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Citazioni riguardanti l'opera

Rigoletto

Pari siamo!... io la lingua, egli ha il pugnale

Melodramma in tre atti.
Libretto di Francesco Maria PIAVE.
Musica di Giuseppe VERDI.
Prima esecuzione: 11 marzo 1851, Venezia.




Curiosi precedenti

⚫ Nella storia dell’opera italiana Rigoletto ha curiosi precedenti, sicuramente ignoti a Verdi, dal momento che gli studi sul melodramma del XVII secolo sono recenti. Ad esempio la figura del buffone di corte compare in varie opere, a volte godendo una certa libertà di linguaggio in senso satirico, come il Momo (basso) del Pomo d’oro di Antonio Cesti (Vienna 1668). Più singolare è che nel Giasone di Francesco Cavalli (Venezia 1649) un personaggio, Oreste, canti una canzone sulla volubilità delle donne (“Fiero amor l’alma tormenta”) nella quale la seconda strofa inizia «È leggier la piuma al vento», anticipando così «La donna è mobile/ qual piuma al vento» del duca di Mantova.

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Un sol giorno

⚫ Ciò che colpisce del Rigoletto, rispetto alle precedenti opere, è anzitutto la rapidità con la quale gli eventi si succedono, senza però che questo pregiudichi la caratterizzazione dell’ambiente e dei personaggi. Osserverà con amarezza Rigoletto nel secondo atto, dopo aver confortato Gilda ‘disonorata’ dal duca: «E tutto un sol giorno cangiare poté».

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Pari siamo

⚫ Segno evidente dell’evoluzione di Verdi rispetto alle precedenti opere, in fatto di ambientazione e, insieme, di tratteggio dei personaggi, è l’incontro Rigoletto-Sparafucile […]. La melodia d’un violoncello e di un contrabbasso -sommessa, in sordina- emerge sugli ‘staccati’ dei fiati e sui ‘pizzicati’ degli archi; ed è cupa, sinistra, come le frasi che i due personaggi si scambiano. Quanto al “Pari siamo” di Rigoletto, che si sviluppa su continui mutamenti di tempo, è evidente il gioco di un genere di declamazione melodica altrettanto cangiante. […] Fino a tempi recenti i baritoni erano soliti emettere un sol acuto su «follia», invece del dimesso mi naturale previsto da Verdi. L’effetto scenico era notevole, ma menomava un altro particolare effetto previsto dal compositore, giacché gli applausi che premiavano l’acuto del baritono si sovrapponevano allo spettacolare scoppio dell’Allegro vivo a piena orchestra, che coincide proprio con la ‘a’ di «follia» e con lo slancio con il quale Gilda, alla sua prima comparsa in scena, si getta fra le braccia del padre.

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Cinico gallismo

⚫ Quando il duca, introdottosi nella casa di Rigoletto con la complicità di Giovanna, ascolta l’ultima parte del duetto baritono-soprano e apprende che Gilda è figlia del suo buffone di corte, si limita a un solo laconico commento, «Sua figlia!». Malgrado questo, il pubblico ha sempre prediletto il cinico gallismo del duca di Mantova, che tra l’altro, a differenza del Don Giovanni mozartiano, esce sempre appagato dalle sue avventure. Ma di Gilda il duca sembra, inizialmente, sinceramente invaghito. Anzi lo è, tanto Gilda differisce dalle sue abituali conquiste. Di qui l’appassionato “È il sol dell’anima, la vita è amore” e la candida risposta di Gilda (“Ah de’ miei vergini sogni son queste”). L’enfatica stretta finale (“Addio, addio, speranza ed anima”) pone il problema che investe tanta parte dell’operismo verdiano. Apparente faciloneria musicale, ma ciononostante aderenza all’effetto scenico; giacché il candore di Gilda è come travolto dalla dialettica del duca.

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Parte corale

⚫ Il Rigoletto vanta anche una parte corale di rilievo. Il “Zitti, zitti, moviamo a vendetta” dei cortigiani che rapiscono Gilda è un Allegro fortemente ritmato, mentre subito dopo, a conclusione del primo atto, è l’orchestra a delineare la disperazione di Rigoletto.

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Inventiva melodica

⚫ Il terzo atto è contrassegnato da un’inventiva melodica grazie alla quale ambientazione e avvenimenti procedono simultaneamente, pur con marcati contrasti di tono. Allo sconsolato colloquio iniziale fra Rigoletto e Gilda segue l’elettrizzante cinismo della canzone “La donna è mobile” del duca, che Verdi tenne segreta ancora a prove iniziate e che la sera della prima rappresentazione fu ‘trissata’. Quindi un breve, tetro dialogo Rigoletto-Gilda, ma subito dopo lo stupefacente quartetto Gilda-Maddalena-duca-Rigoletto, che armonizza e fonde quattro diversi stati d’animo.

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La regia

⚫ Nella quinta scena dell'introduzione di Rigoletto la musica da ballo costituisce - secondo la tecnica del «parlante» descritta da Abramo Basevi - il fondamento portante di un dialogo tra il Duca e Rigoletto che grazie al sostegno orchestrale può a suo agio sterzare repentinamente dalle frasi cantabili («La cara sua sposa è un angiol per me!») alle schegge di declamato monocorde («Rapitela»). Ma la musica da ballo s'interrompe di netto per far posto ad una scala cromatica all'unisono, otto battute in cui la malizia intrigante di Rigoletto è l'unico contenuto della musica («È ben naturale!…»). La parte orchestrale cambia dunque, per così dire, la prospettiva drammaturgica: anziché inquadrare l'ambiente festevole da cui il dialogo si distacca come un secondo strato musicale, essa mette a fuoco per un istante, secondando la voce, uno spezzone di dialogo che getta una luce sinistra sull'altra faccia dell'ambiguo carattere di Rigoletto. Il macabro, ch'è il contenuto di tutta la scena, viene espresso dapprima indirettamente, mediante il contrasto tra il tono disinvolto della socievole brigata e l'intento criminoso dei due dialoganti, poi direttamente e schiettamente, mediante un gesto musicale di minaccia doppiato dall'orchestra. Dovrà il metteur en scène trarre conseguenze registiche dal fatto che nella musica dapprima prepondera l'affabilità conversevole mentre la tensione insidiosa resta latente, indi viceversa emerge sonora la minaccia mentre ammutolisce la musica da ballo? Oppure lascerà che sia la musica a rappresentare da sola la differenza? L'una decisione non è meno giustificabile dell'altra.

Drammaturgia dell'opera italiana, Carl Dahlhaus, Storia dell'opera italiana, vol. 6, Torino, 1988, EDT

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