Citazioni riguardanti l'opera
Burletta per musica.
Libretto di Luigi PRIVIDALI.
Musica di Gioachino ROSSINI.
Prima esecuzione: 24 novembre 1812, Venezia.
⚫ Composta, a quanto pare, in soli undici giorni, L’occasione fa il ladro è la quarta delle cinque farse in un atto che Rossini compose tra il 1810 e il 1813 per il Teatro San Moisè e che costituiscono un passo fondamentale nella definizione del suo stile comico. In particolare, in questa farsa come nel successivo Signor Bruschino, posteriore di poche settimane, Rossini poté giovarsi dell’esperienza accumulata con la più complessa drammaturgia della Pietra del paragone, l’opera che in quello stesso anno aveva segnato il suo debutto al Teatro alla Scala di Milano.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ L’occasione fa il ladro, unica fra le farse veneziane a non essere aperta da una sinfonia – la situazione scenica indusse Rossini ad aprire l’opera con un temporale, preso a prestito dalla Pietra del paragone, preceduto da un suggestivo preludietto che ne acuisce l’effetto coloristico – rappresenta, insieme al Signor Bruschino, il miglior esito di Rossini in questo genere, che avrebbe di lì a poco abbandonato definitivamente. La definizione dei personaggi e delle situazioni evidenzia già il magistrale tratto di un compositore che dopo pochi mesi avrebbe creato quel capolavoro del teatro comico che è L’Italiana in Algeri.
► Dizionario del teatro, Vedi
⚫ Nel periodo a cavallo fra tardo Settecento e primo Ottocento si diffuse nei teatri d’opera italiani la farsa in un atto. […] Nonostante l’effimera durata del suo successo, la farsa è considerata di notevole importanza storica per l’impulso dato alla nascita e alla diffusione del repertorio, anzitutto. Costruita con personaggi e ingredienti drammaturgici tipici dell’opera buffa settecentesca […], la farsa se ne distanziava soprattutto perché la sua brevità costringeva a serrati ritmi drammatici, articolati su equivoci, sorprese e colpi di scena. Durante il suo sviluppo la farsa si arricchì ben presto del canto di coloratura […]. Fu proprio nell’ambito della farsa che il giovane Rossini intraprese la carriera di compositore d’opera, firmando nel triennio 1810-1813 cinque titoli per il Teatro San Moisè di Venezia: La cambiale di matrimonio, L’inganno felice, La scala di seta, L’occasione fa il ladro, Il signor Bruschino. Ad accomunare questi lavori furono le consistenti affinità di struttura: sei personaggi (cinque nell’Inganno felice) per una forma articolata in: 1. sinfonia, 2. introduzione tripartita (duettino, cavatina e terzetto), 3. duetto o aria, 4. aria, 5. concertato, 6-7. duetto e aria (o viceversa), 8. finale (in almeno tre tempi, con, nella stretta, il tutti consueto).
► Gioachino Rossini, L'occasione fa il ladro, Supplemento a La fenice, Michele Girardi, Edizioni del Teatro La Fenice di Venezia, 2012
⚫ Rappresentata per la prima volta il 24 novembre 1812, L’occasione fa il ladro viene definita «burletta per musica» nel libretto di Luigi Prividali, ma in realtà fa parte del ciclo di lavori nel genere della farsa prodotti dal giovane debuttante Gioachino Rossini per il Teatro Giustiniani di San Moisè, tra il 1810 e il 1813. Altri titoli erano stati accolti dal pubblico della piccola sala veneziana con maggior calore, ad esempio L’inganno felice l’8 gennaio dello stesso anno, altri, come Il signor Bruschino (27 gennaio 1813), avrebbero goduto di una fortuna notevole, specie nell’ambito della Rossini Renaissance, dopo il tonfo della première al Giustiniani: L’occasione fa il ladro non suscitò entusiasmi particolari, ma nemmeno contestazioni (sia pur blande, come La scala di seta, 9 maggio 1812), ed ebbe almeno una ripresa importante al Teatro alla Scala di Milano nella primavera del 1822, con Luigi Lablache e Maria Teresa Giorgi Belloc. Fra gli interpreti della prima assoluta furono apprezzate Giacinta Canonici (Berenice), futura interprete della Zingara di Donizetti (1822), Carolina Nagher, nella parte di Ernestina, che cantò altri due ruoli importanti nelle farse per il San Moisè (Lucilla nella Scala di seta e Marianna nel Bruschino), e soprattutto Luigi Pacini (1767-1837), padre del compositore Giovanni, nato tenore e divenuto, per l’abbassamento della voce, uno dei migliori buffi del teatro di allora, tanto che Rossini lo scelse per la prima assoluta del Turco in Italia alla Scala nel 1814 (Geronio). Nello stesso anno Pacini avrebbe interpretato Leporello alla prima scaligera di Don Giovanni insieme a un altro basso rossiniano d’eccellenza, Filippo Galli, nel ruolo eponimo: il dato non è privo d’interesse, anche per confermare l’effettiva consistenza del rapporto fra Rossini e Mozart, di cui si darà conto nella guida all’opera in relazione alla citazione di topoi drammatici e musicali mozartiani da parte del compositore italiano.
