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Citazioni riguardanti l'opera

Polifemo



Melodramma.
Libretto di Paolo Antonio ROLLI.
Musica di Nicola PORPORA.
Prima esecuzione: 1 febbraio 1735, Londra.




Il belcanto

⚫ Nicola Porpora, un altro dei rivali londinesi di Händel, ha un posto spiccato, nella storia del vocalismo belcantistico, per la fama della sua scuola - aperta a Napoli intorno al 1712 - e di alcuni dei suoi allievi: primo fra tutti il Farinelli e quindi il Majorano, l'Appiani, l'Hubert, Benedetta Agricola Molteni, Regina Mingotti. Nel momento del suo maggior fulgore, e cioè il periodo in cui, a Londra, assurse a rivale di Händel - dall'autunno del 1733 all'inverno del 1735 - Porpora si trovò a dover comporre oltre che per il Farinelli, per alcuni dei grandi cantanti che in passato si erano esibiti nel teatro del suo antagonista. La sua scrittura appare spesso improntata al canto agile, lieve e grazioso in voga in quel periodo […].

Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume terzo La vocalità, Torino, 1977, UTET

La voce perfetta

⚫ Ovviamente, la scrittura di Porpora assume caratteri particolarmente acrobatici allorché si tratta di parti eseguite dal Farinelli. Questo cantante simboleggia, per molti aspetti, la voce perfetta, un assoluto miracolo di natura e di tecnica in cui vanno di pari passo forza e dolcezza, splendore di timbro e agilità. Egli inoltre conferma quello che era già uno dei miti del belcantismo -la fenomenale lunghgezza dei fiati- e ne introduce un altro: l'eccezionale estensione. Già nel 1731, a Torino, rappresentandosi il Poro, di cui il Farinelli era protagonista, Porpora aveva composto l'aria «Destrier che all'armi usato», ricca di lunghi passaggi e di trilli, dando poi un carattere lieve e brillante a talune arie del Polifemo (Londra, 1735: il Farinelli era Aci) come il largo «Dolci, fresche aurette grate» e il lento «Alto Giove» […] accentuando infine il virtuosismo acrobatico -lunghezza dei passaggi, volatine, canto di sbalzo, impervie successioni di trilli- negli allegri: per esempio nel «Senti il fato» di Aci (Polifemo).

Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume terzo La vocalità, Torino, 1977, UTET

Contaminazioni

⚫ Un'abilità particolare dimostra il Rolli nel comporre un intreccio compatto, credibile e molto agile accostando alla storia di Aci e Galatea l'avventura dell'Odissea; egli inserisce -quale tema amoroso parallelo a quello ovidiano- l'incontro fra Ulisse e Calipso, la quale aiuta l'eroe greco a compiere lo stratagemma ai danni del Ciclope. Il Rolli ha scelto il Polifemo ovidiano, di carattere più sfumato (e anche passibile di trattamento comico) rispetto al gigante omerico, e quindi maggiormente adeguato all'ambito del genere e della sensibilità melodrammatici. L'amore del Ciclope per Galatea si esprime con espressioni rozze e ingenue, condite appunto da un pizzico di comicità nel momento in cui egli offre alla ninfa i doni messi da parte apposta per lei: undici caprioli, quattro orsacchiotti e un nido di giovani avvoltoi; e Galatea con crudele ironia: «Bei doni in vero!» (I, 2, 21-24). Il gigante uccide Aci, ma la vendetta non gli toglie il sapore amaro del rifiuto della ninfa: ed ecco che il vino di Ulisse giunge a proposito come lenimento dei mali d'amore (III, 3). Infine, Polifemo diventa espressione di un titanismo che nel corso della vicenda è ancora embrionale, con qualche accenno alla sua forza superiore a quella degli dèi (I, 2, 10-11; III, 1, 5.)

Paolo Rolli, libretti per musica, a cura di Carlo Caruso, Milano, 1993, Franco Angeli

Il recitativo

⚫ Si avverte in Polifemo una maggiore cura nell'uso del recitativo, che va a tutto vantaggio dello spessore psicologico dei personaggi. Nelle pause d'azione scenica essi indugiano a considerare il proprio stato in brevi monologhi, fra i quali è notevole quello di Ulisse sull'infelicità della condizione umana paragonata all'inconsapevole felicità degli armenti, sorprendentemente simile ai versi del pastore errante leopardiano […]; o ancora, in versi non musicati dal Porpora, alla vivace descrizione dello stato amoroso da parte di Galatea […]. Sul coté musicale è frequente il ricorso del Porpora al recitativo accompagnato e all'arioso, marcato in due punti anche dal mutamento del metro (I, 4, 1-8, con le rime disposte a ottava; III, 2, 13-21, con quinari sdruccioli).

Paolo Rolli, libretti per musica, a cura di Carlo Caruso, Milano, 1993, Franco Angeli

Le arie

⚫ Le arie appaiono in diversi casi svincolate dalla convenzione dell'uscita del cantante: si trovano bensì frequentemente all'inizio delle scene o nel bel mezzo dell'azione, richiedendo quindi un preciso adeguamento della loro funzione evocativa a quella narrativa del recitativo. Particolarmente efficace è la scena principale del dramma, quella cioè che prelude all'accecamento di Polifemo da parte di Ulisse (III, 3): il distaccare le strofe dell'aria di Polifemo inserendovi brani di recitativo è procedimento atto a sottolineare la montante ubriachezza del Ciclope; e la coda finale dell'aria, con lo strascichìo dei versi sdruccioli, segna l'annebbiarsi della mente del gigante e il suo cedere al sonno (ed anche la convenzionale scena del sonno, così, è garantita!). L'unica pecca è un divertente lapsus del poeta, il quale scrive per Polifemo «pesanti e torpidi/gli occhi si chiudono»; errore che permane interamente o parzialmente in quasi tutti i testimoni […]: solo l'edizione per la ripresa procurerà un testo congruente.

Paolo Rolli. Libretti per musica. Edizione critica, Carlo Caruso, Milano, 1993, Franco Angeli

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