attrici e cantanti di sesso femminile di partecipare a rappresentazioni teatrali pubbliche (incluse quelle di genere sacro). Allo stesso papa, d’altronde, si deve l’editto che in seguito al terremoto del 1703 aveva proibito per cinque anni ogni attività teatrale (e in particolare operistica carnevalesca) in tutta la città di Roma. Come gran parte degli oratori romani del tempo, anche La resurrezione può essere considerata una sorta di ‘opera travestita’; erano gli stessi committenti, dal cardinale Ottoboni all’altrettanto melomane marchese Ruspoli, a incoraggiare uno stratagemma che permetteva di aggirare il divieto papale. Nel suo oratorio, tuttavia, Händel non solo aveva osato scrivere le sue arie più belle, e autenticamente melodrammatiche, per la più acclamata star operistica della città, la Durastanti, ma aveva anche dato un rilievo del tutto inedito al personaggio di Lucifero (contrapposto all’Angelo), e in generale alle più varie raffigurazioni allegoriche del Male (in opposizione al Bene).
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ In definitiva, è legittimo immaginare che Händel abbia approfittato della sua ultima, e di gran lunga più libera, performance teatrale italiana anche per prendersi una bella rivincita sulle censure ed imposizioni subite da papa Clemente XI durante il suo altrimenti piacevolissimo e prolifico soggiorno romano. Davanti a un pubblico non solo veneziano, ma in buona parte anche europeo e londinese, il Sassone deve aver provato un ‘diletto’ del tutto particolare non solo nel ridare piena voce al suo tanto bistrattato Lucifero, ma anche nel riproporlo nelle ingannevoli sembianze del suo più accanito censore: Claudio/Clemente XI. Nel quadro della stessa rivincita, naturalmente, si inseriscono anche tutte e otto le arie di Agrippina, grazie alle quali Händel potè riscattare l’arte vocale della sua cantante romana prediletta, quella stessa Margherita Durastanti che Clemente XI si era permesso di spogliare delle vesti di Maddalena e cacciar via dal teatrino di Palazzo Bonelli. Non a caso una di queste arie, «Ho un non so che nel cor» (I.18), ripropone alla lettera non solo la musica – tratta da almeno due celeberrimi passi dell’Op. V corelliana – ma anche i versi, di Carlo Sigismondo Capece, già affidati a Maddalena/Durastanti in uno dei numeri più importanti della Resurrezione […]
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ In definitiva, alla luce di tutti i casi sin qui illustrati (siano essi autoimprestiti integrali o più vaghe citazioni, puri contrafacta o più elaborate parodie), appare difficile che il compositore abbia riscritto le sue arie per ricucirle sulle misure di un libretto interamente nuovo e preconfezionato. Per ottenere risultati come quelli che mi è stato possibile segnalare in questo saggio (ma altri ancora attendono di essere riportati alla nostra attenzione, magari stimolando letture alternative), non solo il musicista e il librettista devono «aver lavorato gomito a gomito», ma il primo deve aver preso più d’una importante decisione anche in merito alle scelte poetico-testuali e drammaturgiche. Senza poter effettuare queste scelte – con o senza l’aiuto del librettista – Händel non sarebbe neanche potuto ritornare ai suoi due oratori romani per prendersi la grande soddisfazione personale di riscattarne personaggi e interpreti, arie ed affetti, godimenti musicali ed erotici, e infine far riecheggiare, a sipario ormai quasi calato, quello che potrebbe anche essere inteso, a questo punto, come un ultimo, divertito e irriverente sberleffo: «Ha l’inganno il suo diletto»!
