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Citazioni riguardanti l'opera

Paride e Elena

Quegli occhi belli

Dramma per musica.
Libretto di Ranieri DE' CALZABIGI.
Musica di Christoph Willibald GLUCK.
Opus: Wq. 39.
Prima esecuzione: 3 novembre 1770, Vienna.




Accoglienza tiepida

⚫ Oltre alle incomprensioni provenienti dai difensori dell’opera seria tradizionale, Gluck comincia a patire a quell’epoca anche la presenza sempre più preponderante dell’opera buffa nei teatri di corte viennesi. Terzo e ultimo frutto della collaborazione con Calzabigi, Paride ed Elena riceve alla fine del 1770 un’accoglienza tiepida e non viene più ripresa in seguito.

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Vicenda esilissima

⚫ Nel proprio dramma Calzabigi si allontana dai grandi temi tragici e soprannaturali trattati in Orfeo ed Euridice e in Alceste e ripiega sul versante amoroso. La vicenda, esilissima, prende avvio dallo sbarco di Paride e del suo seguito nel Peloponneso e riguarda la varie fasi del corteggiamento di Elena, fino alla vittoria dell’amore, invano contrastata dall’apparizione di Pallade a predire i danni della guerra di Troia. La riduzione di Elena da moglie a semplice fidanzata di Menelao (sempre comunque regina di Sparta) toglie alla fuga finale dei due amanti un carattere di adulterio inaccettabile per la censura di Maria Teresa.

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Varietà di colori

⚫ Le schermaglie amorose e le trame ordite dal personaggio di Amore (presente nell’intreccio sotto false spoglie) fanno spesso inclinare la vicenda verso la commedia, con conseguente ricorso nella musica ai modi stilistici dell’opera comica […]. Privato di situazioni sceniche propizie ai forti contrasti chiaroscurali, il musicista deve cercarsi da sé un diversivo e nella prefazione dichiara di aver trovato «qualche varietà di colori» contrapponedo il carattere «ruvido e selvaggio» degli spartani a quello «delicato e molle» dei troiani. Così il canto di Elena concede pochissimo alla seduzione melodica, restando per lo più entro i confini del declamato, mentre quello di Paride, tagliato su misura per un grande castrato come Giuseppe Millico, indulge a melismi e fioriture e risulta in generale assai più ricco di melos.

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Fisionomia sfaccettata

⚫ Gluck cerca di dare ai due protagonisti […] una fisionomia sfaccettata. I rari momenti di tensione, quando il rifiuto della donna si fa più aspro e poi quando in lei si fa strada il turbamento, coincidono con accesi recitativi sostenuti da tremoli orchestrali. Nel duetto alla fine del terzo atto lo sgomento di Paride è reso mediante la stessa declamazione scolpita e martellante che esprimeva in Orfeo la delusione di Euridice dopo la sortita dall’Ade. L’ebbrezza dei sensi, già rivelatasi nella ‘canzone’ di Paride con arpa obbligata a metà del terzo atto (“Quegli occhi belli”) si dispiega trionfalmente nei vocalizzi ‘a due’ del finale.

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Come il sole

⚫ […] la Nobile Accademia di Musica delle Signore Dame e de' Signori Cavalieri inaugurò nel 1777 la propria attività con un'opera gluckiana, il Paride ed Elena che fu riproposta due anni più tardi insieme con l'Alceste. Il presidente dell'Accademia, Marchese di Corleto, nella prefazione al libretto del Paride ed Elena, dopo un'analisi della situazione musicale napoletana che egli giudicava […] in maniera tutt'altro che ottimistica, sottolineava polemicamente come le capacità interpretative dei complessi dell'Accademia fossero superiori a quelle del San Carlo. Quasi a rendere ragione della fredda accoglienza che il pubblico napoletano aveva riservato all'Orfeo: «…ho voluto ancora adoprarmi con far eseguire nella nostra accademia il tanto rinomato Paride del Cavalier Cristoforo Gluck, del quale è superfluo decantarne i pregi a chi deve sentirlo. L'espressione della musica connaturale al detto compositore brilla ancor maggiormente in questa sua opera, dove non trovando egli, come nell'Alceste, passioni violente da maneggiare, ha intrapreso di far spiccare il contraposto dei caratteri di Paride ed Elena, esprimendo in essi l'indole delle due nazioni Frigia e Spartana; essendo rimarchevole che nell'adattarsi alla ruvidezza e semplicità di quest'ultima, si sostenga meravigliosamente, senza punto cadere nel triviale. Se non mi fosse pienamente nota l'abilità dei professori, che con tanta cura si sono scelti per serrvizio della nostra accademia, temerei con ragione del successo di una composizione così delicata, e che merita la maggior esattezza nella esecuzione; ma questa volta mi lusingo, non ostante l'assenza del compositore, che dice lo stesso Cavalier Gluck esser del pari necessario per il buon regolamento, che la presenza del sole nelle opere della natura, sia il Paride eseguito in modo, da farne spiccare tutta l'arte e le bellezze…»

Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET

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