Citazioni riguardanti l'opera
Dramma.
Libretto di Giulio STROZZI.
Musica di Francesco SACRATI.
Prima esecuzione: 14 febbraio 1641, Venezia.
⚫ La Finta pazza inaugurò il quarto teatro veneziano attivo all’inizio degli anni Quaranta del Seicento, il Novissimo, dalla breve ma densa e importantissima storia, costruito espressamente per «opere eroiche, solamente in musica, e non commedie» e patrocinato dai membri dell’Accademia degli Incogniti. Il successo dell’opera era stato opportunamente sollecitato e alimentato: alla realizzazione erano stati chiamati il librettista Giulio Strozzi, esperto collaboratore di Monteverdi, lo scenografo Giacomo Torelli, in seguito attivo in Francia al servizio della regina, il compositore e impresario parmense Francesco Sacrati, spesso paragonato a Monteverdi e possibile coautore dell’Incoronazione di Poppea, e la prima ‘diva’ della storia del teatro d’opera pubblico, Anna Renzi. L’intero libretto (non solo lo ‘scenario’, cioè il riassunto) venne pubblicato, in via eccezionale, prima del debutto dello spettacolo, ulteriormente descritto in un’elaborato resoconto a stampa del genovese Maiolino Bisaccioni, Il cannocchiale per la finta pazza.
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⚫ L’opera inaugura la lunga fortuna di travestimenti e scambi di identità sessuale sui palcoscenici veneziani del Seicento. L’eroe Achille è presentato sotto le vesti di un’ancella e l’ambiguità era tanto più riuscita in quanto il suo primo interprete, a detta di Maiolino Bisaccioni, era «un giovanetto castrato venuto da Roma (…) di vago aspetto sì che sembrava un’Amazzone, ch’avesse misti i spirti guerrieri con le delicatezze femminili». Al rude Achille del libretto di Giulio Strozzi lo scambio di identità non va molto a genio, quando confessa (II,2): «io per me non vedea l’ora/ di tornar maschio guerriero». Egli però riconosce subito dopo, senza scandalizzarsi troppo, che altri non la penserebbero così e «resterian femmine ogn’ora», in quanto è pur sempre una cosa «dolce» il «cambio di Natura»: «quanti invidiano il mio stato/ per far l’uomo e la donzella?».
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⚫ Negli sproloqui surreali di Deidamia, esemplati sulle scene di pazzia delle commedie dell’arte, il cambiamento improvviso di affetti e situazioni immaginate, e l’accozzaglia apparentemente disordinata che ne deriva, riflettono tutti i luoghi tipici del melodramma veneziano, celebrato come nuova fonte di divertimento. Continuamente l’illusione scenica si spezza e, come avviene di frequente in altri passi del libretto, il personaggio cita direttamente la realtà-finzione dello spettacolo di cui è attore: «Che melodie son queste?/ Ditemi? Che novissimi teatri,/ che numerose scene/ s’apparecchiano in Sciro?», chiede stupita Deidamia (III,2).
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⚫ Francesco Sacrati è abile nel rendere le diverse sfumature del recitativo, piegato a esigenze drammatiche e a effusioni melodiche spesso organizzate in numeri chiusi. Nella scena di pazzia, arpeggi e ritmi marziali ossessivi conducono all’imitazione delle parole bellicose pronunciate dalla protagonista; il recitativo si interrompe due volte, prima per un breve arioso e poi per l’aria-lamento nei pressi del finale, su versi sdruccioli (come d’obbligo, dato il macabro contenuto); altre puntigliose imitazioni delle parole del testo sono ottenute con sbalzi di tessitura: nella traduzione della pazzia, il compositore segue fedelmente le prescrizioni monteverdiane contenute in una celebre lettera (7 maggio 1627) riguardante la Finta pazza Licori.
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⚫ La Finta pazza può essere considerata come l’opera più rappresentativa della prima fase del melodramma secentesco veneziano, per l’astuta consapevolezza del suo lancio commerciale e per il successo di un modello replicato poi infinite volte: addirittura se ne fece un ricalco nel titolo della Finta savia, primo ‘pasticcio’ operistico, che Giulio Strozzi imbastì per svariati compositori.
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⚫ La Finta pazza entrò stabilmente nel repertorio delle compagnie itineranti che portarono il melodramma in tutta Italia, negli anni successivi alla prima veneziana, col nome di Accademici Febiarmonici o Accademici Discordati: venne rappresentata in varie città italiane (Piacenza, Bologna, Firenze, Genova, Reggio Emilia, Torino, Milano e Napoli) e anche a Parigi (primo esempio di teatro musicale italiano ad affermarsi nella capitale francese).
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⚫ […] La finta pazza (1641, G. Strozzi) fu replicata a Parigi, al Palais du Petit-Bourbon, per una ristretta cerchia di spettatori, nel 1645, quindi prima opera italiana «importata» in Francia, oltre che uno dei primi saggi d'opera comica; ma il successo parigino di tale «festa teatrale veneziana» fu dovuto soprattutto alle mirabolanti risorse sceniche di Giacomo Torelli e alle coreografie di G. B. Balbi, a scapito della musica, presentata in versione modificata, con parziale sostituzione di dialoghi parlati ai recitativi. A dire le virtù dell'operista, […], sono le lodi dei contemporanei, fra cui il principe Mattias de' Medici giudicò «opera bellissima» La finta pazza.
► Storia dell'opera, diretta da Alberto Basso; volume primo L'opera in Italia, Torino, 1977, UTET
1a | Venezia, Teatro Novissimo | 14 o 27 gennaio 1641 | |
2a | Piacenza, Palazzo Grande | maggio 1644 | versione rappresentata anche a Lucca, settembre 1745; Bologna, gennaio/febbraio 1647; Genova, carnevale 1647; Milano ?; Torino, febbraio 1648; Napoli, Palazzo reale luglio 1652 |
3a | Firenze | 14 febbraio 1645 | versione rappresentata anche a Parigi, Petit Bourbon, 14 dicembre 1645 |
4a | Reggio Emilia, Teatro Pubblico | marzo 1648 |
► DEUMM, AA. VV. (UTET, 1999)
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