Citazioni riguardanti l'opera
Dramma lirico.
Libretto di AUTORI VARI.
Musica di Giacomo PUCCINI.
Prima esecuzione: 1 febbraio 1893, Torino.
⚫ Buon giudice di sé e degli altri, Puccini non aveva niente da temere a Torino; a partire da un soggetto che lo aveva attratto sin dal primo momento, condizione principale del suo agire artistico. Una storia d’amore disperata e struggente, già raccontata in musica prima da Auber poi da Jules Massenet con enorme successo nel 1884, che l’aveva resa nota al pubblico europeo. Il confronto avrebbe fatto tremare i polsi a chiunque, ma non al lucchese. Sin dal primo istante sapeva che la sua Manon Lescaut avrebbe offuscato la fama della sorella: lo stile francese dell’opéra-comique soggiaceva a regole di gusto limitanti l’espressione universale, la sua arte invece aveva inglobato le istanze europee senza perdere la propria matrice nazionale.
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⚫ Puccini seppe guidare un numeroso manipolo di collaboratori che si avvicendarono sul libretto, fra cui spicca il commediografo scapigliato Marco Praga, l’ultimo dei quali fu quel Luigi Illica che, insieme a Giacosa, gli avrebbe fornito i tre capolavori successivi. Illica fu decisivo per raddrizzare i punti della trama che Puccini sentiva deboli, senza intaccare l’equilibrio fra le parti dell’opera (primo, quarto atto e buona parte del terzo) che erano già composte nel momento in cui iniziò il suo lavoro. In particolare risolse il problema del concertato con l’appello delle prostitute dell’atto terzo, facendo declamare al sergente i nomi delle deportate, come un perno per la melodia lirica che il compositore destinò i due amanti.
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⚫ Ricordi aveva ottime ragioni perché Manon debuttasse nel capoluogo piemontese: la Scala andava evitata in primo luogo per rispetto a Verdi, e poi per il cattivo ricordo che i milanesi conservavano di Edgar. Altrettanto ottime le ragioni perché Manon fosse data prima di Falstaff: solo così l’opera di Puccini sarebbe stata valutata con la giusta attenzione.
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⚫ Con Manon Lescaut il genio di Puccini si mostra con forza dirompente: l’invenzione è profusa a getto continuo e l’ispirazione vi domina, tanto da occultare l’accurato travaglio formale che pure presiede alla struttura. Egli era del tutto conscio che il teatro musicale in Europa, dopo Wagner, non poteva più essere lo stesso. E fu il primo, e forse l’unico italiano a testimoniarlo con la musica […].
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⚫ Inalterato per lui restava il primato della melodia, e lo dimostrano i numerosi assoli che contribuiscono a tener alta la fama dell’opera, dall’aria di Des Grieux “Donna non vidi mai” a “In quelle trine morbide” di Manon, dominata da una sensualità sconosciuta prima di allora a un compositore italiano, fino al vortice del duetto d’amore che domina il secondo atto.
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⚫ L’espressione universale non era più miraggio ma realtà: in Manon Lescaut la struttura musicale […] narra insieme al canto, supplendo al messaggio verbale. Wagner aveva ideato il Leitmotiv, il motivo che orientava l’inconscio dello spettatore suggerendogli legami ideali fra la trama e la costellazione simbolica dei personaggi. Gli italiani usavano citare melodie e motivi in diversi contesti, a volte costruendo con ‘reminiscenze’ interi numeri. Puccini conciliò questi due mondi.
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⚫ Nel primo atto Puccini adattò con notevole abilità strutture di tipo sinfonico alle esigenze dell’azione, tanto che l’intero scorcio è analizzabile come una sinfonia in quattro movimenti. Strutture scopertamente apparentate a quelle della musica strumentale diventeranno più frequenti nelle opere della tarda maturità, ma la loro inequivocabile presenza anche in questo folgorante inizio dimostra la tendenza dell’artista a trovare nuove impalcature formali, in grado di garantire una diversa cadenza agli eventi drammatici rispetto alle forme di tradizione.
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⚫ Logica conclusione di tutta l’opera è il quarto atto: Puccini realizzò in questo scorcio il suo primo esempio di ‘musica della memoria’, come avrebbe fatto in modo altrettanto indimenticabile in occasione delle morti di Mimì, Butterfly e Angelica. I temi già uditi si susseguono, facendo interagire il passato col presente, e quel poco d’invenzione realizza un’unità poetica saldissima col materiale di tutta l’opera. La musica non deve descrivere nulla, perché nulla accade che non sia il logico effetto di quello a cui abbiamo assistito.
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⚫ Gli amanti pucciniani continuano ad avanzare nella sabbia del deserto, fino all’ultimo cercando un’impossibile salvezza, perché l’unica certezza è la vita. Sono questi i valori disperati e sensuali dell’inquieta fin de siècle: la sensibilità moderna comincia qui dove il cielo scompare, qui dove una donna esala l’ultimo respiro sussurrando: «Le mie colpe … travolgerà l’oblio, ma l’amor mio … non muore …».
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