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Citazioni riguardanti l'opera

Roberto Devereux

Alma infida, ingrato core

Tragedia lirica in tre atti.
Libretto di Salvadore CAMMARANO.
Musica di Gaetano DONIZETTI.
Prima esecuzione: 28 ottobre 1837, Napoli.




Genesi e prima rappresentazione

⚫ Donizetti attese alla composizione dell’opera nel corso della terribile estate del 1837, durante la quale perse il terzo figlio e soprattutto l’amata moglie Virginia Vasselli (30 luglio). Le prove avrebbero dovuto iniziare nei primi giorni di settembre, ma qualche difficoltà con la censura (soprattutto per il problema della decapitazione del protagonista) determinò il rinvio di un mese. L’opera andò poi in scena con Giuseppina Ronzi protagonista (che per Donizetti aveva già interpretato i ruoli di Fausta, Sancia, Maria Stuarda e Gemma) ed ebbe una buona accoglienza. Nel 1838, in occasione della ‘prima’ parigina al Théâtre Italien, Donizetti compose una nuova ouverture, utilizzando il tema della cabaletta di Roberto “Bagnato è il sen di lacrime”.

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Indole drammatica

Roberto Devereux si pone a un punto di svolta nella complessa evoluzione drammaturgica di Donizetti. Se infatti ripropone pur sempre gli intrighi e le oscure suggestioni che furono già di Anna Bolena, rispetto a questa amplia notevolmente i limiti tradizionali imposti dalla tradizione lirica ai personaggi, approfondendone l’indole drammatica e il complesso dissidio spirituale.

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La figura di Elisabetta

⚫ Giovandosi dell’esperienza maturata in Belisario e soprattutto in Pia de’ Tolomei, il musicista indagò più a fondo la figura di Elisabetta, ben oltre i limiti tradizionali offerti dalla precedente Elisabetta al castello di Kenilworth e persino da Maria Stuarda, e ne fece un personaggio tragico e risoluto (cui corrisponde una vocalità impervia, virtuosistica e dolente al tempo stesso), dominato dalla gelosia e dalla smania di vendetta: vicina in questo a Norma, ma più incline al ripiegamento interiore e alla disperazione. Questa ricerca espressiva, che appare ancora in ombra nel primo atto, contrassegnato da un regolare succedersi di arie doppie (romanza di Sara a parte), emerge maggiormente nel finale secondo, dove Donizetti impiega ogni energia per evitare un calo nella tensione narrativa dell’episodio […].

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La scena della prigione

⚫ […] significativa è la scena della prigione, abilmente tratteggiata con un breve preludio che, pur richiamando alla mente Fidelio (Donizetti aveva studiato con Simone Mayr, che ben conosceva Beethoven), sembra anticipare talune suggestioni del Ballo in maschera (si pensi all’introduzione alla scena di Ulrica).

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