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Citazioni riguardanti l'opera

Il ritorno di Ulisse in patria

Di misera regina

Dramma per musica.
Libretto di Giacomo BADOARO.
Musica di Claudio MONTEVERDI.
Opus: SV 325.
Prima esecuzione: anno 1640, Venezia.




Un’opera che ispirò un romanzo

⚫ È raro che un’opera ispiri un romanzo e non viceversa, eppure la pubblicazione de La peripezia d’Ulisse overo La casta Penelope (Surian, Venezia 1640) testimonia il successo del lavoro che segna il riavvicinamento di Monteverdi, Maestro di cappella della Serenissima, al teatro. Confessa Federico Malipiero, autore del romanzo: «M’apportò ‘l caso ne’ Veneti Teatri a vedere l’Ulisse in Patria… rappresentato con quello splendore, ch’è per renderlo memorabile in ogni secolo. M’allettò così l’epico della Poesia, com’il delicato della Musica, ch’io non seppi rattenerne la penna».

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Modo espressivo

⚫ […] ogni personaggio è in genere connotato da un modo espressivo adatto al suo rango e alla sua tempra: la dimensione sovraumana delle divinità è resa dallo stile alto, melismatico; all’opposto, Melanto ed Eurimaco intervengono sempre con facili canzonette. Penelope declama un recitativo severo, nello stile tragico di Ulisse, il quale però, nella condizione di finto mendicante, si permette alcune deroghe e imita lo stile umile di Iro.

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Sentimento antimonarchico

⚫ Antinoo si esprime con un declamato impervio di sbalzi, segno di statura sociale elevata, ma anche di pravità: nel confronto con Eumete (II,12) i suoi sgraziati scarti di registro cozzano con la serena compostezza del recitativo del pastore, che rispecchia in uno stile medio la sua condizione inferiore, ma anche la sua civiltà. È una spia del sentimento antimonarchico che compare ogni tanto nei versi di questo personaggio (la polemica anticortigiana e repubblicana si insinua anche nei versi di Melanto in III,2 ed è una costante dei primi libretti veneziani, scritti da membri dell’Accademia degli Incogniti, organici agli ideali della Serenissima).

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Registro stilistico funzionale al racconto

⚫ L’attenzione ai diversi tipi di elocuzione crea una retorica vocale impiegata a fini teatrali: è importante il modo in cui i personaggi si esprimono, non tanto il contenuto musicale dei loro interventi. Il registro stilistico scelto di volta in volta diventa funzionale al racconto, ad esempio quando un personaggio devia dal suo registro abituale per assumerne un altro. Si veda il primo incontro con Minerva: Ulisse si rivolge al pastorello parodiando lo stile umile della sua canzonetta e quando la dea a poco a poco si rivela, il recitativo del personaggio umano si eleva imitando i caratteri stilistici dell’interlocutore divino. Oppure la scena (I,10) in cui Melanto cerca di convincere la regina a concedersi all’amore e inizia a parlarle, assumendo per un momento lo stesso stile espressivo del lamento di Penelope. Il recitativo monteverdiano è ricchissimo di impennate liriche, incisi ripetuti e suggerimenti ritmici, che sembrano prendere il volo e poi ricadono nella declamazione libera; ciò soprattutto quando il testo suggerisce una particolare temperatura emotiva, ad esempio l’effusione di gioia. Lo spunto per tali momenti deriva quasi sempre dall’organizzazione formale dei versi, che, all’interno delle sequenze di sciolti, presenta microsistemi più regolari. In generale però Badoaro ignora i raggruppamenti strofici, a parte casi eccezionali e giustificati come canto verosimile.

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Struttura formale

⚫ Il compositore interviene spesso, sovrappone una sua struttura formale al testo che ne è privo, organizza strofe o ripetizioni di versi, inserisce ritornelli strumentali: per esempio nel lamento di Penelope (I,1), nell’esplosione di gioia di Ulisse (I,9) o nella scena di Ericlea (III,8). In questi casi e nei momenti in cui il recitativo lievita ad arioso, in base ad esigenze teatrali e interpretative il compositore ritma le sue dimensioni temporali: forza il tempo rappresentato, quello dell’azione prevista nel testo, per dilatarlo nel tempo irreale della rappresentazione, seguendo la logica degli affetti e della musica.

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I personaggi

⚫ Anche qui, come già nei lavori precedenti, Monteverdi appare magistrale interprete di ogni situazione, che però non deve essere inanimata o puramente narrativa, ma umana e passionale. Allora ogni possibile occasione di muovere gli affetti è sfruttata, e la fusione di struttura e di espressività culmina in momenti di eccezionale livello artistico. La caratterizzaziione dei personaggi raggiunge nei protagonisti una forza drammatica sorprendente.

Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET

L'elemento comico

⚫ Col personaggio di Iro e, a tratti, con quello di Eumete, Monteverdi fa suo per la prima volta l'elemento comico, che trova attuazione musicale sia attraverso soluzioni di estremo realismo («Ti strappo i peli della barba ad uno ad uno», a note staccate e scandite, nell'alterco fra Iro e Ulisse), sia con elementi tradizionali trasfigurati qui in una dimensione del tutto nuova («Qui cade in riso naturale» in cui un accenno alla classica diminuzione a trillo si trasforma nella risata di Iro).

Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET

I travagli trascorsi

⚫ La stessa situazione si era già verificata nell'Ulisse, al cui finale originario Monteverdi non aveva esitato a togliere un coro di Itacensi previsto dal libretto, preferendo concludere l'opera in tono più intimo e raccolto, quale meglio si addiceva al compimento di una vicenda in cui fino all'ultimo l'atmosfera era apparasa densa di drammatica tensione; tanto è vero che il duetto finale è quasi integralmente ambientato in tonalità di la minore, quasi che l'animo dei due protagonisti stentasse a rasserenarsi dopo tanti travagli trascorsi.

Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET

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