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Citazioni riguardanti l'opera

Norma

Casta diva

Tragedia lirica.
Libretto di Felice ROMANI.
Musica di Vincenzo BELLINI.
Prima esecuzione: 26 dicembre 1831, Milano.




Genesi

⚫ Sin dai primi mesi del 1831 Bellini sapeva che avrebbe composto l’opera destinata ad aprire, il 26 dicembre, la stagione del Teatro alla Scala di Milano. Si rivolse, come al solito, a Felice Romani […] e si mise al lavoro, di concerto col librettista, per individuare un soggetto passibile di essere messo in musica nelle forme melodrammatiche dell’epoca e adatto alla compagnia di canto scritturata. Quest’ultima aveva i suoi punti di forza nella prima donna, Giuditta Pasta, nel tenore Domenico Donzelli e in un altro soprano, Giulia Grisi […]. Sulla scelta del soggetto, tuttavia, influì soprattutto la preminenza scenica e musicale della Pasta, cantante dalla stupefacente versatilità, che al canto di agilità univa una perfetta dizione, un fraseggio espressivo e un’arte scenica da grande attrice. La Pasta eccelleva nei grandi ruoli tragici: librettista e compositore si misero perciò alla ricerca di un soggetto drammatico che permettesse di sfruttare appieno le doti vocali e la recitazione ieratica, ricca di pathos e di grandezza, della cantante.
La scelta cadde su un lavoro teatrale recentissimo. Nell’aprile del 1831 una tragedia di Alexandre Soumet, Norma ou L’infanticide, era andata in scena con grande successo al Théâtre Royal de l’Odéon di Parigi. […] Romani, che lavorò a stretto contatto con Bellini, non si limitò a rielaborare l’intreccio del dramma francese: attinse anche ad altre fonti, in particolare a due suoi precedenti libretti, quello per la Medea in Corinto scritto per Mayr nel 1813 e quello per La sacerdotessa d’Irminsul preparato per Pacini (Trieste 1817). […] Il mutamento più appariscente intervenne nella conclusione dell’intreccio: nel quinto atto della tragedia di Soumet, Norma compie l’infanticidio e si getta, impazzita per il rimorso, dall’alto di una rupe; nel libretto di Romani il personaggio è più umano. Il finale è tutto incentrato sul motivo dell’eterna unione degli amanti nella morte, cui si unisce quello della generosità d’animo di Norma, che accusa pubblicamente sé stessa anziché Adalgisa e affronta così il sacrificio supremo.

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Prima rappresentazione

⚫ Della novità dell’opera dovettero rendersi conto, all’epoca, già i primi interpreti. I cantanti arrivarono alla prima rappresentazione stanchi e in condizioni di eccezionale sovreccitazione nervosa, tanto che l’esordio dell’opera, la sera del 26 dicembre 1831, fece registrare un parziale insuccesso. Le cose mutarono nelle sere successive: nel corso di 34 rappresentazioni il pubblico della Scala fu trascinato da un entusiasmo crescente; subito dopo, l’opera iniziò il suo cammino trionfale per tutti i teatri d’Europa, e da allora non è più uscita di repertorio.

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Casta diva

⚫ [Una] memorabile intensificazione espressiva interviene nella preghiera di Norma, “Casta diva”, dove l’atmosfera lunare fa da sfondo a un lento crescendo estatico, con un’amplificazione graduale della sonorità orchestrale e un’ascesa melodica fino a un apice lungamente rinviato: espressioni tutte di un romanticismo del quale proprio allora, nell’Italia del melodramma, si iniziavano a cogliere i primi echi.

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Commento di G. Mazzini

⚫ […] Viene meno […] un aspetto caratterizzante l’opera seria in Italia sin dalle origini, cioè l’ambientazione in una dimensione remota e atemporale. Lo sfondo si fa storicamente più caratterizzato, anche se la legittimità del dramma storico continua ad accendere le discussioni teoriche tra classicisti e romanticisti, come dimostrano anche le polemiche che accolsero la Norma di Bellini alla Scala di Milano nel 1831, in quanto gli invasori romani sono giudicati dal punto di vista di una sacerdotessa druida e di un popolo vinto. Bisogna però attendere le riflessioni estetiche di Giuseppe Mazzini in Filosofia della musica (1836) affinché la Storia sia vista come importante mezzo d’ispirazione per rinnovare il melodramma: “L’elemento storico, non che sorgente nuova e sempre varia d’ispirazioni musicali, dev’esser base essenziale ad ogni tentativo di ricostituzione drammatica; certo, se il dramma musicale deve armonizzarsi col moto delle civiltà, e seguirne o aprirne le vie, ed esercitare una funzione sociale, deve anzi tutto riflettere in sé l’epoche storiche ch’ei s’assume descrivere, quando cerca in quelle i suoi personaggi […] il dramma musicale si giace ancora nel falso ideale dei classicisti.”

Storia e Mito nei libretti italiani d'opera seria tra il 1825 e il 1850, Paola Ciarlantini. Da: Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia, XL - XLI 2007 - 2008, Edizioni università di Macerata, 2011

La sostanza drammatica 1

⚫ La sostanza drammatica della Norma di Bellini sta in una combinazione di personaggi - Pollione, Norma, Adalgisa - mossi da affetti e legati da vincoli che non sono semplici bensì contraddittorii: del pari dissociati sono i loro rapporti. Ciascuno dei tre protagonisti intrattiene con ambo gli altri - nonché con il credo nazional-religioso cui soggiace - un rapporto che non è esagerato chiamare dialettico. Le arie, i duetti ed il terzetto altro non sono che l'espressione dei conflitti che agitano ciascun personaggio, sia nell'intimo sia in rapporto agli altri: è indifferente che poi il dissidio costituisca il contenuto dichiarato d'un cantabile («Meco all'altar di Venere») oppure, a mo' d'un occulto doppio senso, venga proiettato nell'ascoltatore sulla significazione musicale di un'aria («Casta diva, che inargenti»)

Drammaturgia dell'opera italiana, Carl Dahlhaus, Storia dell'opera italiana, vol. 6, Torino, 1988, EDT

La sostanza drammatica 2

⚫ I conflitti interiori ed interpersonali […] non servono a motivare un'azione che in quanto fabula costituisca la sostanza del dramma: all'opposto, l'azione è il veicolo atto ad innescare i rapporti tra i personaggi e a procurare scene che consentano l'espressione musicale di loro conflitti. Come costrutto ausiliario il libretto di Felice Romani è non meno ingegnoso di quant'è astrusa la fabula. In Norma, l'accento dell'opera in quanto dramma musicale cade non già sul procedere dell'azione e sul suo contesto causale e logico, sibbene sulla dialettica dei sentimenti dei personaggi, di cui la vicenda scenica è la mera impalcatura. I personaggi costituiscono una costellazione: la fabula è una funzione di tale costellazione, non la costellazione una funzione della fabula.

Drammaturgia dell'opera italiana, Carl Dahlhaus, Storia dell'opera italiana, vol. 6, Torino, 1988, EDT

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