Citazioni riguardanti l'opera
Tragedia lirica.
Libretto di Giovanni BIDERA.
Musica di Gaetano DONIZETTI.
Prima esecuzione: 12 marzo 1835, Parigi.
⚫ Nel febbraio 1834 Donizetti ricevette direttamente da Rossini l’invito a comporre un’opera per il Théâtre Italien di Parigi; il libretto fu realizzato dall’esordiente italo-greco Giovanni Emanuele Bidéra. Alla fine del 1834 il compositore partì per Parigi portando con sé la partitura di Marino Faliero pressoché ultimata. Nella capitale francese il lavoro fu però rivisto seguendo i suggerimenti di Rossini, che già aveva fatto lo stesso con Bellini per I puritani. Il soggetto venne scelto in quanto già noto ai francesi attraverso l’omonima tragedia di Delavigne, presentata con vivo successo a Parigi nel 1829; inoltre prevedeva ruoli di importanza adeguata al quartetto di ‘primi artisti’ formato da Giulia Grisi, Rubini, Luigi Lablache e Antonio Tamburini.
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⚫ Marino Faliero propone ruoli vocali abbastanza lontani dalle convenzioni e in parte inediti: la coppia baritono-basso riveste infatti maggior importanza rispetto a quella più tradizionale tenore-soprano; inoltre alla parte del basso è riservato il rilievo maggiore.
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⚫ Il primo atto contiene una evidente giustapposizione tra l’ampio duetto Elena-Fernando e quello ancor più importante Faliero-Israele; hanno inoltre un ruolo di primaria importanza i cori, sia per le fosche tinte dell’ambientazione, sia come voce collettiva della plebe, nella sua evidente connotazione sociale e politica. Le ampie proporzioni del dramma sono preparate dalle frasi di largo respiro della sinfonia (nella versione francese) e al coro spetta l’animata ambientazione dell’arsenale […]. Il coro ha poi un ruolo determinante nella ambientazione notturna del secondo atto.
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⚫ Il motivo cullante e mesto di un clarinetto su pizzicati d’archi anticipa la canzone del gondoliere (“Or che in cielo alta è la notte”, una serenata popolare che Donizetti ripresenterà nel Campanello I,9) e introduce con un misurato contrasto il furtivo coro sottovoce dei cospiratori (“Siam figli della notte”): spaziosi effetti d’eco sono creati con lunghe pause tra i singoli versi del coro e dei regolari crescendo , come onde, realizzano una musica di suggestivo effetto scenico. Alla morte di Fernando, mentre le trombe ripetono una stessa nota ossessivamente, un mesto coro processionale (“Là trafitto nel sangue ravvolto”) funge da ideale corteo funebre, che va spegnendosi con lente discese cromatiche di tremoli.
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⚫ Accenti patriottici caratterizzano tutti i suoi interventi, dalla vibrante cabaletta successiva (“Orgogliosi, scellerati”), a tratti febbricitante, fino al finale proclama “Siamo vili e fummo prodi”. Dai suoi tratti energici e cantabili, adatti al vigore e alla tecnica del primo interprete Tamburini, si comprende facilmente l’ammirazione che Mazzini (Filosofia della musica, 1836) manifestò apertamente per l’opera.
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⚫ Elena, dopo il duetto del primo atto, torna in scena solo nel terzo, con un’aria veemente e acrobatica (“Tutto or morte, oh Dio, m’invola”) prima di una supplica abbandonata (“Dio clemente mi perdona”) e di una cabaletta che rispecchia il suo tormentato rimorso (“Fra due tombe, tra due spettri”). Con grande intuito drammaturgico, Donizetti le riserva il culmine espressivo del finale senza la consueta grande aria conclusiva: Elena resta sola in scena mentre Faliero viene giustiziato dietro le quinte, ed ella cade tramortita con un urlo di terrore.
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