Citazioni riguardanti l'opera
Melodramma tragico.
Libretto di Gaetano ROSSI.
Musica di Gioachino ROSSINI.
Prima esecuzione: 3 febbraio 1823, Venezia.
⚫ Il congedo di Rossini dall’Italia è un testamento estetico, Semiramide, ovvero la formalizzazione di un modello di opera dalle proporzioni così perfette da presentarsi come astratta idealizzazione. Per questo è vero che con Semiramide Rossini evita in qualche modo lo sperimentalismo delle opere del periodo napoletano, ma è altrettanto vero che non si tratta di un ritorno sui propri passi, di un ritorno tout court allo stile di Tancredi (1813), per intenderci, quanto piuttosto dell’elaborazione di una forma di opera talmente idealizzata da non avere precedenti.
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⚫ Rossini iniziò a comporre la partitura di Semiramide nel novembre del 1822; aveva lasciato Napoli, definitivamente, e questo significava anche un necessario ripensamento del suo stile. Non poteva infatti pensare di esportare lo stile delle sue opere napoletane in un teatro, come la Fenice, che non sarebbe stato pronto ad accogliere un linguaggio stilisticamente così avanzato come quello adottato nei grandi capolavori di quel periodo. Dovette ripensare alla grande stagione di Tancredi, rappresentato sullo stesso palcoscenico della Fenice dieci anni prima: perciò stesso librettista, Gaetano Rossi, e stesso autore per la fonte del libretto, Voltaire. Librettista e compositore scelsero la tragedia Sémiramis, che elaborarono più dall’originale francese che dalla ottima versione datane da Melchiorre Cesarotti nel 1772.
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⚫ Rispetto all’originale, Rossi introduce un nuovo personaggio, Idreno, un principe indiano che ama Azema. Questa deroga alla fonte primaria serve a introdurre il tema amoroso, senza il quale sembrava inconcepibile in un libretto che in realtà del tema dell’amore se ne faccia poco o nulla, in quanto viene relegato entro la piccolissima cornice che ruota intorno al personaggio di Azema, questa principessa babilonese che tutti, Idreno, Arsace, Assur, inspiegabilmente amano. Inspiegabilmente perché ad Azema non è dato alcun rilievo nell’opera, ed ella sembra comparire più che altro per dare senso alla presenza di Idreno, e per far sfoggio di bellissime arie tenorili, (in particolare “Ah, dov’è, dov’è il cimento” nel primo atto e quella del secondo “La speranza più soave”), che per una propria necessità drammaturgica[]. Ma guardando alla struttura dell’opera, Azema ha un suo ruolo che, se non ha peso per se stesso, riveste una funzione fondamentale nell’economia del dramma: creare dei piccoli sipari di distensione, delle oasi di azzeramento tensivo che separano grandi blocchi di una drammaticità intollerabile qualora fossero messi in diretta relazione.
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⚫ Rispetto alla tragedia di Voltaire è nuova anche la situazione di Assur che, mentre accompagnato dai satrapi sta per violare la tomba di Nino, vede, lui solo, lo spettro del re. Non può non tornare alla mente a questo proposito la celebre scena dell’apparire dello spettro di Banco nel Macbeth di Shakespeare, non unico debito da pagare al drammaturgo inglese. Il tema dello spettro che ritorna a chiedere vendetta è presente anche in Amleto, la cui vicenda è in ultima istanza la stessa di Semiramide.
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⚫ Con Semiramide Rossini sorvola [sulle sperimentazioni stilistiche napoletane] ed elabora un impianto formale dalla chiarezza cristallina. Innanzitutto una sinfonia a sipario abbassato, una delle più elaborate e ricche dal punto di vista strumentale, con una scrittura per i fiati sontuosa nel primo tema, poi solo arie e duetti, nel numero di sei e quattro, nessun pezzo d’insieme se non l’introduzione e i due finali. Bisogna risalire fino a Tancredi per trovare una simile assenza di concertati. E, come in Tancredi, ciò che colpisce è la perfezione della forma di arie e duetti, impostati tutti, senza eccezione alcuna, sullo schema di cavatina, o parte cantabile, tempo di mezzo, dove il coro fa progredire lo sviluppo drammaturgico, e cabaletta conclusiva.
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⚫ Semiramide rivela la maturazione di dieci anni di intenso lavoro nello straordinario valore musicale di questi brani. Si pensi solo al caso dell’aria della follia di Assur nel secondo atto (“Deh… ti ferma… ti placa… perdona…”), dove pur all’interno di uno schema formale di chiarezza olimpica, apollinea, la materia musicale scorre febbrile nella descrizione delle allucinazioni del personaggio […].
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⚫ Riguardo ai tre grandi blocchi d’insieme, va rilevata la singolarità di presentare il personaggio di Semiramide all’interno dell’introduzione pur senza darle una cavatina di sortita, che seguirà addirittura come quinto pezzo del primo atto. Si trattava di uno schema di introduzione alla Meyerbeer, come fece notare il librettista Gaetano Rossi allo stesso compositore tedesco. Di complessità ed estensione pari solo a quella del Guillaume Tell, questa introduzione comprende l’entrata dei vari gruppi corali e di tutti i personaggi tranne Arsace, che farà la sua comparsa nel brano successivo con un recitativo che è diretto pendant della sortita di Tancredi (“Oh patria”).
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⚫ Il finale primo ha […] dimensioni monumentali, con la gemma del canone centrale (“Qual mestogemito”), accompagnato da una figura ritmica ostinata. Non meno efficace il finale secondo, dove spicca la preghiera di Semiramide (“Già il perfido discende”), il terzetto Semiramide, Arsace, Assur (“L’usato ardir”) e il coro di giubilo (“Vieni Arsace, al trionfo, alla reggia”), che chiude trionfalmente uno dei più sublimi vertici nella storia dell’opera italiana.
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