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Citazioni riguardanti l'opera

L'Orontea

Superbo Amore al mondo imperi

Dramma per musica.
Libretto di Giacinto Andrea CICOGNINI, Giovanni Filippo APOLLONI.
Musica di Antonio CESTI.
Prima esecuzione: 19 febbraio 1656, Innsbruck.




Una delle opere più eseguite

Orontea, insieme a Giasone di Cavalli, è una delle opere più eseguite nel Seicento: entrambi i libretti sono di Cicognini, e questo va senz’altro a suo merito, ma nel caso di Orontea non v’è dubbio che Cesti abbia contribuito con la musica alla sua fortuna.

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Di se stesso impresario

⚫ Cesti, com’è nel suo stile, non ha difficoltà ad adattarsi a un testo spigliato e francamente comico: anzi, la sua abilità nel gestire con scioltezza battibecchi, giochi verbali e situazioni grottesche ne decreterà la fama. Aspetto decisamente caratteristico questo, forse più che la sua vena melodica, peraltro sentita, condotta con passione e finezza, ma per la quale altri suoi contemporanei si sono distinti. D’altro canto Cesti, cantante egli stesso, e di se stesso quasi impresario, stimolò in prima persona la diffusione delle sue opere, almeno per i primi anni (con buona probabilità cantò nelle prime riprese di Orontea di Roma e Firenze del 1661, e si occupò personalmente dell’allestimento veneziano del 1666).

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Momenti di comicità

⚫ Le vicende che si muovono parallele sono tutt’altro che secondarie e giustificano per ricchezza di eventi la popolarità dell’opera. Quella di Silandra e Corindo è sintetizzata dal servo Gelone: «Silandra amò Corindo, ma poi rivolse ad Alidoro il core, Alidoro l’amò, poi la fuggì, a Corindo perdono chiese Silandra, la perdonò Corindo». E quell’altra più divertente dove la madre adottiva di Alidoro, ormai vedova, fa di tutto per riuscire a sedurre Ismero (in realtà la schiava Giacinta in vesti maschili) il quale tenta di giustificarsi: «Non può far prove buone / Un debole nocchier senza timone». E così il rigore morale di Creonte è accostato alle filosofie ben più prosaiche di Tibrino, improbabile guerriero, e di Gelone, costantemente ubriaco, che danno agio a ulteriori momenti di comicità.

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Prima fase

⚫ L’opera fu scritta durante il primo soggiorno di Cesti a Innsbruck e quindi appartiene con La Dori alla prima fase della sua produzione, più aderente al modello veneziano, più adattabile a contesti diversi e più facilmente popolare - diversamente le opere degli anni Sessanta, particolarmente quelle viennesi (in cui trionfa Il pomo d’oro), così più dipendenti dalla corte, non ebbero fortuna postuma perché difficilmente esportabili.

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Ariette vivaci e gustose

Orontea è ricca d’ariette vivaci e gustose, di arie di rara bellezza e pure è ottimo esempio per cogliere l’infinita varietà di trattamento del recitativo, che riesce a essere rapido o lirico, secondo i casi, capace di trasformarsi in arioso o concedersi ad una vocalità quasi da aria (un esempio fra tanti, Alidoro sprezzato da Orontea). È impossibile definire una casistica delle scelte formali di Cesti, e qualunque tentativo andrebbe a discapito della libertà con cui il testo è messo in musica (si osservi il lamento di Giacinta, dove la ripetizione di un arioso posto prima e dopo un’arietta suona, nella successione come un’insolita aria tripartita). Ugualmente straordinaria è l’abilità di Cesti di rendere nella stessa strofe, nello stesso verso addirittura, situazioni contrastanti, comiche eppure appassionate, disperate e liriche insieme (ad esempio Silandra che s’innamora d’Alidoro, II,8).

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Scrittura orchestrale

⚫ La scrittura orchestrale è a tre parti (due violini e continuo) e non frequentemente accompagnata (ovvero limitata al solo basso). Tuttavia non è aspetto su cui si possa dir molto, perché quasi certamente raddoppi, parti interne (estemporanee o no) e tutta l’orchestrazione del continuo, così come la poteva intendere Cesti, non hanno lasciato traccia sulla partitura.

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Gran fama

⚫ Gran fama venne a Cesti fin dalla prima opera Orontea […]. Il merito, per generale consenso, va anche al libretto tagliato modernamente, con mano felice, da G. A. Cicognini, attento a ravvivare con intonazione di commedia, soffusa di caricaturale ironia (è lui stesso a dichiarare di «comporre per mero capriccio»), il togato dramma d'intrigo veneziano, mirando a una dilettosa pluralità di stili e fondendo la tradizione della commedia dell'arte con elementi del grande teatro barocco spagnolo in un intreccio a inedito sfondo psicologico con punte fiabesche.

Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET

Altri compositori dello stesso libretto

Francesco Lucio Venezia, Teatro dei Santi Apostoli gennaio 1649

DEUMM, AA. VV. (UTET, 1999)

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