► Gioachino Rossini, L'occasione fa il ladro, Supplemento a La fenice, Michele Girardi, Edizioni del Teatro La Fenice di Venezia, 2012
⚫ Stando alle biografie, Rossini la compose in undici giorni, e l’impresa era senz’altro alla sua portata, basti pensare che in quello stesso anno egli produsse altri quattro lavori, due farse per il San Moisè (L’inganno felice, 8 gennaio; La scala di seta, 9 maggio) e due opere, una nel genere serio (Ciro in Babilonia, Ferrara, 14 marzo) e un’altra in quello buffo (La pietra del paragone, Milano, 26 settembre).
► Gioachino Rossini, L'occasione fa il ladro, Supplemento a La fenice, Michele Girardi, Edizioni del Teatro La Fenice di Venezia, 2012
⚫ Il suo genio ha qualcosa a che vedere con quello del suo idolo, Wolfgang Amadeus Mozart, che egli cita, in maniera quasi sistematica, nelle sue opere. Nell’Occasione si sentono passi di Don Giovanni e delle Nozze di Figaro, che attestano non solo la cultura di Rossini, che conosceva Mozart quando le sue partiture erano ancora ignote ai più, ma anche la modernità del suo estro, capace di ricreare situazioni drammatiche più significative, sfruttando riferimenti intertestuali. E, come per Mozart, anche per Rossini la mancanza di tempo non andava a scapito della qualità delle sue composizioni. Numerose pagine dell’Occasione lo attestano, a cominciare dall’Introduzione, concepita come un pezzo unico che ingloba anche la sinfonia (con tanto di Tempesta) per andare al grande quintetto n. 4, ricco di premonizioni di stilemi della maturità, fino al brillante finale.
► Gioachino Rossini, L'occasione fa il ladro, Supplemento a La fenice, Michele Girardi, Edizioni del Teatro La Fenice di Venezia, 2012
⚫ Tutta la vicenda parte dallo scambio della valigia fra due ospiti della locanda, nella scena iniziale, e da un ritratto in essa contenuto. Ma nel finale, dopo che due coppie di amanti hanno trovato la felicità proprio grazie a quel quadro, risulta chiaro che era solo un pretesto per l’azione farsesca (la storia andava raccontata), ma anche per diffondere una morale: l’amore vero non ha bisogno di mediazioni. È una massima che Rossini ci regala dall’alto dei suoi vent’anni, entusiasta della vita e dell’arte, con una verve musicale in grado di contagiare chiunque.
► Gioachino Rossini, L'occasione fa il ladro, Supplemento a La fenice, Michele Girardi, Edizioni del Teatro La Fenice di Venezia, 2012
⚫ […] Rossini mette in mostra una personalità inconfondibile fin dalle prime note: lascia da parte, infatti, la tradizionale ouverture bi- o tripartita, e scrive un numero unico in cui fonde sinfonia e introduzione senza soluzione di continuità drammatica. Una sezione lenta, in cui i violini primi rispondono nel registro acuto ai violoncelli e contrabbassi che l’hanno intonata in quello grave, precede lo scoppio di una «Tempesta» animatissima e migrante, poiché viene dalla Pietra di paragone (rappresentata appena due mesi prima al Teatro alla Scala di Milano, il 26 settembre 1812), e va verso Il barbiere di Siviglia, nel cui atto secondo, con opportuni ritocchi, scoppierà poco prima dello scioglimento. Rossini mette in campo tutti i topoi dell’imitazione sonora: scalette ascendenti e discendenti (lampi e fulmini), accordi diminuiti a piena orchestra (tuoni), progressioni e quant’altro. Le furie si placano improvvisamente sulla dominante del tono per dare spazio ai sentimenti dei personaggi, ma sono ben lungi dallo spegnersi del tutto, e si udranno nuovamente quando Alberto si ricongiungerà ai due altri ospiti della locanda, tutti vittime della bufera.