► «Ha l’inganno il suo diletto». Gl’intrighi di Agrippina, il trionfo d’Amore,
la rivincita veneziana di Händel, Stefano La Via, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, stagione 2009
⚫ Il libretto dell'Agrippina era stato redatto dal cardinale Vincenzo Grimani, noto diplomatico dell'epoca e al tempo stesso proprietario dei maggiori teatri veneziani di quel tempo. Il testo è praticamente concepito come un'acuta satira della delittuosa politica di potenza tipica di quell'età e a tal punto criminosa da non arrestarsi di fronte ai più crudeli misfatti. Nonostante la serietà dell'argomento, l'opera affronta anche scene e situazioni tipiche dell'opera buffa e si ricollega a quel tipo di opera comico-satirica già praticata dai maestri della scuola veneziana di fine Seicento e particolarmente coltivata da Pietro Andrea Ziani, da Giovanni Legrenzi e da Carlo Pallavicino.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume secondo L'opera in Europa e nelle Americhe, Torino, 1977, UTET
⚫ Questa Agrippina merita un discorso un po' particolareggiato per il valore informativo ch'essa rappresenta nei riguardi degli ideali di gusto, oltreché di stile, propri alla dinamica creativa dell'opera veneziana nel momento storico di cui stiamo trattando. Questione non oziosa, anche sul piano della verifica stilistica, quella del gusto nell'opera del Settecento, particolarmente nel caso, come appunto il caso di Venezia, di fioriture artistiche legate alla vita dei teatri pubblici […]. Senonché, tali ideali di gusto dobbiamo leggerli tra le righe delle opere reperibili, pressoché privi come siamo di testimonianze coeve sul maggiore o minore gradimento ottenuto, al contatto col pubblico, da questa o quella opera. Quando ci avviene di trovarne, ecco aprirsi qualche spiraglio. L'Agrippina di Händel è appunto una delle pochissime opere che ci sia giunta accompagnata dalla «cronaca della serata» che ne vide la rappresentazione. Cronaca certo non molto particolareggiata, ma che ha il vantaggio di provenire dalla penna di un biografo di Händel e di lui contemporaneo, anche se assai più giovane: John Mainwaring; cronaca di un successo che oggi diremmo delirante, tributato da un pubblico «che sembrava impazzito» e gridava di continuo: «Viva il caro Sassone!»
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ Al di sopra della semplice curiosità biografica, il fatto [vedi citazione”Il pubblico impazzito”] ha per noi il rilievo di un reperto informativo sul gusto del pubblico teatrale nella Venezia di quel tempo e precisamente ci dice che tale gusto si trova rispecchaito nell'Agrippina. Che l'opera di un compositore straniero e a Venezia solo di passaggio possa venire a proporsi come modello di opera «veneziana» è cosa che non deve affatto stupire. L'Agrippina, infatti, è un'opera preparata «su misura» per il pubblico veneziano da un Händel che, alla scuola del coltissimo Zachow, nella nativa Halle, s'era fatto fra l'altro esperto, come si conveniva a un figlio del suo tempo, nell'arte di «imitare» i linguaggi musicali, dotti e popolari, delle varie tradizioni nazionali, e che quelli dell'Italia aveva particolarmente assimilati nelle varie tappe del suo lungo soggiorno nella penisola.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ Veneziana, questa Agrippina, è già pienamente nel libretto, dovuto al cardinale Vincenzo Grimani, dal 1708 al 1710 vicerè di Napoli, che Händel aveva conosciuto appunto in quella città, nella quale, a quanto pare, aveva anche già portato a buon punto la composizione dell'opera, prima di raggiungere Venezia. Il Grimani apparteneva a cospicua famiglia di antica nobiltà veneziana, tra l'altro proprietaria del teatro dove l'Agrippina fu rappresentata: il San Giovanni Grisostomo, il più famoso, allora, d'Italia e forse d'Europa per lo splendore, l'eleganza e la vastità che lo faceva capace di accogliere duemilasettecento spettaori.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
⚫ La musica dell'Agrippina brilla innanzi tutto per il fascino e la fluidità della melodia, di impronta italiana anche nelle risonanze popolaresche di cui manifestazione evidente dà la siciliana, versione dotta delle zampognate e nenie dei pastori calabresi che Händel aveva ascoltato con vivo interesse nelle soste meridionali del suo viaggio in Italia. La scelta della varie forme che scandiscono musicalmente il ritmo della vicenda risponde a un acuto «senso del teatro». Le forme «leggere», le ariette, gli ariosi, le canzonette cedono il passo all'aulica aria col «da capo» al presentarsi d'una situazione drammatica, e lo stesso stile di canto si piega alla natura dei personaggi.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
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