► Gioachino Rossini, L'occasione fa il ladro, Supplemento a La fenice, Michele Girardi, Edizioni del Teatro La Fenice di Venezia, 2012
⚫ Quando il sipario si alza vediamo un uomo seduto alla tavola, intento a mangiare con gusto, e un altro, in disparte, «che approfitta dei di lui avanzi». Non ricorda qualcosa? Ma se la memoria fallisse, ci pensa Rossini a far chiaro, con ironia mista a profondo affetto e stima, che il riferimento per questa situazione è il banchetto di Don Giovanni, nel quadro finale del capolavoro di Mozart. Non solo perché il servo Martino viene terrorizzato dalla rabbia degli elementi – pur sempre un timore ‘superstizioso’ come quello del sovrannaturale, che squassa Leporello – e, nel dialogo con Parmenione, prima il servo si rivolge alle saette imponendo: «lasciatemi mangiar!», poi il padrone lo invita a mangiare allegramente… «Se anche vedi il ciel cascar, | mangia, bevi e non badar», ma anche e soprattutto perché il basso esordisce […] con un passaggio melodico che allude con una certa precisione (ma in modo maggiore), al momento in cui la statua del Commendatore fa il suo ingresso in Don Giovanni […]. Difficile mettere in dubbio, com’è talora accaduto anche in sedi importanti, che Rossini conoscesse Mozart, il cui giudizio, ben noto, riporto trascrivendolo da Henri Prunières («La revue musicale», II, 1921, p. 149: tra quadre le varianti più comuni), «Il fut[-Mozart a fait] l’admiration[-la joie] de ma jeunesse, le désespoir de mon âge mûr; il est la consolation de ma vieillesse[-mes vieux jours]». Nell’Occasione il riferimento può implicare sia ammirazione sia gioia, in ogni caso testimonia il genio moderno e la profonda cultura di Rossini che, per non lasciar dubbi, avrebbe citato con esattezza maggiore la frase del Commendatore nell’esordio del Turco in Italia (1814 […]), perfezionando due anni dopo quanto aveva scritto nella farsa veneziana (a ridosso della prima scaligera del capolavoro mozartiano) […].
► Gioachino Rossini, L'occasione fa il ladro, Supplemento a La fenice, Michele Girardi, Edizioni del Teatro La Fenice di Venezia, 2012
⚫ Conoscere i reali sentimenti di qualcuno assumendo un’altra identità, o per accertare come stiano i fatti senza mediazioni, è un topos sperimentato del genere buffo (se ne veda la successiva celebrazione, da parte dello stesso Rossini, nella Cenerentola), e non solo (il conte Riccardo nel Ballo in maschera si reca nell’antro dell’oracolo travestito da pescatore). È quello che dichiara di voler fare Berenice alla fida Ernestina, oltrepassando i limiti del matrimonio per procura e chiedendole di scambiare i rispettivi ruoli (distinti dal pronome di rispetto, che Ernestina riserva all’amica). Tutto è pronto per accogliere il falso promesso sposo: Parmenione si guarda intorno, pronto a tutto, mentre il servo Martino lo prende in giro sotto voce. Ed ecco la ‘promessa sposa’: Ernestina, poco fa riluttante, inizia a interpretare la sua parte.
► Gioachino Rossini, L'occasione fa il ladro, Supplemento a La fenice, Michele Girardi, Edizioni del Teatro La Fenice di Venezia, 2012
⚫ La critica: «Giornale Dipartimentale dell’Adriatico», Giovedì 26 novembre 1812. L’occasione fa il ladro, nuova farsa del sig. Luigi Prividali, con musica del sig. maestro Gioacchino Rossini fu prodotta martedì al teatro a S. Moisè. […] Questa farsa, come il più, ha del buono, e qualche inverisimiglianza. Tale è il destino di queste produzioni, nelle quali a strozza si promuove, si progredisce, si scioglie un argomento. Il sig. maestro Rossini, ha scritta la sua musica in undici giorni, periodo troppo angusto anche pe’ slanci d’un fervido genio. I maturi compositori ciò non azzardaron giammai: e difatti uopo essendo di ben studiare le qualità, l’estensione, i caratteri de’ soggetti per cui si scrive, ciò non sempre può farsi colla rapidità del lampo. La musica del sig. Rossini ha del buono, non nieghesi, massime nell’introduzione; nel primo tempo dell’aria del Sig. Pacini; nell’aria del Sig. Berti e in quella della sig. Canonici, ma non tutto questo buono fu il buono che colpisce, più per forza di circostanze estranee che per colpa d’alcuno.
► Gioachino Rossini, L'occasione fa il ladro, Supplemento a La fenice, Michele Girardi, Edizioni del Teatro La Fenice di Venezia, 2012
▒ Se volete contribuire segnalando una citazione o una fonte riguardante quest'opera, mandateci una e-mail a questo indirizzo.